venerdì 31 gennaio 2020

A Sovizzo un incontro dedicato alla Spv


(m.m.) Ieri a Sovizzo nella sala civica della Filanda Massimo Follesa, portavoce del Covepa, un coordinamento ecologista che da anni si batte contro la Superstrada pedemontana veneta o Spv, ha fatto un lungo excursus dedicato alle criticità dell'opera. La serata (in foto una parte della platea) è stata organizzata dalla associazione civica l'Arca con il supporto del comitato civico Ascoltiamo. I temi trattati sono stati molti, tra questi quello della impasse in cui si è venuto a trovare il cantiere rispetto al tunnel Alto Vicentino e valle dell'Agno. Si è parlato perà anche di un altro argomento «rovente». Quello del nodo del casello di Alte Ceccato. L'interconnessione tra Spv, Tav e autostrada A4 (le prime due sono ancora sulla carta) sta facendo perdere il sonno alla Regione Veneto, soprattutto per le incognite sulla Spv. E tant'è che a margine dell'incontro il portavoce si è lasciato andare ad alcune battute molto critiche verso palazzo Balbi. «Visto il cui de sac nel quale si è ficcata la Pedemontana con la vicenda del tunnel Castelgomberto Cornedo Malo, visto che la viabilità complementare che lungo tutto il tracciato dal Vicentino al Trevigiano è parte del progetto non è nemmeno stata finanziata se non per pochi tratti, dovremo stare con le antenne rizzate. Soprattutto nessuno si azzardi a usare la scusa del traffico generato dalla Spv, che sarà completamente aperta dio solo sa quando, come giustificazione per il caos creato in questi anni dalla variante alla viabilità interna di Alte che ha solo spostato il traffico un po' più lontano dall'incrocio tra la SS11 e la 248 quello noto come la rotatoria del cavallo: perché basta uno sguardo a quella bretella, che venne inaugurata in pompa magna con tanto di politici in ghingheri, per accorgersi che negli orari di punta è intasata come non mai. La vera rogna - rimarca Follesa - è che gli eventuali lavori del casello si sommeranno sicuramente al caos già esistente obbligando nuovamente le auto, solo il cielo sa per per quanti anni ancora, a ricominciare a circolare ad Alte: bel guadagno. A Roma questo modo di procedere senza ottenere alcun risultato, anzi rimettendoci, viene descritto con una espressione molto salace: ovvero il guadagno di Maria Cazzetti». Peraltro durante il suo intervento Follesa è stato ascoltato molto attentamente da diversi attivisti della galassia indipendentista dell'Ovest vicentino giunti per conoscere «con più dovizia di dettaglio le traversie di un'opera» che stando al Covepa oltre che «ad essere inutile e a essere costata un sproposito in termini ambientali e economici, oggi arranca pure visibilmente».

mercoledì 8 gennaio 2020

I tradizionalisti cattolici in marcia da Verona alla conquista dell'Emilia

L'anno 2019 si è chiuso con un bilancio più che soddisfacente» è questo il giudizio stringato di Matteo Castagna, presidente della associazione scaligera Christus rex. «Siamo l'unico gruppo cattolico tradizionalista, composto da soli laici, che lavora pubblicamente e gratuitamente per la regalità sociale di Cristo con ampio risalto e con una certa originalità all'interno di questa galassia, che spesso si palesa come litigiosa o confusa» fa sapere lo stesso Castagna il quale rimarca che il gruppo può fare affidamento su una linea chiara, integralmente cattolica, che non fa compromessi ecumenici sulla dottrina ma è «aperta e pragmatica in politica».

L'alleanza con l'associazione Nova Civilitas che fa riferimento all'avvocato Gianfranco Amato ha portato, speiga ancora Castagna, frutti provvidenziali che inizieranno a mostrarsi, puntualizza il presidente, già a gennaio. Sul piano culturale infatti sono previste conferenze «di un certo peso» in materia di «temi etici» oggi fondamentali in un'Italia in piena crisi demografica. L'Emilia Romagna sarà «per noi terra di penetrazione» così come Verona resterà «la capitale della tradizione», almeno questo è l'intento di Christus Rex che non nasconde la sua volontà di espandere i propri orizzonti anche «alla rossa Emilia».

Allora Matteo quest'anno hai presentato più volte il tuo libro «Cattolici tra europeismo e populismo. La sfida al nichilismo» durante una serie di appuntamenti. Che tipo di feedback hai avuto col pubblico?
«Ho avuto modo di provare grande soddisfazione. Ho girato l'Italia e mi sono divertito. Ho avuto la percezione che da Cortina alla Sardegna molti esprimano disorientamento di fronte alle posizioni di Jorge Bergoglio e sodali, manifestando il desiderio di sacerdoti alla don Camillo e non alla padre Alex Zanotelli. Confrontarsi con persone diverse consente di percepire meglio la realtà, ovvero di potersi differenziare, anche nel messaggio di testimonianza che proponiamo, come primo movimento cattolico sovranista italiano».

