giovedì 4 dicembre 2014

Bratti: il mio ruolo in commissione? Trasparenza totale

Il 2 dicembre taepile.net ha pubblicato un approfondimento in cui si descrivono alcuni retroscena rispetto alla attività della commissione ecomafie. In quell'approfondimento si parla, tra le altre, di eventuali conflitti di interesse in capo al presidente Bratti nonché di possibili rimostranze da parte del M5S in tal senso. Bratti interpellato per iscritto ha risposto sollecitamente e ha spiegato così il suo punto di vista: «Sono stato direttore generale in Arpa Emilia dal 2006 al 2008 ma i fatti citati credo siano 2009. Di più, mia moglie è entrata in Acosea nel lontano '92 mentre io ero ricercatore all'università. Di seguito Acosea è stata assorbita nel gruppo Hera. Mia moglie in vita sua non si è mai occupata di rifiuti, non è un dirigente, si occupa di contratti gas e altro in Hera Comm. Non appena ho visto la puntata di Report mi sono premurato di chiedere una sessione di lavori dedicata ad Hera ed ho subito chiesto al vicepresidente, l'onorevole Roberto Vignaroli di presiederla proprio per fugare ogni dubbio anche in tema di semplice opportunità. Tutto è alla luce del sole. Tutto è trasparente». A differenza di Bratti il M5S, interpellato proprio nella persona del vicepresidente Vignaroli, per il momento è rimasto in silenzio.

martedì 2 dicembre 2014

Bratti, Hera e il conflitto di interessi

A metà novembre una inchiesta giornalistica di Report su Hera, una delle più grandi multiutility italiane, ha illuminato zone d'ombra e insinuato molti dubbi sulla gestione della stessa compagnia, anche in relazione ai numerosi collegamenti con il gotha della politica nazionale, specie di centrosinistra, ma non solo.

La trasmissione condotta da Milena Gabanelli ha puntato così i suoi riflettori sull'affaire Hera Comm Mediterranea, un filone dal quali sono emerse liason dangereuse con la galassia riferibile all'ex parlamentare del Pdl Nicola Cosentino, al centro di una serie di inchieste della magistratura per presunti rapporti con la camorra. Inchieste corredate con tanto di arresti eccellenti.

In secondo luogo, Report ha analizzato la vicenda dell'avvelenamento dei suoli su cui ha sede la Hera a Bologna a Via Berti Pichat. Alcuni passi della trasmissione sono stati impressionanti. I dipendenti per anni hanno lavorato in una sede per la quale esistevano prescrizioni in cui si fissava in due ore giornaliere massime la permanenza consentita, proprio in ragione del rischio patito dalel maestranze, a fronte di una permanenza reale in loco da parte dei dipendenti di otto ore e più. 

Sulla bomba chimica in via Berti Pichat a Bologna permangono ombre sui piani di risanamento comunali e sul loro avvio concreto; anche l'Arpa emiliana sembra avere avuto un ruolo pilatesco, così come l'ispettorato del lavoro e la Asl competente.

In questo contesto dopodomani la commissione parlamentare bicamerale sul ciclo dei rifiuti, comunemente conosciuta come commissione ecomafie, avrà all'ordine del giorno due dossier importanti. La situazione delle discariche nel Veneto ed il caso Hera. Proprio Hera tra l'altro sta lentamente penetrando in terra Veneta, anche se fra mille polemiche, come è avvenuto a Padova.

Per di più va ricordato che nel ruolo di direttore generale tra il 2006 ed il 2008 Arpa Emilia annoverava Alessandro Bratti, il quale oggi figura a capo della commissione ecomafie in quota Pd. Un dettaglio che non sarebbe andato giù molto volentieri all'ala civatiana dei democratici, anche perché Bratti è sposato con una top manager del gruppo Hera, la dottoressa Rita Rubinucci, della cui liason sentimentale col marito parla diffusamente La Nuova Ferrara. O che la si veda come semplice inopportunità, o che la si veda come potenziale conflitto di interessi, giacché Bratti è pure membro della commissione ambiente, la circostanza starebbe mandando in fibrillazione una parte dei democratici che siedono in commissione ecomafie, a partire da Laura Puppato; alcuni di questi deputati infatti temono il possibile imbarazzo generato da una situazione del genere in cui di riffa o di raffa Bratti finirebbe o potrebbe finire per indagare anche sul suo operato nonché su quello della consorte.

Tutta da decifrare rimane poi, in questa cornice, la posizione del M5S. Tra Emilia, Veneto e Roma gli spifferi e le voci si inseguono da giorni. Alcuni attivisti ferraresi chiederebbero a gran voce di sollevare il caso Bratti, investendo della cosa il vicepresidente grillino della commissione ecomafie, il romano stefano Vignaroli. A quest'ultimo però sarebbero arrivati anche suggerimenti di natura diversa: ovvero "barattare" la battaglia sulla inopportunità della presenza di Bratti nelle due commissioni, con la assunzione, seppur saltuaria, della presidenza pro tempore della Ecomafie proprio da parte di Vignaroli. Il motivo? Evitare di mettere in imbarazzo i componenti di quest'ultima commissione col rischio di paralizzarne i lavori.

lunedì 24 novembre 2014

La Brebemi si squaglia. E la Spv? Si vedrà

«Poco traffico, Brebemi pensa di restituire la concessione pubblica nelle mani dello Stato». È questo uno dei passaggi salienti di un breve servizio pubblicato il 25 ottobre su Libero a pagina 21. Lo stesso approfondisce così la materia del rapporto tra investimento pubblico e privato: «Inaugurata il 23 luglio scorso, la prima autostrada italiana costruita (sulla carta) con capitale “privato” si è rivelata un flop e chi l'ha costruita ora corre ai ripari. Sono ore frenetiche e Brebemi, come spiega a Libero una fonte vicina al dossier, sta valutando diverse possibilità. Il ventaglio è ampio e una delle carte prevede, come accennato, l'uscita dal casello. Un'uscita dagli effetti complessi. Il progetto è stato finanziato dalle banche e anche con denaro pubblico, visto che 830 milioni di euro sono stati messi sul piatto dalla Cassa depositi e prestiti, il fondo sovrano italiano controllato dal Tesoro. Quando la Cdp si è seduta al tavolo, ha portato in dote pure una garanzia pubblica, dunque più ampia del suo investimento. Senza dimenticare che attraverso la sua controllata Sace, la stessa Cassa copre con un'assicurazione i 700 milioni di finanziamento Bei (Banca europea degli investimenti)».

