Come si può leggere la situazione delle due ex popolari venete alla luce del recente decreto ribattezzato salva banche che secondo il governo dovrebbe mettere al sicuro gli istituti di Montebelluna e Vicenza? Queste ultime saranno inglomerate da gruppi più grandi come Intesa? Barbara Ceschi a Santa Croce, imprenditrice agricola e socia di BpVi, é la nipote di Giuseppe Roi, il marchese vicentino benefattore che ideò la fondazione che porta il suo nome per contribuire alla causa della cultura berica e che ha visto il suo destino collassare insieme a quello della BpVi alla quale era legata anche dallo statuto. Ceschi, che in passato ha duramente criticato l’ex presidente di BpVi Gianni Zonin e che da quest’ultimo nella veste di ex presidente proprio della Roi ha rimediato una causa civile per danno d’immagine con annesso ingentissima richiesta di risarcimento danni, misura le parole. Parla di una situazione che vede «con immensa tristezza ed empatia verso coloro che hanno perso tutto, anche la dignità». Sempre l’imprenditrice dice di pensare ai ai 200mila soci e alle loro famiglie, «un milione di persone macinate da persone senza scrupoli» e si dice preoccupata per «un territorio che ogni giorno si percepisce in ginocchio e cerca con immensa fatica di rimettersi in piedi». E ancora: «Io non ho le competenze per elaborare delle previsioni dettagliate - spiega la donna che per molti anni è vissuta all’estero - ma se queste banche verranno inglomerate, speriamo che sia per noi il male minore». In questo contesto la socia spiega che se acquisizione sarà ci vorrà comunque molto tempo e «un coraggio da leoni, nonché molti miliardi» per far ripartire l’istituto.
Senta Ceschi ormai sono diversi mesi che Gianni Zonin ha lasciato il consiglio di amministrazione di BpVi ma anche quello della fondazione Roi, specie in quest'ultima che cosa è cambiato con l'arrivo del presidente Ilvo Diamanti?
«Per quanto ne so io non è cambiato sostanzialmente nulla. Tant'è vero che alle parole di comprensione nei miei confronti, in classico stile vicentino, non è seguito alcunché. So che il cda è ancora quello di una volta ma mi è stato spiegato che, a meno che non si dimettano i vecchi membri, deve rimanere fino al naturale scadere dell'esercizio, che sarà mi pare in aprile del prossimo anno. Anzi, a confermare che non è avvenuto nulla di fatto, la fondazione ha pensato bene di tenersi anche Enrico Ambrosetti quale legale di fiducia dell'ex presidente oggi inquisito per l’affaire Popolare Vicenza. Non so che dire».
Ma è vero che dopo le iniziali rassicurazioni di chiudere il contenzioso civile avviato contro di lei dall'allora presidente Zonin, il nuovo presidente il professore Ilvo Diamanti, ha deciso di tenere in piedi la causa? Come mai?
«Me lo chiedo anch'io. In una riunione informale ed amichevole con il neo presidente cui hanno partecipato anche il mio consulente Gianni Giglioli e il mio legale l’avvocato Lino Roetta, i quali potranno confermare quanto mi è stato detto, Diamanti ha esordito dicendo che ha accettato l'incarico per amicizia nei confronti del Sindaco di Vicenza e che per quanto riguardava la azione legale nei miei confronti ma anche quella nei confronti di alcuni giornalisti si rendeva conto della sua sostanziale infondatezza assicurandomi che avrebbe provveduto a rinunciare alla stessa. Detto questo, ne io ne gli altri partecipanti alla riunione capiamo perché a queste parole non solo non siano seguiti i fatti. Di più siamo venuti a sapere che l'ineffabile avvocato Ambrosetti, per conto della fondazione, ha fatto richiesta al giudice affinché siano escusse altre testimonianze. Ergo, che cosa abbia in mente Diamanti al riguardo lo chieda al diretto interessato»
Da settimane, anzi da mesi, si parla sui media locali di una fondazione Roi che non rende pubblici i suoi bilanci. Lei che idea si è fatta in questo senso giacché sulle prime il neopresidente Diamanti parlò di discontinuità nel segno della trasparenza rispetto all’era Zonin?
«Se la causa civile va avanti è chiaro che otterremo quelle carte dal giudice. Sulla condotta di Diamanti comincio a pormi alcuni seri interrogativi».
Marco Milioni
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