martedì 10 dicembre 2019

Deregulation: il sequel «olimpico» del caso Mose e del caso Spv sarà un altro horror

Non sono di poco conto gli interrogativi e le accuse messe nero su bianco ieri dal Covepa in materia di infrastrutture, soprattutto in relazione agli sviluppi che l'affaire Superstrada pedemontana veneta potrebbe avere in relazione a due grandi eventi come i mondiali invernali di Cortina, ma soprattutto i giochi giochi invernali noti come olimpiadi Milano Cortina. Ora non appena si è saputo che questi ultimi si sarebbero tenuti in Italia tra i soliti volti della politica c'è stato un florilegio di dichiarazioni: "non ricorreremo a scorciatoie, saranno usate le procedure ordinarie, basta commissari, saranno lavori ecosotenibili e light". Sta di fatto però che i big della politica veneta dopo l'approfondimento pubblicato ieri su queste colonne sono rimasti in silenzio.

Un silenzio innaturale, che fa venire il sospetto che una verve così «enviroment friendly» più che altro celi un imbarazzo. L'imbarazzo di chi tra poche settimane, specie in relazione alla necessità di realizzare le infrastrutture a supporto delle olimpiadi (leggi autostrade, superstrade, strade pedemontane o meno che siano), senza la minima memoria, senza la minima vergogna dirà: "Caspita non c'è tempo, servono le infrastrutture per i giochi: chiediamo soldi e soprattutto procedure semplificate con i commissari straordinari".

E così vedremo l'ennesimo sequel del Mose e della Spv. Due film dell'orrore in cui l'allentamento dei controlli dovuto alle procedure sprint si materializza in un cavallo di Troia nel cui ventre oscuro stanno già acquattati interessi più o meno confessabili, otri più o meno putrescenti di tangenti e di scempi tanto ambientali quanto finanziari. Ad ogni modo basterà attendere poco, entro metà febbraio, se la salivazione non si arresta, i big dei giochi invernali varcheranno il Rubicone chiedendo di allentare i controlli, di rimettere in pista i commissari, di fare come con l'Expo di Milano, le cui vicende performance giudiziarie sembrano finite in soffitta. E c'è da scommettere che nessuno fiaterà e che nessuno, tranne qualche mosca bianca dirà che si tratta di una iattura: perché la deroga sempiterna è il primo passo verso l'abisso. Basti pensare quanto «il modello Expo» fu sinonimo di tangenti, tanto per rimandare ad un caso relativamente recente.

Ai veneti il Mose avrebbe dovuto dire pur qualcosa. Li avrebbe dovuti mettere «un ninin in guardia». Sui pericoli che si nascondono dietro dietro il meccanismo della deroga infinita andrebbe imparata a memoria una analisi molto ficcante scritta da Laura D'Ambrosio, un magistrato della Corte dei conti che l'argomento lo padroneggia alla perfezione. «La vicenda legislativa è in sé peculiare. Il legislatore, infatti, è intervenuto sulla base di un’iniziativa privata, individuando opere e  finanziamenti: il Consorzio Venezia Nuova, all'epoca, chiedeva ed otteneva l'intervento di legge sulla base del progetto presentato dallo stesso Consorzio. La legge stabiliva che la realizzazione del progetto potesse essere affidata a trattativa privata ed in deroga a tutte le disposizioni vigenti a un soggetto ritenuto idoneo. Senza nessuna sorpresa, la procedura di affidamento vedrà poi vincitore lo stesso soggetto... il Consorzio... che aveva assunto l’iniziativa: un corto circuito politico e legislativo di cattura del regolatore, che aveva pesanti risvolti finanziari. Si può dire che lo scandalo del Mose sia cominciato da quella vicenda». Basterebbero queste poche parole ispirate in primis dal buon senso e poi dalla conoscenza delle norme, a consigliare ai «decision maker» di stare alla larga dalle scorciatoie, visto che l'unica accelerazione che producono è quella sulla strada del malaffare. Tuttavia anche le parole di D'Ambrosio, la sua riflessione è stata pubblicata su Diritto&conti.it non più tardi della fine di novembre, sono fino ad oggi rimaste in silenzio. E magari qualcuno le ripescherà tra qualche decennio quando l'opinione pubblica, più o meno ipocritamente, si starà stracciando le vesti per qualche altro scandalo.

Rimane da capire di quali peccati si sia macchiato il Veneto per meritare quello che dalla fine degli anni Settanta sta patendo sul piano ambientale, ma no solo ambientale. Più che leggi e controlli severi qui serve una benedizione, anzi un esorcismo.

Il caso Paese, un caso da strapaese

(m.m.) Le cronache di qualche settimana fa hanno riportato della condanna per abuso edilizio in Via delle Levade 9 a Paese piccolo comune a ridosso del capoluogo della Marca, nei confronti del collaboratore di don Floriano Abrahamowicz, quest'ultimo già espulso nel 2009 dalla Fraternità di Lefebvre e noto per le sue  pubbliche affermazioni controverse sull'utilizzo dei campi nazisti. Nel 2014 il religioso costruì un prefabbricato nel giardino di casa, adibendolo a chiesetta. A seguito delle rimostranze di alcuni vicini, il Comune di Paese, nel Trevigiano, intervenne e ordinò la rimozione del manufatto, denunciando l'abuso in procura. Dopo cinque anni anni, in primo grado, un uomo molto vicino a Don Floriano è stato condannato a un mese e a mille euro di ammenda nella sua veste di intestatario del bene immobile. 

L'allora giunta leghista (capitanata dal sindaco del tempo, ossia Francesco Pietrobon) fu informata di un ulteriore e curioso fatto che, nell'estate del 2016 è stato riportato da Il Gazzettino e successivamente approfondito dal quotidiano Vvox.it in più articoli. Il prete, sospeso a divinis dal Vaticano, che negli anni ha comunque visto ridurre drasticamente il suo seguito, così sostengono i suoi critici, assieme al suo prestanome non si sono dati per vinti e, subito dopo la demolizione della baracca hanno realizzato la chiesa a pochi metri, dentro il magazzino-deposito vicino alla ferrovia. 

Dal 2014 ad ora, quindi, le funzioni non hanno mai smesso di svolgersi in luoghi adibiti ad altro. La reiterazione della condotta è stata in qualche modo constatata dall'amministrazione Pietrobon, che, però, in questo secondo caso si è stranamente fermata. Pur essendo ancora più evidente il presunto abuso edilizio, perché il ripostiglio è stato visitato dalla polizia municipale, che ha trovato: altare, banchi, statue, arredi liturgici. Pressoché ogni domenica alle 10.30 la messa viene trasmessa in diretta sul canale YouTube dell'italo-austriaco Floriano e si vedono chiaramente la celebrazione, i chierichetti, i fedeli che tutti insieme «officiano la Comunione». 

A onor del vero, anche in questo caso, nel 2017, alcuni vicini avrebbero fatto presente al comune quella che veniva percepita come una anomali, soprattutto per un'amministrazione leghista, che ha sempre fatto di un cavallo di battaglia quello della corrispondenza tra i luoghi di culto e l'effettiva destinazione d'uso. E tant'è che a mezza bocca nella cittadina dell'hinterland trevigiano la vulgata che circola di bocca in bocca suona così: "parrebbe logico che quel che vale per quelle cellule islamiche dovrebbe valere per ogni confessione, anche quelle lefebvriane amiche dell' ex Capitano delle SS Erick Priebke". Ma l'allora giunta Pietrobon, a quel che emerso, non se la sentì di procedere con un'ulteriore denuncia in Procura e accettò per buono il «chiarimento» del lefebvriano espulso «perfino dai suoi superiori», che si giustificò dicendo che le persone possono pregare dove vogliono. 