Il pezzo termina con una chiusa che lascia sul tappetto molti interrogativi: «Paga pantalone, insomma. Quanto? I conti non sono facili. Sta di fatto che, nell'ipotesi di addio di Brebemi, le banche finanziatrici si rifarebbero sulla galassia pubblica per circa 2 miliardi. La questione, raccontano i ben informati, non è sfuggita al premier Matteo Renzi. Il quale avrebbe mostrato un certo disappunto: non tanto per i quattrini in ballo, quanto per ragioni di «immagine» verso l'estero. Renzi, infatti, teme che il flop dell'operazione Brebemi e Cdp possa rappresentare un deterrente per gli investimenti stranieri sui quali il governo punta per rilanciare l'economia».

Ora la domande nasce spontanea. Si tratta dello stesso futuro che attende la Pedemontana Veneta? In merito il commissario alla Spv Silvano Vernizzi ha sempre fornito ampie rassicurazioni, ma sul versante opposto non possono essere sottaciute le critiche alla partita finanziaria in capo alla Spresiano Montecchio Maggiore espresse a più riprese dai comitati che si battono contro l'autostrada.

mercoledì 19 novembre 2014

Una giornata pesante

I media di oggi, sia veneti sia nazionali, pubblicano alcuni articoli niente male che occorrerà ricordare con cura. Il primo è una analisi di Giannantonio Stella sul fallimento del premier democratico Matteo Renzi. Oggetto del contendere? Lo strapotere dei superburocrati. Ne parla il Corsera in prima pagina. Il secondo (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza in pagina 2) riguarda il risiko autostradale che è in pieno svolgimento nel Veneto e che ha al centro la Brescia Padova. Il sindaco di Verona, il leghista Flavio Tosi, sbraita contro l'ipotesi che la società autostradale finisca in mano agli spagnoli. Nel suo esternare si dichiara in piena sintonia con Confindustria, la quale sulle grandi opere è in piena sintonia col Pd (così sostiene il suo segretario regionale Roger De Menech). Tosi per caso ha paura che qualche appalto finisca in mani diverse dalle solite? E la politica che dice? Lega, Fi, Pd, Ncd, M5S capiscono la posta in gioco? Alessandra Moretti, candidata in pectore alla primarie del Pd come prossimo governatore, ne sa qualcosa o lei preferisce parlare del fatto che va dall'estetista? Il terzo articolo riguarda il caso licenziamenti in una fabbrica di Sarego, nel Vicentino. La fabbrica del gruppo Salvagnini ha i bilanci in ordine, ma vuole lo stesso procedere coi licenziamenti. I sindacati protestano e annunciano uno sciopero (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza, pagina 13). Roberto Castiglion, sindaco di Sarego in quota M5S, perché non si pronuncia pubblicamente a favore dei lavoratori azzannando alla gola la dirigenza della società e auspicando iniziative del M5S a livello parlamentare? Sempre oggi Il Fatto rende nota una vicenda massonica potenzialmente esplosiva. Quella del libro pubblicato da Chiarelettere (domani in libreria) in cui si punta l'indice su una serie di potentissime logge internazionali di cui farebbero parte politici, uomini d'affari e industriali. Nel pezzo de Il Fatto (pagina 2) si leggono nomi del calibro di Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi (aspirante fratello), Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, Massimo D’Alema, Gianfelice Rocca, Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi, Marta Dassù, Corrado Passera, Ignazio Visco, Enrico Tommaso Cucchiani, Alfredo Ambrosetti, Carlo Secchi, Emma Marcegaglia, Matteo Arpe, Vittorio Grilli, Giampaolo Di Paola, Federica Guidi, Silvio Berlusconi. Mi aspetterei un bombardamento da parte di un certo mondo antagonista. E invece nulla. In ultimo va segnalato un post pubblicato ieri l'altro su Beppegrillo.it. Il leader del M5S fa bene a sollevare una questione, già nota per altro, sulle relazioni pericolose tra giornalisti europei, gotha politico tedesco e servizi americani. Ma perché non chiede ai suoi di andare a fare casino davanti l'Ordine dei giornalisti, per esempio? O perché non investe della cosa il Copasir visto che di interessenze tra servizi e stampa noi italiani (ve lo ricordate il caso Betulla) non ce la caviamo male? In ultimo mi viene una considerazione più generale? Quanti cosiddetti teorici del complotto hanno accusato Il Fatto di trascurare il tema dei grandi legami internazionali occulti. Adesso che il cuore del problema viene centrato come mai nessuno aveva fatto che diranno? Che è comunque una operazione orchestrata da qualcuno che sta ancora più in alto e magari per fini cattivi e inconoscibili?

Marco Milioni

lunedì 20 ottobre 2014

Grane urbanistiche al tribunale di Vicenza, l'affondo del M5S

Possibili illeciti, anche sulla base di un preconizzabile danno economico milionario a danno del comune, nella realizzazione della cittadella giudiziaria di Vicenza? C'è un nuovo esposto in procura. E se il primo, in una con le sue integrazioni, era stato redatto dai comitati locali, questa volta è il M5S a firmare un documento di sessanta pagine, con tanto di relazione tecnica allegata. Ne ha dato notizia stamani proprio davanti al tribunale di borgo Berga un gruppo di attivisti vicentini.

La pattuglia in realtà era guidata dai senatori a cinque stelle Enrico Cappelletti e Giovanni Endrizzi che poi sono i firmatari della segnalazione consegnata in prima mattinata proprio nelle mani del procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri. Assieme ai due c'era il consigliere comunale Daniele Ferrarin; e poi i due consulenti, molto noti in regione: l'architetto Carlo Costantini e l'avvocato Matteo Ceruti.

Mentre i due parlamentari e il consigliere comunale si sono soffermati principalmente sulle questioni paesaggistiche e sulla «colossale speculazione edilizia» che in qualche modo sarebbe stata sponsorizzata da centrodestra e centrosinistra alternatesi al governo della città del Palladio, è toccato a Costantini entrare più nel dettaglio. L'architetto senza peli sulla lingua ha puntato l'indice contro il comune e contro la società che sta realizzando la parte privata della cittadella (la Sviluppo Cotorossi) ha parlato di possibili reati che sarebbero ormai prescritti, ma anche di nuove ipotesi di illecito penale che sarebbero ancora in essere.

