venerdì 29 giugno 2018

Liason dangereuse in saor

«Dopo le inchieste di Fanpage.it e di Report dedicate a Venezia e dintorni credo che le istituzioni debbano vigilare con molta attenzione su fatti, situazioni e novità emerse da quei servizi. Soprattutto i veneziani debbono stare in guardia rispetto alla partita delle bonifiche perché in questo settore storicamente si annidano malaffare e mala gestio nella cosa pubblica». Ad usare queste parole è Franco Tandin, volto noto alle cronache regionali per le sue battaglie contro le malversazioni nel mondo bancario e in quello delle società pubblico-private a partire dalla Save, il gestore dell’aeroporto della città di Marco Polo. Tandin peraltro parla in maniera affatto generica anche perché oggi, poco dopo mezzogiorno, i suoi dubbi e i suoi timori hanno preso la forma di un esposto indirizzato alla prefettura di Venezia.

LA RETE DEGLI INTERESSI ALTO DI GAMMA
Più nel dettaglio la segnalazione di Tandin contiene una analisi molto articolata. Partendo dai fatti o dai nomi di maggior peso comparsi nelle inchieste di Fanpage.it e Report, il 59enne di origini padovane, che di mestiere fa il collaboratore scolastico in un istituto superiore mestrino, fotografa, rielabora e mette in relazione tra loro alcuni poli del potere economico veneziano. Ovviamente Tandin non affibbia alcuna patente di illiceità ad alcuno, ma «facendo affidamento su documenti ufficiali come gli atti delle camere di commercio e su alcuni servizi giornalistici» traccia una vera e propria mappa, ancorché parziale del potere, degli interessi e delle liason alto di gamma che intersecano il gotha economico del capoluogo regionale veneto con quello politico.

MISTER SEVERIN
All’inizio della sua analisi Tandin punta il suo fanale verso l’imprenditore Giuseppe Severin.  Il quale risulta «essere amministratore unico della srl Consorzio tecnologico veneziano già al centro della inchiesta di Fanpage.it. Se si analizza lo storico dei trasferimenti delle quote della medesima srl agli atti della Camera di commercio di Treviso - precisa ancora il cinquantanovenne - si nota la presenza come dante causa, ovvero come soggetto cedente, della società Demont srl. La stessa Demont come da documenti in atti alla Camera di commercio trevigiana di cui al protocollo TV-2010-18044 in data 13 aprile 2010, ha sede a Mestre-Venezia in via Torino 180».

E ancora: «Al medesimo indirizzo... ha sede anche la società consortile Riconversione porto Marghera: Rpm S.C. in forma abbreviata... socio al 39% di Rpm è un'altra srl, ovvero la Società italiana per la riqualificazione ambientale e infrastrutturale, in breve Sirai... Amministratore unico di Sirai srl, secondo il quotidiano Palermotoday.it del 19 ottobre 2017 è Vincenzo Marinese, oggi presidente di Confindustria Venezia-Rovigo. Sempre stando ai media... la casata imprenditoriale dei Marinese sarebbe molto vicina all'ex numero uno di Umana e oggi sindaco di Venezia Luigi Brugnaro».

PELLICIARI: L’UOMO DELLA PORTA
Nel carteggio però, quattro pagine dattiloscritte indirizzate alla direzione “Antimafia e pubblica amministrazione” della Prefettura veneziana, compare un altro nome. Quello del manager Stefano Pelliciari. In questa circostanza punto di partenza della ricostruzione di Tandin è la Demont, storica ditta attiva in vari settori tra cui quello delle demolizioni. «... quest'ultima - si legge nel testo - figura nello storico dei trasferimenti delle quote di un'altra importante società lagunare, la Porta di Venezia srl, la quale vede come amministratore unico tale Stefano Pelliciari. Porta di Venezia srl, ancora una volta, ha sede a Mestre in via Torino 180: il tutto risulta agli atti della Camera di commercio veneziana al 26 febbraio 2018».

