martedì 28 marzo 2017

Pfas, uno sciopero e una richiesta di danni da mezzo milione di euro sul capo della Miteni


Mentre una delegazione dei lavoratori della Miteni, oggi in sciopero, è partita in pullman alle 12,30 alla volta di Venezia per discutere con la giunta regionale della grave situazione che interessa lo stabilimento vicentino, sul tavolo della stessa giunta nonché della società arriva una richiesta di danni per mezzo milione di euro. Richiesta, inoltrata dalla associazione ecologista «La Terra dei Pfas» da mettersi in correlazione con il maxi caso di inquinamento da derivati del fluoro, i Pfas appunto, che dal 2013 ha pesantemente investito l’industria della Valle Agno nonché tutto il Veneto centrale.

LO SCIOPERO
Lo sciopero di stamani voluto da Cgil, Cisl e Uil si legge in una nota congiunta delle tre sigle è stato proclamato «a sostegno delle richieste più volte presentate all’azienda in termini di investimenti e piano industriale e per manifestare concretamente la forte preoccupazione dei lavoratori Miteni per le problematiche riguardanti la salute, la sicurezza, l’ambiente e l’occupazione... non solo come dipendenti ma anche come cittadini consapevoli dell’emergenza sanitaria ed ambientale che ha coinvolto la popolazione ed il territorio». Quanto alle adesioni gli organizzatori si dichiarano molto soddisfatti «visto che abbiamo toccato quota 80%» spiega Renato Volpiana, volto storico delle rappresentanze interne di Filctem-Cgil (nel riquadro un momento della manifestazione di oggi). Per questo motivo una delegazione di lavoratori nel pomeriggio incontrerà l’assessore regionale all’ambiente, il leghista Giampaolo Bottacin.

LA CITAZIONE
Di ben altro tenore invece è la citazione che nei confronti della stessa amministrazione regionale, in una con la Miteni spa di Trissino, è stata notificata dall’avvocato Giorgio Destro per conto de «La Terra dei Pfas». Si tratta di una richiesta danni, della quale il legale patavino ha dato notizia ieri con una stringatissima nota, per mezzo milione di euro per la quale l’estensore, almeno al momento, non concentra il suo interesse principalmente sul tema ambientale o su quello sanitario ma sul possibile danno morale patito in ragione del patema d’animo cui i potenziali esposti sono stati soggetti anche in ragione dello stillicidio di notizie che ha riguardato la vicenda.

Nell’impostare questa traiettoria Destro cita espressamente la Cassazione civile la quale con la sentenza 2515 del 21 febbraio 2002 ha stabilito che «in caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo, il danno morale soggettivo... transitorio turbamento psicologico... è risarcibile anche in assenza di danno biologico... lesione all'integrità psico-fisica... o di altro evento produttivo di danno patrimoniale» giacché l’essenza «del danno morale è lo stato di perturbamento psichico, da disagio e preoccupazione duraturi nel tempo».

Nella sua disamina Destro cita altre sentenze della Cassazione, ma il pronunciamento del 2002 è particolarmente stringente perché avvenuto a sezioni riunite per cui non può essere superato da altre sentenze, pur definitive, se non a sezioni riunite, oppure da una successiva norma dello Stato. Detto in termini semplificati la sentenza pronunciata quindici anni fa equivale ad una legge.


LA PROSPETTIVA
Tra le dieci pagine dell’atto redatto da Destro c’è però un altro passaggio importante: «La Regione Veneto, destinataria di tale Nota dell’Arpav, non emetteva alcun provvedimento a salvaguardia della collettività relativamente alle acque irrigue mentre per le sole acque potabili imponeva ai gestori delle acque interessati dalla vasta contaminazione di oltre 180 kilometri quadrati l’adozione di appositi “filtri a carbone”... oggi al centro di numerose critiche da parte dei sindaci dell’area a rischio, circa la loro effettiva efficacia temporale...». Parole precise che per il futuro fanno pensare ad una possibile nuova iniziativa sempre sul piano legale, che però potrebbe stavolta essere incentrata più sul merito sanitario-ambientale. La Terra dei Pfas peraltro sul piano giudiziario si era già mossa con una richiesta di sequestro in sede penale sia con una segnalazione al Csm per presunte inerzie della procura vicentina che sta indagando sul caso di inquinamento. Borgo Berga, non si sa se in replica al clamore suscitato dagli addebiti per una condotta reputata da certuni eccessivamente prudente, di recente aveva nominato quale super-consulente per l’inchiesta in corso il professore universitario britannico Tony Fletcher, considerato uno dei più grandi luminari al mondo il materia: una scelta molto apprezzata dalla sezione veneta di Isde medici per l'ambiente.

