Resta alta la tensione nel Movimento Cinque Stelle, dove sono ormai irrimediabilmente interrotti i rapporti tra il gruppo regionale (con l’eccezione della consigliera polesana Patrizia Bartelle) e i 150 «ribelli» che domenica si sono riuniti a Marcon, nel Veneziano, chiedendo la testa del capogruppo a Palazzo Ferro Fini Simone Scarabel e della sua vice Erika Baldin. Il motivo è noto: i due, in un primo tempo, non hanno rinunciato all’assegno di fine mandato, nonostante l’impegno preso in campagna elettorale in linea con le battaglie del Movimento sul contenimento dei costi della politica, acconsentendo a fare un passo indietro solo dopo uno stillicidio di attacchi sui giornali. Scarabel e Baldin, ovviamente, non hanno alcuna intenzione di dare le dimissioni e la strategia decisa d’intesa con lo «Staff» è di non alimentare lo scontro, evitando l’apertura di un nuovo «fronte veneto» che andrebbe ad aggiungersi a quello (certo ben più importante) di Roma, ma anche di Napoli, della Toscana e della Sicilia. Consegna del silenzio e si spera che la rivolta vada scemando, motivo per cui al momento non verranno chiesti né presi provvedimenti disciplinari nei confronti dei frondisti, tra i quali vi sono alcuni assessori e consiglieri comunali.
I «150» comunque non mollano la presa e dopo aver accusato domenica i consiglieri regionali (sempre con l’eccezione di Bartelle) d’aver preso una «deriva anarchica», essersi chiusi in un «cerchio magico» e perfino di voler costruire una struttura parallela al Movimento, restano parecchio attivi dietro le quinte. Intanto nell’altra metà del mondo pentastellato cresce il sospetto che tra quanti prendono parte a queste riunioni (la prossima sarà a Rovigo il 16 ottobre) in buona fede, seppur con qualche eccesso di ortodossia, ve ne siano altri che invece stanno tentando una scalata ben pianificata al Movimento, longa manus in Veneto del sindaco di Parma Federico Pizzarotti. E a ingarbugliare ancor di più il quadro c’è il ricorso, che a giorni sarà deciso dal Consiglio di Stato, presentato dal dem bellunese Franco Roccon, escluso dal consiglio regionale un anno fa, che non si è ancora arreso. Se mai i giudici dovessero dargli ragioni, ripartirebbe il domino nei collegi elettorali e Bartelle potrebbe perdere il suo scranno.
Nel mezzo di questa bufera, c’è l’eurodeputato David Borrelli, chiamato sostanzialmente a far da commissario in Veneto: «Su alcuni aspetti hanno ragione gli attivisti - spiega - l’atteggiamento dei consiglieri non è stato corretto in senso generale e nei confronti degli elettori. Ma si tratta di errori in buona fede, è un problema di comunicazione e confusione, ma l’approccio è sbagliato e va cambiato. Abbiamo tutta la volontà di risolvere il disagio, vorrei dare a tutti il tempo di imparare dai propri errori. Le cose cambieranno». Una promessa, certo, che però potrebbe pure suonare come una minaccia.
da Il Corriere del Veneto, edizione di Venezia, del giorno 8 settembre 2016; pagina 9
Nessun commento:
Posta un commento