AEDARS: NUBI NERE SULLA MISERICORDIA
Ma chi è Stefano Pelliciari si chiede Tandin? «Proprio Pelliciari compare in una lunga inchiesta giornalistica di Report in onda su Rai Tre il giorno 11 giugno 2018 intitolata Venicetown... Secondo l'inviata Claudia di Pasquale, Pelliciari è l'imprenditore - scrive ancora l’esponente - che cede a Brugnaro, quando questi non è ancora ancora il primo cittadino, il pacchetto di controllo del consorzio che con la formula del project financing dovrebbe gestire la Scuola Grande della Misericordia, un prestigioso edificio cinquecentesco del comune di Venezia dato appunto in gestione per 42 anni tramite una procedura pubblica». Poco appresso il 59enne cita letteralmente il contenuto della puntata: ma se il gruppo riferibile a Brugnaro controlla l'80% del consorzio, il restante 20% fa riferimento al «Consorzio Aedars, oggi in amministrazione giudiziaria, a seguito di un'inchiesta della Guardia di Finanza di Roma, che ha portato proprio un anno fa alla confisca in primo grado di beni per 170 milioni di euro». Tanto viene riferito da Report.

Subito dopo un’altra considerazione: «... nella summenzionata puntata sempre in tema di Aedars viene riferito che il dominus di quel consorzio altri non è che Pietro Tindaro Mollica. Si tratta di un imprenditore messinese indagato dalla Gdf romana per... associazione a delinquere finalizzata all'usura, all'estorsione, all'esercizio abusivo
dell'attività finanziaria e in ordine a plurime intestazioni fittizie di realtà societarie schermate attraverso prestanome... Sempre Report, che dà voce alla Fiamme gialle, racconta che il Mollica avrebbe intessuto rapporti anche con soggetti pregiudicati per «gravi reati di natura mafiosa».

LE CONTRADDIZIONI DI BRUGNARO
Il passaggio è cosa nota, ma l’autore dell’esposto accende comunque un faro nei confronti del sindaco veneziano Luigi Brugnaro: «Va altresì rilevato che incalzato dalla Di Pasquale perché risulterebbe essere socio di un soggetto che ha rapporti con mafiosi, Brugnaro si difende affermando» la sua estraneità. Ancora una volta Tandin cita testualmente l’intervista rilasciata a Report dal primo cittadino: «Io ho un merito di avere tolto l'80% a 'sti qua quando posso tolgo anche l'altro venti. Noi a Venezia, ce la prendiamo noi». Il che però, a parere di Tandin, cozza con quanto evidenzia la giornalista di Report la quale che nel corso della stessa puntata spiega: «Il gruppo di Brugnaro in realtà non ha mai tolto l'80% al consorzio, gestito secondo gli inquirenti in modo occulto e delinquenziale da Mollica, oggi rinviato a giudizio. Il gruppo di Brugnaro si è preso le quote di un altro imprenditore, Stefano Pelliciari, che aveva partecipato anche lui alla gara per la Misericordia per poi ritirarsi». Il Pelliciari, sottolinea il bidello, intervistato dalla De Pasquale peraltro si definisce «amico di Brugnaro».

VENICE CAMPUS: IL FILO CONDUCE ALLA MANTOVANI E AI CAPRIOGLIO
Tuttavia l’analisi del 59enne non si esaurisce qui. Citando una serie di documenti camerali che a loro volta richiamano trasferimenti di azioni e altri passaggi societari, Tandin, nella segnalazione inviata alla dirigente dell’ufficio territoriale del governo, la dottoressa Piera Bumma, procede oltre. Partendo dalle cariche di Pelliciani lo stesso Tandin fa finire nei suoi radar la Venice campus, una immobiliare nel cui azionariato in passato è finito un pezzo del gotha economico, passato e presente, del settentrione italiano: dalla bolognese Maccaferri, vicina all’ex ministro dell’ambiente il centrista Gianluca Galletti, alla Banca Antonveneta, poi finita in Mps passando per il gruppo Santander. Poi c'è la Capfin, riferibile alla famiglia Caprioglio, legatissima all'ex patriarca di Venezia Angelo Scola. Per non parlare della Mantovani. Quest’ultima è nota alle cronache giudiziarie per essere finita mani e piedi nello scandalo del Mose, nel cui gorgo finì anche il suo direttore finanziario Nicolò Buson. Ora, ricostruendo la storia di Venice campus srl, Tandin evidenzia che lo stesso Buson attorno al 2012 in seno a quest’ultima impresa ricopriva la carica di amministratore unico.

