sabato 22 luglio 2017

Miteni, le Rsu: «Azioni legali verso la società». Ma la triplice nicchia


"Cara Miteni siamo in stato di agitazione perché la disdetta unilaterale da te decisa per gli accordi aggiuntivi altro non è che una scusa per un futuro fatto di deregulation sul piano della sicurezza, della pesantezza dei turni e della contropartita economica. Affermare come fa la dirigenza che quegli accordi sono vecchi di quarant'anni è falso perché si tratta di intese riaggiornate via via nel tempo e che se azzerate riporteranno le condizioni di fabbrica indietro agli anni Sessanta". Alla grossa suona così il messaggio lanciato dai rappresentanti sindacali aziendali di Miteni, le Rsu, che oggi a mezzodì si sono trovati davanti la sede dell'azienda a Trissino nel Vicentino per fare il punto della situazione.

La ditta peraltro da anni è al centro di una durissima querelle ambientale che la vede accusata dall'Arpav di un vastissimo fenomeno di inquinamento che avrebbe interessato le falde di tutto il Veneto centrale e che sarebbe stato causato dai Pfas, i temutissimi derivati del fluoro che costituiscono una delle lavorazioni più importanti dello stabilimento di proprietà di una multinazionale germanico-lussemburghese, la Icig. Le accuse di Arpav sono poi scaturite in una vera e propria inchiesta penale condotta dalla Procura della repubblica di Vicenza.

IL BRIEFING E LE CRITICHE
Durante il briefing di oggi le Rsu hanno anche affrontato un altro tema caldo. Quello del recente incontro tra i delegati di Confindustria Vicenza, i segretari confederali provinciali di Cgil, Cisl e Uil e l'azienda, dacché quest'ultima in quella sede avrebbe illustrato un piano di rilancio in forza del quale il management avrebbe cercato di rassicurare la triplice sia sul rilancio aziendale in termini di tenuta dei livelli occupazionali, sia in termini di avvio dell'iter di bonifica: che non solo si preannuncia lunga e costosa ma che al momento è al palo. «Onestamente - rimarca Renato Volpiana, il primo a sinistra nel riquadro, rappresentante aziendale per Filctem, la sigla della Cgil che segue i chimici - non ho proprio capito la ratio di quell'incontro di pochi giorni fa che nemmeno conoscevamo nel dettaglio». Non mancano poi le accuse ad alzo zero verso la società, presa di mira «per abbassare gli standard in tema di sicurezza dei turni di lavoro e di remunerazione a fronte di un management che mai come era capitato prima si assegna benefit da sogno in termini di auto di livello premium assegnate a quel dirigente piuttosto che a quel quadro. Benefit alto di gamma concepiti in faccia al lavoro di chi si spacca ogni giorno la schiena durante il turno».

FREDDEZZA NEL SINDACATO
Parole che denotano una certa freddezza nei confronti della iniziativa cui si aggiunge un altro elemento. Da quando nel 2013 l'affaire Miteni è esploso in tutta la sua virulenza, pur a fronte degli altissimi livelli di derivati del fluoro rilevati nei lavoratori, livelli di molto superiori anche a quelli dei cittadini delle aree più contaminate, il sindacato non ha mai dato mandato ai suoi consulenti, e medici e legali, il mandato per avviare una azione legale sia in ambito del lavoro, sia in ambito civile sia penale a supporto delle maestranze che si ritengono colpite sul piano della salute con risvolti anche sul piano giudiziario. «Noi abbiamo chiesto questo intervento ma fino ad oggi da parte dei vertici provinciali c'è stato un atteggiamento molto prudente. Detto questo - rimarca ancora il rappresentante della Rsu - i lavoratori comunciano ad essere davvero preoccupati tanto che stiamo pensando di muoverci anche in autonomia». Una presa di posizione che è destinata a pesare come la pietra anche alla luce del fatto che i valori sulla presenza dei Pfas nel sangue degli operai vengono comunicati alle maestranze con cadenza annuale.

LO SPETTRO AMBIENTALE
Tuttavia sul fronte Miteni la situazione rimane incandescente non solo sul piano sanitario, ma anche su quello ambientale. Da quando la contaminazione è stata acclarata il piano per cambiare le fonti di approvvigionamento idrico langue: si tratta di un piano complesso dai costi improbi che si aggirano sui 200 milioni. Altrettanto potrebbe costare l'intera bonifica della matrice inquinante della Miteni, sempre che questa sia possibile, tanto che da mesi comitati e ambientalisti si domandano se mai il privato, cui per legge spetterebbe l'onere, avrà mai la forza per sostenere un eventuale incombenza di questo tipo.

Rispetto alla quale c'è un altro elemento che bisogna tenere in considerazione. Pochi giorni fa infatti i media locali hanno dato notizia del protocollo d'intesa che dovrebbe dare l'abbrivio ufficiale al piano di caratterizzazione della Miteni. Si tratta di una procedura ufficiale che non solo è propedeutica alla bonifica, ma che soprattutto, proprio a fronte di un risanamento ambientale che dovesse rimanere solo sulla carta, darebbe la stura alla magistratura e agli inquirenti di contestare il reato di omessa bonifica, che per definizione, ove la riqualificazione ambientale finisse per languire, diviene un reato che non si prescrive perché permanente.

INCOGNITE GIUDIZIARIE
In realtà una delle critiche più dure del fronte ecologista alla Regione si era concentrato proprio sulla lentezza con cui l'amministrazione capitanata dal governatore leghista Luca Zaia stia progredendo alla stesura del protocollo che coinvolge anche il comune di Trissino e la provincia di Vicenza. Ora dalla lettura approfondita delle carte occorrerà capire se quel protocollo codificato in una delibera della giunta regionale con tanto di corposo allegato, sia veramente il primo step per il piano di caratterizzazione, con tutte le magagne penali che conseguono per la società in caso di inottemperanza. O se invece si tratta di una semplice lettera di intenti che lascia al privato lo spazio per non essere chiamato a rispondere rispetto ad alcune fattispecie penali.

Marco Milioni

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