(m.m.) L'economista patavino Michele Boldrin, uno dei più entusiasti alfieri del neo-liberismo (il docente si definisce un pragmatico per vero), su Il Giornale di Vicenza di oggi 10 aprile in pagina 9, sostiene che per fronteggiare la crisi occorrerà temporaneamente dirottare una quota di reddito da chi lo percepisce in maniera fissa (quindi anche impiegati, operai, dipendenti privati e pubblici) a beneficio di chi invece non ha entrate sicure: nessun accenno invece (tranne ad uno sulla negatività di una eventuale patrimoniale) viene fatto in merito alla possibilità di stangare la grande rendita finanziaria. Allo stesso modo Boldrin dice e non dice in merito alla possibilità di una monetizzazione del debito che è prevista da un approccio keynesiano al problema che il mondo sta affrontando oggi. Ora rimane da capire una cosa: l'uscita di Boldrin è un messaggio trasversale? Il punto è che al suo pensiero viene dato spazio non su un quotidiano qualsiasi ma su uno della Confindustria, quella vicentina nello specifico. Il che potrebbe dirla lunga sulle ricette che in certi ambienti qualcuno sta provando a mettere in circolo. Se poi si vuole conoscere nel dettaglio la proposta di Boldrin può essere utile dare una scorsa sul suo blog, in particolare ad un suo intervento del 7 aprile: nel quale, non si capisce bene perché, viene citata una categoria economica meritevole di una, chiamiamola così, tutela, quella della industria conciaria. Parafrasando Corrado Guzzanti, tu sai com'è, tu sai perché, tu sai quant'è...
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