venerdì 21 dicembre 2012

Babbo Natale a scuola, mamma diffidata


Babbo Natale a scuola, mamma diffidata. Sull'oscuramento del Natale all'istituto comprensivo 7 è polemica. I malumori per i mancati festeggiamenti - decisione adottata in segno di protesta contro il governo Monti dagli insegnanti della scuola dell'infanzia San Francesco e delle elementari De Amicis, Pertile, Pasini e Rodari - se sulle prime si sono tradotti in critiche più o meno velate, adesso prendono sostanza e diventano gesti eclatanti. Come quello di una mamma di un alunno della materna che ha pensato di rimediare al “licenziamento” dell'anziano che gratuitamente si fingeva Babbo Natale indossando lei stessa il costume rosso e mostrandosi così a scuola. Immediata e inevitabile la diffida della preside Anna Vasina che mette in guardia dalla “violazione dello spazio scolastico con comparse e mascherate in tempi e luoghi non consentiti”, diffidando la genitrice “per motivi di ordine pubblico e sicurezza dall'entrare nella scuola San Francesco e dal passeggiare nei locali della stessa travestita da Babbo Natale”. Alle elementari Pertile ieri mattina più di qualcuno ha comunicato il proprio dissenso per i festeggiamenti cancellati. «Mio figlio - racconta una mamma - va alle recite dei suoi amichetti e si chiede perchè nella sua scuola non è stato organizzato nulla. Ci sono classi completamente spoglie, dove non c'è nemmeno un addobbo che ricordi che siamo in periodo natalizio. È una situazione spiacevole e ci chiediamo perchè sacrificare proprio il Natale quando si poteva tagliare sulle gite o altre attività».

LA LETTERA. «È stata una decisione sofferta», sostengono gli insegnanti dell'ic 7 che in una lettera aperta inviata alle famiglie puntano il dito contro tagli, aumento del numero di alunni per classe, mancato rinnovo del contratto fermo al 2009, risorse decurtate fino al 2015 per effetto della spending review, legge Aprea che «rischia di scardinare la democrazia a scuola». «Questi interventi - spiegano - sono il frutto di una decisione molto sofferta. Gli scatti di anzianità bloccati da Tremonti per i dipendenti della scuola tornano, ma a pagarli saranno gli stessi lavoratori che dovranno rinunciare al salario accessorio, visto che per il 2011 il ripristino sarà sostenuto con un prelievo dal fondo d'istituto per il miglioramento dell'offerta formativa di 394 milioni di euro, e si continuerà fino a totale estinzione del fondo entro il 2014, con un taglio di 350 milioni di euro l'anno. Questo fondo riconosce tutte le attività forfettariamente: nel nostro settore non sono previste ore straordinarie che normalmente si svolgono per esplicare tutti gli impegni e che molti insegnanti svolgono quotidianamente».

IL PERSONALE. I docenti dell'ic7 spiegano che «prendere costantemente di mira la scuola pubblica e il lavoro del personale scolastico per scopi di bilancio, significa mettere in discussione l'intero sistema formativo italiano. Purtroppo le scelte operate negli ultimi anni sono dettate non da giustificazioni didattiche e pedagogiche, ma solo da necessità di risparmio. Sembra che il nostro Paese non creda nel valore della formazione quale elemento decisivo e strategico per lo sviluppo delle persone e della società, ma annoveri le risorse da destinare all'istruzione e alla ricerca tra gli sprechi e le spese improduttive. Nonostante questo continue circolari e norme ci richiedono professionalità, disponibilità, aggiornamento per far fronte ad una società in continua evoluzione e ai bisogni emergenti degli alunni di oggi». La protesta, confermata, si traduce nella cancellazione di iniziative come «a scuola senza cartelle», che ogni anno veniva proposta alle classe delle elementari e di tutte le feste di plesso e manifestazioni che riguardino il Natale «per mettere in evidenza come il lavoro dei docenti non possa essere ridotto alle sole ore di lezione frontale, ma abbracci l'intero funzionamento della scuola. Con queste iniziative intendiamo quindi non solo tutelare i nostri diritti e la nostra dignità di lavoratori, ma anche richiamare l'attenzione sul drammatico impoverimento del ruolo formativo ed educativo di quel bene comune che è l'istruzione pubblica statale, uno dei pilastri del nostro vivere e crescere sociale».

Anna Madron da Il Giornale di Vicenza, pagina 29

martedì 27 novembre 2012

Avantec, tracollo da 10 milioni

Due società con gli stessi soci, Alberto Rigon di Breganze e Vittorio Dalla Valle di Lugo, che eseguono operazioni incrociate all´attenzione della procura di Vicenza e dei rispettivi curatori fallimentari. Si tratta della Carpenteria Valdastico srl che aveva sede a Bolzano Vicentino, dichiarata fallita il 30 luglio 2009; e della Avantec Costruzioni Meccaniche srl di Mason, di cui il tribunale di Bassano presieduto da Aurelio Gatto ha deliberato l´insolvenza lo scorso giugno. La ditta ha debiti per 10 milioni di euro, di cui 7,1 milioni con le banche. Per il primo crac la procura ha aperto un´inchiesta per bancarotta semplice non solo nei confronti dei soci Rigon, 43 anni, conosciuto a Bregenze per essere autorevole consigliere comunale di minoranza, e di Vittorio Dalla Valle, 46 anni, ma anche a carico degli amministratori in tempi diversi Deris Dalla Valle, 45 anni, di Breganze, Tonio Pesavento, 59 anni, di Isola Vicentina, e Galliano De Rosso, 66 anni, di Monticello Conte Otto. Quest´ultimo fino a venerdì era consigliere comunale, ma ieri si è appreso che ha rassegnato le dimissioni. Nel frattempo, il curatore fallimentare Andrea Peruffo, delegato dal giudice Giuseppe Limitone, ha incaricato l´avv. Paolo Doria di avviare azione di revocatoria nei confronti dei cinque indagati per chiedere i presunti danni patiti dai creditori, quantificati in 2 milioni di euro. L´avv. Doria sottolinea che Rigon e Dalla Valle hanno acquistato le quote azionarie della Carpenteria Valdastico il 20 ottobre 2006 dalla Costruzioni Meccaniche Valdastico srl di Gino Zoppelletto e Gilberta Motterle (di cui De Rosso era stato amministratore delegato, poi amministratore anche della Carpenteria Valdastico). I soci avevano eseguito un´operazione di spin off - cioè di scissione della società -, ricollocando il capannone nella Costruzioni Metalliche Valdastico srl, che dava in locazione lo stesso immobile alla Carpenteria Valdastico. Pochi mesi dopo, il 13 dicembre 2006, Rigon e Dalla Valle, come soci della Carpenteria Valdastico, acquistavano da Avantec Costruzioni Meccaniche srl, di cui amministratori e soci erano loro stessi, il ramo d´azienda della carpenteria metallica per un corrispettivo netto di 417 mila euro. «Considerata la palese situazione di conflitto d´interessi tra i soci delle due società - si legge negli atti di causa -, vista la medesima proprietà delle due società coinvolte», «si deve ritenere che il valore attibuito alla voce “avviamento” veniva ampiamente sopravvalutato, a tutto svantaggio della fallita Carpenteria Valdastico srl, che si trovava costretta a corrispondere un gravoso e ingiustificato corrispettivo». Questa accusa è respinta soprattutto dai due ex amministratori, Rigon e Vittorio Dalla Valle, i quali come detto devono anche difendersi dall´accusa di bancarotta semplice. Secondo l´avv. Doria, che riprende l´analisi del curatore Peruffo, «la situazione d´insolvenza può essere, con evidente ragionevolezza, retrodatata a fine 2006». Il motivo? «Il bilancio 2006 se adeguatamente verificato - scrive - risulta inattendibile». «La procedura fallimentare ritiene che gli amministratori - insiste Doria - avessero raggiunto la “scientia decotionis” della società già nei primi mesi 2007», tuttavia i soci avrebbero scelto di «continuare l´attività procurando un sicuro danno ai creditori, avendo depositata la domanda di fallimento in proprio solo il 21 luglio 2009». L´ipotetico danno è valutato in 2 milioni di euro. Intanto, anche il curatore del fallimento “Avantec”, Plino Todesco, sta verificando i conti della fallita su istanza della Cassa di Risparmio del Veneto spa. La ditta fabbricava macchine per il tessile ed è stata sciolta il 24 luglio 2009. Il 9 giugno 2010 ha fatto istanza di concordato preventivo, i creditori hanno votato di no e l´8 giugno c´è stato il fallimento. A pesare i debiti con le banche per 7 milioni e per 2 milioni con i fornitori. Accertamenti sono in corso.

da Il Giornale di Vicenza del 27 novembre 2012; pagina 33

venerdì 23 novembre 2012

Picchiato dopo la lite tra automobilisti: sotto accusa due poliziotti in borghese

Una precedenza non concessa, un alterco tra automobilisti, un pugno, e un'auto che se ne va, lasciando solo un 32enne sanguinante. A dare il peso specifico dei fatti, in questo caso, sono i protagonisti. Uno è Luca Prioli, poliziotto vicentino, segretario regionale del sindacato di polizia Coisp: sarebbe stato lui, insieme a un collega, a fermare un automobilista lungo la A22, a poca distanza dal casello di Mantova, e a picchiarlo. L'aggredito è Riccardo Welponer, nipote di Nardir Welponer, politico molto conosciuto a Verona, ex consigliere regionale dei Ds.