Epperò le leggi vigenti non la vedrebbero propriamente come il pastore austro-italiano con un fratello che per anni è stato rettore della Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, perché non è consentito realizzare un luogo di culto aperto al pubblico, in un deposito-magazzino riadattato con legno e paramenti. Chissà se il nuovo sindaco Katia Uberti in una con la nuova giunta vorranno prendersi carico del caso, anche alla luce dell'interrogazione depositata in merito alla vicenda dal consigliere regionale veneto Andrea Zanoni (Pd), perché il principio di legalità vale per tutti e la reiterazione di certe condotte, in questo caso in materia di edilizia privata, sa tanto di presa in giro delle istituzioni democratiche: piaccia o non piaccia a don Floriano lo stato di diritto è una delle basi del vivere comune.

lunedì 9 dicembre 2019

Olimpiadi invernali, altri fondi per la Spv? Il Covepa: «Smascherati i giochetti»

(m.m.) «Io credo che settori sempre più ampi delle categorie produttive del Vicentino e del Trevigiano si stiano ricredendo sulla reale utilità della Spv. I mal di pancia di questa situazione ormai si percepiscono in nuce anche sui media più vicini al sentiment degli imprenditori». A parlare in questi termini è Massimo Follesa, portavoce del Covepa, una associazione che da anni si batte contro la Superstrada pedemontana veneta, la quale non più tardi di ieri sul proprio profilo Facebook ha pubblicato una nota molto puntuta. «La fine dell'anno si avvicina, l'anno venturo è dietro l'angolo. Secondo i palafrenieri della Spv - si legge - il 2020... dopo una serie infinita di rinvii a mezzo Zaia, l'opera avrebbe dovuto essere completata entro il 2020... E invece... la data si allontana ancora di più anche se qualcuno cerca di fare passare la cosa come un avvicinamento del traguardo...». Si tratta di parole precise che secondo il Covepa ben descrivono il clima di grande incertezza che si respira a palazzo Balbi e più in generale alla Regione Veneto, il concedente della Superstrada pedemontana veneta meglio nota come Spv. Tra gli argomenti con cui il Covepa attacca palazzo Balbi c'è anche la questione delle olimpiadi invernali tra Milano e Cortina, che secondo Follesa, «come previsto», potrebbero essere usate come scusa per finanziare quella parte dei lavori di Spv che ancora manca all'appello.

Dunque perché voi del Covepa ieri avete deciso di uscire con una nota tanto piccata?
«Non più tardi di due giorni fa il GdV ha pubblicato uno speciale in cui si fa presente che stando ai massimi dirigenti di palazzo Balbi l'opera sarebbe in dirittura d'arrivo anche se poi nel medesimo servizio si spiega che dovrebbe essere inaugurata, il condizionale è d'obbligo al 2021 o addirittura molto oltre».

E quindi?
«Beh, si tratta dell'ennesimo annuncio buono per indorare la pillola. Dopo l'ennesimo rinvio durante quest'anno i giannizzeri della Regione Veneto avevano spergiurato che sarebbe stata pronta nel 2019, poi nel 2020, ora nel 2021 se non assai più avanti. Mi viene da ridere. Chi si ricorda gli squilli di tromba che parlavano della prossima inaugurazione nel 2016?».

Ma che cosa significa Pedemontana pronta?
«Ecco questa è una bella domanda».

Perché?
«Perché la corte dei miracoli del governatore Luca Zaia continua a spiegare che per lorsignori per opera si intende il collegamento tra Spresiano nel Trevigiano e Montecchio Vicentino».

E invece?
«E invece per Spv inaugurata, pronta e tutta fungibile si deve intendere il collegamento più tutta la viabilità accessoria. Cioè le strade che servono a farci entrare le macchine in Spv. Ecco questo è realizzato solo in minima parte fermo restando il fatto che questo ultimo pacchetto come per incanto è stato scomputato al concessionario».

Cioè?
«I patti iniziali erano che il concessionario, ossia la Sis, vale a dire il soggetto che ha il compito di realizzare e gestire l'opera si occupasse di tutto. Poi in sede di progetto esecutivo è giunto il regalino della Regione. Un cotillon che vale qualche centinaio di milioni di euro. Sommetta che qualcuno dovrà prima o poi pagare».

Voi del Covepa pensate che sarà la collettività? Sul GdV di due giorni fa si parla di Spv come strada a servizio delle prossimi olimpiadi invernali quelle note come Cortina-Milano. Come stanno le cose? La cosa potrebbe avere risvolti strani come peraltro è già emerso?
«Ecco quel servizio è la riprova che qualcuno tra i cosiddetti stakeholder proverà a bussare alla porta di Pantalone Stato, alla faccia del liberismo di certi tycoon e dell'autonomismo tanto caro a Zaia e ai suoi aficionados al prosecco».

Quale è la questione di fondo?
«La questione di fondo è che questo trucchetto da mercato delle pulci, non solo da noi, era stato sgamato con molto anticipo. Conosciamo i nostri polli e le nostre pollastrelle fin troppo bene. Sono pavlovianamente prevedibili. Abbiamo già smascherato i loro giochetti».

Sì però Zaia sostiene che la maggior parte dei veneti sia a favore della Spv. O no?
«La maggior parte dei veneti pensa quello che i media mainstream per anni hanno scritto, dando spazio in modo acritico alle filastrocche dei poteri costituiti. Se a quattro anni credi a Babbo natale va bene, me se ci credi a quaranta allora c'è un problema nel contesto familiare. Ora, guardiamo a che cosa succede al GdV. Due giorni fa il quotidiano di Confindustria, la quale da sempre è per la Spv senza se e senza ma, pubblica uno speciale che è chiaramente stato pensato per arginare il dissenso nei confronti della stessa Spv. Dissenso che molto probabilmente è stato manifestato o durante un incontro al quale aveva partecipato Luca Romano o prima. Romano per inciso è il presidente di un think tank della valle dell'Agno molto vicino alle forze produttive. È lo stesso Luca, che in passato aveva peraltro professato il suo scetticismo su alcuni aspetti della Spv a far capire che l'opera ha da farsi, punto. Il giorno dopo sempre sul GdV è la di lui compagna, Franca Porto, dico compagna perché manco ricordo se siano sposati o meno, a incensare la Pedemontana. Ma è mai possibile?».

Come va valutato questo uno-due mediatico?
«Mi scompiscio dalle risate. Prima o poi vedremo i due incensare la Pedemontana in tv ad Affari di famiglia? Faccio presente che la Porto fu segretario veneto della Cisl, un sindacato che assieme alla Uil si è speso a favore della Spv in modo tanto acritico quanto mefiticamente vergognoso».

Ma come si giustificherebbe tanto attivismo mediatico allora?
«Mi tocca ripetermi. È chiaro che durante o prima l'evento conviviale di cui parla il GdV di due giorni fa qualche big più o meno di peso del mondo produttivo dell'Ovest vicentino deve aver fatto notare una cosa molto semplice».

Parliamo del tunnel tra Castelgomberto e Malo che non si quando finisce?
«Appunto. Non dimentichiamoci che pochi mesi fa fu l'allora ministro degli affari regionali, tale Erika Stefani della Lega, a decantare le meravigliose sorti progressive della Spv. Ora che il tunnel rimane, al momento, un miraggio e ora che di conseguenza la valle dell'Agno è tagliata fuori dalle cosiddette prospettive di sviluppo in connessione col resto dell'opera, prospettive le quali altro non sono che affari più o meno commendevoli, allora qualcuno giustamente deve aver sollevato delle obiezioni».

Che cosa potrebbe avere rimarcato questo ipotetico contestatore?
«Alla grossa qualcuno avrà detto: ma allora avevano ragione quei matti del Covepa i quali sostenevano come fosse meglio non includere la valle dell'Agno nel tracciato della Spv. avevano ragione quei matti, che assieme a pochi altri sostenevano che il collegamento già ci fosse e che era costituito dal tunnel Valdagno-Schio e che sarebbe stato sufficiente rimettere in ordine la attuale statale 246 dotandola di due corsie per ogni senso di marcia».

E più a est verso il Bassanese?
«Più a est al posto di scassare mezzo Veneto sarebbe stato sufficiente risistemare a dovere la Gasparona costruendo ex novo solo quando necessario, avendo cura di interfacciare il percorso con le ferrovie, cosa che lorsignori non hanno voluto prendere in considerazione non solo in funzione della loro voracità ma anche della loro ottusità nonché arretratezza mentale».

Morale della favola?
«La dico in dialetto veneto. In vale de l'Agno co' la merda salta in scagno o la fa spussa o la fa dano. Ecco questa è la classe sociale degli articolo quinto: chi ga' i schei, ma no el serveo, ga' vinto. E poi c'è un'ultima questione da tirare in ballo».

Quale?
«Mi sono rotto le palle di sentire che il casello Spv di Alte-Montecchio non si farà per chissà quali motivi».

