giovedì 17 maggio 2012

Equizi Vs. Mattiello

Apprendo dai media locali che sarebbe in corso, o sarebbe avvenuto, un accertamento presso l'Opera Pia Cordellina. Sembra, stando ai primi servizi, che l'operazione compiuta sul campo dalla Guardia di Finanza di Vicenza, abbia nel mirino l'operato di Diego Fontana, segretario dell'opera assistenziale e dominus dell'ufficio decentramento del comune di Vicenza. Sull'amicizia di lungo corso tra Fontana e il sindaco berico del Pd Achille Variati, nel solco della Dc rumoriana, molto si è detto. Come molto si è scritto del ginepraio di interessi che orbita attorno a Fontana. Ciò che invece è scandaloso è il comportamento della Lega Nord. Il partito è all'opposizione a palazzo Trissino e col caso Fontana dovrebbe fare il tiro al piccione poiché il sindaco ha le spalle al muro e politicamente il suo amico è indifendibile. La Lega però esprime anche la presidenza dell'opera pia con Franca Mattiello ex craxiana doc poi trasmigrata in Forza Italia e recentemente approdata alla corte del Carroccio vicentino. Alla luce di tutto ciò il silenzio della Lega è vergognoso perché anche un idiota capisce che tutto tace per coprire la ex azzurra ora incarrocciata. Un silenzio che è meno grave solo di quello di Variati. Ai giornalisti che poi vanno scrivendo che il caso Fontana è scaturito con una segnalazione anonima giunta in comune, rammento che la sottoscritta ha segnalato la cosa in prefettura con tutti i crismi. Professionalità e onestà intellettuale vorrebbero che anche questa circostanza fosse spiegata a dovere e non colpevolmente occultata.

Franca Equizi

venerdì 20 aprile 2012

Fabris: «Pedemontana a rischio a causa della Nuova Valsugana»

«La Superstrada Pedemontana è a rischio: la realizzazione della Nuova Valsugana rischia di invalidare tutte le previsioni di traffico sulla Pedemontana, e di conseguenza il project financing e l'opera». L'allarme viene da Mauro Fabris, commissario governativo al tunnel ferroviario del Brennero. Che, non contento, rincara: «Vicenza rischia di rimanere isolata, una specie di "Striscia di Gaza" fra Autobrennero a ovest e Nuova Valsugana a est».

Il politico ne ha parlato ieri a margine dell'incontro a Vicenza con l'associazione «Forgiareidee», con il politologo Luca Romano e il segretario del Pd vicentino Federico Ginato. «Il corridoio europeo 1, che comprende il tratto Monaco-Verona, è l'unico in avanzata costruzione - osserva Fabris - Lo scavo della galleria del Brennero è già al 20 per cento, abbiamo anche risolto il problema dell'innesto a Verona con una soluzione condivisa dalla città, un affiancamento in galleria alla linea storica. Io scommetto che questo tratto sarà completato molto prima della Tav verso Venezia, ferma da anni». Secondo Fabris proprio Vicenza «ha grandi colpe nel rallentamento dell'alta velocità ferroviaria, perché ha preteso a tutti i costi un attraversamento in sotterranea. È assurdo pretendere una fermata ogni 40 chilometri: il territorio vicentino deve recuperare un minimo di capacità propositiva, sia a livello di istituzioni che di associazioni di categoria. Si punti con forza, ad esempio, sull'autostrada Valdastico Nord: in Trentino il dibattito sulla A31 Nord è rovente, e se passa la loro linea, che vuole vedere realizzata solo la Nuova Valsugana, l'area vicentina resterà una sorta di terra di nessuno. I flussi di traffico risaliranno a est e ad ovest di Vicenza, senza attraversamento».

Per Fabris potrebbe venire invalidato nei suoi presupposti di partenza anche il project financing, e di conseguenza la realizzazione, della Supestrada Pedemontana, la maxi-arteria fra Spresiano e Montecchio Maggiore di cui da pochi mesi sono stati aperti i cantieri. «La Pedemontana rischia di non farsi. Da un lato è insorto un problema finanziario nel consorzio Sis, che ha vinto l'appalto. Dall'altro il project financing ha alla base stime di traffico appena sufficienti, che con la realizzazione della Valsugana verrebbero completamente invalidate. In sintesi, nel tratto tra Bassano e Montecchio i veicoli circolanti potrebbero risultare molto meno del previsto, perché una parte importante devierebbe verso sud o verso nord all'altezza di Bassano».