Ricostruire quanto accaduto, dare volto e nome agli aggressori, non è stato facile perché i due poliziotti se ne sono andati dopo la rissa e l'auto su cui viaggiavano non era riconoscibile come auto della polizia. La denuncia fatta da Welponer è stata presentata alla squadra Mobile di Mantova contro ignoti: l'unico dato in possesso della vittima, e di un testimone fermatosi a prestare soccorso, era il numero di targa. Il collegamento tra l'auto, risultata in uso alla questura di Vicenza, e il nome dei due conducenti, tra cui quello del segretario regionale del Coisp, è stato comunque rapido. E altrettanto rapida è stata la comunicazione di quanto avvenuto al ministero dell'Interno, che a breve riceverà dalla questura di Vicenza una relazione ufficiale sui fatti. Welponer, ancora sotto shoc e con il naso rotto, racconta la sua versione: «Mi hanno picchiato e sbattuto a terra, sono quasi svenuto, quando mi sono ripreso mi hanno buttato contro il guardrail».

Prioli ammette il coinvolgimento nell'accaduto, ma si difende: «Sto portando a termine una delicata missione e la legge mi impedisce di dire quello che è successo - spiega - certo è che chi ha fatto il mio nome in relazione a questa vicenda la pagherà cara, perchè nessuno doveva sapere che io mi trovavo in quella macchina». Sul pestaggio e sul motivo del diverbio Prioli rimanda all'autorità giudiziaria: «C'è una denuncia, deciderà il magistrato, ammetto che ci siamo fermati e che c'è stato un diverbio, ho già fatto una relazione al questore, perché mi è stata richiesta. Io rendo conto solo al questore, con chi mi accusa ci vediamo in tribunale». Le condizioni fisiche di Welponer e il fatto che il questore di Vicenza abbia chiesto una relazione a Prioli, aggiungono qualche tessera in più al puzzle di una notizia che era nata «distorta». Alcuni quotidiani, infatti, avevano scritto ieri che a picchiare il 32enne veronese sarebbero stati due non meglio identificati «bodyguard» che trasportavano un «vip» in un'auto blu. La verità era un'altra ed è venuta a galla ieri. Ora i due poliziotti rischiano, oltre all'indagine penale, l'allontanamento dagli incarichi. Per un eventuale provvedimento disciplinare si attenderà l'esito dell'inchiesta giudiziaria.

Roberta Polese
da Il Corriere Veneto del 23-11-2012 a pagina 7; edizione di Vicenza

martedì 13 novembre 2012

Il Cis verso la liquidazione

All'unanimità i soci del Cis spa hanno votato per la messa in liquidazione. Questo l'esito dell'assemblea che si è tenuta ieri mattina a palazzo Nievo presieduta dalla presidente Angela Peretto. Un debito che supera i 20 milioni di euro e l'impossibilità di proseguire nell'attività hanno imposto ai soci la svolta dopo mesi di paralisi. Giovedì è in programma un'altra riunione per nominare i tre liquidatori che saranno dei tecnici esterni. A loro il compito di vendere il terreno del Cis spa al migliore offerente e, con quanto ricavato, ripianare i debiti, si spera, completamente.

Con questa decisione si inizia a scrivere l'ultimo capitolo di una storia iniziata nel 1988. È di allora la decisione dell'acquisto di un terreno a Montebello dove realizzare un centro intermodale di scambio. Costituiscono il Cis spa la Provincia di Vicenza (23.5%), Autostrada Serenissima oggi A4 Holding (25.2), Camera di Commercio di Vicenza (20%), Banca Popolare di Vicenza (7.9%), Fiera (7.7%). Le cose si complicano fin dall'inizio con le difficoltà di acquisizione dell'area da parte dei privati. Ma è solo l'inizio. La vicenda sembra sbloccarsi nel 2009 quando Arco Immobiliare firma un preliminare nel quale si impegna ad acquistare i terreni e subentrare nei debiti dei soci.

Ma a questo punto non si è mai arrivati. A luglio 2012 il Cda presieduto da Galdino Zanchetta viene sfiduciato e viene sostituito dalla commercialista Angela Peretto. Quest'ultima nella relazione ai soci denuncia «l'impossibilità di proseguire l'attività della società». Risultato? Si chiude, si spera senza perdite, grazie alla vendita del terreno probabilmente alla stessa Immobiliare Arco che non si è mai del tutto tirata indietro. Ma ora la palla passa ai liquidatori.

da Il Giornale di Vicenza del 13 novembre 2012; pagina 33

lunedì 12 novembre 2012

La piena di pilu

Con le chiappe all'asciutto, scampata la strizza, gabbato lo santo, è cominciata la sarabanda delle vaccate: «Se la regione non se la sente di proseguire l'iter del bacino, dia a me e al sindaco Marcello Vezzaro di Caldogno i potere speciali per concludere questa faccenda», Achille Variati, sindaco democratico di Vicenza. «Vicenza non può affrontare un'emergenza alluvione ad ogni pioggia autunnale... I bacini di laminazione sono l'unica soluzione ed è un parere unanime. I soldi ci sono ma la gestione commissariale ha evidentemente fallito, visto che queste opere ancora non partono. Servono poteri militari, altrimenti queste opere non si vedranno mai», Giorgio Conte, parlamentare berico in forza a Fli. «Dobbiamo intervenire con leggi e poteri speciali, perché non possiamo continuare a vivere in una situazione di emergenza...», Daniela Sbrollini deputato vicentino del Pd.

Ovviamente del vero motivo per cui Vicenza va sotto ad ogni microbo che sputa dal cielo nessuna menzione: dagli anni Settanta ad oggi si è costruito troppo ma costa ammetterlo. Anzi i sindaci interessati, come Variati, rispondono all'emergenza con altri 400mila quadri di edificato. Il collega in lamenti Marcello Vezzaro del Pdl, mai si è sentito sparare ad alzo zero sulle precedenti amministrazioni di Caldogno che hanno permesso di costruire dio solo sa quanto. Forse se ne dimentica perché in qualche giunta dell'ex primo cittadino Costantino Toniolo (Pdl), l'attuale sindaco sedeva in plancia assieme ad altri. Conte si ricorda delle sue origini politiche a destra e invoca i soldati per realizzare un banalissimo buco per terra come è il bacino di sicurezza in zona Caldogno. I proprietari voglioni più soldi? Bene se l'opera è così importante si dia loro ciò che chiedono. Non bastano i soldi? Si blocchi la Spv e tutte le infrastrutture simili costruite in project financing (e si smetta di pagare ai proponenti anche gli ospedali come quello di Santorso, confiscandoli) e si riversino quelle risorse per le opere di salvaguardia idrogeologica. Che ci vuole?

Ma Conte e Sbrollini vogliono i poteri speciali? Il deputato vuole il genio della Difesa? Bene li si accontenti e sia dia disco verde all'esercito per radere al suolo ogni edificio, capannone, villetta geometrile o scatolame pseudo-archistar, costruito in zona verde dal 1985 ad oggi: in tutto quello che un tempo fu il Veneto e che oggi è un mammemmolodromo infetto di sebo mafioso. Si organizzino tribunali del popolo per condannare alla spiccia i padroni del pus, i decisori, i profittatori, i cavatori, i costruttori, i betonieri, gli asfaltieri, i progettisti, i capibastone e gliutilizzatori finali. I profughi, di cui molti sono colpevoli di questo stato di cose perché hanno condiviso questo modello di sviluppo inutile, criminogeno, casinaro, cialtrone e senz'anima, potranno accasarsi presso ville, depandance, condomini e olgettari vari di lor signori politici, industriali, banchieri e speculatori. Dove magari potranno attendere la prossima piena tra un programma della De Filippi, una troia (o un Suv) in leasing e uno special di Porta a Porta su Padre Pio. Intanto del vademecum D'Alpaos nessuno parla, per esempio. Che è successo di diverso rispetto a due anni fa? Quali novità ci sono state?

