Le peggiori porcate, quelle per cui politica, finanza e alta burocrazia, camminano a braccetto, si fanno d'estate. Quando la gente è al mare. Con un mix di pelosa ipocrisia e faccia di bronzo d'ordinanza il governatore Pr del Veneto, il leghista doroteo Luca Zaia, convolando a nozze col suo alter ego in ceretta Alessandra Moretti, capogruppo regionale del Pd, officiati da sua eccellenza reverendissima legato di Confindustria Antonio Vescovi (numero uno dei costruttori vicentini), in un sinuosissimo menage a trois, hanno chiesto a mamma Stato, il tanto vituperato Stato, quello di Roma ladrona, cioè a Cassa depositi e prestiti, di farsi da garante per la emissione di bond, circa 1,6 miliardi di euro, affinché eventuali investitori privati siano pronti ad entrare nella partita Spv che per il privato in realtà ha un interesse quasi nullo...
Il motivo? Il costo della Pedemontana infatti, almeno per quella parte di investimento privato, si sarebbe dovuto finanziare coi pedaggi non si potrà reggere con le sole tariffe. Se ne ricava che evidentemente le stime circa le previsioni di transito che avevano comportato l'ok inizialmente dato dalla Regione, dal Commissario straordinario e dallo Stato nelle sue articolazioni erano davvero troppo balenghe.
Epperò quello che lorsignori, anche dei grandi giornaloni, non dicono è un'altra cosa. Se nei mesi nessun privato batterà alla porta, sarà la Cdp, cioè noi e i poveri pensionati coi loro libretti di risparmio, a caricarsi sul groppone i costi di una infrastruttura che realizzata in nome di sua maestà il Project financing. Sì proprio quel “progefinansin” alla veneta in cui fanno tutto i privati perché son più bravi, come Confindustria continua autisticamente a sostenere. Salvo poi andare a pietire i dané al ministro Graziano Del Rio, che se fosse davvero un ministro li sbatterebbe fuori dalla porta.
Frattanto in questa melmaia putrescente, dove greppia ed escrementi hanno sempre più il medesimo tanfo del malaffare, c'è anche un dato lessicale che per certi versi risulta ancor più insultante dell'ennesimo salasso cui saranno sottoposti i veneti. «... I lavori stanno procedendo e non sarebbe né comprensibile né giustificabile in alcun modo che subissero ritardi o sospensioni spensioni a causa delle lentezze procedurali da parte della politica e delle istituzioni». Così parlò Antonio Vescovi, numero uno della associazione dei costruttori berici sul giornale di famiglia, ovvero il GdV di oggi in pagina 8. Ma nessuno fa rilevare a mister Ance che i ritardi sono del privato che non caccia la grana o che non ha una lira? È come se un piromane dopo avere appiccato un incendio a mezza città si lamentasse della lentezza con cui i vigili del fuoco hanno spento le fiamme. Ma stiamo scherzando? Perché prendersela con la politica e le istituzioni quando in questo caso è sua eccellenza reverendissima il mercato a fallire miseramente? Un fallimento che sembra quello del bulletto alla Verdone che dopo aver attirato la squinzia di turno ostentando una equina gibbosità sotto la patta dei jeans si dimentica, al momento della calata, di togliere il calzino da sotto gli slip color bianco Upim.
In realtà le istituzioni una colpa ce l'hanno. Quella di avere coltivato questa associazione a delinquere nella sua accezione etica con chi sin dai tempi del primo rigo tracciato sul tecnigrafo già sapeva che il privato i quattrini non li avrebbe tirati fuori. E che sarebbe dovuto intervenire Pantalone. Il tutto poi è aggravato da un'altra circostanza che suona come una beffa. Se a parità di progetto (lasciamo stare la versione saggia della Spv, quella costava troppo poco e quindi non aveva i requisiti etico-morali per concorrere) gli enti pubblici si fossero limitati a chiedere un mutuo in banca l'opera, la stessa opera, sarebbe costata dio solo sa quanto meno in termini di interessi. Per cui oggi Pantalone non solo paga lo scempio ecologico e progettuale, ma pure quello dell'usura aristotelicamente intesa. È il solito giochino in salsa Nozze di Cana in cui l'acqua dei debiti del privato, col quattrino pubblico, si trasforma in vino, ovvero in privatissimo profitto...
Per carità uno può anche obiettare che se la Regione l'avesse fatto oggi in pancia oltre al prestito da restituire si sarebbe trovata anche le azioni baciate di BpVi e Veneto Banca. Ma sarebbe bastato rivolgersi altrove. In Svizzera, dove di quattrini se ne intendono, il project financing lo hanno definito una cagata pazzesca. Ma il masochismo dei veneti questo è. Il fatto di avere ampiamente anticipato con articoli, post sui miei blog, due libri, quello che sarebbe stato il de profundis della Spv, oggi poco importa. Mi domando solo una cosa. Ma se domani prendessero il sopravvento i talebani (non l'Isis perché quello è un prodotto di scarto dei Sauditi, nonché di un pezzo della intelligence israeliana e americana) ai signorotti dell Spv farebbero ciò che una sana Shari'a prevede per i ladri? Qualche mano cadrebbe mozza su un letto di banconote da 500 euro? Qualche grassa testa rotolorebbe giù da una gru o magari sarebbe infilzata in qualche palo per lap dance?
La cosa simpatica, l'ultima spanna in un deretano così povero da non potersi nemmeno permettere la vaselina, dopo lo scempio bancario e quello dei project, è la legge regionale che l'aula si appresta a votare su richiesta del primo firmatario Luca Zaia. L'hanno battezzata la norma che blocca il consumo di suolo. In realtà è il passepartout per la soluzione finale in salsa cementizia, in un Veneto già numero uno per consumo di suolo. Il sogno proibito, anzi erotico, che Giancarlo Galan in Sartori aveva tanto agognato. E che invece sarà Zaia a portare a casa. Tanto poi la mancanza di suolo per coltivare, bere, vivere sarà colpa dei “singani” e dei “clandestini”. Mentre la magistratura rimarrà a guardia del bidone...
Nessun commento:
Posta un commento