martedì 30 agosto 2011

Uniti per la pelle, tenuti per le palle

«L'autorizzazione è un bel messaggio, che consente a migliaia di lavoratori di andare in vacanza con la tranquillità che al rientro le aziende rimarranno aperte». È il 2008 la pagina è la numero 32 del GdV del 3 luglio. Così l'allora sindaco di Arzignano, Stefano Fracasso del Pd, commenta la maxi sanatoria ambientale che deroga ad importanti parametri ecologici in materia di reflui. Ne beneficieranno a mani basse le concerie della Valchiampo. Lo stesso giorno sullo stesso quotidiano così si esprime Giuliana Fontanella, consigliere regionale del Pdl e presidente della commissione attività produttive: «C'è grande soddisfazione per l'autorizzazione: c'è più tranquillità e ora ognuno dovrà fare la sua parte per risolvere i problemi che rimangono». E ancora, stesso giornale stesso giorno così parla Paolo Franco, senatore del Carroccio: «L'autorizzazione è un ottimo risultato, soprattutto per le imprese». Viva lo scudo ambientale. Le imprese ringraziano, i malati di tumore meno.

Ma la politica, a differenza di certe polemiche estive, non va mai in vacanza se c'è un interesse forte da tutelare. «Tutti gli imprenditori, non solo i Mastrotto che pure hanno fatto molto, hanno dato alla sanità arzignanese (e preso? Ndr)». Gianfranco Signorin (PD), assessore alla sanità del comune di Arzignano sul GdV del 28 dicembre 2008 a pagina 25 sviolina i Mastrotto e altri imprenditori. «Abbundantis... abbundandum!» diceva Totò.

«Faccio appello a tutti i sindaci possono ancora evitare la lottizzazione della società. I ruoli devono restare autonomi. Sarebbe un guaio espellere gli imprenditori della concia, rappresentanti del territorio...». Stefano Fracasso stavolta nella veste di consigliere regionale del PD sul GdV del 10 settembre 2009 a pagina 28 chiede alla politica, ovvero agli onorevoli Lia Sartori e Alberto Filippi, rispettivamente Pdl e Lega, di rimanere fuori (cosa giusta) dal cda della multiutility Acque del chiampo. Ma si spinge ben oltre e arriva a chiedere che in quel cda siano inseriti, ancora una volta, degli imprenditori conciari. Così il controllore e il controllato saranno la stessa cosa. Sonni tranquilli e affari d'oro. Non cambia il quotidiano, non cambiano data e pagina, cambia il partito, ma la musica è la stessa. «La Lega Nord giudica un grave errore pensare di non coinvolgere gli imprenditori che fino ad oggi hanno fatto la loro parte. È un grave errore ... estrometterli, al punto che la Lega Nord si dissocia, perchè non spetta alla politica gestire il consorzio. Stupisce che lo faccia un sindaco eletto nel Pdl. Gli imprenditori sono la parte attiva, sono importanti in quanto il consorzio stesso è determinante per l’economia della valle del Chiampo. Siamo in presenza di un tentativo di occupazione militare da parte della politica. E questo la Lega non può accettarlo». Questo il pensiero dell'onorevole Paolo Franco, segretario Lega Nord della provincia di Vicenza.

Franco, bontà sua, combatte i poteri forti della politica, ma si appecorona come altri a quelli più forti del dio soldo; salvo poi dimenticare che a capo della multiutility di Arzignano, la "Acque Chiampo" ci mette proprio un politico, il suo Renzo Marcigaglia. Ma tant'è. La situazione è grave. Si sbilancia perfino il giornalista; addirittura arriva a ficcare un commentino (ahi ahi deontologia) in un articolo di cronaca sempre sul GdV del 10 settembre 2009 in pagina 28: «Non si tratta solo di uno sgarbo. C’è in ballo un’estromissione che travolge l’equilibrio che fino ad ora ha retto il consorzio, consegnandolo ai capricci dei partiti». Ipse dixit Gianni Nizzero de Il Giornale di Vicenza. Ma chi lo stabilisce che quell'equilibro sia una cosa giusta? Il giornale posseduto anche dai conciari per caso?