Marco Milioni

sabato 6 ottobre 2012

L'ex consigliere di Galan: «Ho rubato testi antichi anche a Padova e Verona»

Marino Massimo De Caro, l'ex direttore della biblioteca dei Girolamini di Napoli, reo confesso di avere trafugato centinaia di libri antichi, ha commesso furti anche in altre importanti biblioteche italiane, tra cui due venete, Padova e Verona, spesso insieme con l'avvocato e bibliofilo di origini francesi Stephane Delsalle, arrestato nei giorni scorsi. Lo si evince dall'ordine di custodia cautelare notificato a Delsalle e ad altre tre persone, tra cui l'ex conservatore del complesso dei Girolamini, padre Sandro Marsano. De Caro ha spiegato al procuratore aggiunto di Napoli Giovanni Melillo e ai sui sostituti, che lui e Delsalle hanno saccheggiato, in particolare, la biblioteca dell'Istituto Don Provolo di Verona negli anni '99-2000. Poi la biblioteca capitolare di Padova, tra 2003 e 2005. Ancora, quella del seminario di Verona nel 2009 o nel 2010 e, infine, quella dell'abbazia di Montecassino a più riprese, dopo la nomina di De Caro a consigliere dell'allora ministro per i Beni culturali, Giancarlo Galan. Proprio in veste di consigliere ministeriale, De Caro, facendosi precedere da una telefonata dei vertici del dicastero, ha visitato la biblioteca Nazionale di Napoli, approfittandone per rubare un esemplare del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, sostituendolo con un fac-simile. De Caro ha confessato di avere portato a Monaco di Baviera circa 450 volumi presi dalla biblioteca dei Girolamini, perché fossero venduti all'asta da Zisska & Schauer: come anticipo sulla vendita ricevette circa un milione di euro. Ai pm che gli chiedevano di che libri si trattasse, l'ex direttore ha risposto: «Sicuramente c'erano degli erbari, libri di zoologia, libri di fisica, c'era il Vietti di matematica, il primo libro sull'agopuntura cinese e pure il primo libro sulla pazzia scritto nel Settecento e pubblicato a Firenze in due volumi, il Fermat del Cinquecento». I furti commessi da De Caro sono stati ricostruiti anche in una ricerca dal professor Nick Wilding, docente presso la Georgia State University.

da Il Corriere del Veneto del 6 ottobre 2012; pagina 2

giovedì 20 settembre 2012

La Pedemontana sotto la lente

Riflettori puntati sulla superstrada Pedemontana veneta e sulla nuova Valsugana all'auditorium Vivaldi. All'incontro hanno partecipato il segretario generale infrastrutture della Regione Veneto, Silvano Vernizzi, e il dirigente della Regione e commissario straordinario per la riforma del settore trasporti, Giuseppe Fasiol. Il sindaco Silvia Pasinato ha ricordato che per la Pedemontana alcuni punti nevralgici sono già stati risolti, altri sono ancora in fase di valutazione. Tra questi ultimi ha ricordato lo svincolo di collegamento tra la statale 47 e la Pedemontana, con la presenza del casello a San Zeno, e il passaggio in discarica che secondo le ultime indiscrezioni dovrebbe correre basso, sotto il livello campagna. Per la Valsugana ha parlato di punti di contrasto quali il tratto a tre corsie, che saranno ad ogni modo realizzate salvaguardando l'abitato, l'eliminazione della viabilità intercomunale per gli svincoli di via Lughi e del Rosario, e il temuto passaggio lungo la linea ferroviaria, pericolo questo che dovrebbe essere ormai scongiurato. L'ing. Vernizzi ha ripercorso un po' tutto l'iter di entrambe le arterie, confermando che per alcuni caselli della Pedemontana, quali Marostica e Riese, è stata già trovata una soluzione mentre per quello di Cassola si sta tuttora ragionando ed entro la metà di ottobre si dovrebbe arrivare alla definizione. L'ing. Fasiol ha presentato invece il tracciato base e quello ottimizzato della Valsugana, soffermandosi sulle criticità, in particolare ha evidenziato l'attraversamento di Cassola secondo i due tracciati. 

da Il Giornale di Vicenza del 20 settembre 2012; pagina 44

giovedì 9 agosto 2012

Nuovi stadi con colata di cemento: il pasticcio di una legge

Viva il Milan e viva l'Inter, viva l'Atalanta e viva la Sampdoria, viva il Palermo e viva la Salernitana e insomma viva tutti: ma perché costruire uno stadio dovrebbe essere più facile che tirar su una scuola, una caserma dei pompieri o un ospedale? Te lo chiedi leggendo la nuova legge che vorrebbe dare un'accelerata a tutti i nuovi impianti sportivi che abbiano in allegato ipermercati, ristoranti, condomini... Legge votata in mezz'ora, grazie a una tregua-lampo nella rissa tra i partiti, da un'ammucchiata mai vista. Tema: possibile che un Parlamento capace di rifiutare la corsia preferenziale alla legge sui bilanci dei partiti mentre si consumava lo scandalo dei rimborsi elettorali gestiti dai tesorieri della Margherita Luigi Lusi e della Lega Francesco Belsito, non l'abbia invece negata a un provvedimento come questo, approvato fulmineamente in 30 minuti netti dalle 13.55 alle 14.25 di giovedì 12 luglio, in «sede legislativa» da una commissione di 44 deputati, senza passare per l'aula? Seconda domanda: perché se n'è occupata la Commissione cultura, scienza e istruzione invece di quelle che hanno a che fare con l'urbanistica o i lavori pubblici? Perché ha competenza sullo sport?

Ma «che c'azzecca», per dirla in «dipietrese», con la costruzione di questi trans-stadi-ipermercati-hotel? Ma qui proprio il caso dipietrista pone la terza domanda: come mai, nel bel mezzo di una guerra termonucleare contro tutto e tutti, la stessa Idv s'è associata al coro degli entusiasti della nuova norma? Tutti, l'hanno votata. O quasi: la sola Luisa Capitanio Santolini, a nome dell'Udc, ha votato contro: era delusa che il testo, frutto «del lavoro condiviso», non fosse «meditato e discusso ulteriormente». Gli altri, tutti insieme appassionatamente. Maria Coscia, del Pd, lo ha benedetto come «un provvedimento di grande utilità per il mondo dello sport». Rocco Crimi, il tesoriere del Pdl, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per la vigilanza sul Coni, già consulente farmacologo della Roma Calcio e dell'istituto di Medicina dello sport Coni-Fmsi, ha esultato per gli «importanti miglioramenti» apportati nella seconda lettura alla Camera dopo il passaggio al Senato nell'ormai lontano 2009. Pierfelice Zazzera, vicepresidente della commissione, dipietrista, ha applaudito. E non è mancata, in chiusura, l'aspersione dell'incenso governativo: operazione assegnata al ministro dello Sport Piero Gnudi, speranzoso d'aver dato il via a «un volano per l'economia».

Le firme in calce alla legge, risultato dell'unificazione di più proposte, sono un arcobaleno. Spiccano su tutti gli azzurri Luigi Grillo e Paolo Barelli, presidente della Federnuoto. Ma anche esponenti del Pd quali l'imprenditore farmaceutico Andrea Marcucci, Mariapia Garavaglia o Anna Maria Serafini, moglie di Fassino. E i leghisti? Hanno preferito non sbilanciarsi in dichiarazioni di voto: metti mai che poi i tifosi padani dell'Albinoleffe o della Solbiatese… Ma il loro okay, alla fine, non lo hanno fatto mancare. La lettura del provvedimento è molto istruttiva fin dal titolo: «Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale». Messa così, sembrerebbe il via libera a uno sforzo per costruire nuovi «Maracanà» o nuovi «Santiago Bernabeu». Insomma: tre o quattro spettacolari strutture in grado di farci fare un figurone planetario. No: per beneficiare della «semplificazione e dell'accelerazione delle procedure amministrative» non serviranno più neppure i limiti previsti dalla versione uscita dal Senato: almeno 10 mila posti a sedere allo scoperto e 7.500 al coperto. Nella nuova stesura ne basteranno rispettivamente 7.500 e 4.000. Col risultato, tremano gli ambientalisti, che la soglia si è abbassata al punto di invogliare alla costruzione di stadi e palazzetti «ibridi», cioè affiancati da ipermercati e hotel e sale gioco e beauty center in deroga ai piani urbanistici, anche nelle cittadine di provincia. Che certo non punteranno mai a ospitare le Olimpiadi o gli Europei. Novità: la società sportiva che realizza l'impianto dev'essere riconosciuta dal Coni. Che si va ad aggiungere alla miriade di enti e istituzioni che hanno competenza sulle opere pubbliche. Fin qui, direte, è roba di sport. Vero. Ma tutto fa pensare che la «ciccia», quella vera, non sia negli impianti. Ma in quel comma, il numero 2 dell'articolo 4, più insidioso. Che recita: «Il progetto per la realizzazione di complessi multifunzionali può prevedere ambiti da destinare ad attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali».

Poche parole, ma tali da far sospettare a Legambiente, come si legge nel dossier elaborato con l'Istituto nazionale di Urbanistica e il Consiglio nazionale degli Architetti, che «questo provvedimento non è pensato per le squadre di calcio ma per chi vuole realizzare speculazioni edilizie. Perché altrimenti prevedere che si possano realizzare case e alberghi, centri commerciali e uffici? E senza neanche una scadenza legata a un avvenimento sportivo, per cui varrà per sempre come procedura speciale, permettendo in pochi mesi di rendere edificabili terreni agricoli e persino, con alcune forzature, aree vincolate». Assurdo, accusa il dossier: «Del resto l'unico grande stadio realizzato in Italia in questi anni, lo Juventus Stadium di Torino, non ha avuto bisogno di procedure speciali, né di essere finanziato dalla costruzione di case e alberghi». Qui no, qui «la vera invenzione è nella formula "complessi multifunzionali" definiti come "complesso di opere comprendente ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario"». Parole così generiche da comprendere e consentire tutto. Le procedure, accusa Legambiente, «sono davvero speciali: si presenta uno studio di fattibilità finanziario e di impatto ambientale, entro 90 giorni la giunta comunale si esprime, convoca una conferenza di servizi per le varianti ai piani vigenti e l'approvazione del progetto da concludersi entro 180 giorni, e poi dopo l'approvazione del consiglio comunale (entro 30 giorni), si può partire con i lavori».