Perché usi questa espressione?
«Diciamo che è interessante notare come il nostro approccio, relativamente nuovo per il nostro ambiente a tratti troppo ripiegato in se stesso, a volte così autoreferenziale da deragliare dalla retta via, per alcuni versi ammuffito nelle parrucche di un passato che non tornerà più, per altri perso a rincorrere i modernisti che si criticano sotto voce per andarci a braccetto quando fa comodo, sia gradito dalla gente stanca del nefasto corso conciliare».

E quindi, quale è lo stato di salute della cosiddetta galassia tradizionalista nel Paese? Nel Veneto e a Verona la tua città, come vanno le cose?
«Da un lato, le dichiarazioni ultra-progressiste di Bergoglio spingono molti nelle braccia della tradizione. E questo è un fatto. Il Veneto, da sempre cattolico e Verona, città che da sempre è simbolo di lotta per la difesa dei principi e dei valori identitari, sono una speranza per il futuro. Forse siamo noi tradizionalisti a doverci attrezzare ad accogliere gente delusa e disperata. Che Dio ci aiuti per non deludere nessuno nelle sue aspettative di fede. Che Dio ci guidi ed assista nel dare sempre l'esempio. Noi dobbiamo essere esempio di studio, preghiera e azione, come diceva San Filippo Neri. Se serve dobbiamo saper fare pulizia e gettare le mele marce prima che contaminino la frutta buona».

In svariate occasioni hai detto alcune cose precise in materia di crimine organizzato anche con un riferimento ben identificato alla malavita calabrese. Sono diversi mesi e nel frattempo il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri è su tutti i giornali in relazione alla maxi operazione recentemente messa a segno dalla sua procura. Quale è il primo pensiero che ti viene in mente?
«Vorrei dire un paio di cose. Poche settimane fa proprio a Verona sono stato tra i relatori durante una conferenza organizzata dalla associazione Cittadini contro le mafie. A quell'incontro, cui hanno partecipato anche importanti collaboratori di giustizia ho avvertito tra il pubblico molta preoccupazione. Quanto all'operazione condotta da Gratteri ci sono alcune cose precise da dire».

Quali?
«Il procuratore Gratteri si è mosso ed espresso nel solco di Falcone e Borsellino. E si percepisce che in certi ambienti stia dando fastidio per questo».

Ti riferisci al fatto che i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino prima di essere ammazzati dalla criminalità organizzata avevano cominciato ad accendere potentemente i loro riflettori su quella intercapedine della società in cui si toccano potere economico, politico, mafioso, istituzionale e massonico?
«Sì. E per questo mi sento di incoraggiare questo magistrato coraggioso che si appella, a ragione, anche alla politica perché faccia seriamente la sua parte».

Come valuti le parole di chi lo ha criticato ferocemente anche in seno alla magistratura e in seno alla politica?
«Non comprendo, certamente per limiti miei, il motivi di questa ferocia. Mio padre diceva, in generale, di guardarsi da certe reazioni scomposte perché può essere che quando uno ti mette il sale nella piaga, tu gridi ed imprechi».

I tradizionalisti cattolici come valutano la copiosa simbologia cristiana ma anche massonica che ammanta i riti e le relazioni nella 'ndrangheta? Perché quest'ultima è così pervasiva?
«Sappiamo tutti che le mafie, in particolare quella calabrese, che io condanno senza appello, perché compie il male, usa la religione e la sua simbologia per auto-assolversi e darsi una missione salvifica per l' umanità. Le cronache ci dicono che persino religiosi e consacrati non siano affatto immuni da collusioni. Sono dell'idea che il diavolo tentatore si infiltri dove ci sono le debolezze e le miserie umane. Dunque, avidità per il denaro, desiderio di potere, sensazione di impunità e deliri di onnipotenza sono terreni molto fertili che rendono la 'ndrangheta assai pervasiva per quei deboli che non controllano tali pulsioni. Gratteri ha detto che se nessuno si facesse corrompere, la mafia morirebbe. Come dargli torto? È evidente che sia così».

Quale è il rapporto del vostro gruppo con l'informazione?
Certo come presenza non siamo in cima alle chart della stampa mainstream, ma di tanto in tanto anche i media nazionali parlano di noi. E poi c'è il web, che se usato bene è un veicolo che si presta anche all'approfondimento. Non per piaggeria ma è la quarta volta di fila che tu mi intervisti. Altri nostri colleghi non sono dello stesso avviso. Ad ogni buon conto vorrei dire un'ultima cosa».

Quale?
«Nel mondo che gira alla rovescia dire la verità diventa un atto rivoluzionario. Sono tradizionalista cattolico, vado solo alla messa antica celebrata non una cum ossia non in comunione con gli eresiarchi che seguono il dettato del Concilio vaticano secondo, messa celebrata da sacerdoti d'ordinazione certa come quelli dell'Istituto Mater Boni Consilii. Dico e scrivo quello che penso. Sono un uomo libero. Spero che la censura non mi colpisca. Se succederà, non c'è problema, grideranno le pietre, come dice il Vangelo».