Domanda delle cento pistole. Quale persona di senno rinuncerebbe a una somma che si aggira sui 40 milioni di euro pur di mantenere il seggio in Senato e potere guardare tutti negli occhi, soprattutto i suoi avversari, lanciando il guanto di sfida all'insegna dell'interrogativo: «Provate voi se avete il coraggio?».
Il senatore Alberto Filippi sulla vicenda del Cis sta davvero attraversando momenti a dir poco imbarazzanti. Da un lato gli amici-avversari Sergio Berlato ed Elena Donazzan (il primo europarlamentare, la seconda assessore regionale del Pdl) gli muovono battaglia sostenendo il «no a nuove e ulteriori autorizzazioni all'ampliamento delle superfici da destinare alla grande distribuzione commerciale», all'indomani del via libera dato dalla giunta guidata da Luca Zaia, che consente al parlamentare di passare all'incasso dopo la trasformazione dell'area Cis da logistico a commerciale.
Il ragionamento sotteso dei due pidiellini è che Filippi ha operato una speculazione immobiliare che gli consente di staccare una forte plusvalenza. Nello stesso tempo, però, ed ecco spiegato perché il senatore della Lega è davvero tra due fuochi, i famigliari e suoi professionisti gli dicono di attendere a vendere l'area il giorno in cui sarà dotata di licenze, perché allora sì che farà una scorpacciata di quattrini. Tutti guadagnati lecitamente. Appunto sui 40 milioni (ma l'ultima stima si aggira addirittura sui 45 milioni di euro) che consentirebbero al senatore e ai famigliari di vivere tranquilli tra due guanciali per generazioni. Insomma, il consiglio è che abbandoni la politica parlamentare nella quale è impegnato dal 2006, quando l'area del Cis i Filippi l'avevano già acquistata in contanti dopo avere dato in garanzia alla banca i propri beni per farci sopra la nuova azienda.
Invece poi è successo che i comuni limitrofi, soprattutto Montebello, hanno cambiato idea, anche perché nel frattempo la logistica ha sentito la crisi economica, e i maggiori azionisti dell'area Cis (Provincia su tutti) hanno cominciato a preoccuparsene perché dietro l'angolo se non fosse stata mutata la destinazione d'uso c'era il fallimento. Nel mezzo c'è il povero, si fa per dire, Filippi, che da un lato si sente dire dagli alleati-avversari di avere brigato per trasformare l'area in commerciale, quando il senatore replica che l'interesse vero l'avevano gli enti pubblici. Certo, anche lui ci guadagna, per carità, ma dovendo poi acquistare altra terra per trasferire la sua azienda chimica da Torri di Quartesolo, alla fine della fiera farà patta qualora dovesse vendere - come ha promesso - senza licenze.
Dall'altro lato, lo stesso Filippi deve far fronte ai congiunti e ai professionisti che l'assistono e che gli dicono che “è mona” per non dare un calcio alla politica e vendere con le licenze i 220 mila metri quadrati del Cis incamerando una plusvalenza stratosferica che consentirà prima di tutto a lui - e alla bella Monica che presto sposerà -, e poi ai famigliari, di vivere alla grande. Per sempre, in ossequio alla legge.
E lui, il senatore-imprenditore prestato alla politica? Va avanti imperterrito perché dice che per lui la parola d'onore non ha prezzo. Una rarità, visti i tempi. Perché comunque i Filippi sono benestanti e perché non si vive di solo pane. E poi vuoi mettere un politico che dice di no a una montagna di soldi? Non lo si trova tutti i giorni. «Per me è una soddisfazione, la parte idealista che convive in me è prevalente - ripete -, per questo Berlato e la Donazzan prima di parlare dovrebbero conoscere come stanno le cose. A meno che non parlino per partito preso».
Ivano Tolettini
da Il Giornale di Vicenza del 29 gennaio 2011; pagina 27
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