sabato 30 dicembre 2017

Cattolici tradizionalisti, la parola al Circolo "Christus Rex"

Matteo Castagna è un volto molto noto nel capoluogo scaligero. Spiega di avere fortemente voluto, era il dicembre 2006, la fondazione del Circolo "Christus Rex" «per estendere per estendere la militanza cattolica fedele alla Tradizione da parte dei laici da una dimensione meramente veronese a tutto il Nord-Est. Sono passati dieci anni da quel momento e in casa del circolo, spiega ancora Castagna è tempo di bilanci. «Ne è passata di acqua sotto i ponti, sono state organizzate moltissime iniziative pubbliche di testimonianza della Fede cattolica di sempre, ci sono state delle evoluzioni, a partire dall'abbandono dei lefebvriani nel febbraio 2009 e dei successi insperati grazie al contributo determinante per la liberazione della chiesa di San Pietro Martire, co-patrono di Verona, dai luterani».

Del suo circolo Castagna dice: «siamo un piccolo gruppo a cui incredibilmente, viene riconosciuto pure dai nemici, riescono grandi cose. Il motivo è che lavora per la Maggior Gloria di Dio, in maniera completamente disinteressata». Ma soprattutto sottolinea ancora il fondatore il gruppo «ha una capacità di rigenerarsi e di rialzarsi dalle cadute che stupisce anche me. Da noi non c'è posto per l'ipocrisia e per l'affarismo, come altrove, purtroppo. Cerchiamo chiarezza e ci sforziamo di darla, anche a costo di andare controcorrente.

Il Natale ricorda la nascita di Colui che cambiò il corso della storia, del Dio che si fa uomo» sottolinea nuovamente il responsabile che si dice pronto a rinnovare il suo impegno anche per l’anno a venire. Fulcro di questa attività sono la piattaforma web di Agerecontra.it e la sede in cui «operiamo come soci del Gruppo sportivi veterani veronesi» per la parte inerente le conferenze pubbliche e la formazione cattolica.

Matteo tu recentemente hai firmato un articolo molto duro nei confronti di papa Bergoglio, come mai?
«Sì, ho scritto quel commento perché Bergoglio è il momentaneo punto d'arrivo del nuovo corso iniziato al Concilio Vaticano II, svoltosi dal 1962 al 1965, che ha creato una nuova religione, una nuova Chiesa, una nuova liturgia».

Sarebbe a dire?
«Proprio Bergoglio infatti corre sulla scia del modernismo dei predecessori sino a Roncalli, con uno stile che spaventa perfino i suoi. Di più, i Sacri Palazzi sono occupati da oltre cinquant’anni da personaggi che vestono abiti cattolici, ma che cattolici non sono».

E perché mai?
«Costoro hanno manipolato il nostro credo di sempre trasformandolo in una ideologia ecumenista, mondialista, assai terrena, la quale non ha nulla a che vedere col Vangelo e che ha distrutto la Tradizione. E trasformato la gerarchia in una sorta di consiglio d’amministrazione col suo presidente e il suo presidente emerito».

Ma l’emerito è per caso un riferimento a Ratzinger?
«Mi pare evidente. Anzi, è sempre stato Ratzinger il deus ex machina di questo stravolgimento del cattolicesimo».

E voi di fronte a questa situazione come vi ponete?
«Noi constatiamo la vacanza della sede apostolica e l’evidente riduzione della dimensione visibile della Chiesa cattolica. Per questo rimaniamo dalla parte del piccolo gregge rimasto fedele, sparso e disperso nel mondo, in unione spirituale e filiale coi pochi vescovi e sacerdoti rimasti integralmente cattolici. Rimaniamo col nostro Presepe in cui Gesù è la Seconda Persona della Santissima Trinità e non un profugo. Maria è la Vergine Immacolata e Corredentrice. E Giuseppe, suo castissimo sposo, è il patrono della Chiesa fondata da Cristo su San Pietro, il quale non dialogava con gli eretici per legittimarli, bensì li convertiva predicando la Verità per la salvezza delle anime. E ancora Pietro pasceva le sue pecorelle, non si immolava per lo ius soli né baciava le mani ai rabbini».