Il professionista per vero non ha parlato di danno erariale ma de facto ne ha descritto l'anticamera mettendo in allerta la procura in ragione di un raffronto «tra benefici privati ed i presunti vantaggi per la controparte municipale» che dovrebbero stare alla base di un accordo del genere. A questo punto l'architetto scende sul piano prettamente tecnico e accende i riflettori sulla delibera del 2004 poi modificata nel 2009, delibera comunale che diede nel concreto l'abbrivio alla intera operazione: «Nel raffronto tra benefici privati ed i presunti vantaggi pubblici, obbligatorio per l'approvazione del piano urbanistico ai sensi della legge regionale 23 del '99, per quanto evidenziato dalla documentazione agli atti, non risulta considerato il plusvalore dovuto alla trasformazione della destinazione urbanistica dell'area, da industriale a commerciale-direzionale-residenziale ed allo "scambio" tra i 15.000 metri quadri ceduti dalla Cotorossi per la costruzione del Tribunale ed i 31.000 viceversa ceduti dal comune alla stessa società. Inoltre, si è rilevato che, questa mancata valutazione ha dato una inesatta rappresentazione del programma da approvare allo stesso consiglio comunale, tale da giustificare non solo lo "scomputo" degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, ma anche il "contributo" che il comune ha concesso alla immobiliare sotto forma di mancata riscossione del "costo di costruzione", pari a, circa, cinque milioni. E che tutto ciò, mancata valutazione dei beneifici privati, finanziamento comunale in termini di rinuncia al "tributo" sul costo di costruzione, mancata cessione al comune delle opere di urbanizzazione, in special modo dei parcheggi "pubblici" che restano privati ed a pedaggio, potrebbe quantificarsi, indicativamente, in una cifra dell'ordine dei trenta milioni, quale vantaggio privato, il che ovviamente non corrisponde affatto ad un danno equivalente per il comune».

Lo stesso Costantini tuttavia ha lanciato un monito all'amministrazione comunale affinché ai privati (una spa in cui spiccano tra gli altri il Gruppo Gavio e la Maltauro) non sia concesso, almeno temporaneamente e comunque in autotutela, il permesso per il nuovo lotto che dovrebbe completare il disegno urbanistico previsto per la zona. Un disegno che da anni vede la netta opposizione di un gruppo di attivisti, non molto esteso per vero, che va dalla galassia ambientalista a Italia Nostra. Ferrarin dal canto suo ha specificato che a breve sarà il consiglio comunale a doversi occupare della questione proprio su input del M5S, il quale tra l'altro sta approfondendo pure l'ipotesi di eventuali irregolarità anche nell'ambito della realizzazione del tribunale vero e proprio. Ma c'è un dettaglio ulteriore. L'esposto è stato indirizzato anche Raffaele Cantone, responsabile dell'autorità nazionale anticorruzione che ha compiti di vigilanza specifica per le grandi opere. Un ulteriore invio è stato predisposto alla Corte dei Conti del Veneto. Nel file qui inserito è possibile ascoltare in forma integrale gli interventi nell'ordine di: Endrizzi, Ferrarin, Costantini e Cappelletti.

LINK ORIGINARIO

giovedì 16 ottobre 2014

Ospedali, per Treviso ecco le cifre del project di “Finanza e progetti”

(P.E.) Dopo 8 anni di iter l'Ulss 9 di Treviso ha aggiudicato ieri definitivamente la gara per la costruzione della «Cittadella della salute» (razionalizzazione dell'ospedale di Cà Foncello e riunificazione delle attività in città) all'associazione temporanea di imprese «Finanza e progetti», una joint venture vicentina creata nel 2010 da Palladio Finanziaria spa e dal gruppo internazionale Lend Lease per progetti in partenariato pubblico-privato. Con loro, per Treviso, anche la trevigiana Carron, la Siram, la Bilfinger Sielv Facility Management e la Tecnologie sanitarie. Come noto, “Finanza e progetti” era anche candidata a realizzare in “project financing” il nuovo policlinico di Padova, progetto ora tornato al punto zero o quasi.

LE CIFRE. L'importo dei lavori a Treviso è di 224 milioni (di cui 98 milioni sono quelli messi dal privato, il resto da Ulss e Regione). L'intervento è compreso in un accordo di programma fra Regione Veneto e Ministero della salute. Il contratto prevede progettazione definitiva ed esecutiva e realizzazione delle opere. In particolare sono previsti lavori per 3 anni, e una concessione per 20 anni con canoni per lavaggio e sterilizzazione (9 milioni), pulizie (6,2 milioni), ristorazione (9,1 milioni), manutenzione apparecchiature (4,3 milioni), manutenzione opere edili (1,9 milioni), servizio energia (11,8 milioni), più canone integrativo per la disponibilità di 3,3 milioni.

ALTRI OSPEDALI. Il Consiglio regionale ha deciso il futuro delle tre “sperimentazioni gestionali” in atto nella sanità veneta. Per l'ospedale riabilitativo di Motta di Livenza, polo ad alta specializzazione gestito da quasi vent'anni in forma mista pubblico-privata, l'Ulss 9 di Treviso liquiderà il partner privato (la casa di cura di Abano Terme) e affiderà la gestione a una società a partecipazione interamente pubblica, e per Cavarzere è approvata la proroga per altri tre anni la gestione mista in corso: la Giunta nominerà gli amministratori delle due spa. Per l''istituto Codivilla Putti di Cortina l'Ulss 1 di Belluno manterrà per 2,5 anni il 51% delle quote nella società mista pubblico-privata di gestione.

da Il giornale di Vicenza di giovedì 16-10-2014; pagina 8

sabato 16 agosto 2014

Caro Renzi, l'Italia va disincagliata dalle secche della crisi

Caro presidente del consiglio Matteo Renzi,

Le scrivo, come è diritto di ogni cittadino, per porLe una domanda: la riforma della Costituzione su cui il governo punta le sue carte servirà a disincagliare l'Italia dalle secche di questa lunga stagnazione?

Lei certo sa, Signor Presidente, che l'Italia si distingue per alcuni primati poco invidiabili. Secondo dati Ocse richiamati dalla Corte dei conti, siamo al terzo posto al mondo per evasione fiscale (preceduti solo da Turchia e Messico), e Confcommercio stima in 154,4 miliardi di euro le tasse non pagate nel solo 2012. Secondo Transaparency International l'Italia è uno dei Paesi più corrotti d'Europa (con Romania, Grecia e Bulgaria), peggio di Namibia e Ruanda. Secondo il World Freedom Index l'Italia è terzultima in Europa per libertà di stampa, stando in classifica fra Haiti e Burkina Faso. Intanto a fronte di un consumo di suolo medio in Europa del 2,8%, l'Italia raggiunge un devastante 6,9%, pur con incremento demografico zero (dati Ispra). La disoccupazione giovanile è balzata al 43,3%, contro il 7,9% della Germania e la media europea del 22,5% (dati Eurostat).

