Il “Piano casa” in Veneto va: a fine giugno le pratiche sono cresciute a quota 44mila, circa il 68% in più di quelle che c'erano un anno fa quando la Regione lo prorogò e lo modificò dopo i primi due anni di gestione. Ma quella norma avrebbe potuto e dovuto fare molto di più a favore dell'economia e dell'edilizia. Quindi bisogna intervenire, con alcune modifiche ma soprattutto con due obiettivi: prorogarlo di almeno un anno ed escludere il potere dei Comuni, che ne hanno limitato di molto la valenza. È questo il messaggio chiaro che lancia il Pdl veneto con il vicentino Costantino Toniolo, presidente della commissione “Affari istituzionali”, che ha depositato un progetto di legge firmato anche dai colleghi Bond, Cortellazzo, Tesserin, Bendinelli, Laroni e Conta.
I NUMERI. L'analisi di Toniolo parte innanzitutto dai dati raccolti dalla Direzione urbanistica della Regione, che già dal 2009 monitora l'applicazione del Piano casa in terra veneta. I dati raccolti dicono che nei 581 Comuni del Veneto a giugno - quindi di sicuro la cifra è in difetto, visto che ora siamo ai primi di agosto - sono state registrate oltre 44.400 domande: un anno fa, quando la Regione varò la proroga di altri due anni con modifiche alla norma, erano 26.300. Le pratiche effettive però sono state 35.700, con un calo dovuto anche ai “no” pronunciati dai Comuni, e «con un particolare che balza agli occhi. Quasi tutte, e cioè oltre 35mila domande - sottolinea Toniolo - sono state pratiche relative all'articolo 2 della legge, cioè quello sull'ampliamento di edifici. Solamente 720 hanno riguardato l'altra procedura possibile, quella di demolizione-ricostruzione». Questo non toglie che l'effetto economico ci sia stato: la Regione calcola che a luglio 2012 il Piano casa sia salito a 1,8-2,2 miliardi di euro di fatturato globale.
CHE COSA È MANCATO. Ma secondo la valutazione che viene fatta in Regione gli interventi avrebbero potuto essere «molti di più, se non ci fossero state le troppe limitazioni imposte dalle delibere comunali di recepimento della legge». In sostanza, il mercato dell'edilizia - soprattutto quello delle piccole imprese - ha visto sì un crescere di interventi ma «il risultato inferiore alle aspettative è sicuramente imputabile non solo alla crisi economica» ma anche alle delibere dei Comuni. «Se poi si tiene conto che quasi nove Comuni su dieci hanno fatto passare quattro mesi prima di recepire la legge stessa - sottolinea Toniolo - è evidente che c'è stato un freno ancora maggiore nel primo periodo di applicazione». Il clima di incertezza dovuto anche all'attesa delle delibere dei singoli Comuni può avere anche generato incertezza sugli operatori stessi. In più, come detto, sono stati pochissimi gli interventi di demolizione-ricostruzione.
LA NUOVA PROPOSTA. Chiaro quindi quali siano gli obiettivi della nuova proposta di legge depositata dal Pdl e da Toniolo, il qualche ha pure ha già preso contatti - spiega - con esponenti della Lega ma anche dell'Udc per verificare se c'è un atteggiameno favorevole al testo depositato. Per prima cosa la legge mira «a prorogare l'applicazione del Piano casa di un altro anno, alla fine del 2014 e non solo del 2013. Ma l'obiettivo generale - precisa Toniolo - potrebbe essere quello di avere una norma che non sia a termine, ma sempre in vigore». Secondo, come Toniolo aveva già tentato di fare un anno fa, la nuova proposta mira a «eliminare la possibilità per i Comuni di applicare dei limiti alla normativa regionale del Piano casa. In sostanza, secondo me la Regione deve poter fissare regole valide per tutto il territorio veneto in maniera omogenea».
INCENTIVI. La proposta di legge propone precisazioni e direttive più precise per vari settori (prima casa in terreno agricolo, interventi di bio-edilizia, costruzione dell'ampliamento quando in realtà è staccato dall'edificio originario, ecc.). Ma prevede soprattutto un ulteriore incentivo per spingere i veneti e le imprese a ricorrere di più anche alla demolizione-ricostruzione, «che è un intervento più interessante - sottolinea Toniolo - perché permette di creare strutture edilizia più efficienti anche dal punto di vista dei consumi». L'idea quindi è concedere in caso di demolizione un aumento di volumetria fino al 50% (non più 40%) ampliabile in alcuni casi fino al 60%.
Piero Erle
da Il Giornale di Vicenza del 7 agosto 2012; pagina 7
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