domenica 20 settembre 2020

Indennizzi bancari? Doccia fredda in arrivo per i risparmiatori delle ex popolari venete

(m.m.) In data odierna riceviamo da Francesco Celotto, già vicepresidente della associazione Soci banche popolari venete e pubblichiamo integralmente...

Domenica 20 settembre 2020

Nelle ultime settimane noto che sta montando una grande polemica per la mancata erogazione dei risarcimenti a favore dei risparmiatori o soci soci traditi che dir si voglia delle due ex popolari venete ovvero Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza. Il Fir (Fondo indennizzo risparmiatori) prevedeva infatti che entro metà giugno i soci delle due ex popolari venete, ora risolte, presentassero le domande e che entro tre mesi una volta esaminate le domande fosse stabilito l'ordine  e l'ammontare dei risarcimenti stessi. 

Nulla di questo è avvenuto anzi pare che le domande esaminate siano state solo 780 a fronte di oltre 144200 domande presentate. È evidente che se la commissione indipendente incaricata dalla legge di vagliare le richieste, i membri della quale sono professionisti profumatamente pagati, continua con questo ritmo impiegherà qualche decennio per esaminare tutte le domande. Senza contare che l'esame della commissione non significa il pagamento del risarcimento stesso. In tempi non sospetti espressi un convincimento preciso quando dichiarai che noi risparmiatori avremmo visto nel migliore delle ipotesi briciole, nonostante le promesse da marinaio dei vari esponenti del governo che tenne a battesimo il varo del far, si tratta del governo retto da Lega nord e M5S.
  
Ricordo che Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i leader dei due partiti, vennero a Vicenza nell'inverno del 2018 promettendo che il risarcimento sarebbe avvenuto ad horas. Cosa che puntualmente non avvenne. Ora a parte la questione delle lungaggini relative al vaglio delle domande, una seconda domanda va posta all'attuale esecutivo retto dal premier Giuseppe Conte e a quei ministri come il bellunese Federico D'Incà (titolare del dicastero ai rapporti col parlamento) i quali avevano promesso promesso che tutto sarebbe stato risolto in breve tempo: quanti soldi ci sono davvero nel Fir?

Stando alle vecchie informazioni che circolavano a margine della creazione dello stesso fondo, che è parte integrante d'una legge finanziaria non dimentichiamolo, Fir dovrebbe aver avuto una dotazione a partire dal 2019 pari a circa 300 milioni proveniente dai cosiddetti conti dormienti. Lo stesso fondo sarebbe dovuto essere rimpinguato di anno in anno dal 2020 fino al 2022 fino ad un ammontare massimo di 1,5 miliardi circa. Ad oggi quindi se la matematica non è una opinione il fondo dovrebbe avere una dotazione non inferiore a 600 milioni, una cifra non disprezzabile. Lontana dal pieno risarcimento ma in grado forse di coprire il 30% massimo promesso dal governo: il 95% nel caso di possessori di bond subordinati.

Ad ogni modo 600 milioni significano un risarcimento medio pari, alla grossa, a quattromila euro a risparmiatore. Ora davvero il Fir ha una dotazione pari a 600 milioni? Io non credo, anche a causa della disastrata situazione delle finanze pubbliche, aggravata dalla pandemia che ha obbligato il governo a utilizzare tutti i fondi a disposizione per dare ossigeno a imprese, partite iva e famiglie.

Va poi ribadito per l'ennesima volta che l'affaire delle lungaggini relative al vaglio delle richieste di ristoro altro non è che una manfrina, meglio una cortina fumogena, per coprire il vero problema ovvero la dotazione quasi inesistente del Fir. Chiedo al governo Conte che almeno nel corso di quest'anno dia corso al pagamento dei casi più delicati tra quelli pervenuti, privilegiando le domande presentate da persone anziane, penso agli over 70, e con bassi redditi, non oltre 20.000 euro. Questi sono i casi che hanno bisogno di pronte risposte.