Secondo il dipartimento per lo sviluppo di palazzo Chigi l'Italia è ultima in europa per investimenti in cultura, con una contrazione della spesa doppia che in Grecia. Una riforma universtitaria pessima e gestita ancor peggio mette in ginocchio la ricerca e riduce il merito ad un optional spesso superfluo. Centinaia di imprese italiane chiudono i battenti o vengono assorbite da aziende cinesi, sudamericane, mediorientali. Come una valanga continua la «fuga dei cervelli»: decine di migliaia di giovani formatisi in Italia portano in altri Paesi i loro talenti, vanificando l'alto investimento che il Paese ha fatto su di loro (nel 2013, quasi 44mila italiani hanno chiesto di lavorare nella sola Gran Bretagna). Mentre cresce la diseguaglianza sociale, si radica la sfiducia dei cittadini nella politica, come ha mostrato il forte astensionismo alle europee, con un 41,32% di non votanti a cui va aggiunto l'8,31% di schede bianche, nulle o disperse. In questo contesto, come Lei sa bene, Signor Presidente, il buon risultato percentuale del Suo partito vale più o meno la metà di quel che sembra.

A fronte di questi problemi, l'azione del Suo governo si concentra su questioni di ingegneria istituzionale, come se ridurre di numero i senatori (ma non i deputati), o evitarne l'elezione popolare, possa salvare l'economia italiana. Secondo Mario Draghi, l'Italia ha bisogno di «riforme strutturali sui mercati dei prodotti e del lavoro», ma in Italia si produce sempre meno e si lavora sempre meno. L'Italia deve ridurre la pressione fiscale: con un reddito annuo di 28mila euro, ub italiano paga il 27% di imposte, un americano il 15%; ad un reddito di 75mila euro corrisponde un'imposta del 28% negli Usa, del 43% in Italia. Questa enorme differenza dipende dalla rarità della evasione fiscale negli Usa (dove è severamente punita), mentre i nostri governi di ogni colore (anche il Suo) fanno ben poco per combatterla. Lei ha cercato invano Signor Presidente, di trasmettere il Suo ottimismo: le Sue previsioni di crescita del Pil si sono rivelate fallaci, e il calo dello 0,2% nell'ultimo trimestre, contro un +3,2% della Gran Bretagna ed un +1,1% dell'area Euro, lascia poco spazio alla retorica. Cresce intanto il debito pubblico, che nel 2013, ha raggiunto il 132,6% sul Pil e falliscono uno dopo l'altro i tentativi di spending review.

La stagnazione è ormai recessione, nasconderlo è un boomerang per chi lo fa. Corruzione, evasione fiscale, disoccupazione e altri problemi italiani sono ben noti ai nostri partner in Europa e nel mondo: se non si affrontano subito il governo perde credibilità e accredita l'ipotesi cambiare la Costituzione sia una tecnica dilatoria per non sfidare le urgenze. Le chiedo allora, Signor Presidente: in quale modo una nuova costituzione contribuirà a diminuire il debito pubblico, a trovare lavoro ai giovani, a frenare l'emorragia dei talenti, ad arrestare corruzione e evasione fiscale, a rilanciare formazione e ricerca, a incentivare le imprese, l'economia e la cultura, a tutale il paesaggio, l'ambiente e il patrimonio artistico?

Con la nuova legge elettorale s'intende riconquistare alla democrazia i 22 milioni di italiani che non hanno votato, o incentivare l'astensionismo purché un partito ottenga il premio di maggioranza? Vale la pena dilapidare l'eredità della sinistra in un abbraccio mortale con Berlusconi, condannato in via definitiva ed espulso dal Senato, mediante un patto i cui contenuti precisi non vengono resi pubblici? Le riforme avviate hanno lo scopo di rafforzare l'esecutivo, ma secondo Transparency International una delle cause della crisi italiana è che già oggi «il potere legislativo dipende troppo dal potere esecutivo, che governa senza la debita assunzione di responsabilità». È proprio opportuno accrescere ancora il ruolo dell'esecutivo?

La riforma apporta alla Costituzione mutamenti radicali. Anch'io, come molti cittadini, ritengo improprio che tali proposte siano nate dal governo e non dal Parlamento, e che vengano approvate da senatori e deputati nominati secondo una legge elettorale incostituzionale. Ma la domanda è ora un'altra: se mai quel testo entrasse in vigore tal quale, come e in che cosa la recessione del Paese ne verrebbe corretta? E se invece il testo facesse per mesi e mesi la spola fra Camera e Senato assorbendo tempo ed energie, non sarebbe un dirottamento rispetto ai problemi reali del Paese?

Non crede che il Suo governo acquisterebbe prestigio e credibilità se mostrasse nei fatti di ricordarsi dei diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione e dimenticati dalla politica con la scusa della crisi? Non sono diritti secondari: sono il diritto al lavoro per tutti i cittadini (art. 4), la funzione sociale della proprietà (art. 42), la pari dignità sociale dei cittadini e la loro eguaglianza (art. 3), la garanzia per tutti di «un'esistenza libera e dignitosa» (art. 36), il diritto alla cultura (artt. 9, 21, 33), il diritto alla salute (art. 32). Sono diritti ignorati o taglieggiati in nome della crisi economica. In che modo la Costituzione che Lei ha in mente intende farli risorgere dalle ceneri?

Salvatore Settis

fonte:
lettera aperta a La Repubblica pubblicata il giorno mercoledì 13 agosto 2014, pagina 24

giovedì 24 luglio 2014

Replica all'avvocato Ricciulli

Gentile avvocato Ricciulli,

poco fa ho pubblicato integralmente la Sua garbata missiva a me indirizzata il giorno 17 luglio 2014, missiva che verteva sulla vicenda del Suo assistito dottor Indrieri. Le scrivo queste righe per precisare alcune questioni. Il servizio oggetto delle Sue doglianze non è farina del mio sacco, si tratta semplicemente della copia integrale di un articolo pubblicato il 9 dicembre 2011 sul portale Lavocedellevoci.it a firma Alessandro De Pascale. Tale approfondimento era stato, mi conceda la licenza, ricopiato su questo blog con un semplice motivo: dare contezza delle mie analisi rispetto ad un articolo, questo sì a mia firma, pubblicato sul periodico VicenzaPiù numero 226 del giorno 4 gennaio 2012 alle pagine 18 e 19. Quest'ultimo servizio veniva poi ripreso dalla edizione on-line del medesimo periodico in data 8 gennaio (il tutto è visionabile alla url:
http://www.vicenzapiu.com/leggi/profondo-sud-dal-caso-despar-al-caso-valdastico-sud).

Sono perfettamente cosciente delle molte ragioni del suo assistito. Ma vorrei dare contezza anche delle mie, che sono soprattuto di natura deontologica. Quando cita una fonte il giornalista che correttamente svolge il suo lavoro fa di tutto perché quest'ultima sia verificabile. Ed era questo l'intento di chi scrive quando quel servizio è stato integralmente riportato su questo blog. Di più, il mio articolo pubblicato su VicenzaPiù si sofferma fra l'altro sulla vicenda Despar ma nemmeno cita quella del dottore Indrieri.