Per motivi burocratici sostengono i fautori dell'opera a partire dal sindaco di Montecchio Maggiore il leghista Gianfranco Trapula. Vero o no?
«Non  è vero un cazzo. Smettiamola con questa stronzata. Il casello di Alte, che dio solo sa come verrà concepito, è stato tenuto fuori dal progetto esecutivo solo perché quest'ultimo doveva essere approvato in fretta e furia pena la perdita del contributo pubblico per la realizzazione della Spv. Chi sostiene la tesi dell'impiccio burocratico o è un demente o parla in mala fede. Queste persone vanno trascinate per le orecchie in piazza ed esposte al pubblico ludibrio: in castigo dietro la lavagna. Questi sono dei somari e la loro ignoranza è ancora più grave della loro malafede. Noi comunque siamo sempre disponibili al confronto pubblico».

Per esempio?
«Se qualcuno nel mondo produttivo ha in mente di sedersi su una sedia davanti a noi per un confronto pubblico, magari per capire se c'è qualche piccolo spiraglio per salvare il salvabile: a noi la parola non manca».

sabato 7 dicembre 2019

San Dalmazzo, tra eversione di destra e sequestri

Il 29 novembre, agenti della polizia italiana di Digos e Ucigos di Genova nonché di Enna in una con la polizia francese a Saint-Dalmas-de-Tende hanno completato un'operazione congiunta per la ricerca di armi e documentazione nelle case e nelle dipendenze afferenti di «Leon»: ossia dell'italiano Pasquale Nucera, un uomo già noto ai media italiani come pentito della mafia calabrese ovvero la 'ndrangheta. La polizia ha trovato una carta «custode del pax», un corpo della polizia d'oltralpe, con il nome Nucera stampigliato: un tesserino del Ministero degli Interni francese, direzione generale della polizia nazionale, col progressivo 2105606. Sono stati trovati anche diversi tra fucili e pistole.

La notizia da giorni sta riempendo le colonne delle cronache nazionali italiane. Molti giornali, tra cui La Stampa di Torino, si stanno occupando della vicenda. La testata investigativa Fanpage.it descrive Nucera come una persona collegata ai servizi segreti. Fonti del Ministero degli Interni di Roma riferiscono che nelle ultime ore sono proseguite le indagini su altre rotte.

Secondo un articolo di Sanremonews.it, le indagini hanno interessato le province di Imperia, Enna, Siracusa, Milano, Monza Brianza, Bergamo, Cremona, Genova, Imperia, Livorno, Messina, Torino, Cuneo, Padova, Verona, Vicenza e Nuoro . Particolare nella storia della scoperta del tesserino. Alcuni giornali parlano di un documento falso. Tuttavia, Imperiapost.it indica più o meno chiaramente,  che il documento potrebbe essere autentico, mentre il timbro potrebbe essere falso. Anche il Corriere della Sera, il più grande quotidiano italiano, ha dedicato molto spazio alla storia.

Saint-Dalmas-de-Tende, subversion de droite: des nouvelles fouilles et saisies d'armes

Le 29 novembre des officiers de la police italienne Digos et Ucigos de Genova (Gênes) et de Enna avec des policiers français à Saint-Dalmas-de-Tende ont terminé une opération conjointe pour chercher des armes et de la documentation dans les maisons et les dépendances «de Leon»: l'italien Pasquale Nucera, homme déjà connu par les médias italiens comme repentant de la mafia calabraise. Les policiers ont trouvé una carte de «guardien de la pax» avec le nom Nucera: une carte du  ministère français de l'intérieur, direction general de la police nationale, numéro «2105606», avec plusieurs fucils et pistolets. La nouvelle fait sensation depuis des jours en Italie. De nombreux journaux, dont La Stampa de Turin, traitent de l'affaire. Le journal d'investigation Fanpage.it décrit Nucera comme une personne liée aux services secrets. Des sources au sein du ministère de l'Intérieur à Rome rapportent qu'au cours des dernières heures, les enquêtes se seraient également poursuivies vers d'autres voies. Selon un article de Sanremonews.it, les enquêtes ont touché les provinces d'Imperia, Enna, Syracuse, Milan, Monza Brianza, Bergame, Crémone, Gênes, Imperia, Livourne, Messine, Turin, Cuneo, Padoue, Vérone, Vicence et Nuoro. Particulier dans l'histoire de la découverte de la carte. Certains journaux parlent d'un faux document. Cependant, Imperiapost.it indique plus ou moin clairement que le document pourrait être authentique, tandis que le cachet pourrait être faux. Même le Corriere della Sera, le plus grand journal italien, a consacré beaucoup d'espace à l'histoire.

lunedì 18 novembre 2019

Venezia, per le partecipate comunali la querelle è infinita

Mentre la città di Marco Polo continua a fare i conti con i rovesci climatici e con le polemiche sul Mose, a Venezia l'aria si fa rovente pure per la questione dei ventilati conflitti di interesse in capo alla giunta e in special modo all'assessore al bilancio Michele Zuin. Da sempre vicino al parlamentare azzurro Renato Brunetta, già nel 2012 da semplice professionista Zuin finisce in una querelle a sfondo politico a seguito di una inchiesta pubblicata da ilfattoquotidiano.it in data 6 luglio 2012. In quel servizio a firma di Alessandro Ferrucci e Ferruccio Sansa compare anche il nome di Maurizio Zuin, fratello di Michele,  come lui stimato commercialista nel capoluogo veneto.

UN IMPRENDITORE A CA' FARSETTI
Il tempo passa. Quattro anni fa in laguna alle amministrative si impone l'imprenditore «civico e fuchsia» Luigi Brugnaro (dominus di Umana group e della Reyer basket) che sconfigge sonoramente il centrosinistra. Michele Zuin, considerato da detrattori ed estimatori il cervello del primo cittadino, viene collocato da quest'ultimo all'assessorato al bilancio e alle partecipate: un posto di prestigio che sovrintende a questioni capitali per Venezia, sia in termini economici che strategici.

IL VESPAIO
In realtà di acqua sotto i ponti dal trionfo politico di Brugnaro ne è passata. Il primo cittadino e la sua giunta sono alle prese con le prossime consultazioni durante le quali si deciderà se Venezia si separerà o meno dalla terraferma. Il referendum, ne erano stati tenuti altri, per la prima volta ha un esito incerto e l'opzione di una città insulare che rimanga attaccata alla terraferma stavolta appare meno certa. E così in un clima arroventato sui social network e pure in Tv (basti pensare a quanto accaduto recentemente su Rete Veneta) l'esecutivo cittadino è finito nuovamente al centro della querelle politica. Sono partire alcuni riferimenti più o meno velati, più o meno di rimbalzo, all'indirizzo della figura di Maurzio Zuin che ricopre la qualifica di membro del collegio dei sindaci di Actv, la controllata comunale che gestisce il trasporto locale.

ROVETO ALILAGUNA
In realtà nella galassia dei trasporti pubblici acquei nel comprensorio veneziano, tra le società che in qualche maniera hanno un filo diretto col comune di Venezia non c'è solo Actv, ma c'è pure Alilaguna. Si tratta di una spa che nata pubblica si è accaparrata il monopolio (o quasi) su alcune rotte molto ghiotte sul piano della utenza, salvo poi divenire privata negli anni. I detrattori parlano da tempo di leviatano societario, tuttavia negli anni il roveto di interessi interconnessi che ruotano attorno ad Alilaguna non è stato scalfito nonostante la voce grossa dell'Antitrust. Ma chi controlla Alilaguna? Stando agli archivi camerali, al 26 gennaio 2018, la società è controllata da Società investimenti turistici Venezia (abbreviazione Situv). Una spa in cui, sempre stando ai documenti della Camera di commercio di Venezia aggiornati al 26 gennaio 2018 tra i revisori dei conti figura ancora Maurizio Zuin

Ma c'è un'altra particolarità che rende alcune imprese veneziane un club particolarmente ricco di connessioni alto di gamma. Se si scorre l'elenco degli sponsor della Rayer basket (nell'aggiornamento del gennaio 2018) si può notare come tra gli stessi sponsor del club cestistico ci siano in buona compagnia, con il gotha della imprenditoria veneta e non solo, Alilaguna e il Gruppo Veritas. La prima è da anni (anche prima dell'avvento di Brugnaro a ca' Farsetti) al centro di una querelle sulla gestione monopolistica di alcune rotte. La seconda costituisce il gigante che da lustri altro non è che il braccio operativo di ca' Farsetti nel ramo ambientale e in quello energetico (ma non solo). Veritas peraltro da tempo immemorabile viene accusata di essere un moloch inscalfibile che segue una politica industriale e economica poco coerente con la sua mission che dovrebbe essere quella di fornire alla migliore qualità e al minor costo alcuni servizi essenziali alla cittadinanza. Il fatto che il destino di Alilaguna sia in qualche modo legato a quello del Comune il cui sindaco è da anni indissolubilmente legato alla stessa Reyer anche sul piano politico amministrativo (si pensi alle polemiche sull'affaire Pili-pala Reyer) ha dato modo ai critici dell'amministrazione Brugnaro di alzare la voce in più di una occasione.

