Sul nuovo Ya Basta inaugurato sabato 5 marzo all’ex bocciodromo in zona Ferrovieri si è scatenata una polemica ipocrita e strumentale. Ipocrita perché era un’ipocrisia sostenere che il centro gestito dalle quattro associazioni vincitrici del bando (Web Lab, Giovani dei Ferrovieri, Pensionati per la Pace e Polisportiva Jackie Tonawanda) sarebbe stato un luogo a disposizione di chiunque. La motivazione con cui i gestori avevano presentato la propria attività era quella di un servizio per il quartiere: «L’ex bocciodromo sarà un centro civico socioculturale rivolto al quartiere e alla città, con cui coinvolgeremo più fasce di popolazione, non solo i giovani» (Il Giornale di Vicenza, 31 gennaio 2010).
In realtà, come nei palazzi della politica vicentina sanno anche i sassi, un accordo fra il mondo dei disobbedienti che fanno capo al Presidio No Dal Molin e l’amministrazione Variati c’è stato. Un’operazione politica perfettamente legittima, dato che la gara è stata aggiudicata in modo del tutto regolare, ma pur sempre frutto di un calcolo: dare alla sinistra antagonista uno spazio - a cui aspira fin dall’abbattimento dello storico centro sociale di via Battaglione Framarin - per non averla nemica e assicurarsene il consenso. È un salutare atto di verità che oggi lo stesso bocciodromo con un comunicato ufficiale abbia ammesso di essere un ritrovo di parte: «il Bocciodromo non è un pubblico esercizio, è una sede associativa aperta a coloro i quali condividono le finalità e gli obbiettivi delle associazioni che avevano a suo tempo vinto il bando di gara. L’antirazzismo e la lotta all’esclusione sociale, la solidarietà, l’antifascismo, sono i punti cardinali, oltre che i valori sanciti a livello statutario». Non c’è niente di male in questo. Ma ora ogni ambiguità è stata spazzata via.
C’è voluta però una spedizione di ragazzi della Lega, del Pdl e della Destra che, inutile girarci intorno, sapeva di pura provocazione. Ha detto bene il sindaco Variati in una nota diffusa in giornata: è stato «come se un gruppo di cacciatori si presentasse, in pelliccia e armati di trofei, nella sede di un'associazione animalista, pretendendo di poter accedere solo perché lo stabile dato in concessione all'associazione animalista è di proprietà pubblica». Se non era un mistero per nessuno la reale natura del bocciodromo, tanto meno lo era per i giovani padani e di destra, che l’anno scorso, per bocca dell’onnipresente assessore regionale Donazzan, fascista vera, avevano sputato fuoco e fiamme sull’ex circolo dei Ferrovieri bollato come un covo di «illegalità», dove c’è il rischio di «obnubilarsi la mente assumendo stupefacenti» o addirittura «vi sia la possibilità di ospitare immigrati clandestini piuttosto che distribuire alcolici senza licenza» (Giornale di Vicenza, 2 febbraio 2010).
L’inferno o quasi, insomma. La solita criminalizzazione preventiva che risponde a un’esigenza, anche qui, faziosa: attaccare la giunta di centrosinistra.
Ora, sfruttare ogni occasione per contestare l’avversario fa parte del gioco delle parti, nulla di scandaloso. Se non fosse che ci va di mezzo un principio cardinale della democrazia: la libertà di espressione, che deve valere in tutti i casi. Chi scrive lo ricordò anche al Partito Democratico, che, tramite il suo ex segretario Claudio Veltroni, aveva mostrato di esserlo gran poco decretando una sorta di apartheid razziale contro chi non la pensa come lui («non potrebbe essere accettato che si costituisse un "centro sociale" collegato alla rete dei disobbedienti», febbraio 2010). Se le associazioni legate al mondo no-global hanno partecipato al bando e si sono viste assegnare l’edificio secondo le norme, la destra può pure fare tutto il chiasso che vuole ma non può chiedere che siano sloggiate solo perché non ne condivide le idee. E i blitz per entrare quando si sa benissimo come si verrebbe accolti, superano la soglia del sacrosanto dibattito, perché fomentano proprio ciò di cui poi, soprattutto a destra, da finte verginelle, ci si lamenta: l’odio politico.
Un’ultima considerazione. Il razzismo ideologico alberga sia a sinistra sia a destra. Al di là di ogni giudizio sul merito delle contrapposte ideologie (quando la piantiamo, ragazzi, di giocare a fascisti e antifascisti come se l'Italia fosse ferma al 1945?), è giusto che ogni gruppo possa disporre di uno spazio suo. Perciò, giovani di destra, invece di rompere premeditatamente i coglioni ai vostri omologhi di sinistra, fate casino in Comune, rompeteli all’amministrazione. Che se intende davvero rappresentare l’intera città, dovrebbe favorire una concessione analoga a quella conseguita dagli ex-Ya Basta. Solo così sputtanereste il giochino. E se proprio avete la smania delle ispezioni fulminee, suggerisco di farne una, quando sarà, al futuro centro giovanile all’ex asilo Burci. Là sì che avrete tutto il diritto di accusare Variati di politicizzare a suo favore una struttura che deve nascere per tutti. Senza eccezioni.
Alessio Mannino
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Chi ha detto che la destra non può essere antirazzista, antifascista e antixenofoba? Ah già...siamo in Italia, certi miracoli neanche qua avvengono...
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