Ora, che la recente giurisprudenza, europea o nazionale, indichi pedissequamente la strada tracciata nella Sua missiva è al momento arduo da dimostrare. Ad ogni modo, lo prenda come una sorta di beau geste o di gentlemen agreement del tutto distanti dalle questioni di diritto, poiché il sottoscritto non ha intenzione alcuna di apparire come il fustigatore di chicchessia, potrà notare che l'articolo oggetto della sua doglianza è stato completamente rimosso (se non per un brevissimo cappello iniziale). Sono stati rimossi altresì tutti i riferimenti indiretti al Suo assistito. Ad ogni modo, vista la delicatezza dell'argomento, che pertiene in primis alla libertà di stampa, e visto che parecchi contenuti del servizio vergato da De Pascale sono presi paro paro dagli atti della Commissione antimafia (non mi inoltro in una inutile discussione filosofica su verità assoluta e verità fattuale né tanto meno sulla fallibilità delle dichiarazioni rese da chiccessia anche alla commissione), mi sento in dovere di informare di questo pacato scambio di vedute l'ordine dei giornalisti, gli osservatòri sulla informazione, nonché la stessa Commissione antimafia, proprio affinché la Sua missiva e la mia risposta costituiscano un importante momento di approfondimento sulle dirimenti questioni sollevate da Lei e, più modestamente, dal sottoscritto.

Marco Milioni
mrk223@gmail.com

La parola all'avvocato

La pagina e il suo contenuto sono in manutenzione. Chiunque sia interessato ad ulteriori informazioni può contattare Marco Milioni, l'amministratore del blog, all'indirizzo e-mail: mrk223@gmail.com

martedì 15 luglio 2014

Viva le sfumature

Durante le settimane passate ho letto con interesse le dichiarazioni di Giovanni Manfredini, avvocato di Roberto Meneguzzo, dominus di Palladio Finanziaria, una delle società finita nel vortice del caso Mose. Manfredini sui media è apparso pacato e riflessivo. Insomma una condotta che appare diversa da quella vibrante ed appassionata che lo stesso legale pareva serbare nei confronti del sottoscritto in processo per diffamazione a Trento in cui lo stesso Manfredini era legale di parte civile del querelante, il pubblico ministero vicentino Paolo Pecori. Viva le sfumature, verrebbe da dire.

Marco Milioni

giovedì 3 luglio 2014

Halilovic, confiscati i 100 mila euro dei nomadi

Confiscati i soldi dei nomadi. Quei 100 e rotti mila euro trovati su un conto corrente ora sono dello Stato. Lo ha deciso il collegio del tribunale di Vicenza, presieduto da Gianesini, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Ruberto con la misura di prevenzione patrimoniale. I giudici hanno invece restituito alla famiglia Halilovic il terreno di proprietà di strada Nicolosi, dove sorge il loro campo, come sollecitato dalle difese con gli avv. Rachele Nicolin, Chiara Bellini, Andrea Balbo e Lucia Maron. Si trattava infatti di un bene ereditato da più di 5 anni, e quindi non più aggredibile dallo Stato.
La notizia del sequestro aveva fatto scalpore. Quella famiglia di rom, che vive accampati fra camper e tende, senza servizi, è ricca sfondata. In qualche anno, dai conti correnti di padre e figlie è passato quasi un milione di euro. Da dove sono arrivati tutti quei soldi, visto che in dieci anni i tre hanno dichiarato al fisco redditi complessivi per 49 mila euro, neanche 5 mila l'anno? «Da proventi illeciti», era il legittimo sospetto. È per questo che la guardia di finanza, con un'intuizione investigativa del nucleo di polizia tributaria, aveva chiesto alla procura l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. Di fatto, il sequestro di quanto Ibrahim Halilovic, 45 anni, e le due figlie Zingara, 30, e Diana, 27, avevano nella loro disponibilità. I detective del tenente colonnello Fabio Dametto avevano trovato nelle scorse settimane 100 mila euro in un conto, e chiesto i sigilli per il terreno.
I tre Halilovic negli ultimi anni hanno aperto e chiuso 25 libretti di risparmio, attraverso i quali sono stati «movimentati» qualcosa come 953 mila euro. Ne sono rimasti attivi 4, tutti intestati a Zingara: tre non avevano soldi, nel quarto c'erano 100.622 euro. Che sono stati confiscati. Zingara, infatti, non lavora; sua sorella Diana ha un'attività di venditrice ambulante, ma non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi. Ibrahim, ha dichiarato neanche 50 mila euro in dieci anni. Cifre non compatibili con quanto trovato in banca.

da Il giuornale di Vicenza di mercoledì 2 luglio 2014, pagina 16

lunedì 9 giugno 2014

Salviamo il diritto di cronaca dai partiti

Chi si ricorda il caso Sallusti e la mobilitazione seguita alla condanna del giornalista? All'epoca, vista la notorietà della persona i media parlarono e molto. Anche della necessità di una modifica in senso più moderno delle norme sulla diffamazione e sulla diffamazione a mezzo stampa. All'epoca destra e sinistra si sperticarono spiegando che si sarebbero impegnate, fra le altre ad una maggiore salvaguardia di chi fa informazione tutelando in modo esplicito il diritto di cronaca. La norma è al vaglio delle camere. Ma le ultime indiscrezioni che arrivano da Montecitorio come da altri palazzi romani, parlano di una manovra combinata fra pezzi del Pd e di Fi per rimuovere dal testo rinnovato eventuali passaggi a tutela del diritto di cronaca. Si parla di richieste più o meno velate che sarebbero giunte ai partiti, specie da settori dell'imprenditorìa, della pubblica amministrazione ma soprattutto della avvocatura e della magistratura.

Queste sono le indiscrezioni che circolano nella capitale. E poi c'è chi chiede invece uno sforzo di altro tenore giacché la ratio cui ci si dovrebbe ispirare è quella di una modifica che irrobustisca e chiarisca definitivamente l'ambito del diritto di cronaca, superando gli ormai, per molti versi, desueti e contraddittori, pronunciamenti della Cassazione. Va ricordato infatti che il codice, non a caso elaborato durante il fascismo, non menziona il diritto di cronaca, ma menziona solo il concetto di tutela della onorabilità della persona. Va pure ricordato che per il codice penale italiano, o ancor meglio per la giurisprudenza, la diffamazione si dispiega non solo se si pronunziano affermazioni offensive e o false nei confronti di terzi. Ma il blogger o il cronista, per esempio, possono incappare nel reato (la discrezionalità del magistrato è estrema in questo caso, il che mette i blogger e i cronisti free-lance o delle piccole testate in una condizione di inferiorità perenne per ovvie ragioni) pure quando riportano affermazioni di terzi, anche se ben documentate, delle quali è citata la fonte.