Ora, sarà sicuramente una coincidenza magari una omonimia, ma ironia della sorte, il cognome Caprioglio riecheggia spesso nelle cronache economiche veneziane visto che Maria Raffaella Caprioglio, come sottolinea Tandin, è il presidente del colosso del lavoro interinale Umana, «che poi è il gruppo fondato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro».

IL QUESITO
Ma come mai Tandin, che non è nuovo ad iniziative del genere, ha deciso di mettere nero su bianco questa sua ricostruzione? «Durante gli ultimi mesi - fa sapere quest’ultimo - ho notato molta enfasi sul caso dei Pili e sulla querelle del conflitto d’interessi del primo cittadino. Che va bene ci mancherebbe altro. Ma non vorrei però che le autorità e l’opinione pubblica dimenticassero la delicatissima partita delle bonifiche. Che vanno fatte per carità, ma rispettando le risorse della collettività, l’ambiente e la legalità. Ormai ridottosi il fiume di danaro pubblico derivante dal Mose è proprio sulle bonifiche e sulle conseguenti speculazioni fondiarie, che appetiti inconfessabili potrebbero cercare approdo. Per questo dobbiamo stare in campana». Appresso un’ultima considerazione: «Non dimentichiamoci che dalle cronache dell’inchiesta sul Mose si evidenziò come Giovanni Mazzacurati, uno dei dominus del sistema Mose, con la prospettiva del tramonto di quest’ultimo, avesse indirizzato il suo interesse proprio nei confronti delle bonifiche di Marghera e dintorni».

Marco Milioni

lunedì 25 giugno 2018

Miteni: «Pfas, oltre mille tonnellate utilizzate nel Veneto negli ultimi dieci anni»

(m.m.) Riceviamo una nota dall'ufficio stampa di Miteni diramata a mezzodì che pubblichiamo integralmente

Cento tonnellate di perfluorurati ogni anno è il quantitativo entrato nell’ambiente dalle lavorazioni industriali, valori che finalmente spiegano le concentrazioni di Pfas rilevate nelle acque.

È il risultato di una ricerca realizzata da Global Market Insight, uno dei principali istituti di ricerca di mercato al mondo, commissionata da Miteni nell’'ambito della definizione del nuovo piano industriale a seguito del procedimento di concordato in continuità. La ricerca ha esaminato il mercato del Pfas in tutte le regioni italiane: il Veneto da solo ogni anno consuma più di metà delle 200 tonnellate che vengono importate e distribuite nel Paese.

Per la prima volta viene documentato con dati concreti e solidi ciò che il tribunale superiore della acque aveva disposto lo scorso anno indicando in una sentenza di indagare sull’utilizzo dei Pfas nell’industria. La ricerca è stata consegnata oggi alla commissione regionale sui Pfas: circa duecento tonnellate l'anno di perfluorurati per la concia con un trend in crescita. Questo dice la ricerca di Global Market Insight sul mercato dei Pfas in Italia, le molecole al centro dell’a attenzione per la loro elevata persistenza nell’'ambiente e negli organismi. Più della metà di queste sostanze viene utilizzata in Veneto: 109,31 tonnellate solo lo scorso anno. L’'indagine del prestigioso istituto americano di ricerca si è basata su molteplici fonti tra cui le dichiarazioni raccolte presso gli stessi produttori e distributori.

Sono dieci i produttori di derivati perfluoroalchilici e sette i distributori coinvolti nella ricerca che dunque traccia un quadro inevitabilmente per difetto dovendo trascurare i produttori e i distributori minori. Le sostanze censite sono state identificate per la loro tipologia di utilizzo: concia, produzione di scarpe, vestiti, guanti e altri accessori.

I prodotti commerciali perfluorurati considerati sono 28 e alcuni contengono soluzioni più o meno pure, altri contengono percentuali di Pfoa miscelate a C4, altri ancora, e sono una parte consistente, contengono polimeri perfluorurati. Quest’'ultima categoria è un elemento importante per comprendere le conseguenze pratiche rivelate da questa indagine perché spiega per quale motivo le concentrazioni di Pfoa nell’ambiente siano così elevate rispetto alle concentrazioni rilevate negli scarichi industriali.

