(m.m.) Di recente uno dei Bignami globali della filiera della pelle (Nothing to hide) ha sparato nel web un' articolessa dal titolo non proprio accattivante: «Essay one: Hide and skin production around the world» che reso in Italiano suona più o meno «Assunto numero uno: produzione di cuoio e pelle su scala globale». Dai dati menzionati nell'articolo l'anonimo estensore arriva a sostenere che la concia è un processo industriale dalla imprescindibile valenza ambientale.
Il motivo? Dacché i dati mondiali dell'allevamento intensivo sono in crescita e poiché gli scarti della macellazione costituirebbero un importante rifiuto, ergo la concia, che quegli scarti trasforma in prodotto, finisce per avere una significativa incidenza sul piano della riduzione degli scarti. Ora per semplice pietà, lasciamo un attimo da parte il concetto che una pelle appena scuoiata da smaltire sia più inquinante del processo di lavorazione che si porta con sé tutto il suo fardello di cromi, solventi, energia per la concia, trasporti e altre amenità da feticisti dell'ambientalismo, rimane un fatto. Lorsignori dimenticano che proprio l'aumento smodato dell'allevamento, bovino in primis, ai fini alimentari è una delle cause della degenerazione climatica che tanto preoccupa gli scienziati? La bibbia tascabile della pelle al posto di dire produciamo meno carne e diamo così un po' di respiro a madre terra, dice: visto che si produce sempre più carne allora conciamo di più che così ci sbarazziamo della pelle in eccesso. Detto in altri termini l'industria della pelle cercando di auto-assolversi si chiama in correo con tutta filiera rispetto a una serie di guai che affliggono l'orbe terraqueo.
Sembra di assistere alla gag di Paolo Villaggio nei panni del ragionier Giandomenico nell'insuperato «Fracchia la belva umana», quando di fronte ad un impareggiabile Gianni Agus, lo stesso Fracchia si fa «la spia da solo» ammettendo la sua indole lavativa: mentre il suo superiore per punizione lo obbliga a testare un cioccolatino di scarsa fattura, «il Sempiciotto». Una sorta di pralina a basso costo per solleticare i palati a buon mercato di una piccola borghesia «in formato Ferrero Rocher, in modesta ma inarrestabile ascesa sociale», come ebbe a dire lo scrittore Giorgio Bocca, sulla scorta delle gag di Mike Buongiorno e degli spot su Canale 5.
Tuttavia la cosa stellare in tutto questo cinepanettone conciario è che l'industria italiana, ossia arzignanese, dentro questa auto-trappola, ci si è buttata da sola pure lei. Magari sperando di associare la traiettoria virtuosa descritta nell'articolo alla necessità di piazzare un inceneritore a Montorso? Magari sperando nell'aiutino di qualche associazione pseudo-ambinetalista abbindolata all'uopo? «Lavorare la pelle: un servizio ambientale fondamentale» titola a mo' di rombo tonante il magazine on line del «Distretto veneto della pelle». Nelle cinque pagine oracolate dagli Anfiarao della Valchiampo, si riprendono appunto step by step le tesi del portale anglosferico Nothing to hide. Il quale al posto di indicare una via di uscita per la concia, ne ha indicata una verso il patibolo. Parlando astrattamente si potrebbe dire «errare humanum est, perseverare autem diabolicum». Epperò la locuzione latina che forse più si attaglia a una certa miasmatica cocciutaggine di questi Tafazzi del bottale annidati in un preciso lembo dell'occipite vicentino è «de rustica progenie, semper villana fuit»... O magari deragliando nel tardo latino goliardico-maccheronico «de conciatoria progenie, semper villana fuit». Ad ogni modo è il tempismo del magazine arzignanese che colpisce. Un tempismo, sempre rimanendo a Fracchia la belva umana», che ricorda l'irruzione al ristorante introdotta dallo stornello Benvenuti a 'sti...
Divertente pezzo, se non ci fosse da piangere, grazie all'associazione industriali avvelenatori professionisti !!
RispondiEliminaLa questione del consumo di carne e suo impatto ambientale è centrale.
RispondiEliminaMentre in Europa la sensibilità al tema aumenta il problema potrebbe venire dalla Cina dove l'allevamento di animali da carne, specialmente maiale, viene moltiplicato da sistemi nuovi basati sulla AI che permettono una produzione e una rendita imbattibili.