Voi portate avanti da tempo una attività dottrinale ben conosciuta in città. É solo questo l’ambito della vostra presenza?
«Assolumente no. Ci occupiamo anche di sociale, soprattutto in sinergia con i Veterani veronesi coi quali tra l’altro quest’anno abbiamo collaborato alla stesura del bollettino relativo al 95esimo della fondazione dello stesso gruppo dei Veterani, presso la sede storica di Verona».

C’è solo il sociale quindi?
«No. In termini generali, tutti noi siamo per la restaurazione della Regalità Sociale di «Nostro Signore Gesù Cristo». A titolo personale, alcuni di noi si interessano alla politica. Il sottoscritto, ad esempio, è tra i sostenitori della nuova amministrazione comunale scaligera, più nel dettaglio ha supportato e supporta l’avvocato Andrea Bacciga eletto in consiglio comunale nella lista civica del sindaco Federico Sboarina. Assieme a Bacciga e diversi altri il 18 gennaio presenterò una conferenza dal titolo “Quando eravamo femmine...c’era la famiglia” che vedrà come ospite la scrittrice Costanza Miriano. Il tema sarà quello della famiglia naturale, in linea col Catechismo e con le direttive previste dal programma e ribadite in Consiglio comunale dalla nuova maggioranza di Palazzo Barbieri. Altri, fra i nostri, hanno optato e optano per scelte politiche differenti ma non contrastanti con lo spirito cattolico del gruppo. Tanto che si lavora sempre in armonia e amicizia. Infine ci sono anche coloro che non hanno alcun interesse per la politica ma si impegnano nella militanza cattolica o sociale di "Christus Rex"».

Matteo una tua immagine è apparsa durante una recente puntata di Piazza pulita su La7. In quel fotogramma eri ritratto assieme a padre Florian Abrahamowicz, noto al pubblico come prete lefebvriano legato ad alcuni gruppi di estrema destra e ad ambienti del Carroccio. Ma eri proprio tu?
«Sì ero io nel corso di una conferenza tenuta a Verona, ma nel 2012, quindi un tantino datata. Fino all’ottobre del 2014 il sacerdote in questione era il riferimento ecclesiale del circolo "Christus Rex". Ma dopo il 23 gennaio 2015 la maggior parte del gruppo ha completamente tagliato i ponti ed ogni genere di frequentazione».

E perché mai?
«Possiamo dire che i motivi sono tanti e variegati».

Per esempio?
«Dopo attenta riflessione, ci pare una contraddizione dottrinale pubblica non da poco dichiararsi sia lefebvriani che sedevacantisti».

Puoi spiegare meglio?
«Senza nulla togliere ai meriti che dopo il Concilio ebbe monsignor Lefebvre quanto al mantenimento dei principi tradizionali e della Messa di sempre, ma lo stesso Lefebvre, salvo qualche sporadica dichiarazione, non giunse mai alla posizione sedevacantista, come la nostra o come quella dichiarata a Monaco nel 1982 da Mons. Thuc. La nostra posizione, perfettamente compatibile col diritto canonico del 1917 è quella secondo la quale l’attuale Soglio pontificio è vacante dal 1958, data della morte di Pio XII, in quanto i suoi successori aderirono ad eresie manifeste, poi espresse nel Concilio vaticano II, decadendo da ogni Autorità o non possedendola perché invalidamente ordinati. Don Floriano, quindi, sembra tirar per la tonaca monsignor Lefebvre verso una posizione pubblica che non ebbe mai, generando confusione».

E ci sono anche ragioni non strettamente dottrinali?
«Purtroppo sì. Ci siamo resi conto infatti di tutta una azione pastorale completamente fallimentare, di un sostanziale abbandono della cosiddetta cura delle anime per rincorrere chissà quali altri interessi di natura temporale, commerciale e personale. Il fuggi fuggi di molti, in questi anni, ne è la testimonianza. Così come è evidente che tra noi c’è una profonda differenza nell’intendere l’etica pubblica, su più argomenti».