Questi polimeri ancora oggi non vengono infatti rilevati negli scarichi ma degradano in Pfoa nell’ambiente in una misura variabile intorno al 30%, in un tempo che varia da poche settimane ad alcuni anni a seconda della forma in cui sono immessi. Di fatto quindi il Pfoa non risulta alle analisi sugli scarichi ma diventa libero in ambiente a seguito della degradazione successiva dei polimeri, secondo quanto indicato dall’agenzia di regolamentazione dell’a Unione Europea Echa.

L’'inquinamento come noto secondo la mappa di Arpav ha le massime concentrazioni lungo i punti di uscita storici del consorzio di depurazione Arica che raccoglie le acque delle industrie del territorio. Di fatto dal tubo escono non solo Pfoa ma anche quantità imponenti di polimeri usati delle industrie che diventano Pfoa e altri Pfas una volta nell’'ambiente.

Sono oltre cinquecento le industrie dell’'Alto vicentino secondo il censimento fatto dalle stesse organizzazioni di categoria che nel loro ciclo produttivo utilizzano in quantità variabile Pfas come leganti o additivi. Un consumo che la ricerca indica in costante crescita.

Dice Anuja Ugale executive business di di Global Market Insights al riguardo precisa: «Il nostro margine di errore è inferiore al 5%, rispetto allo scenario di mercato effettivo. Utilizziamo un'ampia gamma di database autorevoli e conduciamo poi una vasta ricerca sulle fonti primarie al fine di convalidare i nostri risultati e le analisi».

Dal canto suo Antonio Nardone amministratore delegato di Miteni fa sapere: «“I dati sono a nostro avviso molto chiari e non vogliono puntare il dito contro nessuno ma dare una indicazione oggettiva della situazione attuale e del passato. Dati che sono perfettamente allineati con le disposizioni che lo scorso anno ha dato la sentenza del tribunale Superiore delle acque pubbliche che aveva indicato gli utilizzatori dei Pfas come punto fondamentale per affrontare il problema. Non si può ora non considerare che in Veneto vengono usati Pfas in volumi decine o centinaia di volte più grandi di quanti non ne abbia mai scaricati Miteni. Non si può adesso ignorare che le zone contaminate sono coerenti con gli scarichi di alcuni tipi di produzione e che non hanno nulla a che fare con la falda dello stabilimento. Questa ricerca rivela il tassello che mancava nella comprensione del fenomeno”».

sabato 26 maggio 2018

Gli ex M5S vincono il ricorso sul simbolo

«Gli ex M5S vincono il ricorso sul simbolo». E poi: «Pronti a riunirci». È questo il titolo scelto dal Corriere della sera di oggi 26 maggio che in pagina 6 pubblica un approfondimento di Roberto Russo. «I giudici della XI sezione del tribunale civile di Genova», cosí si legge nel servizio, in attesa di un pronunciamento nel merito hanno sancito che «tutti i vecchi iscritti hanno il diritto all'utilizzo del nome e del vessillo originario». Ora al di lá della notizia nuda e cruda bisogna peró capire, tra le tante, se questa novitá avrá ripercussioni concrete sulle querelle relative all'utilizzo del simbolo del M5S che hanno caratterizzato l'ultimo sprazzo delle recenti amministrative in Italia e specie nel Veneto. C'è però un'altra partita di cui non si può tenere conto. Secondo i boatos romani il M5S potrebbe presto finire al governo con la Lega. Cosa che smentirebbe la sua parabola di partito anti-sistema. Già la crina seguita in molte amministrazioni locali, per non parlare l'abiura di importanti battaglie a livello nazionale, sono il segnale che il M5S da tempo ha operato un voltafaccia rispetto alla sua visione circa la necessità di un cambiamento radicale della società italiana e dei rapporti internazionali del Paese, vedi Nato per esempio. I continui viaggi dei sodali dei vari Luigi Di Maio e simili dalle parti dell'Eni, delle parti dell'ambasciata israeliana a Roma e dalle parti dell'ambasciata Usa a Roma la dicono lunga. La dicono lunga su un movimento che nei suoi vertici, in amplissima parte di questi, ha deciso di sfruttare il malcontento di un Paese semplicemente per ambire a quelle cadreghe cui per incacità e mancanza di mezzi non sarebbero mai arrivati se non ci fosse stata questa finestra storica. Ma tant'è il sistema ha bisogno anche degli anti-sistema per connotarsi e darsi una cifra. Domani il M5S governerà col Carroccio. Dopodomani, magari dopo una crisi balneare governerà col Pd. E chi non ci assicura che dopo un periodo di trambusto col M5S che si indebolisce perché si disuniscono le sue anime (una base genuina ma grezza, spesso ignorante; un gruppo di arrampicatori sociali disponibili ad assecondare chiunque e la qualunque pur di arrivare ad uno stipendio; un gruppo di pre-infiltrati dalle lobby manovrati per presidiare alcune posizioni chiave) arriverà un nuovo governone tecnico in salsa simil Monti, capitanato da un Carlo Cottarelli di turno o da un Mario Draghi di turno? «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» diceva il principe di Salinas a suo nipote ne Il Gattopardo. Col M5S sulla soglia di palazzo Chigi, la storia si ripeterà.