Evviva la velocità: ma i rischi? Un solo caso tra i tanti ricordati dal dossier: l'area scelta dalla Lazio, 600 ettari e su cui realizzare 2 milioni di metri cubi, «si trova intorno al km 9,4 della via Tiberina in area di esondazione del Tevere vincolata dal punto di vista idrogeologico ed archeologico». Un pasticcio. Che spacca anche i partiti. A partire dal Pd. Basti leggere le dichiarazioni di fuoco, dopo il via libera della legge alla Camera (adesso deve tornare in Senato ma stavolta dovrà passare per l'aula) di Ermete Realacci o di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, secondo i quali è «una nuova legge-porcellum. Tagliata su misura sugli appetiti speculativi di pochi presidenti di società di calcio. Gli stadi sono solo un pretesto, la vera intenzione è realizzare grandi volumetrie commerciali, residenziali, direzionali fuori dalle previsioni e dai limiti dei piani regolatori». Rispondano anche i tifosi: ne vale la pena?

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
da Il Corriere della Sera del 4 agosto 2012; pagina 25

Piano casa: +68%. «Ma è frenato, colpa dei comuni»

Il “Piano casa” in Veneto va: a fine giugno le pratiche sono cresciute a quota 44mila, circa il 68% in più di quelle che c'erano un anno fa quando la Regione lo prorogò e lo modificò dopo i primi due anni di gestione. Ma quella norma avrebbe potuto e dovuto fare molto di più a favore dell'economia e dell'edilizia. Quindi bisogna intervenire, con alcune modifiche ma soprattutto con due obiettivi: prorogarlo di almeno un anno ed escludere il potere dei Comuni, che ne hanno limitato di molto la valenza. È questo il messaggio chiaro che lancia il Pdl veneto con il vicentino Costantino Toniolo, presidente della commissione “Affari istituzionali”, che ha depositato un progetto di legge firmato anche dai colleghi Bond, Cortellazzo, Tesserin, Bendinelli, Laroni e Conta.

I NUMERI. L'analisi di Toniolo parte innanzitutto dai dati raccolti dalla Direzione urbanistica della Regione, che già dal 2009 monitora l'applicazione del Piano casa in terra veneta. I dati raccolti dicono che nei 581 Comuni del Veneto a giugno - quindi di sicuro la cifra è in difetto, visto che ora siamo ai primi di agosto - sono state registrate oltre 44.400 domande: un anno fa, quando la Regione varò la proroga di altri due anni con modifiche alla norma, erano 26.300. Le pratiche effettive però sono state 35.700, con un calo dovuto anche ai “no” pronunciati dai Comuni, e «con un particolare che balza agli occhi. Quasi tutte, e cioè oltre 35mila domande - sottolinea Toniolo - sono state pratiche relative all'articolo 2 della legge, cioè quello sull'ampliamento di edifici. Solamente 720 hanno riguardato l'altra procedura possibile, quella di demolizione-ricostruzione». Questo non toglie che l'effetto economico ci sia stato: la Regione calcola che a luglio 2012 il Piano casa sia salito a 1,8-2,2 miliardi di euro di fatturato globale.

CHE COSA È MANCATO. Ma secondo la valutazione che viene fatta in Regione gli interventi avrebbero potuto essere «molti di più, se non ci fossero state le troppe limitazioni imposte dalle delibere comunali di recepimento della legge». In sostanza, il mercato dell'edilizia - soprattutto quello delle piccole imprese - ha visto sì un crescere di interventi ma «il risultato inferiore alle aspettative è sicuramente imputabile non solo alla crisi economica» ma anche alle delibere dei Comuni. «Se poi si tiene conto che quasi nove Comuni su dieci hanno fatto passare quattro mesi prima di recepire la legge stessa - sottolinea Toniolo - è evidente che c'è stato un freno ancora maggiore nel primo periodo di applicazione». Il clima di incertezza dovuto anche all'attesa delle delibere dei singoli Comuni può avere anche generato incertezza sugli operatori stessi. In più, come detto, sono stati pochissimi gli interventi di demolizione-ricostruzione. 

LA NUOVA PROPOSTA. Chiaro quindi quali siano gli obiettivi della nuova proposta di legge depositata dal Pdl e da Toniolo, il qualche ha pure ha già preso contatti - spiega - con esponenti della Lega ma anche dell'Udc per verificare se c'è un atteggiameno favorevole al testo depositato. Per prima cosa la legge mira «a prorogare l'applicazione del Piano casa di un altro anno, alla fine del 2014 e non solo del 2013. Ma l'obiettivo generale - precisa Toniolo - potrebbe essere quello di avere una norma che non sia a termine, ma sempre in vigore». Secondo, come Toniolo aveva già tentato di fare un anno fa, la nuova proposta mira a «eliminare la possibilità per i Comuni di applicare dei limiti alla normativa regionale del Piano casa. In sostanza, secondo me la Regione deve poter fissare regole valide per tutto il territorio veneto in maniera omogenea».

INCENTIVI. La proposta di legge propone precisazioni e direttive più precise per vari settori (prima casa in terreno agricolo, interventi di bio-edilizia, costruzione dell'ampliamento quando in realtà è staccato dall'edificio originario, ecc.). Ma prevede soprattutto un ulteriore incentivo per spingere i veneti e le imprese a ricorrere di più anche alla demolizione-ricostruzione, «che è un intervento più interessante - sottolinea Toniolo - perché permette di creare strutture edilizia più efficienti anche dal punto di vista dei consumi». L'idea quindi è concedere in caso di demolizione un aumento di volumetria fino al 50% (non più 40%) ampliabile in alcuni casi fino al 60%.

Piero Erle
da Il Giornale di Vicenza del 7 agosto 2012; pagina 7

martedì 31 luglio 2012

Inquinamento da Pm10, Vicenza al nono posto nazionale

Vicenza nella top-ten della città più inquinate da polveri sottili in Italia. I numeri sono noti, ma l´inquinamento atmosferico continua a far notizia anche d´estate, quando i livelli di pm10 solitamente concedono una tregua. È stata diffusa ieri, infatti, una nuova classifica slle polveri sottili, che compromettono la qualità dell´aria soprattutto nel Nord Italia. È infatti qui che, secondo l´indagine «Dati ambientali nelle città» pubblicata dall´Istat, si concentrano le città in cui più di frequente si superano i limiti consentiti di materiale particolato. Stando ai dati, nel 2011 i primi dieci comuni per numero di giorni di superamento del Pm10 sono tutti del Nord, con Torino e Milano in prima e terza posizione e l´eccezione di Siracusa in seconda posizione. I giorni di sforamento dei limiti, tuttavia, tendono ad aumentare rispetto al 2010 in quasi tutti i grandi comuni della Penisola eccetto Venezia, Catania, Bari, Firenze e Napoli. In particolare Verona, Milano, Trieste, Roma e Torino hanno fatto registrare incrementi che vanno dai 27 ai 60 giorni in più di superamento dei limiti durante l´anno, mentre gli unici grandi comuni che rimangono al di sotto delle 35 giornate di superamento del limite per il Pm10 sono Genova, Catania e Bari. Ecco la classifica delle dieci città con il maggior numero di giorni di superamento del limite: Torino 158 giorni nel 2011 (131 nel 2010) Siracusa 139 giorni nel 2011 (116 nel 2010) Milano 132 giorni nel 2011 (85 nel 2010) Verona 129 giorni nel 2011 (69 nel 2010) Alessandria 125 giorni nel 2011 (87 nel 2010) Monza 121 giorni nel 2011 (92 nel 2010) Asti 117 giorni nel 2011 (97 nel 2010) Brescia 113 giorni nel 2011 (89 nel 2010) Vicenza 112 giorni nel 2011 (87 nel 2010) Cremona 109 giorni nel 2011 (72 nel 2010).

da Il Giornale di Vicenza del 31 luglio 2012; pagina 12

lunedì 16 luglio 2012

La cassa integrazione entra da Bruschi

La crisi si affaccia sulle vetrine del salotto buono di Vicenza. Colpendo quella fascia che sembrava non essere sfiorata dal buco nero: il lusso o, comunque, l'alta gamma. È cassa integrazione nei negozi di abbigliamento del marchio Bruschi, nel cuore storico di Vicenza, ma anche da «Catalina», che vende scarpe «Tod's» e altri brand di fascia alta. «C'è una recrudescenza della crisi, nel commercio - conferma la segretaria della Uil vicentina Grazia Chisin - fanno cassa anche concessionari come Galvauto e Fattori, oltre a catene di abbigliamento di fascia più bassa e pure negozi storici, come la Pasticceria Venezia in centro». Nelle scorse settimane «Bruschi» ha firmato la cassa integrazione in deroga «per tutti e 26 i dipendenti dei tre negozi di Vicenza e per quello di Costabissara - spiega Chisin - la cassa è a rotazione a seconda delle esigenze, quello che colpisce è che si tratta di punti vendita con prodotti di qualità superiore e prezzi conseguenti.

