La vicenda della Pedemontana veneta può essere portata come esempio di quell'Italia che non vuole cambiare e finge di non vedere che con le scuse della ricerca dell'ottimo, nei fatti svolge un ruolo di tutela di pochi interessi personali a scapito del bene della collettività.
Sono passati pochi giorni dalla presa di posizione del Consiglio di Stato, che ha rigettato la decisione del Tar del Lazio su un ricorso di un privato, di cui siamo ancora in attesa della sentenza di merito prevista per il 14 febbraio; ebbene il Tar del Lazio interviene nuovamente, mettendo da parte ogni prudenza che consiglierebbe almeno di aspettare il giudizio di merito del Consiglio di Stato, e accetta un nuovo ricorso teso a fermare i lavori della Pedemontana.
Provo grande amarezza ma soprattutto indignazione. Mentre noi imprenditori e i lavoratori delle nostre aziende ci troviamo ogni giorno ad affrontare mille difficoltà e problemi, il nostro Sistema Paese dimostra di non voler prendere atto che il mondo sta cambiando e che la nostra società deve essere pronta a rinnovarsi e a recuperare allo stesso tempo i ritardi accumulati negli «anni del non fare». Sono sicuro che i miei contraddittori mi risponderebbero che questo è proprio quello che vogliono: costruire un nuova Italia e un nuovo Veneto bello e senza inquinamento: «un Paese del Bengodi».
Chi non può essere d'accordo. Peccato che così si dimentichino le stragi continue sulle strade (perché del tutto inadatte alla mole di traffico che devono sostenere) i maggiori costi di trasporto che i cittadini e le imprese devono affrontare per spostarsi (dal 4 all'8% rispetto alla media europea) e che i già magri bilanci aziendali e familiari non riescono ad sostenere. Lo stesso dicasi per l'inquinamento che il traffico congestionato determina nei nostri paesi e nelle città della Pedemontana. Ma per il Tar del Lazio in quella zona «non esiste un'emergenza traffico», nonostante il governo abbia preso atto dell'insostenibilità della situazione con un apposito decreto.
Dico basta! Le comunità locali nella stragrande maggioranza, le forze politiche economiche e sociali in maniera quasi unanime invocano da decenni un'infrastruttura che il governo e il Cipe hanno riconosciuto necessaria e inserita nella Legge Obiettivo. Queste continue interruzioni stanno alterando qualsiasi programmazione, stanno dilatando il termine dell'opera con una notevole perdita di soldi pubblici. C'è un progetto che è stato riconosciuto come il migliore ed un Concessionario pronto ad iniziare i lavori, con un Commissario straordinario intento a sciogliere gli ultimi nodi e che già nel caso del Passante di Mestre ha dimostrato capacità ed equilibrio. Lasciamoli lavorare! È un'invocazione fin troppo sfruttata, ma che questa volta mi sembra riassuma il pensiero delle imprese e della società veneta tutta.
Franco Miller
delegato alle Infrastrutture di Confindustria Veneto
da Il Corriere del Veneto del 10 febbraio 2012, di Vicenza; pagina 3
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