venerdì 25 maggio 2018

Alilaguna, le liason di Brugnaro e i fratelli Zuin

(m.m.) Il comune di Venezia come verrà a capo della scomoda situazione che contraddistingue Alilaguna? La società, che si occupa di trasporto marittimo opera in regime di monopolio, che le deriva dal periodo in cui la compagnia era di proprietà del capoluogo. Da tempo però la compagine azionaria è in mano ai privati. E non si capisce ancora se e come l’amministrazione di centrodestra capitanata dal civico Luigi Brugnaro abbia intenzione di uscire da questa impasse.

Il 28 di gennaio Alganews.it aveva delineato lo scenario che riguardava i trasporti nella città di Marco Polo affrescando quella situazione come una sorta di «Leviatano giuridico per cui ad una società privata è concesso un regime di monopolio de facto, affidato senza gara per giunta, tipico delle società pubbliche». E ancora chi scrive sottolineò che «il comune per uscire da un cul de sac che si protrae da anni starebbe mettendo a punto un bando di gara la cui lentezza però sta spazientendo alcuni potenziali partecipanti. Tra questi c’è un raggruppamento capitanato dal gruppo navale Lauro che il 10 febbraio del 2017 aveva inviato al comune una diffida affinché le gare fossero bandite nel più breve tempo possibile: quattro pagine in punta di diritto vergate dall’avvocato Ippolito Matrone di Boscoreale nel Napoletano. Nelle quali si sollecitava l’amministrazione ad annullare gli atti che avrebbero causato questa situazione di stallo e a redigere quelli utili a sbloccarla».

Il problema che in questi mesi poco o nulla è cambiato. E allora forse potrebbe essere utile guardare più da vicino nel ventre di Alilaguna per capire se ci sono o ci sono state eventuali liason con ca’ Farsetti. In questo quadro il primo elemento da prendere in esame riguarda la spa che controlla Alilaguna, ovvero la Situv (alias Società investimenti turistici Venezia). Nel collegio sindacale di quest’ultima figura il dottore commercialista Maurizio Zuin. Il quale altri non è che il fratello di Michele Zuin, potentissimo assessore al bilancio della giunta Brugnaro. I due tra l’altro compaiono nel caso «Agenzia per l’innovazione». Una storia di emolumenti chiacchierati di cui peraltro si occupò Il Fatto quotidiano del 6 luglio 2012. I due per di più fanno lo stesso mestiere e lavorano pure nello stesso studio