Ti riferisci all’affaire Paese, ovvero ad una storia di presunti abusi edilizi che riguardano la sua sala di preghiera in provincia di Treviso?
«Anche se mi viene un pochino da ridere, ovviamente sì. Quella questione non può che lasciare perplessi se non addirittura inquieti. Siamo di fronte alla storia di una bifamiliare acquistata con una parte dei soldi di una eredità di un defunto zio calabrese ed intestata ad una persona che in quello stabile vive assieme a padre Abrahamowich. Quel convivente risulta per di più uno studente, privatista, di seminario dallo stesso Abrahamowicz. E ancora, la sala di preghiera risulta essere un ex pollaio riattato a luogo di culto aperto al pubblico non si sa bene con quali autorizzazioni comunali. Ma il 2014 ha segnato un altro evento traumatico».

Quale?
«Si tratta di una e-mail da me ricevuta proprio nel 2014 in data 24 ottobre alle 9 e 24».

Chi era il mittente?
«Don Floriano. In quella e-mail don Abrahamowicz mi chiedeva di intercedere presso una persona influente, che sapeva essere mia amica, al fine di "rallentare le manette" ad un politico calabrese, che già risultava pubblicamente, a livello nazionale, e il don lo sapeva, rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Inoltre, di fronte alle mie allarmate richieste di spiegazione, non ottenni da Don Floriano, nonostante molte sollecitazioni da parte mia, alcun genere di spiegazione né ci fu nei confronti del sottoscritto alcuna presa di distanza da eventuali collusioni con ambienti particolarmente torbidi. Prendo atto che col 2018 fanno quattro gli anni di totale omertà, da parte sua...».

E chi sarebbero queste persone?
«Mi spiace ma al momento non intendo rivelarne l’identità per evitare di contrastare eventuali indagini in corso da parte delle autorità preposte».

Ma come mai di questa vicenda parli solo ora?
«A dire il vero chi di dovere era già pienamente al corrente di tutto ciò».

sabato 16 dicembre 2017

C'è il rischio 'ndrangheta, chiusa pizzeria

Il prefetto ha fatto scattare la prima interdittiva antimafia del Vicentino. Contro il rischio di infiltrazioni mafiose da parte della criminalità organizzata, il rappresentante del governo ha informato una società di Trissino, titolare di una pizzeria, che è stata poi chiusa. Il motivo va ricercato nei precedenti del titolare, un calabrese che vanta numerose condanne per reati gravi commessi in Calabria...

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domenica 3 dicembre 2017

BpVi, la Cassazione striglia Cappelleri

«BpVi, la procura ha sbagliato a ricorrere». É questo il titolo scelto da Il Giornale di Vicenza di oggi, che in pagina 14 pubblica un lungo servizio di Diego Neri anticipato da un lancio in prima pagina che lascia poco spazio all'immaginazione: «La Cassazione striglia la procura». La vicenda è quella arcinota dell'aggressione al sequestro di una parte dei beni degli indagati per l'affaire Banca popolare di Vicenza. Il quotidiano berico riporta un passaggio preciso del pronunciamento della Suprema corte: Lo scrivono i giudici della quinta sezione penale della Cassazione: la corte, presieduta da Stefano Palla, il 30 ottobre scorso ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura berica contro il provvedimento del giudice che, in maggio, aveva disposto il sequestro di 106 milioni di euro nell'ambito dell'inchiesta sulla Banca popolare di Vicenza, si era al tempo stesso dichiarato incompetente per territorio, ordinando di trasmettere gli atti a Milano, dove ha sede la Consob. In gennaio, si legge ancora nell'approfondimento, la procura aveva chiesto il sequestro di 106 milioni di euro, in merito all'ipotesi di reato di ostacolo alla vigilanza di Consob, a carico della BpVi, dell'ex direttore generale Samuele Sorato e del suo vice Emanuele Giustini. Il giudice Barbara Maria Trenti, il 18 giugno, aveva depositato un provvedimento in cui concedeva il sequestro preventivo, non per equivalente, ordinando però la trasmissione degli atti a Milano perché ravvisava la competenza territoriale nel capoluogo lombardo, dove hanno sede alcuni uffici Consob. La procura non aveva eseguito il sequestro ritenendo il provvedimento abnorme. E aveva presentato ricorso. Una circostanza che aveva scatenato la furia e le ironie delle associazioni dei risparmiatori, ma soprattutto la stizza dell'Anm.