Anche chi aveva ed ha redditi e capacità di spesa elevati ora spende meno». Il punto vendita di corso Palladio, dove ieri non vi sono state risposte alla richiesta di un commento, starebbe tra l'altro per essere ceduto. In realtà Bruschi è solo uno dei tanti: «È stata firmata da poco una cassa integrazione anche per i dipendenti della boutique Loriet di Camisano. La catena aveva già chiuso nel 2011 una filiale alle Piramidi, a Torri - prosegue Chisin - E il brand Catalina, presente in centro a Vicenza con tre negozi e una quindicina di addetti, ha firmato un analogo ammortizzatore sociale con un'intesa nazionale. Ma la tendenza negativa è nel commercio in generale, anche in negozi storici: alla pasticceria Venezia si fa cassa a rotazione per i tre dipendenti». Ampliando la prospettiva, sempre all'interno del settore commerciale, il sindacato Uil TuCS (commercio e terziario) ha firmato da poco accordi di cassa in deroga a rotazione nei concessionari Galvauto e Fattori Motors, e un contratto di solidarietà nella catena di concessionari Ceccato & Zanini. «Sul mercato dell'auto hanno influito anche i controlli della Guardia di Finanza - spiega la sindacalista - c'è più incertezza, chi può farlo ci pensa prima di spendere decine di migliaia di euro per un'auto di alta gamma. Anche nei negozi di lusso ha influito molto l'incertezza generale del Paese». Secondo la segretaria Uil pure il ceto medio-alto «riflette prima di fare delle spese e di comprare un paio di scarpe o una borsa che costino più di tre o quattrocento euro, perché pure per loro i profitti si sono ridotti».

Per Chisin è possibile anche una lettura legata all'utilizzo di denaro in contanti: «Prima si pagava spesso in parte in contanti e in parte con la carta di credito, sia nell'acquisto di auto che di prodotti di lusso. Ora non più. Il calo potrebbe in parte essere dovuto anche a una diminuzione dell'impiego di "nero"». Il momento negativo è comunque generale, come dimostrano altri accordi per ammortizzatori sociali di recente siglati nel Vicentino nel commercio. «Al "Dinosauro" di Bassano è stata firmata un'intesa che riguarda una trentina di persone, e nella catena Conbipel c'è stata una mobilità incentivata in base ad un accordo nazionale». Il marchio conta cinque negozi, in provincia. Sempre a Bassano di recente un altro accordo, con contratto di solidarietà e alcune mobilità di personale vicino al pensionamento, è stato siglato dalle organizzazioni sindacali con un autentico «big» del comparto commerciale, l'azienda Pengo, grossista che conta 245 dipendenti.

Andrea Alba
da Il Corriere del Veneto del 15 luglio 2012, edizione di Vicenza; pagina 6

lunedì 2 luglio 2012

Mazzuoccolo gate

La sorpresa che non ti aspetti (o forse sì). Si annida in un numero di telefonico, in fondo a un'e-mail. La missiva è quella inviata mercoledì dall´account del “Movimento 5 stelle Vicenza” per convocare la conferenza stampa di ieri. In calce, le firme di Laura Treu e Carlo Braggio, ma anche un recapito «per qualsiasi informazione». È un numero di cellulare: quello di Paolo Mazzuoccolo, consigliere comunale ex Lega nord ed ora al Gruppo Misto. «Non abbiamo referenti in consiglio comunale», affermano Treu e Braggio. E quel numero allora? È lo stesso Mazzuoccolo a spiegare che significa: «Sì il comunicato l'ho spedito, io. Ora che sono uscito dal partito sto dando una mano ai “5 stelle”, ma non li rappresento in alcun modo, né voglio portare il loro simbolo in consiglio, perché quel posto se lo devono conquistare». Solo simpatizzante, allora? «Aiuto il gruppo di Treu e Braggio perché non hanno preclusioni. L'altro gruppo (Lain-Allione) invece non dà spazio a chi ha una pur minima storia partitica: mi affibbiano l'etichetta del “riciclato”, ma se io sono un riciclato...». E conclude: «È stato il gruppo a chiedermi un aiuto come consigliere comunale: trovo intelligente avvalersi del contributo di chi ha esperienze e ruoli, ma non ho velleità personali».

da Il Giornale di Vicenza del primo luglio 2012; pagina 19

Grillini, la prima sfida è interna «Divisi alla meta»

Divisi alla meta. A Vicenza il Movimento 5 stelle raddoppia: nel senso che non ce n´è uno solo, ma due. Due gruppi, entrambi utilizzatori del simbolo ufficiale dei grillini e decisi a non rinunciarvi. Due gruppi, uno dei quali nato dalla “secessione” - capitanata da due attivisti storici - dal nucleo originario. Una frattura che sembrava in via di ricomposizione, e invece si acuisce. «Sì, siamo divisi ma gli obiettivi sono gli stessi», affermano Laura Treu e Carlo Braggio - lei 28 anni, biologa e attivista dal 2008, lui 38 anni, libero professionista e fondatore degli Amici di Beppe Grillo. Sono stati loro, un mese e mezzo fa, a dare vita al nuovo “meetup” in concorrenza con quello originario di cui si fanno portavoce, invece, Giordano Lain e Riccardo Allione. Sono stati loro, Treu e Braggio, a convocare la stampa per presentarsi alla città: un´uscita pubblica che sancisce l´autonomia. E la frattura. «Non siamo cloni di nessuno. Anzi, siamo parte del nucleo storico -esordiscono-. Ci siamo staccati da altri che operano in modo diverso». Ma subito riconoscono: «Alla fine, comunque, ci sarà una sola lista e un solo candidato sindaco».

«PALLA AI CITTADINI». Divisi alla meta, dunque. Il gruppo Lain-Allione, per ora, può dirsi più nutrito e si sta presentando in assemblee nei quartieri. Braggio e Treu, invece, hanno convocato la stampa. Ieri il debutto, con il clima della “prima volta”. «Parlo io? No, parla tu». Braggio e Treu, attorniati da una decina di altri attivisti, si rimpallavano il microfono, un po´ imbarazzati: loro, che fanno dell´assemblearismo un vangelo, non sono avvezzi alla delega. Ma alla fine qualcuno doveva assumersi la responsabilità e il microfono, per prima, se lo è preso Treu. Si parte dal “chi siamo”. «Siamo un gruppo del Movimento 5 stelle in città. Abbiamo idee, non ideologie; siamo una libera associazione, non un partito». «Siamo 20-30 persone, ma il gruppo è in crescita», spiega Braggio. E che cosa si propongono di fare? «Ascoltare i cittadini e portare avanti le loro volontà nel solco dei princìpi del Movimento». La meta sono «le scadenze elettorali del 2013». Ma è a un´altra domanda - chi decide? - che Treu e Braggio sottolineano un´asserita «differenza» rispetto ad altri gruppi grillini. «Decide l´assemblea, rispettimao il princìpio “ognuno vale uno”: tutti i cittadini hanno diritto a partecipare alle decisioni alla pari degli attivisti “storici”». Implicita la critica al gruppo da cui sono usciti, dove avrebbero percepito la presenza di una ristretta cerchia di leader.

«APERTI ANCHE AGLI EX». Un altro profilo di «diversità» rispetto al meetup originario è «la nostra disponibilità ad accogliere nel gruppo anche chi ha avuto esperienze politiche in passato - spiegano Treu e Braggio - a patto che non sia più iscritto ad alcun partito, che non sia pregiudicato». Collaborazione non vuol dire candidatura: per quella serve un altro requisito: non avere già svolto due mandati. Si spiegano anche così i contatti, registrati di recente, tra il gruppo Treu-Braggio e i consiglieri comunali Paolo Mazzuoccolo (si veda pezzo a lato) e Maurizio Franzina, entrambi del gruppo Misto. Per puro esercizio teorico, il primo sarebbe candidabile, il secondo no, visto il lungo curriculum politico.