Restare al passo coi cinesi non è fattibile, e queste aziende nostrane non possono illudersi di riuscirci con un gassificatore in più o in meno.
Unica strada è puntare su un prodotto di qualità, usando prodotti per la concia naturali come una volta e puntare eventualmente su un mercato differente, più sensibile all'ecologia. Assieme sviluppare i prodotti a base vegetale.
La creatività non ci manca, ora servirebbe soltanto una buona politica e una riflessione bioetica.
Cambiare un processo produttivo ma per quale motivo,per dare prodotti più sani alle persone che non possono permettersi un prodotto in pelle trattato con prodotti naturali,ma spendendo lo stipendio annuale di un lavoratore,chi allora dovrebbe intervenire siamo noi che li deleghiamo a rappresentarci.
RispondiEliminaProprio pochi minuti fa ho postato un commento alla manifestazione ciclistica di ieri contro la costruzione di inceneritori a Fusina, Padova e Arzignano. Ci domandiamo nel ventunesimo secolo a cosa servano le pelli visto che l'età della pietra è passata da un pezzo, ma per gli amatori del prodotto è possibile continuare in questa nobile arte senza distruggere la pianura veneta e i comuni limitrofi al distretto conciario. Per questo motivo ho appena postato su Facebook un piccolo vademecum del cittadino attivo, fondamentale a contestare le fake news che con tanto umorismo hai descritto. Ti ringrazio a nome di tutte le vittime della concia e aggiungo il mio piccolo vademecum. "Conduciamo una lotta molto difficile e dura contro chi, non contento dei profitti derivanti dalla propria attività, sia essa la produzione di pelli o il trattamento e la raccolta rifiuti, pretende di aumentarli attraverso la costruzione di nuove linee di incenerimento o addirittura costruendo nuovi inceneritori anche ad ARZIGNANO o a MONTECCHIO.
RispondiEliminaÈ ormai arcinoto che GLI INCENERITORI NON ELIMINANO I RIFIUTI ma li diffondono nell’aria sotto forma di fumo e gas velenosi, a discapito di tutti. Una parte delle loro scorie viene eliminata sotto forma ci ceneri residue, altamente tossiche, non smaltibili nelle normali discariche. Per questo vengono inviate in, costosissime e poco disponibili, discariche specializzate.
È anche noto ai più che il volume dei fanghi conciari, ricchi di cromo, metalli pesanti, solfati, cloruri, PFAS e molto altro potrebbe essere dimezzato già all’inizio del trattamento delle pelli, separando la pre-concia (pelo e carniccio) dalla concia vera e propria.
Sono anche note le tecniche con cui è POSSIBILE RECUPERARE il cromo, i solfuri e altre materie utilizzate nella concia.
Esistono indicazioni chiare sul trattamento con PFAS di cui dovrebbe essere VIETATO LO SCARICO IN FOGNATURA. Seguendo già queste poche norme IL VOLUME DEI FANGHI POTREBBE ESSERE notevolmente RIDOTTO e ancor più riducibile e ripulibile attraverso ulteriori passaggi tecnici fino a rendere inutile la discarica.
Malgrado ciò, c’è ancora chi implora la costruzione di un inceneritore “senza il quale le concerie dovrebbero chiudere”.
Dicevano la stessa cosa quando si impose, di spostare le concerie che si trovavano in centro città, nella zona industriale; dicevano la stessa cosa quando si proibì di scaricare nel torrente Chiampo i reflui delle aziende; dicevano la stessa cosa quando si impose ai conciari l’obbligo di contribuire alla costruzione e all’uso di un depuratore.
Ci chiediamo a chi interessa bruciare quello che è possibile recuperare con minor spesa?
Il prezzo in salute che pagano le comunità soggette alle ciminiere è altissimo, soprattutto per i bambini.
I guadagni di chi brucia i rifiuti sono altissimi perché questa attività inquinante è INCENTIVATA DALLO STATO con i nostri soldi.
Non usiamo Facebook per divertimento ma per stimolare ognuno di voi a difendere I PROPRI INTERESSI, la propria SALUTE e quella dei BAMBINI attraverso la pratica della CITTADINANZA ATTIVA, che, in questo caso, consiste nel fare un clic col mouse su “LIKE”, aggiungere un commento, anche di una sola parola, su “COMMENTA” e, infine, cliccare “CONDIVIDI”.
Operazione semplicissima che ti consente di utilizzare al meglio uno strumento a tua disposizione."