Andrea Alba
da Il Corriere del Veneto del 20-04-2012; edizione di Vicenza, pagina 4

venerdì 6 aprile 2012

De profundis Sinergie Italiane società verso la liquidazione

Il bel giocattolo va alla rottamazione. Per Sinergie Italiane è stata annunciata l'eutanasia. Il 28 marzo scorso l'assemblea dei soci ha deliberato la ricapitalizzazione della società specializzata nell'acquisto di gas dai grandi operatori. Ieri i soldi sono stati versati ed è stata anche comunicata la data del 13 aprile come ultimo atto: in quella data si voterà, in una nuova assemblea, per la liquidazione in bonis. Ognuno andrà per conto suo, come voleva da mesi Iren e come di recente aveva deciso di fare anche Ascopiave, la utility trevigiana che aveva partorito questa creatura durante la gestione Salton. Ora, cambiati i vertici in modo traumatico (è noto il contenzioso in corso con l'ex presidente) c'è la volontà di smontare quanto costruito in passato e di voltare pagina.

L'operazione è piuttosto dolorosa. Come noto, Sinergie Italiane ha chiuso il proprio bilancio 2011 con una perdita di 92 milioni, riconducibile sostanzialmente al crollo dei prezzi internazionali del gas lo scorso anno, mentre invece faceva il proprio corso il maxi-contratto take or pay con Gazprom, a condizioni nettamente più onerose, per la fornitura di un miliardo e mezzo di metri cubi di gas all'anno fino al 2021. La perdita secca ha già avuto riflessi sul bilancio Ascopiave, che ha dovuto ridurre drasticamente l'utile dello scorso esercizio e rinunciare alla distribuzione del dividendo. Con la ricapitalizzazione, i soci di Sinergie hanno sborsato pro quota: nel caso di Ascopiave si tratta di circa 25 milioni e per effetto della mancata partecipazione di un paio di soci minori (Alto Milanese Gestioni Avanzate e Utilità Progetti e Sviluppo) la quota è salita al 30,94%.

Stessa percentuale per Iren e Blugas. Con il versamento, la perdita è stata ripianata, il capitale sociale azzerato e ricostituito al valore nominale di un milione di euro. Cosa succede adesso? La messa in liquidazione non dovrebbe creare ulteriori danni alle singole multiutility che hanno partecipato all'avventura. Ma del contratto con Gazprom non ci si potrà liberare: con ogni probabilità, sarà «smontato» e diviso proporzionalmente alla partecipazione di ciascuno nel capitale di Sinergie Italiane. Per Ascopiave, quindi, si tratterà di 500 milioni di metri cubi di gas all'anno. E il nodo sarà il prezzo, che dovrà essere rinegoziato col gigante russo, pena il rischio di ulteriori perdite future. «Si è messo molto in risalto ciò che è successo in Sinergie Italiane - annota Flavio Battista, amministratore delegato ormai in uscita - senza tener conto di una situazione generale di mercato che ha penalizzato in modo notevole tutti gli operatori dello stesso segmento in Italia». Ma tant'è. In questi casi mal comune è difficilmente mezzo gaudio e il consorzio di acquisto viene sciolto. A meno che qualche soggetto industriale, a sorpresa, non si faccia avanti per acquisirlo.

