(m.m.) Pochi minuti fa ho ricevuto una lunga lettera aperta da parte dell'ex presidente di Bene Banca, il piccolo istituto di credito piemontese interessato da una querelle di ampie proporzioni che coinvolse alcune anni fa proprio BpVi. Il testo ricevuto, una lettera aperta inviata agli organi di informazione e ai siti specializzati, che contiene un duro j'accuse a Bankitalia, viene qui di seguito pubblicato integralmente. Altre informazioni sulla vicenda di Bene Banca sono contenute nel portale realizzato da un comitato di utenti della stessa banca.
Lunedi 26 giugno 2017, prima dell'alba e precisamente alle ore 04.49, Bankitalia dirama un comunicato in ordine alla avvenuta cessione da parte dei neonominati commissari liquidatori di un ramo di azienda delle fallite popolari venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca) a Intesa San Paolo, ai sensi del Decreto Legge n. 99 del 25.06.2017, approvato dal Consiglio dei Ministri il pomeriggio precedente nel corso di una riunione durata appena 20 minuti.
Già le due popolari venete, da anni in evidente difficoltà e con i conti pesantemente in rosso, sono state poste in «liquidazione coatta amministrativa dal Ministero dell'economia e dopo che la Bce aveva dichiarato pochi giorni prima come le stesse fossero in condizione di “failing or likely to fail” (ossia in fallimento o in probabile fallimento). Dalla lettura dei quotidiani finanziari di questi ultimi giorni chi scrive ha appreso poi come in piena notte e nel volgere di soli 5 minuti, i commissari sono stati nominati ed hanno prontamente sottoscritto un contratto che sancisce il passaggio della parte buona delle 2 banche ad Intesa San Paolo al prezzo simbolico di 50 centesimi ciascuna e prevede impegni a carico della collettività per circa 17 miliardi.
Che bravi questi commissari: nell'arco di pochi minuti hanno studiato, analizzato e sottoscritto il contratto di cessione di ramo d'azienda contemplanti attività sottostanti per svariate decine di miliardi...
Oggi quindi, a distanza di più di 2 anni dalla denuncia del sottoscritto alla magistratura per il deposito milionario effettuato dalla Bene Banca alla BPVicenza a tassi irrisori, dopo circa venti mesi dalle perquisizioni della GdF nella sede della popolare berica, eventi che in sostanza hanno dato il via al clamore mediatico sulla vicenda delle popolari venete che ha riempito pagine e pagine dei giornali nazionali nei mesi successivi, nel volgere di poche ore, d'intesa con il Ministero dell'Economia ed il Governo, viene posto termine a questa via crucis con la declaratoria di insolvenza e l'apertura della procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa, con un costo a carico dello Stato di circa 17 miliardi, pari a 250 euro per ogni contribuente italiano.
Come sempre un grande plauso agli uomini di Ignazio Visco governatore di Bankitalia per avere gestito «al meglio» la situazione, dapprima tappandosi naso e orecchie sulla gestione criminale di Zonin e soci nonostante reiterate denunce di Adusbef a partire sin dal 2008, poi favorendo un salvataggio disperato con la nascita di Atlante che ha immolato ben 3,5 mld sull'altare veneto della «stabilità di sistema» per arrivare adesso al conto finale salatissimo a carico dello Stato (e quindi di tutti noi). Veramente i migliori complimenti. Ma cosa ha fatto Bankitalia in tutto questo tempo? Nel 2013 era impegnata quanto meno a commissariare una banca del Cuneese con i conti in ordine, la Bene Banca di Bene Vagienna, una banca di credito cooperativo del tutto insignificante a livello nazionale ma molto attiva sul territorio locale, con 150 dipendenti e 1,5 miliardi di masse amministrate, 70.000 clienti e 7.070 soci. Il commissariamento più veloce della storia italiana, un record assoluto stante i soli dodici mesi e mezzo mesi di amministrazione straordinaria, culminato con la restituzione in bonis ai soci senza truma alcuno, senza cessione di rami d'azienda o sportelli, bensì con la assunzione di 4 nuovi dipendenti.
Oggi, alla luce di quanto successo, a chi scrive viene da commentare come Bankitalia avrebbe avuto di molto meglio da fare, soprattutto in Veneto. Magari ne avrebbe beneficiato la collettività intera.
Ma il commissariamento di Bene Banca è stato poi catalogato dalla Giustizia Amministrativa come «preventivo», ossia valutato e deliberato prima che i problemi sorgessero e potessero intaccare una realtà bancaria ancora sana... Così si espressero dapprima gli organi della procedura, e poi Tar del Lazio nonché il Consiglio di Stato. Peccato che questo metodo sia stato adottato solo a Bene Vagienna e non a Siena od in Veneto per esempio, ove i problemi li sono sorti eccome...
Ma il Veneto comunque indirettamente è stato beneficiato dall'intervento della vigilanza a Cuneo, visti i 38 milioni di liquidità dirottati dal commissario alla banca di Zonin, oltre a sette milioni di obbligazioni sempre della banca vicentina acquistate post commissariamento.
Per «fugare ogni imbarazzo» (così scriveva il vice direttore generale oggi dg Simone Barra ai dipendenti) veniva motivato l'azzeramento della posizione di liquidità nel 2015, post esplosione del caso mediatico sui 38 mln di liquidità depositata a tassi irrisori a Vicenza da un 'particolare' Commissario (che al contempo era anche AD di una collegata della BPVi, la Marzotto Sim) in seguito alla citata denuncia alla Magistratura del sottoscritto.
Solo oggi, post intervento governativo, Bene Banca potrà tirare un sospiro di sollievo ed esultare per non avere sacrificato alcun euro nella «campagna di Vicenza» visto che le obbligazioni (non vendute ma portate obtorto collo a scadenza nel 2018 «per evitare minusvalenze», così scriveva il dg Massaro ad ottobre 2015 ad un preoccupato e curioso sindaco di Bene Vagienna, dato il prezzo registrato sui mercati di molto sotto la pari, saranno onorate da Banca Intesa, all'uopo beneficiata da fondi statali per 4,785 miliardi al fine di non intaccare gli indicatori patrimoniali ovvero «i ratios» della forse migliore banca italiana.
Ecco dimostrato dai fatti come la denuncia a suo tempo sporta dal sottoscritto fosse oltremodo pertinente e puntuale e non un atto di reazione alla pesantissima iniziativa di Bankitalia come sbrigativamente catalogata dagli inquirenti; l'esposto di certo non era mosso da acredine personale, ma era piuttosto orientato a segnalare alla Magistratura fatti incresciosi di cui il denunciante era venuto a conoscenza, fatti che oggi sono venuti compiutamente a galla e sono sotto gli occhi di tutti. Ma per salvare la Banca Popolare di Vicenza lo Stato deve adesso impegnare 17 mld, un conto salatissimo a carico della collettività.
Altro che investimento privo di rischi come è stato catalogato dai vertici della Bene Banca per difendere l'operato del Commissario che ha permesso il loro insediamento. Ai poveri soci della Bene Banca oltre al danno si è aggiunta così la beffa.
Dopo aver già pagato in termini di mancata assistenza finanziaria ed assenza di dividendi, complice l'investimento milionario particolare e poco remunerativo a Vicenza, oggi ogni socio della bcc benese, per il salvataggio della popolare vicentina, si vede suo malgrado aumentare la propria quota di debito pubblico di circa 250 euro. Indubbiamente un bel trattamento.
Francesco Bedino
Ex Presidente di Bene Banca
sabato 1 luglio 2017
Nessun commento:
Posta un commento