Ma le liason non si esauriscono qui. E tirano in ballo anche il sindaco Brugnaro. Alilaguna infatti è sponsor della Reyer, la squadra di basket che primeggia nel panorama nazionale della quale Brugnaro dal 2006 è divenuto dominus indiscusso. A questo punto le domade nascono spontanee. Ma è pensabile che questo stato di cose abbia influito rispetto alla prudenza (o alla lentezza) con la quale l’amministrazione ha deciso di affrontare o non affrontare questo nodo? Come spiega il sindaco (i dati da un punto di vista temporale fanno riferimento alla fine di gennaio) che nella galassia di quella società privata di trasporti che opera in uno stranissimo regime di monopolio pubblico figura quale membro del collegio dei sindaci il fratello del suo assessore al bilancio? E come spiega il sindaco il fatto che tra gli sponsor di Reyer (almeno stando alla pagina di riferimento della stessa società cestistisca) ci sia proprio quella Alilaguna il cui status non viene toccato da anni? L’assessore al patrimonio Renato Boraso sa qualcosa di queste liason oppure le ignora? Il fatto che Michele Zuin a ca’ Farsetti venga considerato il braccio destro di Brugnaro e che lo stesso Zuin sia considerato vicinissimo al deputato azzurro Renato Brunetta ha un qualche significato? Quando Brugnaro, infilzato di continuo nell'ambito dell'affiare Pili, decise di abbandonare una rovente seduta del consiglio comunale lasciando sulla sua sedia al posto suo una coppa della squadra di Basket era a conoscenza di tutto ciò? E i tifosi che lo spalleggiavano in aula sapevano?

lunedì 21 maggio 2018

Infrastrutture, le indiscrezioni e la pista veneta

(m.m.) Le indiscrezioni arrivano da Roma. Nell'ambito della formazione del nuovo governo a guida leghista e pentastellata sarebbero circolati alcuni nomi veneti per il dicastero delle infrastrutture, uno dei più strategici. Si tratta di nomi non solo papabili per la poltrona di ministro, ma anche per quella di sottosegretario. Il primo è quello di Silvano Vernizzi, oggi amministratore delegato di Veneto Strade è stato a lungo il commissario governativo straordinario per la Pedemontana veneta. La sua scelta sarebbe in quota Lega ma molto ben apprezzata da ambienti di Fi. Un altro nome che sta circolando è quello di Massimo Colomban, già assessore alle partecipate nel comune di Roma nella giunta del M5S, ha un passato nel centrodestra e non sarebbe sgradito alla Lega.

L'ultimo nome che circola è quello di Massimo Malvestio, noto avvocato trevigiano, conosciuto per essere uno degli spin doctor di Zaia, nel suo caso il suo nome sarebbe stato proposto senza che il diretto interessato ne fosse immediatamente messo a conoscenza. Le voci sarebbero già circolate nella base del M5S che non avrebbe gradito i tre nomi perché considerati troppo vicini all'establishment veneto delle infrastrutture. Nella Regione che fu della Serenissima si giocano alcune partite più delicate nel novero delle grandi opere. Basti pensare alla conclusione del Mose, alla bonifica di Marghera, ai canali per le grandi navi e ancora la Pedemontana Veneta, la Valdastico Nord e la Orte Mestre per non parlare della Tav Brescia, Verona Vicenza, Padova. Si tratta di progetti osteggiati dal M5S e che invece la Lega, in una col centrodestra ha sempre caldeggiato. Come è stato più volte spiegato sulla stampa nazionale (dal Fatto e dal Corsera in primis) proprio nel Veneto, in tema di infrastrutture si giocherà una partita cruciale per il Paese, nell'ambito della quale sarà importante capire quanto le lobby che operano alle spalle del comparto infrastrutturale saranno in grado di far sentire il proprio peso sul nascituro governo. Frattanto sul versante della Pedemontana veneta c'è un fronte che rimane aperto. Nel dicembre dello scorso anno Vvox.it pubblicò un approfondimento nel quale si illuminavano alcuni aspetti del finanziamento con cui i privati (una cordata capitanata da Jp Morgan) accordano al concessionario, l'italo-spagnola Sis, un maxi bond in forza del quale lo stesso concessionario conta di completare l'opera affidatale dal concedente pubblico, ovvero la Regione. La questione delicata delineata in quel servizio assumeva una duplice veste. Da una parte c'era il concessionario, che in un report inviato alla borsa irlandese, ovvero agli investitori, spiegava che l'operazione Spv era piena di rischi. Dall'altra lo stesso concessionario precisava però che il rischio d'impresa de facto è scaricato sulla Regione Veneto.