Nel rigettare il ricorso proposto dalla procura berica, che rifletteva il pensiero del procuratore capo Antonino Cappelleri, gli ermellini hanno dato torto alla procura di Vicenza. Il GdV spiega questo passaggio così: «I giudici romani hanno dichiarato inammissibile il ricorso poiché hanno sostenuto che il provvedimento del giudice non è abnorme. In una ventina di pagine hanno precisato le ragioni per le quali hanno considerato non corretto il ragionamento giuridico del procuratore: di fatto, hanno precisato che è possibile, contrariamente a quanto ipotizzato, disporre un sequestro e dichiararsi incompetenti per territorio. Perciò, la decisione del gip non è fuori dall'ordinamento».

Nel passaggio successivo, assai duro, vengono anche citati alcuni passaggi vergati direttamente dalla Suprema corte. A questo punto, «il pubblico ministero avrebbe dovuto porre in esecuzione la misura e, quindi, trasmettere gli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente», ovvero Milano, «adeguandosi alla pronuncia... dando seguito al siologico sviluppo del procedimento e dando altresì modo, a seguito di eventuale impugnazione da parte dei soggetti interessati, al tribunale del Riesame, ed eventualmente alla Corte di Cassazione, di pronunciarsi». La procura era «tenuta ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice» e invece non lo ha fatto; sbagliando, per i giudici supremi. I quali, e questo è il passaggio che mette maggiormente in imbarazzo la magistratura vicentina, spiegano di non comprendere perché il pm abbia chiesto un sequestro e poi non lo abbia eseguito. Ad altri spettava, se del caso, impugnarlo.

Che cosa succederà a questo punto? Il Giornale di Vicenza tratteggia in questo senso uno scenario molto preciso. «Cosa accadrà ora? La settimana prossima è in programma un'altra udienza in Cassazione, per il ricorso presentato dal giudice di Milano, che una volta ricevuti gli atti si era detto a sua volta incompetente per territorio. La Suprema Corte dovrà decidere se il fascicolo per l'ostacolo alla vigilanza Consob ricada in Veneto o in Lombardia. Se tornasse a Vicenza, rientrerebbe probabilmente nel maxiprocesso che inizierà il 12 dicembre. In ogni caso, però, rimane il dubbio sui sequestri. Il provvedimento del giudice Maria Trenti, ora "riabilitato", è ancora valido? Deve essere rinnovato? E, adesso, cosa si può trovare in banca, dopo che il 25 giugno è stata posta in liquidazione coatta amministrativa da un decreto del governo?».

Marco Milioni

sabato 2 dicembre 2017

Fondo immobiliare comunale: Rucco Vs Variati

«Quella del fondo immobiliare... è un'operazione tardiva, imbastita a fine mandato da un sindaco che sa di non poter essere rieletto e quindi scarica sulla città la responsabilità dell'ennesima scelta sbagliata, invocando il consenso delle categorie economiche e dell'attuale maggioranza politica in Consiglio comunale». Sono questi passaggi fondamentali di una lunga presa di posizione del consigliere comunale di Vicenza Francesco Rucco, molto critico nei confronti della giunta di centrosinistra rispetto ad un progetto di valorizzazione immobiliare che vede coinvolta l'amministrazione e un gruppo privato. Della critica di Rucco dà ampio spazio oggi il quotidiano Vicenzapiu.com, il quale cita molti stralci della critica indirizzata dallo stesso Rucco alla giunta municipale di centrosinistra guidata dal sindaco democratico Achille Variati.