Claudio Trabona
da Il Corriere del Veneto del 5 aprile 2012, edizione di Vicenza; pagina 19

mercoledì 14 marzo 2012

Variati, Salton e la voragine Sinergie

«Scoppia, improvvisa, una grossa grana per Ascopiave. Sul sito della utility trevigiana e sugli avvisi di Borsa Italiana ieri è apparso un comunicato che di fatto è un profit warning alla vigilia del cda per l'approvazione del bilancio 2011, previsto domani. Il problema si chiama Sinergie Italiane, la società di acquisto del gas partecipata al 27,6% da Ascopiave. Stessa quota è in capo a Iren (la multiutility di Torino, Genova e di varie città emiliane) e alla lombarda Blugas. Con quote minori sono presenti altre tre società energetiche, tra cui Utilità, spa milanese che sarebbe collegata alla Compagnia delle Opere. Ma è il gruppo trevigiano ad aver sempre giocato da protagonista dentro Sinergie Italiane: è una creatura della lunga gestione di Gildo Salton ed ha fin qui espresso l'amministratore delegato nella persona di Flavio Battista. Ebbene... il bilancio della partecipata... evidenzia una significativa perdita, pari a 92,2 milioni». Sono questi i passaggi fondamentali di un lungo articolo pubblicato oggi sul Corriere del Veneto a pagina 11. Ma si tratta di una vicenda anche vicentina?

La risposta è sì. Vicenzapiu.com del 23 dicembre 2011 pubblica un lungo servizio sulle magagne trevigiane di Salton. Appena il giorno prima lo stesso manager, su input politico del sindaco vicentino Achille Variati del Pd, si era insediato a capo di Aim Servizi a rete con la qualifica di amministratore unico. Il 17 febbraio Nuovavicenza.it  pubblica un'intervista a Salton nella quale lo stesso amministratore unico spiega che nei suoi piani c'è la volontà di replicare con Aim e con altri soggetti lo stesso modulo adottato con Sinergie. Possibile che sul cruscotto della giunta comunale di Vicenza (guidata da un centrosinistra a geometria variabile) non si sia accesa una spia rossa? Possibile che una performance così clamorosa di Salton fosse sconosciuta all'esecutivo berico?

Ma c'è di più. Salton è notoriamente vicino all'europarlamentare vicentino del Pdl Lia Sartori, all'ex ministro del welfare Maurizio Sacconi del Pdl e all'ex ministro della cultura, il padovano Giancarlo Galan, sempre del Pdl. Che cosa hanno questi tre in comune? La vicinanza, e spesso l'ammirazione, per il capo dei capi del Pdl, l'ex premier Silvio Berlusconi. Quest'ultimo da anni viene dato in buonissimi rapporti con il presidentissimo Russo Vladimir Putin. Tra i due, almeno secondo Wikileaks, ci sarebbero anche rapporti d'affari mai chiariti. Putin, si sa, oltre ad essere lo zar politico della grande Russia, viene anche descritto come il vero referente della politica energetica del Paese euroasiatico, il che dalle parti di Mosca fa rima con Gazprom. Il colosso russo dell'energia appunto. E da cosa sarebbe originata «la voragine» targata Sinergie? Da un contratto che avrebbe premiato Gazprom e che avrebbe punito Sinergie. Almeno così spiega il Corveneto di oggi che nel dettaglio usa queste parole: «...Sinergie paga in buona parte il maxi-accordo con Gazprom per la fornitura di 1,5 miliardi di metri cubi di gas all'anno fino al 2021. Il contratto è di tipo take or pay che fissa in anticipo le condizioni. Il prezzo si è rivelato l'anno scorso assai più alto di quello che Sinergie Italiane è riuscita a praticare ai propri soci-clienti. La differenza ha devastato il bilancio...». Che dice il sindaco di Vicenza di questi chiari di luna? Ci sono aspetti oscuri nella vicenda? Sinergie bis con la griffe di Aim è ancora la cosa migliore? Le grandi aggregazioni certamente permettono economie di scala. Ma anche disastri su vasta scala perché i numeri in gioco sono immensi.