LA REPLICA DELL'ASSESSORE
Ma la giunta che cosa ne pensa? Michele Zuin è categorico: «La mia condotta sia come professionista sia come assessore è sempre stata trasparente e rispettosa delle regole. Non accetto illazioni da parte di chicchessia circa l'operato mio e della giunta della quale faccio parte. Lo stesso dicasi nei confronti di mio fratello che un professionista serio e stimato».

Poi un'altra considerazione: «Le critiche che ogni tanto spuntano di qua e di là le respingo al mittente. Anzitutto perché mio fratello fa il revisore dei conti, non è un amministratore, non occupa certamente incarichi diretivi o gestionali. Secondo perché lui occupava quei ruoli ben prima del mio arrivo in giunta». E se Zuin si dice convinto della bontà del suo operato e di quello del fratello in termini di rispetto delle norme, anche sul piano della opportunità degli incarichi oggi in capo al fratello, l'assessore ritiene che non ci siano conflitti di interesse: «Non c'è alcuna ragione perché su quegli incarichi si possa addensare la minima ombra. La figura del revisore dei conti è una figura prevista dall'ordinamento che vaglia la congruità dei bilanci, bilanci che a loro volta sono vagliati da un organismo terzo ossia da una società di revisione. Di che cosa stiamo parlando quindi?». Poi un'ultima considerazione: «Rispetto a certe polemiche finite di recente sull'etere si sappia che sto valutando se adire alle vie legali».

giovedì 12 settembre 2019

Bottacin e i Predatori del tempo


(m.m.) Con un roboante comunicato dato in pasto ai media poche ore fa l'assessore all'ecologia della Regione Veneto, tale Gianpaolo Bottacin della Lega, ha bacchettato l'attuale governo addebitando al ministro dell'ambiente Sergio Costa un colpevole ritardo nella approvazione dei nuovi limiti in materia di derivati del fluoro, i Pfas. Ancora, l'assessore auspica che la fissazione di nuovi limiti ponga le basi per un esito «favorevole nel processo» che sta per cominciare a Vicenza. Ora Bottacin, noto scienziato del diritto, forse non ricorda che per Costituzione la norma penale non può essere retroattiva. Detto in modo semplice, in modo tale che la sua giunta possa capire, se un tale comportamento oggi non è sanzionato penalmente, se la norma cambia io non posso essere essere considerato colpevole per ciò che ho fatto in passato quando una determinata condotta non era reato. Detto ancora più terra terra... Se, facendo un esempio ipotetico, oggi non è reato dare dell'idiota ad un politico e tra due mesi la norma penale stabilisce che se tu dai dell'idiota a un politico anche se lo è veramente, ti becchi un mese di galera per diffamazione, non è che puoi andare al gabbio se quel giudizio su quel politico lo hai espresso prima che la norma entrasse in vigore. Non occorre essere dei giuristi, basta un minimo di logica. Se poi per favorevole Bottacin, in un clamoroso lapsus freudiano, intendesse favorevole agli indagati allora la cosa diverrebbe esilarante. Perché se mentre tizio è sotto processo interviene una norma che alleggerisce la sua posizione penale allora sí che la retroattività ha valore. Quindi sarebbe bene che l'assessore facesse un piccolo sforzo in termini di anali-si logica e spiegasse da che parte sta. Di più, se tra una visione di Ritorno al futuro e una puntata dei Predatori del tempo, l'esimio ci spiegasse come cavolo sia stato possibile che dalla deflagrazione dell'affaire Pfas la sua Regione non sia ancora riuscita a distillare un ordine di bonifica a carico della Miteni «super rigoroso» come lo stesso Bottacin in uno dei suoi tanti penultimatum annunciò in più occasioni saremmo tutti più contenti. 

Tuttavia l'esimio Bottacin ne aggiunge un'altra. Afferma spavaldo che la Regione si è già costituita parte civile nell'ambito del procedimento. Bene, l'avvenuta costituzione di parte civile la può decidere solo il giudice poco prima dell'inizio del processo. La Regione può annunciare di volersi costituire parte civile. È assai probabile che il giudice acconsentirà in tal senso (sempre che gli avvocati di palazzo Balbi non si dimentichino di presentare le carte come fecero per il processo Zonin), ma intanto quello della Regione può essere solo un annuncio, motivato quanto si vuole ma annuncio.

E poi veniamo alla ciccia. I limiti sui Pfas. Qui la politica è tutta meritevole di una bella bacchettata. Da destra a sinistra, vecchie e nuove maggioranze. Per abbassare i limiti ad una soglia prossima allo zero non serve una procedura ministeriale. Basta una legge. La maggioranza Lega M5S avrebbe potuto approvarla in un batter d'occhio. E non lo ha fatto. Ora questa possibilità ce l'ha la nuova maggioranza costituita da Pd e M5S. Ma poiché quando si legifera in questo senso gli interessi dell'industria si fanno sentire e come, scommettiamo che il parlamento non normerà comunque o normerà all'acqua di rose? Ad ogni buon conto possiamo dormire tranquilli. A dronte di ogni sopruso ambientale dobbiamo contare su Bottacin che con un salto retroattivo nel tempo normerà ex post la condotta di ogni cattivone deciso ad avvelenarci. Bottacin con il gatto Doraemon e il Mago pancione sono dalla nostra. Che culo...  

mercoledì 17 luglio 2019

Che cosa dicono i boschi un anno dopo l'uragano Vaia

(m.m.) Ieri Vicenzatoday.it ha pubblicato un reportage incentrato sulla giornata organizzata dal coordinamento Insilva tra i boschi del Vicentino e quelli del Trentino. L'iniziativa che domenica 14 luglio 2019 ha avuto luogo anche grazie al supporto del Cai di Recoaro, di Legambiente Valle Agno e del rifugio di Campogrosso (che ha ospitato i relatori e gli artisti coinvolti), ha affrontato il tema dei postumi che il Nordest sta ancora affrontando dopo l'uragano Vaia abbattutosi sulle Venezie poco meno di un anno fa.

Il servizio di Vicenzatoday.it (disponibile anche in formato pdf stampabile) costituisce una panoramica a volo d'uccello sull'evento di ieri, ma per coloro che sono interessati ad approfondire il problema da un punto di vista tecnico-scientifico ci sono le audio-interviste realizzate in loco a Paola Favero (scrittrice, già comandante del reparto di biodiversità dei boschi del Cansiglio), Marco Bardiani (entomologo e ricercatore presso il centro nazionale di biodiversità di Bosco Fontana, nella omonima riserva statale in provincia di Mantova), Tommaso Anfodillo (professore di ecologia forestale all'università di Padova), Anselmo Cagnati (già dirigente del servizio meteorologico di Arpav e grande esperto di precipitazioni nevose) e al colonnello Alessandro Bottacci, responsabile dell'Ufficio nazionale per la biodiversità del Corpo forestale dello Stato, oggi Corpo dei carabinieri forestali.

L'iniziativa avrà un seguito per così dire gemello, sempre in provincia di Vicenza il 27 ed il 28 luglio 2019 a Roana e Mezzaselva. Sulla medesima falsa riga c'è poi «Boschidicarta», ovvero «La festa della editoria di montagna», una tre giorni che si terrà il 19, 20 e 21 luglio 2019 a Pieve di Cadore nel Bellunese. 

- LEGGI IL REPORTAGE DI VICENZATODAY.IT
- ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A PAOLA FAVERO
- ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A MARCO BARDIANI
- ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A TOMMASO ANFODILLO
- ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A ANSELMO CAGNATI
- ASCOLTA L'AUDIO-INTERVISTA A ALESSANDRO BOTTACCI

giovedì 11 luglio 2019

Scandalo Pedemontana, la bordata degli ambientalisti ai sindacati

(m.m.) È un attacco ad alzo zero nei confronti degli edili di Cgil, Cisl e Uil quello distillato ieri sul blog del Covepa, il coordinamento che da anni si batte contro la Spv, recentemente finita un un maxi scandalo giudiziario per forniture truccate, almeno stando alle accuse mosse dalla procura di Vicenza. La triplice l'altro ieri aveva preso una netta posizione ipotizzando un accordo in cassa integrazione per i dipendenti rimasti senza lavoro dopo il sequestro ordinato dal giudice per le indagini preliminari di Vicenza. Ma gli ambientalisti del Covepa non ci stanno e attaccano: «rispetto per chi rimane senza lavoro. Ma chi rimane a spasso dovrà finire a carico del concessionario incaricato di realizzare l'opera, ossia la Sis».