Marco Milioni

sabato 11 marzo 2017

L'ora X della Pedemontana Veneta: le carte esplosive del consulente di Zaia

Se non arriverà un aiuto per il concessionario della Pedemontana veneta ovvero la Sis c'è il rischio che quest'ultimo precipiti in una situazione di insolvenza. È questa, alla grossa, la conclusione alla quale giunge il professore Bruno Barel, uno dei tanti avvocati entrati nello team che assiste la giunta regionale del Veneto nella delicatissima partita del reperimento dei fondi per il completamento della Pedemontana.

Si tratta di un passaggio esplosivo non solo perché rende plasticamente l'idea della incapacità del soggetto privato di assumersi gli impegni precedentemente assunti con la Regione. Non solo perché descrive in qualche modo uno scenario che per la Sis che è l'anticamera del fallimento. Ma soprattutto perché tale passaggio dà forza, anche se l'estensore non sembra pensarla così, in modo definitivo alle tesi di chi sostiene che l'aumento della addizionale Irpef da 2-300 milioni (in tutto o in parte destinata alla Spv non conta) allo studio da parte del governatore leghista veneto Luca Zaia, possa configurarsi come una condotta tesa a togliere inopinatamente e con un danno per l'ente pubblico, le castagne dal fuoco ad un privato che non è stato in grado di rispettare i patti già assunti.

Per di più quel passaggio di Barel, che da mesi fa parte ormai de facto della guardia pretoriana di Zaia, se letto integralmente (Taepile.net può mostrarne in anteprima il testo integrale) rende ancora più efficacemente la situazione drammatica che in queste ore si sta vivendo a palazzo Balbi e a palazzo Ferro Fini, sedi rispettivamente della giunta e del consiglio, il quale alle brevi è chiamato a ratificare l'intesa voluta dall'esecutivo. Si tratta di parole che pesano come pietre: «Va anche presa in considerazione anche l'eventualità... non improbabile... che il concessionario venga di conseguenza a trovarsi in condizione di insolvenza, con l'apertura di una procedura concorsuale a suo carico e con possibili... e... probabili... ricadute pregiudizievoli sulle imprese subappaltatrici e sugli altri operatori che sono a vario titolo coinvolti nella realizzazione dell'intervento».

Il passaggio è delicatissimo per due motivi. Uno, a fronte di una tale enunciazione infatti un voto dell'aula potrebbe incappare non solo nelle maglie della giustizia erariale in ragione di un danno potenzialmente patito dall'erario pubblico in ragione di una sorta di salvataggio messa in piedi anche o solo per evitare la debacle del concessionario e dei subappaltatori. Due, la cosa potrebbe anche calpestare la norma penale se per esempio emergessero situazioni di convergenza fra gli interessi di chi a vario titolo sostiene l'intervento della Regione e gli interessi di chi in qualche modo dal salvataggio pubblico beneficerebbe in modo più o meno indebito. Il che non vale solo per la questione delle commesse, ma anche e soprattutto per quanto riguarda l'immane risiko urbanistico che, anche alla luce delle nuove norme regionali in tema di gestione del territorio, si sta materializzando attorno ai cento kilometri della Montecchio Maggiore - Spresiano tra le province di Vicenza e Treviso.

Questa girandola di circostanze ha messo in ambasce una parte del consiglio regionale, pure fra la maggioranza di centrodestra, soprattutto da quando a palazzo Ferro Fini si è sparsa la voce di una serie di denunce, anche penali, che sarebbero in arrivo. Alle quali si somma il  pesantissimo esposto indirizzato a Zaia da uno degli ex partner di Sis; esposto che nell'entourage del governatore ha prodotto ansie e apprensioni.