E la sciarada delle contraddizioni non finisce mai. Le parti si scambiano. Il centrosinistra va in minoranza, il centrodestra conquista il governo cittadino. Ma come diceva Pierino, invertendo le chiappe il prodotto non cambia: «I cittadini di Arzignano diventano 007 e aiutano i vigili urbani. La collaborazione dei cittadini è stata fondamentale anche per un intervento nel quartiere Mantovano dov'era stato segnalato un uomo che, con fare petulante, si proponeva ai residenti come arrotino. Stava quasi convincendo un'anziana a farlo entrare in casa quando è intervenuta la figlia della donna che ha chiamato la polizia. L'agente di quartiere giunto sul posto ha identificato l'uomo e dal controllo è emerso che era un pregiudicato con una serie di precedenti. È stato quindi allontanato. Un altro intervento è stato possibile in località Tezze, dove gli agenti hanno trovato una sorta di falegnameria abusiva gestita da un cittadino indiano; la situazione è stata poi segnalata alla Guardia di Finanza». Il tutto promana ancora una volta dal GdV del giorno 11 settembre 2009 a pagina 30.

Ne esce bene l'operato dell'assessore alla sicurezza arzignanese Enrico Marcigaglia (figlio del politico indagato per corruzione che in "Acque del Chiampo" rappresenta quel pezzo di Lega che non vuole i politici nei cda); junior però in tutti i mesi trascorsi sino ad oggi si è tuttavia dimenticato della esistenza di un decreto convertito in legge il 30 luglio 2010. Tale decreto, è il 78 del 31 maggio dello scorso anno, prevede in soldoni questo.

Se le amministrazioni locali hanno il sospetto che sul loro territorio ci siano persone fisiche o giuridiche che evadono, se fanno segnalazioni mirate e se la verifica va a segno, l'ente locale si cucca il 50% della sanzione eventualmente erogata. Applicassero ad alzo zero 'sta roba Arzignano sarebbe più ricca di Dubai. E quindi... Perché il comune di Arzignano sguinzaglia gli 007 contro le falegnamerie abusive dell'extracomunitario indiano e non lo fa coi Mastrotto o coi loro conguaglianti? Chissà quanti soldini per rimpolpare il magro bilancio comunale. L'opposizione sbraita contro le dimensioni «ciclopiche» del fenomeno. Non contro il fenomeno, che dura indisturbato da decenni peraltro. Furbi sì, ma meglio non esagerare, dai nell'occhio altrimenti. Eh sì. I silenzi trasversali e le ovvietà trasversali dicono più di tante analisi sociologiche. Ad Arzignano c'è una potentissima «lobby politco affaristica» che ha dominato grazie alla complicità di molti. A destra come a sinistra. In basso come in alto. Nelle istituzioni, nelle banche, nella curia, nei bar, fra le squillo, nei circoli massonici e in quelli massonico filantropici. Ma monsieur l'argente de poche chiede unità d'intenti. E unità sia. Per questo gli ammonimenti alla panna montata lanciati oggi da lorsignori, quelli che sino a qualche settimana fa annuivano e inghiottivano senza se e senza ma, suonano come una sorda beffa. Che credenziali hanno costoro? Ovviamente nulle; il loro non è che salottismo di circostanza. Quanta gente unita nella menzogna. Quanti personaggi uniti per la pelle. Anzi per le palle.

Marco Milioni
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sabato 27 agosto 2011

Bruno Mastrotto? Santo subito

«Sì ma quello della concia è un sistema che gira in quel modo». Così parlò l'onorevole Max Calearo su "Repubblica del 27 agosto 2011 a pagina 21. Uno sobbalza e dice, ma caspita, chi parla non è Bepi del casolin. No è l'ex presidente dell'Assindustria Vicenza. Ma se sapeva, perché non ha parlato in passato? Perché non ha preso provvedimenti contro il collega che distorceva sua verginità la libera concorrenza? Uh, ma quando si discetta di sua santità conciaria Bruno Mastrotto la prudenza è come il botox al Billionaire di Briatore; è d'obbligo. E così nonostante il caso Arzignano deflagri su tutta la linea i «ma»e i «però» si fanno avanti pronti a tirar su la fabbrca, o meglio «el capanon», dell'omertà made in Vicenza.