In quanto al resto credo, come dissi già nel corso di interventi sulla stampa nel 2019, che vedremo di fatto il nulla o quasi. La pandemia da Covid-19 ha ahimè fatto passare in secondo piano la questione delle ex popolari venete e dei cosiddetti soci trombati. Questa vicenda pertanto vicenda si avvia all'oblio anche per colpa della pessima gestione che ne hanno fatto le varie associazioni nate in questi anni a difesa dei soci: alcune politicizzate e nate come possibili trampolini di lancio di carriere politiche poi abortite, altre nate per soddisfare gli appetiti di voraci avvocati, altre per raccogliere tessere e rimpinguare le casse.

Poche, pochissime nate davvero per difendere gli interessi di noi soci. Io quando ebbi a ricoprire la carica di vicepresidente della Associazione soci banche popolari venete mi sono prodigato per fare qualcosa di positivo in questo mare magnum senza alcuna ambizione particolare che non fosse la difesa dei risparmiatori ma mi sono ritrovato spesso solo. Il fronte delle associazioni non è mai stato coeso anzi, e questo ha reso tutto più difficile, rimborsi inclusi.

Sempre in tempi non sospetti consigliai ai tanti risparmiatori che me lo chiesero di accettare il risarcimento del 15% proposto nel 2015 da VeBa e BpVi perchè meglio pochi ma subito che tanti e mai ebbi a dire in maniera un po' rustica. Qualcuno mi rispose meglio aspettare perchè sacerdoti urlanti promettevano risarcimenti alti e a tutti. Mi riferisco in particolare al coordinamento associazioni don Torta il cui presidente Andrea Arman tentò, trombato, anche di farsi eleggere deputato in quota M5S nel 2018. Vediamo ora come andrà a finire perché mancano davvero pochi giorni alla scadenza del 30 settembre, data in cui i ristori dovrebbero già essere tutti nelle tasche dei cosiddetti azionisti sbancati.

In quanto al Veneto mi preme dire che vorrei che il riconfermato governatore del Carroccio Luca Zaia e soprattutto la Lega si battessero davvero per realizzare l'autonomia. Nel 2017 abbiamo votato sì al referendum in maniera schiacciante ma nulla è successo  e non mi pare francamente che la Lega e Zaia si siano battuti con forza per questo.

La lega a trazione salviniana d'altra parte da fatica a battersi per il Nord date le ambizioni del suo leader per trasformarla in un partito nazionale rompendo con la Lega padana di bossiana memoria. L'autonomia, se attuata in modo cristallino e giudizioso e senza fare strame dei controlli che impediscono gli abusi, è uno dei pochi fattori che potrebbe consentire al Veneto ci consentirebbe davvero di rimettere un po di soldi dentro alle tasche vessate dei contribuenti veneti. Tuttavia non vedo in questa tornata elettorale partiti che abbiano portato avanti degnamente il tema dell'autonomia.

Servirebbe sul serio un vero partito dei veneti non la insignificante e marginale rappresentanza politica portata avanti dal furbo ed egocentrico Antonio Guadagnini. Ora non ci resta che aspettare di capire quanta parte del recovery fund arriverà al Veneto, sperando che non siano  buttati nelle solite grandi e inutili opere sponsorizzate dai poteri costituiti e tanto amate dal governatore Zaia.

Servirebbero soldi per la messa in sicurezza del territorio, disastrato ogni anno da inondazioni ed eventi estremi. Ma non credo che questa classe dirigente veneta abbia la capacità per discostarsi dal solito vecchio modello di sviluppo fatto da cemento a gogo attorno al quale ruotano gli appetiti famelici dei nostri imprenditori e anche di qualche organizzazione mafiosa non certo estranea a frequentare e investire in un Veneto felix solo di facciata Veneto.

Il recovery fund rappresenta forse la ultima possibilità per invertire la rotta, tentare di rilanciare il il Veneto e il paese ma temo che come al solito verrà sprecata. L'Europa (che ho bastonato a lungo per vari motivi) stavolta non ci darà una seconda possibilità e dopo questo un bel governo tecnico si incaricherà di tagliare sanità, pensioni, scuola e oltre magari introducendo una bella patrimoniale. Purtroppo ciascun Paese ha i governati che si merita.