Marco Milioni

giovedì 8 marzo 2012

Quando Bruno disse: «Mi sentii “ricattato”»

(i.t.) È il 12 marzo di due anni fa quando Bruno Mastrotto fornisce agli inquirenti la sua versione sui famosi 300 mila euro che consegnò al consulente fiscale Marcello Sedda per corrompere i vertici delle Entrate di Arzignano e Venezia in relazione all'accertamento fiscale. «Non avrei voluto farlo, ma Sedda - spiega agli inquirenti - mi aveva detto che mi sarebbe certamente convenuto pagare atteso che, viceversa, ci sarebbero state conseguenze negative per altre società del gruppo, oltre al fatto che non si sarebbe definito l´accertamento in adesione in corso. Ma io mi sentii “ricattato”». Da allora ne è stata lavorata di pelle negli stabilimenti che riforniscono il mercato mondiale. Bruno e il fratello Santo, che mezzo secolo fa hanno getto le basi del gruppo, nonostante le sofferenze di questi due anni, non hanno perso la voglia di intraprendere. Chiara Mastrotto, la determinata avvocata figlia di Bruno, rappresenta ad un tempo la continuità - con i valori positivi di una grande famiglia d´imprenditori che ha forgiato il colosso -, ma anche la discontinuità per gli errori commessi nei rapporti col Fisco. Il gruppo Mastrotto ha voltato pagina, nel frattempo si è internazionalizzato, senza perdere rapporto con vocazioni e radici vicentine.

da Il Giornale di Vicenza del 6 marzo 2012; pagina 28

Mastrotto, pace col Fisco da 27 milioni

Un accordo definitivo che sigla la pace. Il gruppo Mastrotto volta pagina nei suoi rapporti con il Fisco. I vertici della principale realtà industriale conciaria italiana, composta da società anche estere con un fatturato che si aggira sui 500 milioni di euro, hanno raggiunto un´intesa con l´Agenzia delle Entrate di Venezia e Vicenza per sanare l´evasione fiscale accertata l´anno scorso dalla polizia tributaria nel pagamento degli straordinari in nero a centinaia di dipendenti. L´accordo prevede che il gruppo di Arzignano fondato dai fratelli Bruno e Santo, e oggi guidato dall´avvocato Chiara, versi allo Stato una somma attorno ai 27 milioni di euro a fronte delle tre principali contestazioni formulate dalla guardia di finanza: i “fuori busta” per gli straordinari; la fatturazione fittizia per coprire gli straordinari in nero e le cosiddette operazioni tramite società “esterovestite”, un meccanismo per eludere l´imposizione tributaria.

L´inchiesta guidata dai finanzieri del tenente colonnello Paolo Borrelli, dunque, ha consentito all´erario di recuperare la tassazione che il gruppo Mastrotto non aveva versato allo Stato nell´arco di alcuni anni, durante i quali nel distretto berico per eccellenza il meccanismo della concorrenza attraverso società che procuravano pellami a prezzi scontati purché si praticasse il “nero sistematico”, aveva prodotto un fenomeno distorsivo e patologico. Tra questi il consolidamento del meccanismo del “fuori busta” senza tassazione, che per il gruppo Mastrotto aveva coinvolto una parte cospicua degli 800 dipendenti, con la necessità di attivare una struttura amministrativa parallela per far fronte alla gestione dell´imponente uscita di denaro ufficiosa.

Tuttavia, rispetto ai numeri che erano emersi a fine agosto, quando il “caso Mastrotto” aveva assunto dimensioni nazionali e si parlava di oltre 100 milioni allorché furono notificati i “processi verbali di contestazione”, le cifre si sono ridimensionate di parecchio, come prova l´accordo raggiunto tra la direzione provinciale delle Entrate di Vicenza, guidata da Eugenio Amilcare, e il gruppo industriale. Ma non c´è stato alcun patteggiamento: l´azienda ha riconosciuto l´illecito ed ha tirato una riga.

Con la firma del patto, l´azienda ha subito versato un sostanzioso acconto sui 27 milioni previsti, mentre la restante parte sarà pagata secondo un piano di rateizzazione standard nei rapporti tra Entrate e contribuenti. Tra l´altro, merita di essere sottolineato che i dipendenti della Mastrotto non dovranno pagare imposte su quanto percepito in nero, come qualcuno ipotizzò quando scoppiò il caso, perché l´azienda si è accollata tutti gli oneri.

