lunedì 9 giugno 2014

Salviamo il diritto di cronaca dai partiti

Chi si ricorda il caso Sallusti e la mobilitazione seguita alla condanna del giornalista? All'epoca, vista la notorietà della persona i media parlarono e molto. Anche della necessità di una modifica in senso più moderno delle norme sulla diffamazione e sulla diffamazione a mezzo stampa. All'epoca destra e sinistra si sperticarono spiegando che si sarebbero impegnate, fra le altre ad una maggiore salvaguardia di chi fa informazione tutelando in modo esplicito il diritto di cronaca. La norma è al vaglio delle camere. Ma le ultime indiscrezioni che arrivano da Montecitorio come da altri palazzi romani, parlano di una manovra combinata fra pezzi del Pd e di Fi per rimuovere dal testo rinnovato eventuali passaggi a tutela del diritto di cronaca. Si parla di richieste più o meno velate che sarebbero giunte ai partiti, specie da settori dell'imprenditorìa, della pubblica amministrazione ma soprattutto della avvocatura e della magistratura.

Queste sono le indiscrezioni che circolano nella capitale. E poi c'è chi chiede invece uno sforzo di altro tenore giacché la ratio cui ci si dovrebbe ispirare è quella di una modifica che irrobustisca e chiarisca definitivamente l'ambito del diritto di cronaca, superando gli ormai, per molti versi, desueti e contraddittori, pronunciamenti della Cassazione. Va ricordato infatti che il codice, non a caso elaborato durante il fascismo, non menziona il diritto di cronaca, ma menziona solo il concetto di tutela della onorabilità della persona. Va pure ricordato che per il codice penale italiano, o ancor meglio per la giurisprudenza, la diffamazione si dispiega non solo se si pronunziano affermazioni offensive e o false nei confronti di terzi. Ma il blogger o il cronista, per esempio, possono incappare nel reato (la discrezionalità del magistrato è estrema in questo caso, il che mette i blogger e i cronisti free-lance o delle piccole testate in una condizione di inferiorità perenne per ovvie ragioni) pure quando riportano affermazioni di terzi, anche se ben documentate, delle quali è citata la fonte.

Questo avviene perché il contorno nel quale sia richiamabile la cosiddetta scriminante del diritto di cronaca è assai labile. Nel ragionare in questo senso si dovrebbe prendere spunto dalle leggi e dalla giurisprudenza svizzere, tanto per dirne una. Ma anche dalla legge tedesca nonché americana dove la diffamazione (un reato considerato di portata minore, quando non derubricato ad illecito amministrativo) sussiste solo quando si dimostra che il giornalista mente sapendo di mentire: in Germania per esempio i tedeschi fanno maggiore affidamento sulle corti civili e sulla consuetudine della lettera di rettifica o di scuse con l'impegno a non ripetere l'offesa.

Su queste basi sarebbe quindi importante introdurre una novità per cui all'articolo che punisce la diffamazione (articolo 595 del codice penale) vada aggiunta una dicitura come la seguente: «Non è punibile chi, anche nell'ambito della attività giornalistica o informativa, riferisce affermazioni
di terzi, pur offensive o calunniose, delle quali è indicata la fonte o l'origine e delle quali affermazioni si specifica la paternità di terzi». Si tratta di una modifica minima, equilibrata sul piano giuridico. La quale permetterebbe di affrontare con grande chiarezza e maggiore serenità gli anni che ci attendono. Anni in cui la buona informazione, che non è monopolio della stampa o dei giornalisti, può essere uno stimolo al cambiamento in meglio del Paese. Questo breve post vuole essere un piccolo contributo affinché giornalisti, blogger, divulgatori, scrittori e professionisti della informazione, facciano sentire la loro voce perché le camere non rinuncino ancora una volta a rendere esplicito e chiaro l'ambito del diritto di cronaca.

Marco Milioni, giornalista e blogger
mrk223@gmail.com