Un accordo definitivo che sigla la pace. Il gruppo Mastrotto volta pagina nei suoi rapporti con il Fisco. I vertici della principale realtà industriale conciaria italiana, composta da società anche estere con un fatturato che si aggira sui 500 milioni di euro, hanno raggiunto un´intesa con l´Agenzia delle Entrate di Venezia e Vicenza per sanare l´evasione fiscale accertata l´anno scorso dalla polizia tributaria nel pagamento degli straordinari in nero a centinaia di dipendenti. L´accordo prevede che il gruppo di Arzignano fondato dai fratelli Bruno e Santo, e oggi guidato dall´avvocato Chiara, versi allo Stato una somma attorno ai 27 milioni di euro a fronte delle tre principali contestazioni formulate dalla guardia di finanza: i “fuori busta” per gli straordinari; la fatturazione fittizia per coprire gli straordinari in nero e le cosiddette operazioni tramite società “esterovestite”, un meccanismo per eludere l´imposizione tributaria.
L´inchiesta guidata dai finanzieri del tenente colonnello Paolo Borrelli, dunque, ha consentito all´erario di recuperare la tassazione che il gruppo Mastrotto non aveva versato allo Stato nell´arco di alcuni anni, durante i quali nel distretto berico per eccellenza il meccanismo della concorrenza attraverso società che procuravano pellami a prezzi scontati purché si praticasse il “nero sistematico”, aveva prodotto un fenomeno distorsivo e patologico. Tra questi il consolidamento del meccanismo del “fuori busta” senza tassazione, che per il gruppo Mastrotto aveva coinvolto una parte cospicua degli 800 dipendenti, con la necessità di attivare una struttura amministrativa parallela per far fronte alla gestione dell´imponente uscita di denaro ufficiosa.
Tuttavia, rispetto ai numeri che erano emersi a fine agosto, quando il “caso Mastrotto” aveva assunto dimensioni nazionali e si parlava di oltre 100 milioni allorché furono notificati i “processi verbali di contestazione”, le cifre si sono ridimensionate di parecchio, come prova l´accordo raggiunto tra la direzione provinciale delle Entrate di Vicenza, guidata da Eugenio Amilcare, e il gruppo industriale. Ma non c´è stato alcun patteggiamento: l´azienda ha riconosciuto l´illecito ed ha tirato una riga.
Con la firma del patto, l´azienda ha subito versato un sostanzioso acconto sui 27 milioni previsti, mentre la restante parte sarà pagata secondo un piano di rateizzazione standard nei rapporti tra Entrate e contribuenti. Tra l´altro, merita di essere sottolineato che i dipendenti della Mastrotto non dovranno pagare imposte su quanto percepito in nero, come qualcuno ipotizzò quando scoppiò il caso, perché l´azienda si è accollata tutti gli oneri.
Sono stati i fratelli Bruno e Santo, e l´amministratore delegato Chiara, che sono assistiti dall´avvocato Mauro Meneghini, a spingere per una soluzione che fosse la più rapida ed equilibrata possibile, sotto il profilo finanziario, impegnandosi a chiudere la vertenza col Fisco salvaguardando i lavoratori.
Tra l´altro, la Mastrotto fin da quando era scoppiato il bubbone di Reset, aveva fornito piena collaborazione alla tributaria, consegnando la contabilità parallela dalla quale era stato possibile riscontrare il meccanismo illegale che garantiva vantaggi alla società e ai lavoratori. Tra le sanzioni già versate ci sono gli oneri previdenziali che grazie alle contribuzioni in nero venivano evasi.
Infine, anche sul fronte penale Bruno e Santo Mastrotto sono prossimi a raggiungere un accordo che consenta loro di mettere alle spalle una complessa vicenda giudiziaria che li ha molto provati.
Ivano Tolettini
da Il Giornale di Vicenza del 6 marzo 2012; pagina 28
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