L'ANTEFATTO
L'antefatto porta la data del 9 luglio, appena due giorni fa. Cgil-Fillea, Cisl-Filca e Uil-Feneal durante un tesissimo briefing nella sede della Cgil commentano il recente blitz della magistratura berica che ha bloccato il cantiere della costruenda Superstrada pedemontana veneta (nota anche come Spv, è la più importante opera stradale in fase di realizzazione in Italia). La notizia e le polemiche che ne sono seguite, hanno fatto clamore, finendo anche sulla stampa nazionale. Il Fatto per esempio ha dedicato all'argomento la prima, la seconda e la terza pagina dell'edizione di ieri. La notizia ha mandato in tilt la giunta regionale del Veneto dal momento che la Regione è il committente dell'opera. Il governatore leghista Luca Zaia, ad eccezione di un paio di frasi di circostanza, non è intervenuto sull'argomento, mentre le opposizioni, tra M5S e centrosinistra cominciano a far sentire la loro voce.

In questo contesto arroventato è toccato ai sindacati mettere le mani avanti spiegando la propria preoccupazione per il posto di lavoro delle maestranze, che a causa del sequestro rischiano di perdere il posto di lavoro. Tuttavia l'ipotesi di ricorrere alla cassa integrazione che a rigor di norma non la prevederebbe perché i fattori della crisi aziendale non sono attribuibili a cause imprevedibili, bens' a condotte imputabili all'azienda stessa, ovvero il concessionario Sis.

L'ACCUSA DEL COVEPA
Ed è partendo da questo presupposto che il Covepa ha distillato una articolata critica che ha preso la forma di un intervento pubblicato ieri sul blog del coordinamento con un titolo che si commenta da sé: «Nemici del popolo in Pedemontana veneta». Poi il testo va oltre: «Non possiamo esimerci dal commentare la recente posizione assunta dalle sigle sindacali Fillea, Filca e Feneal apparsa... sui quotidiani in merito alla richiesta di cassa integrazione dopo il blocco dei lavori al cantiere del tunnel Spv di Malo-Castelgomberto. I giornali riportano una presa di posizione tardiva e come sempre a babbo morto. Oltre tutto si diffondono anche notizie non vere» visto che su alcuni quotidiani si legge che «gli operai Sis hanno ottenuto la cassa integrazione». Il che «non è vero». E non è tutto. «Questa degli edili - si legge nel dispaccio - appare essere come una indebita pressione sugli inquirenti nell'ambito dell'inchiesta sulla Galleria Malo-Castelgomberto, usando e sfruttando gli operai. Per noi resta ferma la dovuta comprensione per chi lotta per il proprio posto di lavoro, ma il Covepa considera inconcepibile che a causa della condotta scriteriata di un concessionario come la Sis che da anni in tema di Spv ne combina di cotte e di crude, qualcuno pensi di scaricare sull'Inps ovvero sulla collettività, le aberrazioni del concessionario e del terzo atto della convenzione» col privato fortissimamente voluta «da Zaia».

SECONDO PASSAGGIO
Tuttavia nella nota del coordinamento ambientalista si porta avanti un altro raginamento col quale si analizza più da vicino la questione della sicurezza. Il passaggio è delicato perché durante il briefing di ieri l'altro Fillea, Filca e Feneal, avevano spergiurato di non avere avuto notizie di gravi irregolarità in materia di fornitura (e di conseguenza di sicurezza) nei cantieri da parte dei lavoratori. Tuttavia il clamore destato dalla pubblicazione di alcuni estratti delle intercettazioni finite nell'inchiesta che descrivono un quadro all'opposto ha mandato su tutte le furie il Covepa: «Appare poi singolare che i sindacati si contraddicano in modo cosi evidente e puerile. Gli edili delle tre sigle sindacali si sperticano nel dire che hanno i lavoratori dalla loro, salvo poi comunicare urbi et orbi che lorsignori mai avevano sentito di lavorazioni eseguite in modo pedestre e di forniture taroccate. Delle due l'una, o valgono poco come sindacalisti o non sono in grado di contrastare il condizionamento dell'azienda .Il lavoro non può venire prima delle vite umane, delle persone e dei luoghi dove risiedono sia che si tratti di utenti della strada, sia che si tratti di lavoratori schiacciati dai detriti, o di cittadini soffocati e terrorizzati dalle esplosioni o da una gestione pericolosa dei cantieri. Se i signori della Triplice tra la malagestio del Ponte Morandi e le vittime del medesimo stanno con la prima noi non lo sappiamo. Ma è ora che chiariscano da che parte stanno. Hanno mai letto il documento di valutazione dei rischi?».

VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Si tratta di parole che pesano come pietre perché durante l'incontro del 9 luglio, alla presenza dei giornalisti Fillea, Filca e Feneal non erano stati in grado di rispondere in modo compiuto proprio sui contenuti del documento di valutazione del rischio, come peraltro è riscontrabile dalla registrazione audio dell'incontro, sia per quanto riguarda l'estratto di specie sia per quanto riguarda la versione integrale. Noto come Dvr, questo prospetto che non può prescindere dal luogo di lavoro, ha una particolarità. Per legge viene redatto dal datore di lavoro in concerto con i rappresentanti sindacali delegati per la sicurezza, gli Rls. Si tratta di figure che godono di guarentigie e di potestà ispettive particolari proprio perché il datore di lavoro non sia portato ad esercitare indebite pressioni in materia di sicurezza. La quale in genere, specie nel ramo infrastrutture, riveste un ruolo importantissimo, non solo perla vita degli operai ma pure per gli utenti della strada. I crolli che hanno funestato la storia delle grandi opere, italiane e non solo, sono rimasti negli annali, ma ogni volta che le questioni della sicurezza e delle forniture vengono analizzate da vicino scoppia puntuale la diatriba tra i sostenitori del rigore e quelli che privilegiano la velocità della esecuzione. E c'è di più.

ELEMENTI DI TENSIONE
Durante l'incontro con una lettura che potrebbe essere interpretata in maniera temerariamente vicina alle tesi del concessionario, il segretario della Cisl-Filca Lorenzo D'Amico, ha parlato del crollo che nel 2016 portò alla morte di un operaio proprio nel tunnel di Malo, come del possibile risultato di una «fatalità». Una affermazione non di poco conto visto e considerato che per quell'episodio la procura di Vicenza ha avviato uno specifico fascicolo per omicidio colposo che sta facendo molto discutere anche perché il procedimento, nonostante siano passati ben quattro anni ancora deve arrivare a processo o alla richiesta di archiviazione. Ma l'altro elemento che ha generato una certa qual tensione nel sindacato riguarda la eventualità che rispetto alla inchiesta in corso i sindacati, a fronte di uno specifico esposto in sede penale, si possano dichiarare parte offesa e poi parte civile ove il procedimento finisse a giudizio. Pur dichiarandosi astrattamente favorevoli ad una eventualità del genere i sindacati hanno espresso più di qualche distinguo con il delegato della Uil-Feneal Daniele Magri che alzando la voce ha fatto sapere che alla Feneal «interessa principalmente la tutela del posto di lavoro delle persone che stanno lavorando in Pedemontana».

sabato 22 giugno 2019

Ponti: grandi opere, anche il M5S si è arreso

(m.m.) Oggi Il Fatto quotidiano in pagina 13 pubblica un corsivo del professore Marco Ponti, uno dei maggiori esperti di economia dei trasporti in Europa. Nell'articolo Ponti spiega, papale papale, come negli anni sia stato arginato ogni tentativo di mettere un freno al meccanismo del malaffare nelle grandi opere. E rende plasticamente l'idea di come anche il M5S, in primis con il suo ministro dei trasporti Danilo Toninelli, abbia volontariamente abdicato rispetto a questo bisogno primario di democrazia. La ricerca del consenso e la pervasività di una lobby potentissima sono un moloch di fronte al quale tutti i governi si inchinano, anche quelli nelle cui fila militano quei politici che in campagna elettorale avevano cavalcato l'idea di aprire i reconditi dello Stato come una scatoletta di tonno. Ora, se lo dice uno dei principali consulenti del ministro Toninelli, la cosa assume una doppia gravità. E pensare che le tesi di Ponti un tempo erano state prese in considerazione pure dall'ex premier democratico Matteo Renzi... Bisognerà solo capire se la rendita incondizionata è maturata strada facendo. E se era stata già accettata prima che chi per anni aveva sbraitato contro le grandi opere aveva avuto sentore che si stessero aprendo le porte di palazzo Chigi: tutto cambia perché nulla cambi. Questa vicenda dimostra per l'ennesima volta come sia facile, specie in Italia, incanalare il dissenso in un binario morto, sfruttando quel poco che rimane di anelito di onestà dei cittadini, come carburante per la sola ascesa al potere.

