Sono quarantatré morti in più all'anno: 1.300 decessi in più in 30 anni rispetto a quelli avvenuti nelle zone vicine alle aree interessate dai Pfas. E si tratta di morti riconducibili a malattie cerebro-vascolari, cardio-vascolari, diabete e tumore del rene, favorite dall'inquinamento da Pfas delle acque di falda e superficiali. Si tratta di un 10 per cento in più della media che si registra nelle aree vicine.
Ad affermarlo è uno studio dall'Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e l'energia e l'Isde, l'Associazione medici per l'ambiente. I risultati dell'indagine sono stati presentati ieri a Roma in un convegno nel quale si indagava il ruolo della salute in rapporto coi «sistemi produttivi». «Questa ricerca ha verificato che esiste un grave problema per la salute pubblica», afferma Umberto Bai, medico dell'Isde che con i suoi colleghi Vincenzo Cordiano e Paolo Crosignani e con i ricercatori dell'Enea Marina Mastrantonio, Raffaella Uccelli ed Augusto Screpanti ha realizzato la ricerca, «considerato che gli unici studi svolti sinora riguardavano l'esposizione delle persone, è stato ad esempio il biomonitoraggio condotto dalla Regione che ha dimostrato la presenza dei Pfas nel sangue di persone residenti nell'area inquinata, volevamo capire se nel territorio vittima della contaminazione si sono verificate situazioni particolari in merito all'insorgere delle patologie che, secondo la letteratura, possono essere correlate alle sostanze perfluoro-alchiliche».
Sono stati presi in esame solo i dati relativi alla mortalità registrati dall'Istat. «Abbiamo ripercorso i trent'anni precedenti al 2011 indagando i numeri e le cause dei decessi registrati tra i 144mila cittadini residenti nell'area composta dai 24 Comuni del Veronese, Vicentino e Padovano in cui è stata verificata la maggiore contaminazione», precisa il medico dell'Isde. «Abbiamo confrontato i dati con quelli relativi a quasi 645 mila persone residenti nei territori confinanti e vicini di buona parte delle provincie venete».
E i risultati sono a dir poco inquietanti: «Sulla base delle pubblicazioni esistenti, abbiamo scelto a priori di verificare l'incidenza delle morti dovute a una decina di malattie collegabili ai Pfas e il risultato che già avevamo ipotizzato nella prima fase dello studio, che era stata limitata a pochi Comuni, è stato purtroppo decisamente negativo». Stando ai dati contenuti nella ricerca presentata ieri, in trent'anni sono morte almeno 43 persone all'anno in più rispetto a quelle che ci si sarebbe potuto attendere, compiendo un paragone con i dati relativi ai territori non inquinati. Quasi 1.300 morti in più all'anno.
Una situazione che, per quanto riguarda il Veronese, è stata verificata per la popolazione di Albaredo, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant'Anna, Cologna, Legnago, Minerbe, Pressana, Roveredo, Terrazzo, Veronella e Zimella, ma che riguarda anche il Padovano e dieci municipi del Vicentino. Ovvero, tutti i paesi nei quali, prima dell'adozione di misure volte ad abbattere la presenza degli inquinanti, è stata distribuita acqua con valori di Pfas superiori a quei limiti che sono diventati ufficiali in regione ma ancora non sono stati fissati con una legge valida sul territorio nazionale.
da L'Arena di Verona del 6 maggio 2016 (servizio di Luca Fiorin); pagina 25
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