Francesco Celotto

mercoledì 16 settembre 2020

Coca e stupro di gruppo a Trissino, chiesti quarant'anni per gli accusati

«Quarant'anni di carcere per i presunti responsabili dello stupro di gruppo di una ragazzina di quindici anni». Ieri pomeriggio, il pubblico ministero Cristina Carunchio ha chiesto quattordici anni di reclusione per Elisa Faggion, 32 anni, residente a Trissino, e per l'immigrato marocchino Zahir Es Sadouki, di 29 anni, e altri 12 anni di cella per il terzo imputato, pure lui marocchino, Nadir El Fettach, di 28. La sentenza «del giudice Barbara Maria Trenti» è attesa al termine della prossima udienza, fissata per il 29 settembre. È quanto scrive oggi 16 settembre Il giornale di Vicenza in un servizio a firma di Valentino Gonzato pubblicato in pagina 27.

L'episodio (che fece capolino sui media nel maggio del 2019 destando scalpore in valle dell'Agno ma non solo, anche quando i quotidiani diffusero alcuni passi delle intercettazioni che corroborano l'inchiesta), racconta ancora il GdV, sarebbe avvenuto a Trissino alla fine di ottobre di due anni fa. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la vittima sarebbe stata abusata più volte nel corso di un fine settimana. Il terzetto e la ragazzina si sarebbero ritrovati a casa di Faggion. Quest'ultima, riferisce il quotidiano, «avrebbe fatto leva sull'amicizia che la legava alla minorenne per riuscire a convincerla a partecipare alla serata». I tre imputati avrebbero fatto assumere alla malcapitata dosi massicce di sostanze stupefacenti: hashish e cocaina. Dopodiché sarebbero cominciate le violenze.

Secondo il GdV in base agli elementi messi assieme dagli inquirenti che hanno svolto le indagini, il week-end a base di sesso e droga sarebbe stato organizzato nei minimi dettagli dal terzetto. La ragazzina, stando al racconto che ha fornito sia in audizione protetta sia durante l'incidente probatorio davanti al gip, avrebbe cercato di opporsi all'assunzione delle sostanze stupefacenti e allo stupro, ma ogni tentativo sarebbe stato inutile. Aveva confidato che si sarebbe aspettata che l'amica intervenisse in suo aiuto.

In questo senso il quotidiano di via Fermi aggiunge che invece la Faggion, difesa dall'avvocato Paolo Mele junior, che ieri ha chiesto l'assoluzione per la propria assistita, non soltanto non l'avrebbe aiutata, ma l'avrebbe addirittura trascinata in quell'incubo. Al termine delle indagini la procura aveva chiesto il carcere per i tre imputati, senza ottenerlo. Il giudice, infatti, aveva disposto gli arresti domiciliari. I due nordafricani (uno è collaboratore di un centro medico ed aveva una frequentazione con Faggion, che aveva invece conosciuto la minorenne in una struttura sanitaria difesi dagli avvocati Enrico Maria Fiori e Simone Bergamini, che terranno la propria arringa nella prossima udienza) hanno sempre negato le accuse e protestato la propria innocenza. L'ipotesi investigativa, riporta la testata berica sulla scorta degli accertamenti effettuati dai carabinieri della procura, della stazione di Trissino e del nucleo investigativo (che avevano analizzato anche i telefoni dei protagonisti), è che Faggion abbia raccontato agli amici che la minorenne aveva 19 anni e che l'abbia venduta per la cocaina. Il mattino dopo le violenze, la ragazzina aveva raccontato in lacrime quello che sarebbe successo alla madre, che l'aveva accompagnata dalla psicologa. Poi era scattata la denuncia. Per la procura i tre imputati si sarebbero macchiati di comportamenti gravissimi nei confronti della vittima. Che si costituita parte civile ed è assistita dall'avvocato Sonia Negro. Quest'ultima, sempre durante l'udienza di ieri, ha chiesto una provvisionale a titolo di risarcimento di 50mila euro.

Ad ogni buon conto quando la notizia deflagrò lo scorso anno destò molto scalpore in valle dell'Agno non solo per la gravità delle accuse ma anche per la parentela dell'accusata. La Faggion, è infatti è la figlia di Silvia Dalla Benetta, una cantante lirica molto conosciuta sulla scena veneta e molto conosciuta nella Trissino che conta.