LEGGI L'INTERO CORSIVO DI MARCO PONTI

giovedì 20 giugno 2019

Inghippo Spv

(m.m.) Una nota diramata ieri dall'amministrazione regionale veneta, più segnatamente dalla struttura di progetto della Superstrada pedemontana veneta, sta facendo il giro dei media. Nel dispaccio si parla di una serie di inghippi burocratici che potrebbero mettere in seria difficoltà il proseguo dell'opera, da sempre oggetto di dure contestazioni. Il Gazzettino dedica alla vicenda un servizio e un corsivo. In quest'ultimo, che è firmato da Ario Gervasutti, si sostiene che lo sgambetto alla costruenda superstrada, nota come Spv, lo abbia fatto l'attuale ministro dei trasporti Danilo Toninelli, in quota al M5S. Frattanto sullo sfondo rimane la questione ancora irrisolta delle opere complementari. La Pedemontana per essere tale non ha bisogno solo dell'arteria, ma pure delle opere necessarie all'immissione nella stessa Spv. Questo obbligo sarebbe dovuto essere in capo al privato. E invece la questione è stata lasciata, colpevolmente sostengono i detrattori, nella indeterminatezza. Ma allora quei cinquecento milioni da dove potrebbero arrivare? Se si guarda all'agenda dei grandi eventi nel futuro a medio termine per l'Italia ci sono le Olimpiadi invernali, meglio note come i giochi di Cortina e Milano. Alla luce del contesto in divenire è molto probabile, anzi certo, che pezzi della politica, magari col suggerimento a mezzo stampa di qualche soggetto cerniera tra politica e imprese, chiederà che nel pacchetto Olimpiadi si cerchino i soldi per finire una Spv, che oltre a sembrare maledetta presenta costi in continuo aumento a tutto detrimento della collettività. Le cose stanno davvero così? Sarà il tempo a dirlo, ma intanto tra i comitati sembrano serpeggiare i peggiori timori. Massimo Follesa, portavoce del Covepa (una associazione che osteggia la Spv) si dice pronto a scommettere «una pizza» col governatore veneto, il leghista Luca Zaia «che lo stesso presidente della giunta regionale o altri stakeholder di qualche tipo prima o poi chiederanno a gran voce di impiegare per la Spv una parte dei quattrini per le Olimpiadi». 

venerdì 7 giugno 2019

Caso Vallugana-Spv: durante il convegno bacchettate le autorità

(m.m.) Una cinquantina di persone ha preso parte ieri a San Tomio, frazione di Malo nel Vicentino, ad un dibattito pubblico intitolato «Mafie ambiente e grandi opere» organizzato dal Covepa, il coordinamento che da anni si batte contro la realizzazione della Superstrada pedemontana veneta, nota come Spv. Il convegno è arrivato in un momento delicato perché una delle famiglie che nella zona di San Tomio Vallugana protesta contro il cantiere Spv localizzato in località Covolo, sarebbe stata oggetto di alcune intimidazioni peraltro segnalate ai carabinieri. Di più, la zona da diverso tempo è al centro di una querelle ambientale che recentemente è sfociata in alcuni controlli ordinati dalla magistratura di Vicenza. Il tutto mentre sale il lamento dei residenti che non ne possono più del cantiere.

IL J'ACCUSE
«Mi fa specie che i militari di Thiene e di Malo non si siano ancora presi la briga di convocare i coniugi Viero, i coniugi oggetto della intimidazione assieme alla figlia della coppia, per approfondire quanto segnalato nelle denunce già depositate dai due» ha fatto sapere ieri il moderatore dell'incontro ovvero Massimo Follesa, coordinatore del Covepa, una associazione che da anni si batte contro la Spv, associazione che ha organizzato l'incontro di ieri.

PARLA IL CONSULENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA
Più in generale la serata ha visto protagonista il professor Enzo Guidotto, presidente dell'Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso. Come relatore Guidotto, anche alla luce della lunga sua esperienza nel campo (anni fa è stato per due volte consulente della commissione parlamentare antimafia, ed è di queste ore la notizia, pochi giorni fa è stato richiamato per la terza volta quale consulente dell'organismo bicamerale) ha parlato a lungo del crimine organizzato. Ha parlato di una «preoccupante porosità del tessuto imprenditoriale veneto a quelle che in modo ambiguo i media definiscono infiltrazioni quando invece si parla di stabili connivenze che abbracciano l'intero mondo dei colletti bianchi, politica inclusa» ha attaccato Guidotto che oltre ad essere uno scrittore è stato per molti anni docente di scuola media superiore e poi preside in diversi istituti veneti.

VENETO, INFRASTRUTTURE ED ECOREATI
Guidotto ha anche fatto una lunga carrellata di imprese del Nordest che in qualche maniera, direttamente o indirettamente, hanno avuto a che fare col business delle ecomafie e delle infrastrutture e al riguardo ha segnalato come «le pubbliche commesse da anni siano un ottimo sistema per le mafie per fare affari e per riciclare danaro sporco frutto di attività illecite». Poco dopo è partita una stoccata: «È grave che in una serata dedicata ad un tema del genere dopo i fatti di cui si è avuto notizia dai media non ci siano i carabinieri del luogo e non ci siano rappresentanti della amministrazione comunale» ha aggiunto Guidotto, che pur risiedendo da cinquant'anni nella Marca, è di origine siciliana. A margine della serata si è aggiunto un altro commento di Follesa che non è andato molto per il sottile: «Il cielo non voglia che ci sia qualcuno nelle istituzioni che miri a isolare i Viero perché l'isolamento è la prima fase di una strategia che le mafie adottano sempre prima di colpire qualcuno».

L'AVVOCATO: «NON FATEVI AZZITTIRE»
In serata ha preso la parola anche Giorgio Destro, il legale patavino che cura gli interessi del comitato dei residenti della zona Vallugana il quale recentemente aveva diffidato la Sis, il concessionario incaricato di realizzare la Spv, dall'esplodere le mine per lo scavo del tunnel in via di scavo proprio a ridosso della località Covolo. «Tutti sanno che la mafia porta avanti i suoi interessi violando sistematicamente la legge. Ma poi è quella che della legge si serve e come per difendersi quando in qualche modo viene presa di mira dalle inchieste, anche quelle giornalistiche». Il riferimento è, anche, alle querele temerarie con cui i criminali non di rado cercano di ammansire i cronisti scomodi. «Ed è per questo motivo - fa sapere Destro - che comitati e cittadini non debbono mai smettere di gridare le loro ragioni e non devono arretrare o farsi azzittire». Ad ogni modo il mio studio legale nelle prossime ore, in relazione alla querelle ambientale che da giorni coinvolge quel cantiere, inoltrerà una nuova segnalazione alle autorità competenti».