Sono stati i fratelli Bruno e Santo, e l´amministratore delegato Chiara, che sono assistiti dall´avvocato Mauro Meneghini, a spingere per una soluzione che fosse la più rapida ed equilibrata possibile, sotto il profilo finanziario, impegnandosi a chiudere la vertenza col Fisco salvaguardando i lavoratori.

Tra l´altro, la Mastrotto fin da quando era scoppiato il bubbone di Reset, aveva fornito piena collaborazione alla tributaria, consegnando la contabilità parallela dalla quale era stato possibile riscontrare il meccanismo illegale che garantiva vantaggi alla società e ai lavoratori. Tra le sanzioni già versate ci sono gli oneri previdenziali che grazie alle contribuzioni in nero venivano evasi.
Infine, anche sul fronte penale Bruno e Santo Mastrotto sono prossimi a raggiungere un accordo che consenta loro di mettere alle spalle una complessa vicenda giudiziaria che li ha molto provati.

Ivano Tolettini
da Il Giornale di Vicenza del 6 marzo 2012; pagina 28

venerdì 10 febbraio 2012

Pedemontana, basta ricorsi. Si fermi il Veneto del «non fare»

La vicenda della Pedemontana veneta può essere portata come esempio di quell'Italia che non vuole cambiare e finge di non vedere che con le scuse della ricerca dell'ottimo, nei fatti svolge un ruolo di tutela di pochi interessi personali a scapito del bene della collettività.

Sono passati pochi giorni dalla presa di posizione del Consiglio di Stato, che ha rigettato la decisione del Tar del Lazio su un ricorso di un privato, di cui siamo ancora in attesa della sentenza di merito prevista per il 14 febbraio; ebbene il Tar del Lazio interviene nuovamente, mettendo da parte ogni prudenza che consiglierebbe almeno di aspettare il giudizio di merito del Consiglio di Stato, e accetta un nuovo ricorso teso a fermare i lavori della Pedemontana.

Provo grande amarezza ma soprattutto indignazione. Mentre noi imprenditori e i lavoratori delle nostre aziende ci troviamo ogni giorno ad affrontare mille difficoltà e problemi, il nostro Sistema Paese dimostra di non voler prendere atto che il mondo sta cambiando e che la nostra società deve essere pronta a rinnovarsi e a recuperare allo stesso tempo i ritardi accumulati negli «anni del non fare». Sono sicuro che i miei contraddittori mi risponderebbero che questo è proprio quello che vogliono: costruire un nuova Italia e un nuovo Veneto bello e senza inquinamento: «un Paese del Bengodi».

Chi non può essere d'accordo. Peccato che così si dimentichino le stragi continue sulle strade (perché del tutto inadatte alla mole di traffico che devono sostenere) i maggiori costi di trasporto che i cittadini e le imprese devono affrontare per spostarsi (dal 4 all'8% rispetto alla media europea) e che i già magri bilanci aziendali e familiari non riescono ad sostenere. Lo stesso dicasi per l'inquinamento che il traffico congestionato determina nei nostri paesi e nelle città della Pedemontana. Ma per il Tar del Lazio in quella zona «non esiste un'emergenza traffico», nonostante il governo abbia preso atto dell'insostenibilità della situazione con un apposito decreto.

Dico basta! Le comunità locali nella stragrande maggioranza, le forze politiche economiche e sociali in maniera quasi unanime invocano da decenni un'infrastruttura che il governo e il Cipe hanno riconosciuto necessaria e inserita nella Legge Obiettivo. Queste continue interruzioni stanno alterando qualsiasi programmazione, stanno dilatando il termine dell'opera con una notevole perdita di soldi pubblici. C'è un progetto che è stato riconosciuto come il migliore ed un Concessionario pronto ad iniziare i lavori, con un Commissario straordinario intento a sciogliere gli ultimi nodi e che già nel caso del Passante di Mestre ha dimostrato capacità ed equilibrio. Lasciamoli lavorare! È un'invocazione fin troppo sfruttata, ma che questa volta mi sembra riassuma il pensiero delle imprese e della società veneta tutta.

Franco Miller
delegato alle Infrastrutture di Confindustria Veneto

da Il Corriere del Veneto del 10 febbraio 2012, di Vicenza; pagina 3