Questo avviene perché il contorno nel quale sia richiamabile la cosiddetta scriminante del diritto di cronaca è assai labile. Nel ragionare in questo senso si dovrebbe prendere spunto dalle leggi e dalla giurisprudenza svizzere, tanto per dirne una. Ma anche dalla legge tedesca nonché americana dove la diffamazione (un reato considerato di portata minore, quando non derubricato ad illecito amministrativo) sussiste solo quando si dimostra che il giornalista mente sapendo di mentire: in Germania per esempio i tedeschi fanno maggiore affidamento sulle corti civili e sulla consuetudine della lettera di rettifica o di scuse con l'impegno a non ripetere l'offesa.

Su queste basi sarebbe quindi importante introdurre una novità per cui all'articolo che punisce la diffamazione (articolo 595 del codice penale) vada aggiunta una dicitura come la seguente: «Non è punibile chi, anche nell'ambito della attività giornalistica o informativa, riferisce affermazioni
di terzi, pur offensive o calunniose, delle quali è indicata la fonte o l'origine e delle quali affermazioni si specifica la paternità di terzi». Si tratta di una modifica minima, equilibrata sul piano giuridico. La quale permetterebbe di affrontare con grande chiarezza e maggiore serenità gli anni che ci attendono. Anni in cui la buona informazione, che non è monopolio della stampa o dei giornalisti, può essere uno stimolo al cambiamento in meglio del Paese. Questo breve post vuole essere un piccolo contributo affinché giornalisti, blogger, divulgatori, scrittori e professionisti della informazione, facciano sentire la loro voce perché le camere non rinuncino ancora una volta a rendere esplicito e chiaro l'ambito del diritto di cronaca.

Marco Milioni, giornalista e blogger
mrk223@gmail.com

lunedì 26 maggio 2014

Renzi stravince, ma ora ha paura

La notizia dell'arresto dell'ex ministro dell'ambiente Clini diffusa dall'Ansa nel primo mattino è clamorosa. E probabilmente passerà in secondo piano a causa della presenza contemporanea del risultato delle elezioni europee. Il larghissimo consenso ottenuto da premier democratico Matteo Renzi si dovrà misurare anche con le tematiche ambientali, terreno insidioso per molti aspetti. A poche ore dalla chiusura delle urne però non si può non abbozzare una analisi. Matteo Renzi stravince. Beppe Grillo rimedia uno schiaffo, ma non cade. La Lega tiene e cresce, centristi e centrodestra arrancano. Tsipras, ovvero Sel, spera di superare il barrage del 4%. Sulla stampa si leggono già i titoloni per supersuccesso di Matteo Renzi, che ha polverizzato la soglia del 40% inglobando tutta l'area di governo. Con lui c'è l'establishment finanziario e industriale del Paese, buona parte delle elite e dei ceti benestanti che hanno ampiamente goduto delle storture del sistema Italia. Per lui hanno votato, nel quadro di una astensione ormai al 50% degli aventi diritto, anche quei meno fortunati che non vogliono abbandonare la speranza.

Ma c'è poco da stare allegri. Il vento contro l'establishment europeo, finanziario, economico o politico che sia è forte. E tale rimarrà se l'approccio rigido del gotha continentale rimarrà immutato. Se Renzi non riuscirà a rinegoaziare profondamente alcuni moloch come il fiscal compact o come lo stesso trattato di Lisbona, in autunno dovrà vedersela con una finazniaria lacrime e sangue: sia che a Roma ci sia l'attuale parlamento sia che questo si rinnovi con percentuali simili a quelle uscite dalle europee. Detto in soldoni ci vuole pochissimo perché il credito di popolarità incassato oggi, si trasformi in debito d'ossigeno in Paese obbligato, in primis da Renzi, a seguire i diktat della finanza internazionale. Il che per il giovane premier toscano potrebbe significare dolori e problemi i più vari. La vetta altissima raggiunta in queste ore potrebbe trasformarsi nella pedana di partenza di uno schianto mortale se veramente in poco tempo il capo dell'esecutivo non sarà in grado di addrizzare storture e rendite di posizione facili da criticare, ma difficilissime da vincere. Anche perché un bel pezzo dello stesso sistema, per sopravvivere, è gattopardescamente già divenuto renziano.

Anche se non è caduto Beppe Gillo è uscito sconfitto. Perché? Semplicemente perché è stato poco grillino. Per una forza che si propone di destrutturare il corpo malato del Paese non basta metterla solo sulla caciara, spesso congegnata in modo brillante peraltro; ma bisogna andare a colpire l'avversario nelle sue casematte, sulla roba, fornendo contemporaneamente modelli alternativi credibili. Un esempio? Si guardi alla sostanziale mancanza di affondo sulla Pedemontana Veneta: uno scrigno di voti per la Lega che in Europa dice di battersi contro il sistema ma che a livello locale lo alimenta flirtando con i partiti che a Strasburgo a parole dice di combattere. Si guardi al silenzio pressoché totale sul Mose, sui project financing. Si pensi ancora al mancato utilizzo delle prerogative della commissione antimafia. In questo caso l'enorme potenziale che i parlamentari hanno in termini di sindacato ispettivo e di capacità di colpire sul territorio è rimasto inutilizzato e rischia di finire all'ammasso.

E ancora attorno al M5S, a livello locale come a livello nazionale, si era creato un anello di soggetti di grande spessore culturale incuiriosito dalle capacità di incidere sulla società di questo nuovo movimento. Alcune idee erano state messe sul tappeto. Fra queste una di Giulietto Chiesa. Grillo e soprattutto Gianroberto Casaleggio hanno preferito dare poco spago a chi magari non dice solo sì e ti bacchetta se serve, andandosi a legare mani e piedi ad un cerchio di fedelissimi che si è rivelato evanescente. Questa situazione è andata di pari passo con una seconda circostanza: il sistematico allontanamento non tanto o non solo dei dissidenti famosi, quelli finiti sui giornali. A fare riflettere è soprattutto l'allontanamento o il confinamento in ruoli marginali di quegli attivisti più preparati e con una personalità più spiccata: il tutto è stato spesso perfezionato con l'aiuto di referenti di zona fidati ma poco efficaci. O perché poco avvezzi a capire il quadro della situazione, o perché condizionati da timori reverenziali, o perché presi dentro in qualche interesse più o meno minuto. Un discorso analogo vale anche per i soggetti candidati o eletti nelle amministrazioni locali, che scontano inesperienza e spesso insipienza. L'onestà da sola non basta, occorrono le capacità e la predisposizione al combattimento, quello sui ring che contano.

Silvio Berlusconi è sul viale del tramonto. Ma cercherà ancora di far valere il suo peso in termini di condizionamento sul governo. Per valutare questo apsetto basterà vedere come Renzi affronterà alcuni temi importanti come la giustizia, l'introduzione dell'autoriciclaggio, la legge sulla concentrazione pubblicitaria e quella sulle infrastrutture telematiche dove Berlusconi e famiglia conservano diversi monopòli. Come dicono i giornalisti americani, "follow the money".