SVERSAMENTO ILLECITO? L'OPERAIO IMMORTALATO
A spiegare di che cosa si tratti ci ha pensato, sempre durante il dibattito, la dottoressa Marina Lecis, che da anni collabora con lo studio Destro quale consulente scientifico. «Poche ore fa - ha detto quest'ultima durante il dibattito - abbiamo pizzicato le maestranze, più precisamente un operaio, che sversavano acqua di cantiere, acqua di un colore impossibile, in una roggia. Questa cosa non si può fare. E vorrei capire se lorsignori dispongano di una qualche deroga speciale e se lorsignori abbiano fatto affidamento su una norma del codice dell'ambiente che io non conosco». Poco dopo la fine della serata Lecis ha anche mostrato lo scatto oggetto della sua lamentela.

domenica 26 maggio 2019

Il caso Vallugana-Spv, sui media tiene ancora banco

(m.m.) La vicenda dei disagi legati al cantiere Spv di Malo Vallugana continua a tenere banco sui media. Se ieri se ne era occupato Vicenzatoday.it con un un lungo approfondimento oggi l'argomento è stato toccato, tra gli altri, anche da Il Corriere del Veneto, edizione vicentina, che dedica al caso un servizio in pagina sei con un ampio richiamo in prima pagina. Lo stesso fa Il Giornale di Vicenza con un servizio pubblicato oggi a pagina 33.

sabato 25 maggio 2019

Fiamme al cantiere Spv, parla la Regione Veneto

(m.m.) Oggi pomeriggio Vicenzatoday.it ha pubblicato un servizio relativo ai timori suscitati in uno dei cantieri della costruenda Superstrada pedemontana veneta in zona Vallugana a Malo nel Vicentino. Timori dovuti, tra le altre alle alte fiamme avvistate nella notte dagli stessi residenti. Pochi minuti fa la Regione Veneto ha diramato un dispaccio in cui, tra le altre, rende noto il proprio punto di vista rispetto alla vicenda. Nella nota sostanzialmente si tranquillizzano i residenti spiegando che le alte fiamme sarebbero dovute a «detonazioni controllate al fine di smaltire tale esplosivo divenuto in eccesso».

giovedì 16 maggio 2019

Un dossier esplosivo incendia le elezioni a Cornedo vicentino

«Una mozione delle minoranze che contiene informazioni scottanti sulla condotta amministrativa del Comune di Cornedo Vicentino viene bloccata per oltre un anno senza che venga mai discussa in consiglio. In paese però le carte cominciano a circolare proprio a ridosso delle imminenti elezioni amministrative. In quel dossier finiscono il sindaco Martino Montagna, alcuni privati molto noti e anche un consigliere comunale. Intanto il primo cittadino si difende e parla di accuse non vere». È questo l'incipit di un servizio pubblicato oggi su Vicenzatoday.it che sta mandando in fibrillazione la politica in valle dell'Agno, nell'Ovest vicentino anche in ragione del titolo scelto dalla testata: «Cornedo connection: insabbiato dossier piccante... L’amministrazione del comune della valle dell’Agno blocca per mesi una mozione delle opposizioni zeppa di particolari imbarazzanti. Il caso va in prefettura. Per il sindaco sono calunnie»

Il servizio poi prosegue ed analizza l'affaire Cornedo nel dettaglio. «Per l’ultimo grosso ampliamento al 30 ottobre 2017 - si legge su Vicenzatoday.it che cita atti protocollati in municipio - non era ancora stata presentata dichiarazione Imu e la ditta», uno dei colossi della grande distribuzione del Veneto, «non aveva ancora provveduto al pagamento». Sempre per la stessa vicenda si legge che «quando i provvedimenti che riguardano il Tosano vengono valutati dal consiglio il consigliere Pierluca Battilana non partecipa alla discussione o alla votazione». In questo caso i consiglieri chiedono se esista una qualche forma di incompatibilità o qualche interesse di natura professionale.

Di seguito Vicenzatoday.it parla di una lottizzazione denominata Frigo si parla di uno scambio fondiario (perequazione si dice in gergo) pari a 440mila euro il privato «non ha ancora pagato» il dovuto attaccano i consiglieri i quali denunciano anche un trattamento di favore nella redazione dei criteri di pagamento nonché un ritardo nel pagamento dell’Imu.

Appresso il quotidiano berico parla di un altro progetto. «Nelle sei pagine viene preso di mira un altro intervento edilizio denominato lottizzazione Valle Agno rispetto alla quale viene anche identificata la figura chiave dell’interesse privato». Si tratta secondo Vicenzatoday.it dell'amministratore delegato del gruppo che propone l’intervento ovvero «il geometra Ivan Andrea Storti. Anche in questo caso si parla di debiti Imu «per 95mila euro» non ancora onorati ed oneri di perequazione «non ancora versata al comune onorati per circa 170mila euro». A seguito viene lanciata una vera e propria accusa politica: «Come si comporta la giunta quando tratta coi privati e stabilisce le modalità di accordo essendo l’assessore ai lavori pubblici Francesco Lanaro associato allo studio dell’avvocato Franco Lovato che è socio al 33% della Immobiliare Valle Agno?». Questo almeno è riportato nel servizio.

Il quale poi esamina una vicenda di natura prettamente amministrativa. «I cinque poi attaccano anche sul fronte delle liste contenenti i dati dei soggetti morosi rispetto al pagamento dell’Imu. I consiglieri di minoranza chiedono di sapere se fra questi vi siano: la moglie del sindaco Iva Nicoletti e la di lui cognata Iva Nicoletti; il fratello dell’assessore Francesco Lanaro ovvero Simone Lanaro; la moglie del consigliere Battilana Daniela Nervo e il padre dello stesso consigliere ovvero Franco Battilana». E c'è di più perché anche la condotta del primo cittadino Martino Montagna finisce nella lente d'ingrandimento delle opposizioni secondo quanto riporta la testata vicentina. Le opposizioni, si legge sulle colonne del giornale, parlano anche di un esposto che è stato depositato alla magistratura berica e sul quale sta indagando la Guardia di finanza «per avere arbitrariamente gestito l’elenco dei nominativi - attaccano i cinque - del bando regionale per l’inserimento lavorativo 2014-2015 senza avvisi pubblici o pubblicità. È grave - si legge ancora - che il sindaco abbia selezionato direttamente la cognata Renata Marcante. Ricordiamo che il bando assegnava 32mila euro».

Vicenzatoday poi aggiunge un altro tassello. «In teoria, come prevedono le norme, una mozione del genere sarebbe dovuta sbarcare in consiglio comunale subito dopo, l’assemblea a Cornedo vede come presidente il consigliere Elisa Benetti. Ma che succede a questo punto? La stessa Benetti mette in ghiacciaia la trattazione e d’accordo col sindaco Montagna interpella la prefettura di Vicenza con una lettera che porta la data del 24 luglio 2018». Secondo i due, riporta il quotidiano, la mozione contiene «affermazioni tendenziose» afferenti alla sfera «professionale e personale di chi viene citato» e all’ufficio territoriale del governo chiedono un parare sul dafarsi. Il 20 agosto 2018 palazzo Volpe risponde con una lettera firmata dal viceprefetto Francesca Galla la quale si limita a precisare che «della questione è stato interessato il competente ufficio del Ministero degli interni». Chi scrive ha chiesto lumi al segretario comunale e soprattutto al presidete del consiglio Benetti, ma senza ottenere alcuna risposta.

In realtà il quotidiano vicentino tratteggia anche alcuni aspetti di scenario quando puntualizza un aspetto più generale. «Ora al di là delle critiche espresse dalle minoranze sulle quali si pronunceranno gli organi competenti ove si ravvisassero profili di illiceità e al di là delle critiche politiche che fanno parte della dialettica amministrativa, c’è una questione che rimane sullo sfondo. La mancata trattazione - si legge ancora nell'articolo - in consiglio della delibera costituisce o meno una omissione? E in caso affermativo si tratta di un abuso di potere sanzionabile con una censura o ci sono gli estremi di una condotta penalmente rilevante? Il tema è delicato soprattutto perché dalle indiscrezioni filtrate dalla prefettura il dossier Cornedo sarebbe finito anche alla procura della repubblica di Vicenza per le valutazioni del caso».

Ad ogni modo nel servizio si dà conto di un'altra campana, quella del sindaco Martino Montagna. «E se Benetti non parla è il primo cittadino a prendere posizione» ai microfoni di Vicenzatoday.it. «A parere del presidente Benetti, a parere dell’allora segretario comunale Antonietta Michelini e a parere del sottoscritto quella mozione conteneva affermazioni calunniose non solo nei confronti di alcuni amministratori ma pure nei confronti di privati cittadini per cui tutta la giunta ha deciso di non porla in discussione in consiglio comunale. Per essere certi di questo abbiamo chiesto un parere al prefetto che si è rivolto al Viminale. Al momento attuale non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta. Alle minoranze vorremmo fare presente che la giunta all’unanimità ha di non inserire tale mozione all’ordine del giorno perché i suoi contenuti erano fortemente connotati sia in termini diffamatori che calunniosi».

