Se non arriverà un aiuto per il concessionario della Pedemontana veneta ovvero la Sis c'è il rischio che quest'ultimo precipiti in una situazione di insolvenza. È questa, alla grossa, la conclusione alla quale giunge il professore Bruno Barel, uno dei tanti avvocati entrati nello team che assiste la giunta regionale del Veneto nella delicatissima partita del reperimento dei fondi per il completamento della Pedemontana.
Si tratta di un passaggio esplosivo non solo perché rende plasticamente l'idea della incapacità del soggetto privato di assumersi gli impegni precedentemente assunti con la Regione. Non solo perché descrive in qualche modo uno scenario che per la Sis che è l'anticamera del fallimento. Ma soprattutto perché tale passaggio dà forza, anche se l'estensore non sembra pensarla così, in modo definitivo alle tesi di chi sostiene che l'aumento della addizionale Irpef da 2-300 milioni (in tutto o in parte destinata alla Spv non conta) allo studio da parte del governatore leghista veneto Luca Zaia, possa configurarsi come una condotta tesa a togliere inopinatamente e con un danno per l'ente pubblico, le castagne dal fuoco ad un privato che non è stato in grado di rispettare i patti già assunti.
Per di più quel passaggio di Barel, che da mesi fa parte ormai de facto della guardia pretoriana di Zaia, se letto integralmente (Taepile.net può mostrarne in anteprima il testo integrale) rende ancora più efficacemente la situazione drammatica che in queste ore si sta vivendo a palazzo Balbi e a palazzo Ferro Fini, sedi rispettivamente della giunta e del consiglio, il quale alle brevi è chiamato a ratificare l'intesa voluta dall'esecutivo. Si tratta di parole che pesano come pietre: «Va anche presa in considerazione anche l'eventualità... non improbabile... che il concessionario venga di conseguenza a trovarsi in condizione di insolvenza, con l'apertura di una procedura concorsuale a suo carico e con possibili... e... probabili... ricadute pregiudizievoli sulle imprese subappaltatrici e sugli altri operatori che sono a vario titolo coinvolti nella realizzazione dell'intervento».
Il passaggio è delicatissimo per due motivi. Uno, a fronte di una tale enunciazione infatti un voto dell'aula potrebbe incappare non solo nelle maglie della giustizia erariale in ragione di un danno potenzialmente patito dall'erario pubblico in ragione di una sorta di salvataggio messa in piedi anche o solo per evitare la debacle del concessionario e dei subappaltatori. Due, la cosa potrebbe anche calpestare la norma penale se per esempio emergessero situazioni di convergenza fra gli interessi di chi a vario titolo sostiene l'intervento della Regione e gli interessi di chi in qualche modo dal salvataggio pubblico beneficerebbe in modo più o meno indebito. Il che non vale solo per la questione delle commesse, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l'immane risiko urbanistico che, anche alla luce delle nuove norme regionali in tema di gestione del territorio, si sta materializzando attorno ai cento kilometri della Montecchio Maggiore - Spresiano tra le province di Vicenza e Treviso.
Questa girandola di circostanze ha messo in ambasce una parte del consiglio regionale, pure fra la maggioranza di centrodestra, soprattutto da quando a palazzo Ferro Fini si è sparsa la voce di una serie di denunce, anche penali, che sarebbero in arrivo. Alle quali si somma il pesantissimo esposto indirizzato a Zaia da uno degli ex partner di Sis; esposto che nell'entourage del governatore ha prodotto ansie e apprensioni.
È vero d'altro canto che nel proseguo della sua relazione Barel invita l'amministrazione regionale a scendere in campo per sostenere de facto il privato, ma è altrettanto vero che il ragionamento del noto giurista trevigiano (insegna diritto internazionale all'Università di Padova) è molto centrato su una analisi di tipo prudenziale tesa a scongiurare, quello che ritiene essere il male minore e a evitare il contenzioso, piuttosto che a concentrarsi fino in fondo sulle responsabilità del privato. E per suggerire alla giunta il modo migliore per muovere contro lo stesso privato nelle aule giudiziarie.
Ad ogni buon conto detto in altri termini Barel non ragiona solo o in primis in termini di diritto ma compie una notevole digressione anche in termini di opportunità: una sfera che invece dovrebbe essere pertinenza della politica. Tanto che sembra lasciare sullo sfondo un principio base che governa o dovrebbe governare l'amministrazione della giustizia, della cosa pubblica, ma che dovrebbe essere soprattutto alla base di qualsiasi ragionamento etico-politico: il principio per cui chi è responsabile di qualsivoglia condotta difforme dal solco della norma deve pagarne sino in fondo le conseguenze.
Di questo iato comunque è consapevole lo stesso avvocato tanto che al punto cinque della sua digressione (protocollo 86026 in data 02-03-2017) è costretto ad estrinsecare il suo vero pensiero: «La gravità dello scenario delineato sopra, gravido di incertezze e rischi difficilmente stimabili, sia di ordine finanziario e giuridico, che di natura sociale ed economica, per la generalità dei territori e delle comunità, giustifica ampiamente ogni possibile tentativo di cercare rimedi alternativi». Un convincimento appena appena temperato dal passaggio successivo: «Naturalmente, ogni misura di riequilibrio del Piano economico finanziario... che costituisce parte integrante della convenzione di concessione... dovrà risultare conveniente per l'ente concedente, rispetto al rischio di domanda gravante sulla Regione in base al Piano economico finanziario originario, e compatibile con le risorse finanziarie pubbliche ragionevolmente disponibili o reperibili, in modo da non far ritenere preferibile... seppure in guisa di male minore... l'interruzione dei lavori, per quanto traumatica».
Ed è con questo ultimo passaggio che in realtà Barel propende per lasciare comunque l'ultima parola al decisore politico-amministrativo, ovvero giunta e consiglio. Per vero la disamina del docente, che è storicamente un consulente della Regione, porta con sé un vizio "filosofico". Visto che viene meno in questo senso il criterio per cui i migliori pareri si formano sempre in ossequio al contraddittorio tra parti contrapposte. A questa lacuna avrebbe potuto, almeno in parte visto che è comunque un soggetto legato alla amministrazione regionale, provvedere il nucleo di valutazione strategica, il Nuvv, il quale però, come già emerso dalle carte agli atti del Consiglio regionale non ha più di tanto fatto le chiose alle tesi del docente patavino.
Su tutto però rimane un'altra questione che in queste ore non è entrata nell'agenda ufficiale del dibattito, ma che sta invece prendendo corpo nei corridoi della politica veneta. Se la Spv andasse gambe all'aria, almeno nel suo percoso attuale, rischierebbe l'osso del collo solo la Sis, solo i subappaltatori o gli altri "subcontractor" o ci sarebbero rogne di ogni tipo per chi magari si è già indebitato con banche o altri enti per acquistare od opzionare aree oggi verdi sulle quali potrebbero poi svilupparsi altre previsioni di piano proprio in ragione del tracciato dell Spv? Che cosa intende Barel, che peraltro di mestiere fa anche il manager immobiliare con la società Numeria, quando parla di «generalità dei territori e delle comunità»? In questi giorni convulsi c'è qualche big della politica veneta o dell'imprenditoria alto di gamma che si trova fra l'incudine e il martello o peggio sotto ricatto? E se sì chi è?
Marco Milioni
link sorgente su Taepile.net
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