È vero d'altro canto che nel proseguo della sua relazione Barel invita l'amministrazione regionale a scendere in campo per sostenere de facto il privato, ma è altrettanto vero che il ragionamento del noto giurista trevigiano (insegna diritto internazionale all'Università di Padova) è molto centrato su una analisi di tipo prudenziale tesa a scongiurare, quello che ritiene essere il male minore e a evitare il contenzioso, piuttosto che a concentrarsi fino in fondo sulle responsabilità del privato. E per suggerire alla giunta il modo migliore per muovere contro lo stesso privato nelle aule giudiziarie.

Ad ogni buon conto detto in altri termini Barel non ragiona solo o in primis in termini di diritto ma compie una notevole digressione anche in termini di opportunità: una sfera che invece dovrebbe essere pertinenza della politica. Tanto che sembra lasciare sullo sfondo un principio base che governa o dovrebbe governare l'amministrazione della giustizia, della cosa pubblica, ma che dovrebbe essere soprattutto alla base di qualsiasi ragionamento etico-politico: il principio per cui chi è responsabile di qualsivoglia condotta difforme dal solco della norma deve pagarne sino in fondo le conseguenze.

Di questo iato comunque è consapevole lo stesso avvocato tanto che al punto cinque della sua digressione (protocollo 86026 in data 02-03-2017) è costretto ad estrinsecare il suo vero pensiero: «La gravità dello scenario delineato sopra, gravido di incertezze e rischi difficilmente stimabili, sia di ordine finanziario e giuridico, che di natura sociale ed economica, per la generalità dei territori e delle comunità, giustifica ampiamente ogni possibile tentativo di cercare rimedi alternativi». Un convincimento appena appena temperato dal passaggio successivo: «Naturalmente, ogni misura di riequilibrio del Piano economico finanziario... che costituisce parte integrante della convenzione di concessione... dovrà risultare conveniente per l'ente concedente, rispetto al rischio di domanda gravante sulla Regione in base al Piano economico finanziario originario, e compatibile con le risorse finanziarie pubbliche ragionevolmente disponibili o reperibili, in modo da non far ritenere preferibile... seppure in guisa di male minore... l'interruzione dei lavori, per quanto traumatica».

Ed è con questo ultimo passaggio che in realtà Barel propende per lasciare comunque l'ultima parola al decisore politico-amministrativo, ovvero giunta e consiglio. Per vero la disamina del docente, che è storicamente un consulente della Regione, porta con sé un vizio "filosofico". Visto che viene meno in questo senso il criterio per cui i migliori pareri si formano sempre in ossequio al contraddittorio tra parti contrapposte. A questa lacuna avrebbe potuto, almeno in parte visto che è comunque un soggetto legato alla amministrazione regionale, provvedere il nucleo di valutazione strategica, il Nuvv, il quale però, come già emerso dalle carte agli atti del Consiglio regionale non ha più di tanto fatto le chiose alle tesi del docente patavino.

Su tutto però rimane un'altra questione che in queste ore non è entrata nell'agenda ufficiale del dibattito, ma che sta invece prendendo corpo nei corridoi della politica veneta. Se la Spv andasse gambe all'aria, almeno nel suo percoso attuale, rischierebbe l'osso del collo solo la Sis, solo i subappaltatori o gli altri "subcontractor" o ci sarebbero rogne di ogni tipo per chi magari si è già indebitato con banche o altri enti per acquistare od opzionare aree oggi verdi sulle quali potrebbero poi svilupparsi altre previsioni di piano proprio in ragione del tracciato dell Spv? Che cosa intende Barel, che peraltro di mestiere fa anche il manager immobiliare con la società Numeria, quando parla di «generalità dei territori e delle comunità»? In questi giorni convulsi c'è qualche big della politica veneta o dell'imprenditoria alto di gamma che si trova fra l'incudine e il martello o peggio sotto ricatto? E se sì chi è?