Marco Milioni

mercoledì 5 marzo 2014

Variante allagata, traffico in tilt

Allagata la variante alla Sp246, chiuse le rampe d'ingresso e di uscita ad Alte. Mezzo metro d'acqua in una carreggiata e circa venti centimetri dall'altra parte. E in mezzo un piccolo lago. L'innalzamento della falda non da tregua alla tangenziale che bypassa Montecchio. Ormai la super idrovora al lavoro da quasi venti giorni non basta a far defluire l'acqua all'altezza della rotatoria fra Montecchio e Montebello, obbligando così la chiusura in entrambe le direzioni della strada che da Alte va verso Arzignano. Un' interruzione praticamente annunciata, dopo le recenti piogge del fine settimana, e infatti già da sabato pomeriggio per motivi di sicurezza era stato deciso di dirottare il traffico negli altri ingressi dalla zona industriale e da strada Montorsina. Le difficoltà alla viabilità, però, sono iniziate ieri mattina con il ritorno sulle strade dei mezzi pesanti che per potersi dirigere verso la città del Grifo, o comunque in direzione nord-ovest, hanno dovuto percorrere parte di viale Europa per poi immettersi lungo via Del Lavoro. Disagi al traffico si sono inoltre registrati non solo su via Battaglia e lungo via Milano ma anche per i veicoli provenienti da Montebello che cercavano di raggiungere Alte. Alle 15 i problemi sono aumentati con la decisione di Veneto Strade di chiudere il secondo tratto della provinciale dove c'erano ieri mattina già 10 centimetri d'acqua. Anche in questo caso si sono creati lunghi serpentoni di auto e mezzi pesanti che hanno dovuto transitare a passo d'uomo per “guadare" il tratto in attesa di immettersi nella rotatoria. «Il problema è la falda - afferma il presidente della protezione civile di Montecchio, Massimo Chiarello - con le piogge intense degli ultimi giorni la situazione si è decisamente aggravata». Nelle scorse settimane fra le due corsie della tangenziale si è creato un laghetto profondo oltre un metro. Proprio accanto è stata posta, quasi un mese fa, l'idrovora.

da Il Giornale di Vicenza del 4 marzo 2014, pagina 26

venerdì 28 febbraio 2014

I Gambino, la 'ndrangheta e la caserma Ederle di Vicenza

L'uomo di 'ndrangheta Francesco «Ursino chiede a Jimmy», un agente sotto copertura dell'Fbi di poter acquistare 500-1000 armi semiautomatiche, «frutto di un'asserita dismissione effettuata dalle autorità americane in particolare da parte dell'esercito americano di stanza nella base di Vicenza». E già che c'era «gli ricordava la sua disponibilità a riciclare 11 milioni in attività negli Stati Uniti. Ora, passi pure per i milioni a volontà da poter riciclare negli Usa, le domande vere sono: ma come fa un Ursino a sapere che la base di Vicenza vuole dismettere 1.000 armi semiautomatiche? E come fa a comprarle? Ricorrendo a chi? E per farne cosa poi? Venderle? A Chi? E per quali scopi? Immagino non di pattugliamento delle strade newyorchesi».

È questo uno dei passaggi salienti del lungo articolo pubblicato da Roberto Galullo, giornalista de Il Sole24 ore proprio sul portale del maggiore quotidiano economico del Paese. Si tratta in realtà di un approfondimento in tre puntate dedicato alla maxi operazione congiunta Usa Italia che ha portato ad identificare un sodalizio criminale che a detta degli investigatori vedeva come punti di massimo riferimento la famiglia italoamericana Gambino e la potente famiglia calabrese degli Ursino.

Ora se nella prima e nella seconda puntata dell'approfondimento Galullo accende i riflettori sulle connessioni tra il vecchio e il nuovo continente, nell'ultima puntata si preconizza addirittura un interessamento dei malavitosi italiani nei confronti di una partita di armi che l'esercito americano di stanza a Vicenza avrebbe o avrebbe voluto dismettere. Si tratta di una notizia che se confermata sarebbe gravissima e che meriterebbe non solo un approfondimento in sede giudiziaria ma in primis in sede governativa. Va da sé che a Vicenza la notizia non ha lasciato traccia. Per di più dalle autorità locali, prefettura e comando Ederle in primis, il silenzio è totale. Ma soprattutto merita o no un approfondimento da parte delle autorità americane come di quelle italiane che l'esercito Usa possa essersi in qualche modo fatto, a Vicenza, interlocutore delle 'ndrine?

Marco Milioni
www.lasberla.net
http://www.lasberla.net/index.php/2014/02/i-gambino-la-ndrangheta-e-la-caserma-ederle-di-vicenza

giovedì 16 gennaio 2014

Fiera, Bulgarini e Marzotto: due pesi e tre misure

La casta è sempre la casta. Sia che si presenti con i barriti volgari della nomenclatura meridionale, sia che che tessa trame più silenziose negli ovattati corridoi settentrionali. Capita che a Vicenza il numeo uno di Assindustria Beppe Zigliotto condanni senza se e senza ma, sul piano etico si intende, il collega imprenditore bassanese finito nell’affaire aquilano. Suona strano però che lo stesso Zigliotto non abbia detto un’acca sull’appoggio che tutti i soci di Fiera di vicenza spa, compresa la sua Assindustria, hanno dato a Matteo Marzotto, divenuto presidente della Fiera berica. Dettaglio, Marzotto è alla sbarra per reati in materia fiscale. Al di là della gravità delle accuse, la questione porta con sé un risvolto grottesco. Vi immaginate buyer e operatori da tutto il mondo che arrivano in via dell’Oreficeria da tutto il mondo e sono accolti da un presidente imputato? Immaginate il ghigno sotto i baffi, i sorrisetti alle spalle e le frecciatine silenziose sulla solita Italia declinata al peggio, anche a Vicenza?

Va da sé che il liquame quando comincia a salire oltre il ginocchio non lo pui nascondere sotto il tappeto, come fa il vicesindaco vicentino Jacopo Bulgarini che senza alcun tema dichiara a Nv: «Avendo avuto modo di conoscerlo mi sono convinto che sia un galantuomo. Prima della nomina ci ha parlato della sua situazione, e abbiamo ritenuto che su di essa facciano aggio la sua storia e la sua riconoscibilità. Poi bisognerà vedere anche come finirà il processo…». Tradotto in alvarovitalese: siccome è un Marzotto e siccome fa parte dei nostri, l’uomo è intoccabile. Sempre l’immancabile Pierino però nei film era solito ricordare: invertendo le chiappe il prodotto non cambia. L’approccio con le questioni etiche che sia Pd o Pdl o Fi non cambia. Il berlusconismo ha colonizzato anche il campo avverso.