TEMI E VOLTI. Una cosa accomuna i due meetup grillini: la volontà di «correre da soli». «Ci sarà una lista del Movimento e non stringerà alleanze», spiega Treu. I temi cari al Movimento sono l´ambiente, «l´acqua bene comune e il riciclo dei rifiuti a partire dalle scuole»; i trasporti pubblici e «l´allargamento della Ztl»; la democrazia diretta, e per questo c´è collaborazione con il comitato Più Democrazia che ieri era rappresentato da Fabio Zancan. A Variati rimproverano l´aver «ceduto nella battaglia del Dal Molin». E i candidati per il 2013? «Troppo presto per parlarne: comunque li sceglieranno i cittadini», con una sorta di “primarie”, probabilmente. Sempre che siano loro, poi, a strappare l´ufficialità del simbolo: perché se i meetup resteranno due, alla fine uno dovrà abdicare. Chi deciderà? L´estrema ratio è un intervento di Beppe Grillo in persona. Per ora il gruppo originario fa buon viso all´uscita pubblica dei “competitor” grillini. «Non sappiamo che cosa si sono detti - afferma Allione -, perciò ci asteniamo da commenti che possono gettare benzina o acqua sul fuoco». Ma fa capire che loro non hanno alcuna intenzione di interrompere il percorso avviato.

da Il Giornale di Vicenza del primo luglio 2012; pagina 10

giovedì 28 giugno 2012

Scivolone sull'ex Domenichelli, no all'accordo in commissione

Il piatto forte del Piano degli interventi scivola in commissione territorio. Uno degli accordi più attesi, quello che getta le fondamenta per il futuro centro civico, e che vede come protagonista l'immobiliare Maddalena di Danilo Marchetto e l'area dell'ex Domenichelli, è stato respinto. Niente di definitivo, considerato che la commissione ha solo un compito consultivo. La parola finale spetterà al Consiglio della prossima settimana. Nel frattempo, però, arrivano segnali chiari in vista delle sedute in aula. Gli animi sono già caldi. E la bagarre è cominciata.

RESPINTO. Dire che sia clamoroso è forse esagerato. Ma inaspettato sì. La rappresentazione a sorpresa è andata in scena ieri pomeriggio a palazzo Trissino, quando si è riunita la commissione territorio, convocata per esaminare i 21 accordi con i privati - 13 dei quali sono stati giudicati positivamente dalla Giunta - che andranno a disegnare la Vicenza del futuro. Tra i tanti figura quello con l'immobiliare Maddalena, di Danilo Marchetto. Il privato chiede di realizzare nell'area dell'ex Domenichelli uno stabile di 19.250 metri cubi a destinazione commerciale e residenziale. In cambio ecco la cessione di 2.500 metri quadrati al Comune per la realizzazione di un centro civico. Gli accordi però non sono così semplici. La Guardia di finanza infatti ha sequestrato l'area dell'ex Domenichelli nell'ambito di un'indagine per presunta frode fiscale. E restano i sigilli.

BAGARRE. Ed è proprio questo aspetto che ha scatenato la bagarre in sala ieri pomeriggio. La proposta, valutata positivamente dalla Giunta, è stata bocciata dall'opposizione. «Così - attacca il consigliere del Pdl Marco Zocca - andiamo a valorizzare l'area di un presunto evasore fiscale. Mi chiedo come sia accettabile in questo momento. Per di più non c'è solo un aspetto tecnico ma anche politico e morale perché proprio lì si vuole realizzare il nuovo municipio». Da qui il via allo scontro. I consiglieri di maggioranza dapprima difendono la scelta dell'amministrazione, rappresentata ieri dall'assessore all'urbanistica Francesca Lazzari, ma poi vengono criticati dall'ex componente della coalizione Luca Balzi. «Se un accordo del genere fosse stato presentato dall'amministrazione precedente - afferma - vi sareste spogliati in Consiglio pur di fermarlo. Avreste gridato allo scandalo. L'area è sotto sequestro e non si può procedere». L'atmosfera si scalda. I consiglieri di maggioranza rispondo e difendono la scelta. Ma al momento di esprimersi fanno un passo indietro.

VOTAZIONI. L'opposizione respinge l'accordo con sei voti contrari. Con loro anche il consigliere di maggioranza Docimo. Il resto della coalizione decide di astenersi «riservandosi il voto in aula per valutare meglio la questione». Mancano pochi giorni al luglio bollente che attende il consiglio, chiamato all'approvazione del piano degli interventi. Ma le prime magagne sono già cominciate.

Da Il Giornale di Vicenza del 28 giugno 2012, pagina 14

mercoledì 20 giugno 2012

La Spv alla prova del nove

Ieri il Covepa ha annunciato il rinvio della sentenza del Consiglio di Stato sulla questione Pedemontana a data da destinarsi. Lo stesso Covepa in più occasioni aveva preannunciato un'opzione che in qualche modo era nell'aria. È chiaro quindi che la questione Spv si trasforma da partita tar schieramenti avversi e distinti a partita a scacchi in cui elementi giuridici si mescolano a questioni di opportunità, di politica e di «vil danaro».

Una partita in cui ci sono i pro Spv, i contro, i contro che non possono dirlo, i pro che non possono dirlo, i favorevoli che vorrebbero tornare sui propri passi. E ci sono coloro che avevano fatto promesse su lavori e appalti e che oggi, giacché la crisi morde tutti, sperano che sia la politica nazionale o magari la magistratura a togliere le castagne da un fuoco fatto magari di impegni, previsioni, aspettative andate in fumo e richieste per passare ad un incasso difficile da monetizzare. C'è tutto questo e molto di più nello stranissimo slittamento deciso dal Consiglio di Stato a Roma.

Frattanto però si possono esperire le prime prove del nove. Si comincia col comune vicentino di Villaverla. È difficile se non impossibile pensare che lo slittamento deciso dal tribunale amministrativo sia arrivato senza l'accordo tra le parti. Il che significa che i legali che patrocinano il comune di Villaverla, che formalmente spingeva per affondare questo progetto di Spv, hanno avuto dalla nuova giunta un input diverso. Ora è semplice immaginare quale sarà la motivazione, o scusa, scusa che sarà utilizzata per cercare di sopire le polemiche. Il quadro normativo nazionale sta cambiando. Meglio aspettare si dirà. Balle. I tribunali e gli uomini chiamati davanti alla legge non debbono mai esprimersi in termini di opportunità ma solo di diritto. Se lo fanno si macchiano di un abominio incompatibile con lo stato di diritto che la vulgata vuole essere quello in cui viviamo.

Ma gli eventi di queste ore permetteranno una volta per tutte di capire di che pasta è fatto il Movimento Cinque Stelle nel Vicentino, un movimento che da mesi si dice contrario tout-court a questo progetto di Pedemontana. Oggi infatti alle 20,30 il consiglio comunale di Villaverla discute anche della questione Spv. Il sindaco Ruggero Gonzo (Pdl) ha ficcato lo spinoso argomento a tarda ora, sperando di evitare un auditorio critico. Il consigliere del M5S Flavio Vezzaro avrà la possibilità di infilzarlo chiedendogli conto delle scelte della giunta. I grillini, se avranno voglia e pazienza di sorbirsi tutta la seduta, avranno per la prima volta la possibilità di concentrare il fuoco mediatico dei loro supporter su un evento di caratura regionale. Avranno infatti un palco straordinario per ribadire alla opinione pubblica ciò che hanno spiegato di recente ai media. Ovvero che dalle loro parti non ci sarà posto per alcun «compromesso coi poteri forti».

Marco Milioni

giovedì 17 maggio 2012

Equizi Vs. Mattiello

Apprendo dai media locali che sarebbe in corso, o sarebbe avvenuto, un accertamento presso l'Opera Pia Cordellina. Sembra, stando ai primi servizi, che l'operazione compiuta sul campo dalla Guardia di Finanza di Vicenza, abbia nel mirino l'operato di Diego Fontana, segretario dell'opera assistenziale e dominus dell'ufficio decentramento del comune di Vicenza. Sull'amicizia di lungo corso tra Fontana e il sindaco berico del Pd Achille Variati, nel solco della Dc rumoriana, molto si è detto. Come molto si è scritto del ginepraio di interessi che orbita attorno a Fontana. Ciò che invece è scandaloso è il comportamento della Lega Nord. Il partito è all'opposizione a palazzo Trissino e col caso Fontana dovrebbe fare il tiro al piccione poiché il sindaco ha le spalle al muro e politicamente il suo amico è indifendibile. La Lega però esprime anche la presidenza dell'opera pia con Franca Mattiello ex craxiana doc poi trasmigrata in Forza Italia e recentemente approdata alla corte del Carroccio vicentino. Alla luce di tutto ciò il silenzio della Lega è vergognoso perché anche un idiota capisce che tutto tace per coprire la ex azzurra ora incarrocciata. Un silenzio che è meno grave solo di quello di Variati. Ai giornalisti che poi vanno scrivendo che il caso Fontana è scaturito con una segnalazione anonima giunta in comune, rammento che la sottoscritta ha segnalato la cosa in prefettura con tutti i crismi. Professionalità e onestà intellettuale vorrebbero che anche questa circostanza fosse spiegata a dovere e non colpevolmente occultata.

Franca Equizi

venerdì 20 aprile 2012

Fabris: «Pedemontana a rischio a causa della Nuova Valsugana»

«La Superstrada Pedemontana è a rischio: la realizzazione della Nuova Valsugana rischia di invalidare tutte le previsioni di traffico sulla Pedemontana, e di conseguenza il project financing e l'opera». L'allarme viene da Mauro Fabris, commissario governativo al tunnel ferroviario del Brennero. Che, non contento, rincara: «Vicenza rischia di rimanere isolata, una specie di "Striscia di Gaza" fra Autobrennero a ovest e Nuova Valsugana a est».

