Il caso Cis spacca la maggioranza di Schneck. In quattro ore di accesa discussione sul Ptcp (piano territoriale di coordinamento) sono volate parole pesanti e minacce (o ritenute tali) alla volta del presidente del Consiglio, Valter Gasparotto, da parte del presidente della Provincia, e dal capogruppo della Lega, Massimo Zerbo. Solo alla fine della seduta (la quarta in dieci giorni) andata in scena ieri, il blitz: ok al voto segreto al prossimo consiglio sul Cis. Questo grazie alle minoranze, a tre leghisti (Massimo Sbicego, Renato Roman, e Fernando Zanini), e a 5 del Pdl (Arrigo Abalti, Tonino Assirelli, Ornella Galleazzo, Aida Selvaggi e Valter Gasparotto). L'obiettivo, raggiunto, era quello di stanare i leghisti che, non seguendo le direttive del partito, vogliono bloccare l'affaire Cis. Ora le minoranze si aspettano un'ampia adesione al voto finale e top secret.
EMENDAMENTO. Voto segreto per il voto segreto? O voto palese per il voto segreto? Sembra un gioco di parole, ma alla fine, la discussione in Consiglio verteva su questo concetto e la grande distribuzione nel corridoio Vicenza-Gambellara. L'emendamento della discordia è firmato da Mario Dal Monte (Udc) che, nonostante il «no» della Giunta, ha chiesto che il documento fosse votato in modo segreto «per evitare condizionamenti di bandiera e in assoluta libertà».
REAZIONI. Schneck boccia: «La proposta è irricevibile. I consiglieri devono votare palesemente su questi temi per rendersi riconoscibili nei confronti della Corte dei Conti». Ma se si tratta di questioni eccezionali e personali, sostengono dalla minoranza, si può. Gasparotto incalza: «Demandiamo il Consiglio, tramite voto segreto, a decidere se votare l'emendamento in modo segreto o meno. Il mio compito è di permettere a tutti di votare serenamente. Poi la documentazione verrà inviata in Procura». Interrompe Schneck: «Voi avete paura del voto segreto». Pietro Collareda, Pd, attacca il direttore generale Macchia, reo a suo dire, di essere fin troppo di parte. Ma Macchia richiama statuto e regolamento: «La votazione palese è l'unica che consente di individuare le eventuali responsabilità dei singoli votanti». Collareda non ci sta: «Il voto lo pretendiamo o ce ne andiamo». Applausi. Zerbo propone: «Mi sembra di capire che alcuni consiglieri non si sentano a loro agio nel votare. Chiedo che si facciano avanti e chiedo che il Consiglio venga fatto a porte chiuse». Francesco Gattolin, Ppe, cita sentenze che confermano la possibilità del voto segreto in questi casi. Alla fine Matteo Quero, Pd, va al nocciolo: «Af99, con terreni vicino al Cis, è detenuta da un senatore della Lega. Ritengo che per dare il via libera a un centro commerciale che potrebbe finire sul terreno di un politico sia giusto votare in modo segreto per evitare pressioni».
PRESSIONI. Poi volano le dichiarazioni pesanti, o ritenute tali, al presidente del Consiglio, Valter Gasparotto prima di Zerbo, poi di Schneck. La tensione sale. Sul tavolo, come vorrebbe Schneck, l'ipotesi di votare in modo palese sul voto segreto all'emendamento. E l'ipotesi Abalti che chiede di ottenere ulteriori spiegazioni legali. Si decide per una pausa. Poi si torna in aula e Gasparotto non si smuove: «Il Consiglio voterà in modo segreto sul voto segreto. Solo così posso garantire tutti». Ma i capigruppo di Pdl, Eleutherios Prezalis, e Zerbo, Lega, attaccano: «E noi usciamo dall'aula». Zerbo chiede di uscire a Sbicego, che rifiuta, mentre accompagna fuori Roman e Zanini. Anche l'opposizione esce, perché manca il numero legale. Si attende mezz'ora e molti se ne vanno. È tempo del blitz. In aula c'è il numero legale grazie a 3 componenti della Lega e 5 del Pdl. Voto unanime: «Sì». Alla prossima seduta, sul Cis il voto sarà top secret.
Cristina Giacomuzzo
da Il Giornale di Vicenza del 6 aprile 2011; pagina 19
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