Per chi crede ovviamente che il campo avverso fosse diverso. Ma evidentemente non lo era. Rimane tra l’altro una domanda. Che diamine fanno le opposizioni inclusi i campioni della trasparenza del M5S? Col popo’ di parlamentari cui tutti i gruppi in consiglio comunale possono fare riferimento per l’affaire Marzotto sarebbe una pacchia. Interviste, interrogazioni, manifestazioni, attacchi politici e personali. La casta fieristica potrebbe essere garrotata senza se e senza ma in una tonnara infinita. Invece tutti zitti e allineati. Money talks, il denaro canta, recita un vecchio adagio anglosassone. Per inciso, mutatis mutandis, il sindaco di Roma Ignazio Marino, ha rispedito a casa con un sonoro calcio nel culo il neopresidente dell’Ama sotto indagine penale per una vicenda legata a reati ambientali. Marino e il sindaco vicentino Achille Variati sono entrambi del Pd. Ma militano nello stesso partito?

Marco Milioni
by www.lasberla.net

giovedì 9 gennaio 2014

Pededomanda da un milione di dollari

Sarà quel che sarà, ma i cantieri bassanesi della Pedemontana Veneta non erano stati temporaneamente bloccati sino al giorno 15 gennaio 2014? Giorno in cui peraltro il Tar stesso deciderà se il blocco provvisorio, cui i magistrati sarebbero giunti per alcuni presunti ed evidenti illeciti amministrativi, sarà cancellato o meno in attesa del giudizio di merito. Ciò che conta però è che oggi pomeriggio presso i cantieri a ridosso del Parco delle Rogge e del ponte sul Brenta (vedi foto) si lavorava e come: uomini e mezzi, di tutto e di più. Ma allora come stanno le cose? Siamo di fronte ad un abuso o chi era all'opera lo faceva in ossequio a qualche precisa disposizione? Bella domanda, domanda da un milione di dollari... In realtà questa è cronaca minuta. Ben altri nembi si addensano all'orizzonte. E sono quelli che riguardano i rapporti economici fra pubblico e privato nell'ambito della realizzazione e della gestione della Spv.

La querelle è arcinota da tempo. I comitati che si battono contro la Pedemontana veneta, o che ne auspicano un progetto radicalmente diverso, da anni chiedono di vedere la convenzione nonché il piano economico e finanziario che regolano appunto il rapporto tra il concedente e il concessionario: nell'ordine, la struttura commissariale governativa alla Pedemontana veneta, capitanata dall'ingegnere Silvano Vernizzi e il raggruppamento Sis-Spv, il pool di imprese che prima ha proposto e poi ha ottenuto l'incarico per la realizzazione e la gestione ultratrentennale della superstrada che connetterà Spresiano nel Trevigiano a Montecchio Maggiore nel Vicentino.

I detrattori del progetto sostengono che convenzione e piano finanziario siano  sbilanciati a favore del privato. Quei documenti però non sono mai stati resi di dominio pubblico, poiché, sostiene Vernizzi, la loro natura è di tipo privatistico. Una impostazione rigettata dai comitati e da diversi esponenti del mondo politico, ma il permanere della segretezza ha, durante le ultime settimane, ulteriormente esacerbato gli animi.

Le cose peraltro si sono complicate alla fine dello scorso anno (questa è la voce che circola a palazzo Balbi) quando il presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia, si è visto recapitare sul tavolo il testo della delibera da approvare in giunta; delibera che contiene un aggiornamento di convenzione e piano finanziario. Tale aggiornamento sarebbe ancora più sbilanciato verso il privato perché il combinato disposto di quanto sancito nella convenzione del 2009 e nella revisione del 2013 darebbe al gruppo Sis uno strumento contrattuale per fare il bello e il cattivo tempo. I documenti sono top secret, ma a palazzo Balbi e soprattutto negli uffici dell'organo tecnico regionale di valutazione, il Nuvv, hanno preso a «svolazzare» alcuni passaggi salienti che avrebbero messo sul chi vive proprio Zaia.

Tant'è che nella convenzione del 2009 starebbe scritto infatti che «...il concessionario potrà chiedere la revisione del piano economico e finanziario in dipendenza di modifiche delle condizioni di mercato, avuto riguardo ai volumi di traffico...». E la miscela deflagrerebbe definitivamente all'abbraccio di quest'ultimo passaggio al dettato di un'altra disposizione contenuta nella recente revisione. La quale sancisce che nel caso in cui «le parti non concordino in ordine al riequilibrio del piano economico-finanziario... il concessionario potrà esercitare il diritto di recesso... In tal caso saranno dovuti dal concedente» gli indennizzi fissati proprio nelle pieghe della convenzione che potrebbero rivelarsi pesantissimi. In soldoni si tratterebbe di una sorta di condizione capestro che Zaia avrebbe fatto fatica ad ingoiare, anche se poi la delibera, grazie ad un'opera di incessante "moral suasion" da parte di alcuni funzionari apicali della regione, nonché da parte di alcuni politici di altissimo rango, si sarebbe poi materializzata con un voto favorevole della giunta il 10 dicembre 2013: la delibera porterebbe il progressivo numero 2260. In questo scenario d'altronde va anche considerata una questione specifica. Ovvero quella di un eventuale ristoro garantito dalla Regione a Sis ove gli incassi da pedaggi, in una con i correlati flussi di traffico, non si materializzassero. A tal fine va acceso un faro sulla stima dei flussi stessi. Con le cifre circolate ad oggi, che gli oppositori della Spv da tempo definiscono oltremodo ottimistiche, (40mila veicoli al giorno) nell'arco quarantennale della convenzione-concessione, tali flussi di traffico dovrebbero fruttare pedaggi (il calcolo però è una mera estrapolazione empirica) per un 15-18 miliardi. Sono cifre enormi che nemmeno la cugina A4 sembra poter mettere in campo.

Queste preoccupazioni, così dicono gli spifferi di corridoio, si sono moltiplicate a palazzo Balbi. Per di più Zaia (e alcuni fedelissimi a conoscenza del dettaglio del testo, ignorato da molti assessori) sarebbe comunque preoccupato per possibili rovesci ai quali verrebbe esposto il bilancio regionale proprio nel caso in cui il mercato, sia in termini di bancabilità dell'opera, sia in termini di traffico veicolare che si rivelasse esiguo a finaziare la superstrada a mezzo pedaggio, rendesse più problematico l'investimento propugnato da Sis. Il motivo? L'enorme margine discrezionale che regione, commissario, e soprattutto Nuvv, avrebbero lasciato in mano ai privati grazie ai contratti che incamiciano convenzione e piano economico-finanziario.

Marco Milioni