E così vengono in soccorso i liberal di sinistra come Daniele Marini, Fondazione Nordest, che sempre su Repubblica non giustifica ma stempera e spiega: «Direi che non è proprio la norma. Anzi. Poi se vogliamo individuare delle spiegazioni, ma non delle giustificazioni, possiamo cercarle nella difficile competizione mondiale, negli alti livelli di tassazione e nella cultura delle piccole imprese a non aprirsi all'esterno». Eh, ma de che? Ma se hanno appena pizzicato un distretto intero che traffica ed evade. Ma di che sociologa il sociologo? Sociologo che “stranacaso” nel suo rapporto sintetico sul Nordest della Fondazione Nordest guidata da paron Tomat, alla voce criticità, ben si guarda dal puntare l'indice su aspetti come corruzione e altre corbezzole ambientalsanitarie che hanno allietato la Valchiampo.

E mentre la "sora Gramigna" della sociologia stempera e sopisce viene alla mente l'operato di un altro campione della Fondazione Nordest. Quel bravo, quando vuole o serve, Paolo Possamai che sulle pagine, guarda caso, proprio di Repubblica scriveva la sua agiografia mastrottesca: «Le note a margine di Bruno Mastrotto non sono quelle di uno dei tanti operatori del comparto concia, ma di chi da solo pesa l' 1% della produzione mondiale. Le parole trovano riflesso nei numeri della holding, che nel 2008 registrava ricavi consolidati per 253,5 milioni e un margine operativo lordo di 10,88 milioni, parametri passati nell' esercizio successivo rispettivamente a 217,5 e 15,09 milioni, e infine a 253,9 e a 10,95 milioni lo scorso anno, mantenendo sempre poco sotto l' 80% la quota delle esportazioni. Mastrotto è insieme specchio e anomalia, capostipite e anticipatore di tendenze nel settore conciario. Non è da tutti avere codificato 13mila colori, di cui 430 in pronta consegna e 70 disponibili in 48 ore. Non è da tutti avere attrezzato un laboratorio che oltre a monitorare costantemente le acque di scarico sui campioni di pelle lavorata realizza test di resistenza alla luce e alla trazione, allo scoppio e al calore, alla flessione e all' umidità. Non è da tutti destinare il 4% del fatturato alla voce ricerca e sviluppo, oppure avere nel portafoglio clienti sia big del comparto moda come Tod' s che dell' arredamento come Ikea. E poi, caso assolutamente sui generis, il gruppo può contare su sei stabilimenti nel distretto della valle del Chiampo (Vicenza) e poi su impianti produttivi in Brasile e Indonesia. Nella valle del Chiampo, un dipendente ogni 10 tra tutte le industrie conciarie riceve lo stipendio dai fratelli Mastrotto. Le attività di Bruno e Santo avviate in Brasile nel 2000 e Indonesia nel 2005 generano ricavi per oltre un centinaio di milioni, che non sono consolidati dal gruppo ma da Mastrotto International, in cui rientrano anche altri investimenti della famiglia (tra cui anche Midac, produttore di batterie per autotrazione che vale un fatturato di 108 milioni di euro). Fatte un po' di somme, mettendo assieme concia, immobiliare e batterie, il giro d' affari complessivo sfiora il mezzo miliardo. Che non è poca cosa, ricordando che Bruno e Santo sono nati contadini e che mezzo secolo fa, quando hanno avviato la loro prima bottega, per lavorare le pelli dovevano spostare il tavolo della cucina».

Possamai cita addirittura i «430 colori» in pronta consegna ("sti cazzi" diranno gli ingegneri, i chimici o gli informatici di Bosch, Google, Oracle o Basf"). Ma non sia mai che Possamai si ricordi che Brunone è indagato per corruzione. Sì perché il suo articolonzo è datato 4 aprile 2011; non primo aprile 1950 quando i conciari della prima ora epicamente scendevano dalle montagne del sapone per far la pelle alla Valchiampo al grido di "scheeeei diocan". Chissà quanto sarà sobbalzato "sora Grifagna" Possamai quando su Repubblica del 27 agosto ha letto un vero articolo coi controcoglioni scritto da Roberto Mania.

E dopo "sora Gramigna" e "sora Grifagna", sempre pasolinianamente danzando, è il turno del terzo del club. Sentite che cosa scriveva la "sora Micragna" del Corsera Dario Di Vico, uno che viene dalla Uil e che quindi conosce bene il mondo delle «signorine grandi firme» come dice Vauro.