Il politico ne ha parlato ieri a margine dell'incontro a Vicenza con l'associazione «Forgiareidee», con il politologo Luca Romano e il segretario del Pd vicentino Federico Ginato. «Il corridoio europeo 1, che comprende il tratto Monaco-Verona, è l'unico in avanzata costruzione - osserva Fabris - Lo scavo della galleria del Brennero è già al 20 per cento, abbiamo anche risolto il problema dell'innesto a Verona con una soluzione condivisa dalla città, un affiancamento in galleria alla linea storica. Io scommetto che questo tratto sarà completato molto prima della Tav verso Venezia, ferma da anni». Secondo Fabris proprio Vicenza «ha grandi colpe nel rallentamento dell'alta velocità ferroviaria, perché ha preteso a tutti i costi un attraversamento in sotterranea. È assurdo pretendere una fermata ogni 40 chilometri: il territorio vicentino deve recuperare un minimo di capacità propositiva, sia a livello di istituzioni che di associazioni di categoria. Si punti con forza, ad esempio, sull'autostrada Valdastico Nord: in Trentino il dibattito sulla A31 Nord è rovente, e se passa la loro linea, che vuole vedere realizzata solo la Nuova Valsugana, l'area vicentina resterà una sorta di terra di nessuno. I flussi di traffico risaliranno a est e ad ovest di Vicenza, senza attraversamento».

Per Fabris potrebbe venire invalidato nei suoi presupposti di partenza anche il project financing, e di conseguenza la realizzazione, della Supestrada Pedemontana, la maxi-arteria fra Spresiano e Montecchio Maggiore di cui da pochi mesi sono stati aperti i cantieri. «La Pedemontana rischia di non farsi. Da un lato è insorto un problema finanziario nel consorzio Sis, che ha vinto l'appalto. Dall'altro il project financing ha alla base stime di traffico appena sufficienti, che con la realizzazione della Valsugana verrebbero completamente invalidate. In sintesi, nel tratto tra Bassano e Montecchio i veicoli circolanti potrebbero risultare molto meno del previsto, perché una parte importante devierebbe verso sud o verso nord all'altezza di Bassano».

Andrea Alba
da Il Corriere del Veneto del 20-04-2012; edizione di Vicenza, pagina 4

venerdì 6 aprile 2012

De profundis Sinergie Italiane società verso la liquidazione

Il bel giocattolo va alla rottamazione. Per Sinergie Italiane è stata annunciata l'eutanasia. Il 28 marzo scorso l'assemblea dei soci ha deliberato la ricapitalizzazione della società specializzata nell'acquisto di gas dai grandi operatori. Ieri i soldi sono stati versati ed è stata anche comunicata la data del 13 aprile come ultimo atto: in quella data si voterà, in una nuova assemblea, per la liquidazione in bonis. Ognuno andrà per conto suo, come voleva da mesi Iren e come di recente aveva deciso di fare anche Ascopiave, la utility trevigiana che aveva partorito questa creatura durante la gestione Salton. Ora, cambiati i vertici in modo traumatico (è noto il contenzioso in corso con l'ex presidente) c'è la volontà di smontare quanto costruito in passato e di voltare pagina.

L'operazione è piuttosto dolorosa. Come noto, Sinergie Italiane ha chiuso il proprio bilancio 2011 con una perdita di 92 milioni, riconducibile sostanzialmente al crollo dei prezzi internazionali del gas lo scorso anno, mentre invece faceva il proprio corso il maxi-contratto take or pay con Gazprom, a condizioni nettamente più onerose, per la fornitura di un miliardo e mezzo di metri cubi di gas all'anno fino al 2021. La perdita secca ha già avuto riflessi sul bilancio Ascopiave, che ha dovuto ridurre drasticamente l'utile dello scorso esercizio e rinunciare alla distribuzione del dividendo. Con la ricapitalizzazione, i soci di Sinergie hanno sborsato pro quota: nel caso di Ascopiave si tratta di circa 25 milioni e per effetto della mancata partecipazione di un paio di soci minori (Alto Milanese Gestioni Avanzate e Utilità Progetti e Sviluppo) la quota è salita al 30,94%.

Stessa percentuale per Iren e Blugas. Con il versamento, la perdita è stata ripianata, il capitale sociale azzerato e ricostituito al valore nominale di un milione di euro. Cosa succede adesso? La messa in liquidazione non dovrebbe creare ulteriori danni alle singole multiutility che hanno partecipato all'avventura. Ma del contratto con Gazprom non ci si potrà liberare: con ogni probabilità, sarà «smontato» e diviso proporzionalmente alla partecipazione di ciascuno nel capitale di Sinergie Italiane. Per Ascopiave, quindi, si tratterà di 500 milioni di metri cubi di gas all'anno. E il nodo sarà il prezzo, che dovrà essere rinegoziato col gigante russo, pena il rischio di ulteriori perdite future. «Si è messo molto in risalto ciò che è successo in Sinergie Italiane - annota Flavio Battista, amministratore delegato ormai in uscita - senza tener conto di una situazione generale di mercato che ha penalizzato in modo notevole tutti gli operatori dello stesso segmento in Italia». Ma tant'è. In questi casi mal comune è difficilmente mezzo gaudio e il consorzio di acquisto viene sciolto. A meno che qualche soggetto industriale, a sorpresa, non si faccia avanti per acquisirlo.

Claudio Trabona
da Il Corriere del Veneto del 5 aprile 2012, edizione di Vicenza; pagina 19

mercoledì 14 marzo 2012

Variati, Salton e la voragine Sinergie

«Scoppia, improvvisa, una grossa grana per Ascopiave. Sul sito della utility trevigiana e sugli avvisi di Borsa Italiana ieri è apparso un comunicato che di fatto è un profit warning alla vigilia del cda per l'approvazione del bilancio 2011, previsto domani. Il problema si chiama Sinergie Italiane, la società di acquisto del gas partecipata al 27,6% da Ascopiave. Stessa quota è in capo a Iren (la multiutility di Torino, Genova e di varie città emiliane) e alla lombarda Blugas. Con quote minori sono presenti altre tre società energetiche, tra cui Utilità, spa milanese che sarebbe collegata alla Compagnia delle Opere. Ma è il gruppo trevigiano ad aver sempre giocato da protagonista dentro Sinergie Italiane: è una creatura della lunga gestione di Gildo Salton ed ha fin qui espresso l'amministratore delegato nella persona di Flavio Battista. Ebbene... il bilancio della partecipata... evidenzia una significativa perdita, pari a 92,2 milioni». Sono questi i passaggi fondamentali di un lungo articolo pubblicato oggi sul Corriere del Veneto a pagina 11. Ma si tratta di una vicenda anche vicentina?

La risposta è sì. Vicenzapiu.com del 23 dicembre 2011 pubblica un lungo servizio sulle magagne trevigiane di Salton. Appena il giorno prima lo stesso manager, su input politico del sindaco vicentino Achille Variati del Pd, si era insediato a capo di Aim Servizi a rete con la qualifica di amministratore unico. Il 17 febbraio Nuovavicenza.it  pubblica un'intervista a Salton nella quale lo stesso amministratore unico spiega che nei suoi piani c'è la volontà di replicare con Aim e con altri soggetti lo stesso modulo adottato con Sinergie. Possibile che sul cruscotto della giunta comunale di Vicenza (guidata da un centrosinistra a geometria variabile) non si sia accesa una spia rossa? Possibile che una performance così clamorosa di Salton fosse sconosciuta all'esecutivo berico?

Ma c'è di più. Salton è notoriamente vicino all'europarlamentare vicentino del Pdl Lia Sartori, all'ex ministro del welfare Maurizio Sacconi del Pdl e all'ex ministro della cultura, il padovano Giancarlo Galan, sempre del Pdl. Che cosa hanno questi tre in comune? La vicinanza, e spesso l'ammirazione, per il capo dei capi del Pdl, l'ex premier Silvio Berlusconi. Quest'ultimo da anni viene dato in buonissimi rapporti con il presidentissimo Russo Vladimir Putin. Tra i due, almeno secondo Wikileaks, ci sarebbero anche rapporti d'affari mai chiariti. Putin, si sa, oltre ad essere lo zar politico della grande Russia, viene anche descritto come il vero referente della politica energetica del Paese euroasiatico, il che dalle parti di Mosca fa rima con Gazprom. Il colosso russo dell'energia appunto. E da cosa sarebbe originata «la voragine» targata Sinergie? Da un contratto che avrebbe premiato Gazprom e che avrebbe punito Sinergie. Almeno così spiega il Corveneto di oggi che nel dettaglio usa queste parole: «...Sinergie paga in buona parte il maxi-accordo con Gazprom per la fornitura di 1,5 miliardi di metri cubi di gas all'anno fino al 2021. Il contratto è di tipo take or pay che fissa in anticipo le condizioni. Il prezzo si è rivelato l'anno scorso assai più alto di quello che Sinergie Italiane è riuscita a praticare ai propri soci-clienti. La differenza ha devastato il bilancio...». Che dice il sindaco di Vicenza di questi chiari di luna? Ci sono aspetti oscuri nella vicenda? Sinergie bis con la griffe di Aim è ancora la cosa migliore? Le grandi aggregazioni certamente permettono economie di scala. Ma anche disastri su vasta scala perché i numeri in gioco sono immensi.