Ora se si pensa a Jp Morgan viene in mente il suo campione italiano ovvero Vittorio Grilli. Il quale oltre a ricoprire un ruolo di primaria importanza nella banca d'affari made in Usa vanta una certa vicinanza con Ilaria Bramezza. Quest'ultima, già enfant prodige alla corte dell'ex ministro Paolo Costa, sarà un caso, è divenuta segretario generale alla programmazione di quella Regione Veneto che poi di riffa o di raffa finisce per fare da mallevadore a quella Sis che a Jp Morgan & Co ha chiesto un finanziamento da paura. Fino ad oggi però questo scenario non ha sollevato chissà quali dubbi nella politica veneta.

domenica 20 maggio 2018

Affaire Montante, le liason con la galassia BpVi

(m.m.) A partire dal 15 giugno, LaPrima Tv, una emittente televisiva siciliana nata da poco, ha mandato in onda, tra i tanti, alcuni approfondimenti che mettono in rilievo alcuni collegamenti tra l'affaire Montante, uno scandalo nato in Sicilia e che potrebbe avere ripercussioni ai vertici dell'intelligence italiana, e la galassia della ex Banca popolare di Vicenza: il minimo comune denominatore delle due vicende sono i servizi segreti e i poteri più o meno occulti che hanno spopolato in Sicilia, ma non solo in Sicilia, durante almeno gli ultimi quindici anni. Più precisamente LaPrima Tv ha mandato in onda un servizio del sottoscritto il 15 maggio, uno, sempre del sottoscritto, il giorno dopo, ovvero il 16 e un approfondimento curato da Angelo di Natale sempre il 16 maggio.

GUARDA IL SERVIZIO DEL 15 MAGGIO
GUARDA IL SERVIZIO DEL 16 MAGGIO
GUARDA L'APPROFONDIMENTO DEL 16 MAGGIO

sabato 28 aprile 2018

Mamme No Pfas: limiti zero nelle reti idriche italiane

Ricevo dal Comitato mamme no Pfas e volentieri pubblico...

I pfas sono sostanze chimiche non esistenti in natura, sono interferenti endocrini, persistenti in quanto non degradabili biologicamente ma solo per mezzo di pirolisi. Sono bioaccumulabili, ormai ubiquitarie, data la grande diffusione commerciale dei prodotti che le contengono. All’indomani della scoperta della immanente contaminazione dell’acquifero indifferenziato che alimenta le falde a cui attinge acqua un distretto comprendente tre province come Verona, Vicenza e Padova, distretto abitato da 350.000 persone, sono stati fissati, a scopo precauzionale, limiti stringenti per le acque potabili pari a 1030 nanogrammi su litro, tanto da obbligare i gestori degli acquedotti ad installare filtri nei centri di emungimento prima della distribuzione acquedottistica. É dimostrato che tali limiti, a causa del preponderante bioaccumulo e dei tempi di emivita dei Pfas , permettono un ulteriore aggravamento della contaminazione del sangue che nelle zone non contaminate risulta essere variabile da 1,5 a 8 nanogrammi su millilitri di siero, mentre nelle province contaminate raggiunge picchi di 600 nanogrammi su millilitro ed oltre. La Regione Veneto nella consapevolezza della gravità della situazione e in attesa del cambio delle fonti di approvvigionamento li ha abbassati autonomamente garantendoci all'oggi valori nell'acqua potabile più vicini allo zero virtuale. Attualmente i filtri vengono cambiati con frequenza ravvicinata con una spesa economica elevata; nulla però è paragonabile ai danni fisiologici che sembra possano derivare da tale disastro ambientale. Le mamme No Pfas fanno proprio il principio di precauzione sancito dalla Unione europea nel suo trattato costitutivo. Pertanto pretendiamo limiti zero per l'intera Italia e per l'intera Unione Europea. I tutori dei nostri figli siamo noi. Pertanto non ci arrenderemo fino a che non avremo la sicurezza che tutto ciò che viene intentato dalle autorità è volto a garantire la loro sicurezza.

Per il Comitato Mamme No Pfas
Chiara Panarotto
Michela Piccoli