Di Vico pontifica: «... l' onore della città era squassato dalla scoperta di una mega-frode dell' Iva per centinaia di milioni di euro messa in opera da una cricca locale chiamata Dirty Leather, capeggiata da Andrea Ghiotto proprietario della locale squadra di calcetto candidata allo scudetto tricolore. La cricca usava come quartier generale un ristorante del centro, aveva come clienti piccoli e medi conciatori e aveva corrotto commercialisti, fiscalisti e dipendenti dell'Agenzia delle Entrate...». Insomma la corruzione dei grandi non c'è. È una faccenda di ghiottini, ghiottine e inghiottine. La devastazione ambientale men che meno. Il «tumorificio Valchiampo» denunciato dall'ex IdV Claudio Rizzotto non s'ha da citare.Eppure nel settembre 2010 mezza Italia aveva visto e sentito su "Presa Diretta" a Rai Tre le gesta del signore delle pelli Bruno Mastrotto. Ma Di Vico, che vichianamente crede nei cicli della storia, aveva già passato il giro.

Se poi qualche pazzo si prendesse la briga di andare a digitare LaSberla.net (mi secca autocitarmi, ma mala tempora currunt) scoprirebbe che il 21 maggio 2010 scrivevo: «... Mi sono bastate un paio di visite agli archivi della camera di commercio di Vicenza per sapere che il grosso del Gruppo Mastrotto spa (cito il nome della nave ammiraglia del settore perché è il più noto) in realtà appartiene alla holding Mastrotto International spa. Quest’ultima a sua volta è posseduta in gran parte da una società di diritto lussemburghese che si chiama Texcoco Holding SA. Piccole quote della Mastrotto International sono poi detenute da altri due società lussemburghesi, la S.P.I.C. SA e la CORIUM SA. Come mai si ricorre a questo giochino di scatole cinesi finanziarie? Chi sono i veri proprietari delle compagnie di diritto lussemburghese che dominano la piramide societaria del Gruppo Mastrotto?... Sarebbe bello sapere quindi se le imprese del distretto della concia (ma non solo loro) usano le holding nei paradisi fiscali solo per ragioni di efficienza tributaria (chiamiamola così) o se invece sotto c’è dell’altro. Magari la volontà di sottrarre imponibile al fisco italiano...».

Un anno dopo scoppia lo scandalo nazionale che coinvolge i fratelli Bruno e Santo Mastrotto. Certo Marini e Di Vico non hanno avuto il tempo di leggere queste quattro righe scribacchiate su un blog di provincia. Possamai invece qualche opportunità ce l'aveva visto che il figliolo è una delle promesse del Pd a Vicenza. Ma forse junior, che mai ho sentito sparare sulle cricche della concia, era impegnato tra un festival del lecca lecca antileghista e un vernissage dell'Iphone democratico. Sui Mastrotto meglio minimizzare. La pelle è denaro, la pelle è fashion. Meglio coprire, meglio lenire, meglio gioire. E domani? E Bruno Mastrotto? Santo subito. Ovviamente.

Marco Milioni
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giovedì 11 agosto 2011

A un passo dall'abisso

(m.m.) «In Italia e altrove i nodi più sporchi stanno venendo al pettine. Un governo sul quale si stagliano gli spettri della corruzione, della mafia e della incapacità più assoluta sta andando incontro alla sua ultima trasformazione: il nulla... A questo punto c'è solo una impervia strettoia per avere la speranza di non bruciare tutto. L'opposizione si deve dimettere in massa e forzare la situazione: permettendo quindi di fatto al capo dello Stato di sciogliere le camere mandando a casa l'esecutivo. In tal senso è inutile sentir sbraitare le minoranze parlamentari mentre invocano le dimissioni del premier, visto che in questo momento hanno il potere di defenestrarlo al prezzo delle dimissioni delle minoranze medesime». Sono questi i passaggi salienti di un durissimo dispaccio diramato questo pomeriggio dal professor Renato Ellero. Quest'ultimo per vero già otto mesi fa, ma anche in altre precedenti occasioni, aveva preconizzato nel suo libro dedicato all'affaire Tulliani, uno sviluppo della situazione nazionale non dissimile da quello che sta prendendo corpo in questi giorni. Ed Ellero infatti non punta l'indice solo contro il centrodestra, ma sferza le minoranze e invita de facto il capo dello Stato a dare il ben servito all'esecutivo, pena qualora tali passi non si materializzino una debacle socio-politica che potrebbe essere «impietosamente crudele».

