giovedì 24 luglio 2014

Replica all'avvocato Ricciulli

Gentile avvocato Ricciulli,

poco fa ho pubblicato integralmente la Sua garbata missiva a me indirizzata il giorno 17 luglio 2014, missiva che verteva sulla vicenda del Suo assistito dottor Indrieri. Le scrivo queste righe per precisare alcune questioni. Il servizio oggetto delle Sue doglianze non è farina del mio sacco, si tratta semplicemente della copia integrale di un articolo pubblicato il 9 dicembre 2011 sul portale Lavocedellevoci.it a firma Alessandro De Pascale. Tale approfondimento era stato, mi conceda la licenza, ricopiato su questo blog con un semplice motivo: dare contezza delle mie analisi rispetto ad un articolo, questo sì a mia firma, pubblicato sul periodico VicenzaPiù numero 226 del giorno 4 gennaio 2012 alle pagine 18 e 19. Quest'ultimo servizio veniva poi ripreso dalla edizione on-line del medesimo periodico in data 8 gennaio (il tutto è visionabile alla url:
http://www.vicenzapiu.com/leggi/profondo-sud-dal-caso-despar-al-caso-valdastico-sud).

Sono perfettamente cosciente delle molte ragioni del suo assistito. Ma vorrei dare contezza anche delle mie, che sono soprattuto di natura deontologica. Quando cita una fonte il giornalista che correttamente svolge il suo lavoro fa di tutto perché quest'ultima sia verificabile. Ed era questo l'intento di chi scrive quando quel servizio è stato integralmente riportato su questo blog. Di più, il mio articolo pubblicato su VicenzaPiù si sofferma fra l'altro sulla vicenda Despar ma nemmeno cita quella del dottore Indrieri.

Ora, che la recente giurisprudenza, europea o nazionale, indichi pedissequamente la strada tracciata nella Sua missiva è al momento arduo da dimostrare. Ad ogni modo, lo prenda come una sorta di beau geste o di gentlemen agreement del tutto distanti dalle questioni di diritto, poiché il sottoscritto non ha intenzione alcuna di apparire come il fustigatore di chicchessia, potrà notare che l'articolo oggetto della sua doglianza è stato completamente rimosso (se non per un brevissimo cappello iniziale). Sono stati rimossi altresì tutti i riferimenti indiretti al Suo assistito. Ad ogni modo, vista la delicatezza dell'argomento, che pertiene in primis alla libertà di stampa, e visto che parecchi contenuti del servizio vergato da De Pascale sono presi paro paro dagli atti della Commissione antimafia (non mi inoltro in una inutile discussione filosofica su verità assoluta e verità fattuale né tanto meno sulla fallibilità delle dichiarazioni rese da chiccessia anche alla commissione), mi sento in dovere di informare di questo pacato scambio di vedute l'ordine dei giornalisti, gli osservatòri sulla informazione, nonché la stessa Commissione antimafia, proprio affinché la Sua missiva e la mia risposta costituiscano un importante momento di approfondimento sulle dirimenti questioni sollevate da Lei e, più modestamente, dal sottoscritto.

Marco Milioni
mrk223@gmail.com

La parola all'avvocato

La pagina e il suo contenuto sono in manutenzione. Chiunque sia interessato ad ulteriori informazioni può contattare Marco Milioni, l'amministratore del blog, all'indirizzo e-mail: mrk223@gmail.com

martedì 15 luglio 2014

Viva le sfumature

Durante le settimane passate ho letto con interesse le dichiarazioni di Giovanni Manfredini, avvocato di Roberto Meneguzzo, dominus di Palladio Finanziaria, una delle società finita nel vortice del caso Mose. Manfredini sui media è apparso pacato e riflessivo. Insomma una condotta che appare diversa da quella vibrante ed appassionata che lo stesso legale pareva serbare nei confronti del sottoscritto in processo per diffamazione a Trento in cui lo stesso Manfredini era legale di parte civile del querelante, il pubblico ministero vicentino Paolo Pecori. Viva le sfumature, verrebbe da dire.

Marco Milioni

giovedì 3 luglio 2014

Halilovic, confiscati i 100 mila euro dei nomadi

Confiscati i soldi dei nomadi. Quei 100 e rotti mila euro trovati su un conto corrente ora sono dello Stato. Lo ha deciso il collegio del tribunale di Vicenza, presieduto da Gianesini, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Ruberto con la misura di prevenzione patrimoniale. I giudici hanno invece restituito alla famiglia Halilovic il terreno di proprietà di strada Nicolosi, dove sorge il loro campo, come sollecitato dalle difese con gli avv. Rachele Nicolin, Chiara Bellini, Andrea Balbo e Lucia Maron. Si trattava infatti di un bene ereditato da più di 5 anni, e quindi non più aggredibile dallo Stato.
La notizia del sequestro aveva fatto scalpore. Quella famiglia di rom, che vive accampati fra camper e tende, senza servizi, è ricca sfondata. In qualche anno, dai conti correnti di padre e figlie è passato quasi un milione di euro. Da dove sono arrivati tutti quei soldi, visto che in dieci anni i tre hanno dichiarato al fisco redditi complessivi per 49 mila euro, neanche 5 mila l'anno? «Da proventi illeciti», era il legittimo sospetto. È per questo che la guardia di finanza, con un'intuizione investigativa del nucleo di polizia tributaria, aveva chiesto alla procura l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. Di fatto, il sequestro di quanto Ibrahim Halilovic, 45 anni, e le due figlie Zingara, 30, e Diana, 27, avevano nella loro disponibilità. I detective del tenente colonnello Fabio Dametto avevano trovato nelle scorse settimane 100 mila euro in un conto, e chiesto i sigilli per il terreno.
I tre Halilovic negli ultimi anni hanno aperto e chiuso 25 libretti di risparmio, attraverso i quali sono stati «movimentati» qualcosa come 953 mila euro. Ne sono rimasti attivi 4, tutti intestati a Zingara: tre non avevano soldi, nel quarto c'erano 100.622 euro. Che sono stati confiscati. Zingara, infatti, non lavora; sua sorella Diana ha un'attività di venditrice ambulante, ma non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi. Ibrahim, ha dichiarato neanche 50 mila euro in dieci anni. Cifre non compatibili con quanto trovato in banca.

da Il giuornale di Vicenza di mercoledì 2 luglio 2014, pagina 16