Marco Milioni

giovedì 8 marzo 2012

Quando Bruno disse: «Mi sentii “ricattato”»

(i.t.) È il 12 marzo di due anni fa quando Bruno Mastrotto fornisce agli inquirenti la sua versione sui famosi 300 mila euro che consegnò al consulente fiscale Marcello Sedda per corrompere i vertici delle Entrate di Arzignano e Venezia in relazione all'accertamento fiscale. «Non avrei voluto farlo, ma Sedda - spiega agli inquirenti - mi aveva detto che mi sarebbe certamente convenuto pagare atteso che, viceversa, ci sarebbero state conseguenze negative per altre società del gruppo, oltre al fatto che non si sarebbe definito l´accertamento in adesione in corso. Ma io mi sentii “ricattato”». Da allora ne è stata lavorata di pelle negli stabilimenti che riforniscono il mercato mondiale. Bruno e il fratello Santo, che mezzo secolo fa hanno getto le basi del gruppo, nonostante le sofferenze di questi due anni, non hanno perso la voglia di intraprendere. Chiara Mastrotto, la determinata avvocata figlia di Bruno, rappresenta ad un tempo la continuità - con i valori positivi di una grande famiglia d´imprenditori che ha forgiato il colosso -, ma anche la discontinuità per gli errori commessi nei rapporti col Fisco. Il gruppo Mastrotto ha voltato pagina, nel frattempo si è internazionalizzato, senza perdere rapporto con vocazioni e radici vicentine.

da Il Giornale di Vicenza del 6 marzo 2012; pagina 28

Mastrotto, pace col Fisco da 27 milioni

Un accordo definitivo che sigla la pace. Il gruppo Mastrotto volta pagina nei suoi rapporti con il Fisco. I vertici della principale realtà industriale conciaria italiana, composta da società anche estere con un fatturato che si aggira sui 500 milioni di euro, hanno raggiunto un´intesa con l´Agenzia delle Entrate di Venezia e Vicenza per sanare l´evasione fiscale accertata l´anno scorso dalla polizia tributaria nel pagamento degli straordinari in nero a centinaia di dipendenti. L´accordo prevede che il gruppo di Arzignano fondato dai fratelli Bruno e Santo, e oggi guidato dall´avvocato Chiara, versi allo Stato una somma attorno ai 27 milioni di euro a fronte delle tre principali contestazioni formulate dalla guardia di finanza: i “fuori busta” per gli straordinari; la fatturazione fittizia per coprire gli straordinari in nero e le cosiddette operazioni tramite società “esterovestite”, un meccanismo per eludere l´imposizione tributaria.

L´inchiesta guidata dai finanzieri del tenente colonnello Paolo Borrelli, dunque, ha consentito all´erario di recuperare la tassazione che il gruppo Mastrotto non aveva versato allo Stato nell´arco di alcuni anni, durante i quali nel distretto berico per eccellenza il meccanismo della concorrenza attraverso società che procuravano pellami a prezzi scontati purché si praticasse il “nero sistematico”, aveva prodotto un fenomeno distorsivo e patologico. Tra questi il consolidamento del meccanismo del “fuori busta” senza tassazione, che per il gruppo Mastrotto aveva coinvolto una parte cospicua degli 800 dipendenti, con la necessità di attivare una struttura amministrativa parallela per far fronte alla gestione dell´imponente uscita di denaro ufficiosa.

Tuttavia, rispetto ai numeri che erano emersi a fine agosto, quando il “caso Mastrotto” aveva assunto dimensioni nazionali e si parlava di oltre 100 milioni allorché furono notificati i “processi verbali di contestazione”, le cifre si sono ridimensionate di parecchio, come prova l´accordo raggiunto tra la direzione provinciale delle Entrate di Vicenza, guidata da Eugenio Amilcare, e il gruppo industriale. Ma non c´è stato alcun patteggiamento: l´azienda ha riconosciuto l´illecito ed ha tirato una riga.

Con la firma del patto, l´azienda ha subito versato un sostanzioso acconto sui 27 milioni previsti, mentre la restante parte sarà pagata secondo un piano di rateizzazione standard nei rapporti tra Entrate e contribuenti. Tra l´altro, merita di essere sottolineato che i dipendenti della Mastrotto non dovranno pagare imposte su quanto percepito in nero, come qualcuno ipotizzò quando scoppiò il caso, perché l´azienda si è accollata tutti gli oneri.

Sono stati i fratelli Bruno e Santo, e l´amministratore delegato Chiara, che sono assistiti dall´avvocato Mauro Meneghini, a spingere per una soluzione che fosse la più rapida ed equilibrata possibile, sotto il profilo finanziario, impegnandosi a chiudere la vertenza col Fisco salvaguardando i lavoratori.

Tra l´altro, la Mastrotto fin da quando era scoppiato il bubbone di Reset, aveva fornito piena collaborazione alla tributaria, consegnando la contabilità parallela dalla quale era stato possibile riscontrare il meccanismo illegale che garantiva vantaggi alla società e ai lavoratori. Tra le sanzioni già versate ci sono gli oneri previdenziali che grazie alle contribuzioni in nero venivano evasi.
Infine, anche sul fronte penale Bruno e Santo Mastrotto sono prossimi a raggiungere un accordo che consenta loro di mettere alle spalle una complessa vicenda giudiziaria che li ha molto provati.

Ivano Tolettini
da Il Giornale di Vicenza del 6 marzo 2012; pagina 28

venerdì 10 febbraio 2012

Pedemontana, basta ricorsi. Si fermi il Veneto del «non fare»

La vicenda della Pedemontana veneta può essere portata come esempio di quell'Italia che non vuole cambiare e finge di non vedere che con le scuse della ricerca dell'ottimo, nei fatti svolge un ruolo di tutela di pochi interessi personali a scapito del bene della collettività.

Sono passati pochi giorni dalla presa di posizione del Consiglio di Stato, che ha rigettato la decisione del Tar del Lazio su un ricorso di un privato, di cui siamo ancora in attesa della sentenza di merito prevista per il 14 febbraio; ebbene il Tar del Lazio interviene nuovamente, mettendo da parte ogni prudenza che consiglierebbe almeno di aspettare il giudizio di merito del Consiglio di Stato, e accetta un nuovo ricorso teso a fermare i lavori della Pedemontana.

Provo grande amarezza ma soprattutto indignazione. Mentre noi imprenditori e i lavoratori delle nostre aziende ci troviamo ogni giorno ad affrontare mille difficoltà e problemi, il nostro Sistema Paese dimostra di non voler prendere atto che il mondo sta cambiando e che la nostra società deve essere pronta a rinnovarsi e a recuperare allo stesso tempo i ritardi accumulati negli «anni del non fare». Sono sicuro che i miei contraddittori mi risponderebbero che questo è proprio quello che vogliono: costruire un nuova Italia e un nuovo Veneto bello e senza inquinamento: «un Paese del Bengodi».

Chi non può essere d'accordo. Peccato che così si dimentichino le stragi continue sulle strade (perché del tutto inadatte alla mole di traffico che devono sostenere) i maggiori costi di trasporto che i cittadini e le imprese devono affrontare per spostarsi (dal 4 all'8% rispetto alla media europea) e che i già magri bilanci aziendali e familiari non riescono ad sostenere. Lo stesso dicasi per l'inquinamento che il traffico congestionato determina nei nostri paesi e nelle città della Pedemontana. Ma per il Tar del Lazio in quella zona «non esiste un'emergenza traffico», nonostante il governo abbia preso atto dell'insostenibilità della situazione con un apposito decreto.

Dico basta! Le comunità locali nella stragrande maggioranza, le forze politiche economiche e sociali in maniera quasi unanime invocano da decenni un'infrastruttura che il governo e il Cipe hanno riconosciuto necessaria e inserita nella Legge Obiettivo. Queste continue interruzioni stanno alterando qualsiasi programmazione, stanno dilatando il termine dell'opera con una notevole perdita di soldi pubblici. C'è un progetto che è stato riconosciuto come il migliore ed un Concessionario pronto ad iniziare i lavori, con un Commissario straordinario intento a sciogliere gli ultimi nodi e che già nel caso del Passante di Mestre ha dimostrato capacità ed equilibrio. Lasciamoli lavorare! È un'invocazione fin troppo sfruttata, ma che questa volta mi sembra riassuma il pensiero delle imprese e della società veneta tutta.

Franco Miller
delegato alle Infrastrutture di Confindustria Veneto

da Il Corriere del Veneto del 10 febbraio 2012, di Vicenza; pagina 3