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martedì 9 agosto 2011

Crisi, ultime notizie dal baratro

Tutto è a posto e niente in ordine: due grandi notizie sono arrivate. Uno, gli Stati uniti hanno evitato il default. Due, il piano di salvataggio della Grecia è stato sbloccato. Qualcuno potrebbe dire che i piromani festeggiano il piano antincendio. E, per questo, dobbiamo stare attenti al “pacco” che ci stanno inviando e che presto riceveremo a casa. Infatti niente è in ordine. La truffa continua e si espande. Barack Obush si è messo d’accordo con i repubblicani, accettando quasi tutte le loro richieste. I ricchi non perderanno niente, le banche neppure. L’America si è fatta una legge che alza il tetto del suo debito a cifre da capogiro. Cioè si è autorizzata a continuare a indebitarsi. Il crac l’hanno messo in cantina, così non si vede. Poi salterà in aria anche la cantina, con noi dentro.

Il piano europeo per “salvare la Grecia” (e Irlanda e Portogallo) è stato bloccato. Come? I Fondi Europei di Stabilizzazione Finanziaria (Fesf) sono stati autorizzati a comprare le obbligazioni greche irlandesi e portoghesi. Ma i soldi di chi sono? Sono i nostri. Cioè con quei soldi si compreranno i debiti marciti e puzzolenti degli Stati indebitati, liberando le banche che sono creditrici. Peggio che nel 2007, quando tutte le banche decotte e fallite furono salvate dai contribuenti. Questa volta addirittura le banche vengono salvate in anticipo, prima che subiscano altre perdite. Splendido. Certo c’è la foglia di fico che dice che le banche private possono “partecipare volontariamente” (dilazionando le richieste di pagamento). Se lo fanno, di nuovo, è perché saranno garantite dagli Stati, cioè da noi. Tutto questo si chiama socializzazione delle perdite e privatizzazione del guadagno.

La risposta è una sola: cominciare la resistenza di massa contro le misure di austerità che ci verranno imposte. Non pagare l’indebitamento che è stato creato dal sistema finanziario. Questa non è l’Europa dei popoli, questa è ormai solo l’Europa dei banchieri.

Giulietto Chiesa
da ilfattoquotidiano.it
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giovedì 4 agosto 2011

Cocaina dai narcos per la 'ndrangheta: catturato a Vicenza

Nel Vicentino ci veniva di frequente, per incontrare la sua fidanzata. La polizia di Bologna lo teneva d'occhio da tempo e quand'era in città lo faceva seguire dalla squadra mobile di Vicenza, guidata dal vicequestore Marchese, che ha contribuito a catturarlo. In manette è finito Giuseppe Petullà, 47 anni, calabrese. È accusato di aver fatto parte di una banda che importava grosse quantità di cocaina dalla Colombia e le smerciava in mezza Italia.

La Mobile bolognese, coordinata dal servizio centrale operativo e dalla direzione centrale per i servizi antidroga, ha arrestato ieri 12 persone in Italia e all'estero. Si tratta di un'operazione internazionale contro la cosca della 'ndrangheta Mancuso di Vibo Valentia, che tramite referenti a Bologna importava in Italia fiumi di cocaina trattando direttamente con narcos colombiani in Spagna e in Sud America. Due persone sono state fermate in Italia, una in Austria. L'indagine - denominata in gergo “Due Torri Connection”, durata un anno - ha portato a scoprire che i Mancuso avevano a Bologna dei “rappresentanti” che concludevano trattative per acquistare cocaina. In Emilia, infatti, operava per conto della cosca Francesco Vintrici, 39 anni, che organizzava summit con gli spagnoli e i colombiani nella taverna di una sontuosa villa modello Scarface di proprietà di uomini della 'ndrina calabrese, nel Comune di Bentivoglio.
L'operazione è scattata dopo che le due parti stavano trattando l'arrivo in Italia di 1.500 chili di “neve”: secondo il progetto criminale la droga avrebbe viaggiato nascosta in scatoloni a bordo di aerei privati decollati dall'aeroporto di Quito, in Ecuador, oppure in containers stivati su motonavi provenienti dal Sud America e nascosta all'interno di finti carichi leciti.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Il ruolo di Petullà deve ancora essere chiarito nel dettaglio, come pure i suoi contatti a Vicenza. Gli inquirenti hanno il sospetto che potesse tenere dei contatti per la cessione di droga.

Diego Neri
da Il Giornale di Vicenza del 4 agosto 2011; pagina 16