LEGGI LA MOZIONE DELLE OPPOSIZIONI
LEGGI LA NOTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
LEGGI LA MISSIVA DELLA PREFETTURA





martedì 7 maggio 2019

Sopralluogo a Trissino

(m.m.) Dopo la deflagrazione del cosiddetto caso dei big bag bianchi presenti su un cantiere della Spv a Trissino oggi a mezzodì alcuni esponenti di spicco della amministrazione regionale saranno in loco per incontrare la popolazione. Non è ancora dato sapere se sarà presente anche qualche componente dell'amministrazione comunale...

martedì 16 aprile 2019

Il legale e il bottale


(m.m.) Apprendo che il Rino Mastrotto group si sarebbe lamentato del contenuto di un mio servizio pubblicato su Vicenzatoday.it il 10 aprile. La lamentela, giunta per bocca dell'avvocato dell'azienda, tale Enrico De Negri, bolla per destituite di fondamento le indiscrezioni raccolte dal sottoscritto rispetto agli scenari futuri che si stagliano all'orizzonte del gruppo conciario trissinese. Le indiscrezioni riguardavano il ventilato cambio di proprietà e le possibili ripercussioni sul piano occupazionale. Quante volte infatti quando arrivano gli stranieri in Italia dopo poco o dopo tanto, soprattutto quando cambia la proprietà, ci sono ripercussioni sul fronte occupazionale?

La proprietà smentisce che abbia intenzione di ridimensionare il personale. Ma ben si guarda dal garantire che eventuali cambi degli assetti azionari garantiranno sempiternamente i livelli occupazionali: semplicemente perché non può farlo. E tra l'altro le indiscrezioni che parlano di un possibile cambio della guardia in seno alla proprietà sono giunte anche dai media specializzati. Che dice il signor De Negri di quanto riportato dal portale de Il Sole 24 ore? E che cosa ne dice il signor De Negri della bibbia dei sovranisti italiani (scenarieconomici.it) che in un articolo dello scorso anno firmato dall'analista indipendente Fabio Lugano, uno dei principali consulenti della associazione degli azionisti azzerati Noi che credevamo nella BpVi e in Veneto banca, proprio a proposito del futuro di Rino Mastrotto group scrive: «Ora probabilmente un private equity straniero prederà il controllo della Rino Mastrotto, con il rischio che se va bene il tutto venga razionalizzato con Pasubio, se va male venga invece delocalizzato altrove».

Ma la cosa più demenziale in questa vicenda che Rino Mastrotto group per bocca del suo legale abbia accusato il sottoscritto di non avere interpellato l'azienda. Ora facendo uso di un antiquato fax (ieri il portale del gruppo trissinese manco funzionava, chissà i clienti in giro per il mondo che cosa penseranno) il "poro can" che vi scrive aveva chiesto il punto di vista dei vertici aziendali in modo che anche a questi ultimi fosse dato lo spazio dovuto per una informazione corretta e attenta alle opinioni di tutti. Bene, la richiesta di intervista è stata indirizzata alla Rino Mastrotto group sapete quando? Il 22 marzo 2019. Possibile che in quasi venti giorni nessuno si sia preso la briga di contattarmi? Magari dicendo: "caro Marco sei fuori strada...". Oppure "no comment". Oppure "porco zio no sta' a rompare i cojoni: semo drio laorare zio can che el sole magna le ore".

Sarebbe stato più decente. E invece no. Si è preferito il ridicolo così ridicolo da divenire grottesco. E poi in una ditta che ha un presidente (Rino Mastrotto), quattro amministratori delegati (non è uno scherzo sono quattro e si chiamano Maria Grazia Castagna, Bruno Angelo Bisazza, Matteo Mastrotto, Barbara Mastrotto) e un consigliere ovvero Luciano Colombini, possibile che nessuno abbia trovato il tempo di leggere (e di capire) un fax di sette righe? Con quale esponente del top management l'avvocato De Negri si è confrontato? Chissà, magari il fax ce lo aveva il patriarca Rino in persona e magari se l'è dimenticato al bar da Ioppo a Trissino dove di tanto in tanto va a leggere un quotidiano di Confindustria del quale è socio... Chi lo saprà mai.

E magari se l'avvocato dovesse beccare Rino da Ioppo, o in qualche altro bar di Trissino potrebbe ricordare en passant al visir del bottale da Nogarole che tra le altre riveste anche il ruolo di presidente della sezione concia di Assindustria Vicenza. E proprio in ragione della sua veste sarebbe decente che il presidentissimo dicesse qualcosa dopo le rivelazioni terribili sull'Oasi di Casale a Vicenza, visto che lì per anni «l’industria conciaria si servì della camorra per sversare i suoi veleni» come racconta Vicenzatoday.it dell'11 aprile. Ad ogni modo le lamentele dell'avvocato De Negri ha indirizzato al sottoscritto nella forma di una lettera infelice, sono state immediatamente segnalate all'ordine dei giornalisti e a quello degli avvocati: al primo perché venga tutelata la professionalità di chi scrive. Al secondo perché possa conoscere la condotta di un suo iscritto. Sappiamo bene che l'ordine degli avvocati non prenderà alcun provvedimento: ma intanto gli atti rimangono alla storia e qualificheranno il legale non tanto sul piano professionale, quanto sul piano umano. Il che è molto peggio.

E visto che siamo in tema di concia (perché quando uno mette il sedere sulle pedate alla fine le pedate arrivano) sarebbe bene parlare dell'altro ramo della nobil casata Mastrotto. Quello dei Santo e dei Bruno. Orbene. Alcuni giorni fa con grandi squilli di tromba un quotidiano locale che per ragioni di orario non citerò (tra poco scatta la fascia protetta) annuncia urbi et orbi che al teatro Olimpico avrà luogo la presentazione del libro «Dalla pelle al cuore - Storie di vita e d'impresa del Gruppo Mastrotto» con la partecipazione dei fondatori dell'Azienda, dell'autore Alessandro Zaltron e l'intervento dell'astronauta Umberto Guidoni (probabilmente la stazione spaziale sarà presto foderata in cuoio della Valchiampo, avrà i cerchi in lega di Altissimo da 333 pollici, il navigatore che parla il dialetto di Durlo,  l'iPad con dentro Jacopo Bulgarini D'Elci che recensisce tutta la serie del Trono di spade, l'assetto ribassato col QI degli abitanti di Montebello e il seggiolino eiettabile che quando eietta precocemente bestemmia).

Sfiga vuole che l'evento si sia tenuto il giorno 12 aprile, proprio il giorno dopo rispetto alle rivelazioni del buon Romio in tema di sversamenti che a Casale sarebbero avvenuti col braccio della mafia campana ma con la mente della concia. Chissà se dal palco qualcuno avrà commentato per smentire, per respingere al mittente le accuse. Chissà se qualcuno dal palco (o da dentro il libro, non sappiamo se foderato in pelle umana, quindi non arzignanese) si sia ricordato delle vicende giudiziarie dei Mastrotto Santo e Bruno all'epoca della epopea di Dirty dancing leather e delle scorribande rese celebri da Domenico Iannacone su presa diretta.

Tuttavia la cosa più balzana e barzotta è un'altra ancora. Ma l'amministrazione comunale di Vicenza (e non poteva mancare pure la provincia visto che ormai il presidente e sindaco sono uno e bino) era proprio obbligata a concedere il patrocinio? Ora è vero che nel gruppo Mastrotto c'è uno che si chiama Santo... ma sarà davvero uno stinco di sé stesso viste le traversie giudiziarie che il gruppo arzignanese, che è diverso da quello trissinese, affrontò dopo il 2010? Chissà se durante il pre-show all'Olimpico, si sarà parlato delle res gestae degli amici per la pelle.

sabato 13 aprile 2019

Dal caso Safond alla Spv, intervista a Massimo Follesa

Dal caso Safond passando per i problemi ambientali che affliggono la Pedemontana veneta: è questo il focus di questa lunga audio-intervista a Massimo Follesa curata da Marco Milioni nella quale si affronta anche il problema della presenza delle ecomafie nel Nordest del Paese.

ASCOLTA L'AUDIO INTERVISTA A MASSIMO FOLLESA

giovedì 21 marzo 2019

Affaire Pfas: nubi nere su Regione, Arpav e Provincia di Vicenza

Gli sviluppi delle ultime ore del caso Pfas rendono ancora più cupa la vicenda di uno dei casi di contaminazione tra i più discussi nel Belpaese. Da una parte ci sono le rivelazioni contenute in una relazione al vetriolo inviata dal Noe alla procura berica, di cui parla diffusamente Greenpeace, la quale in passato aveva attaccato gli enti territoriali veneti. E poi ci sono gli elementi che emergono dalla lettura in filigrana del verbale con cui, sempre i carabinieri del Noe, hanno recentemente multato Miteni, la spa trissinese ritenuta al centro del caso Pfas, oggi fallita per giunta, per un importo di 400mila euro.

IL PROLOGO
Ai primi di marzo sui media veneti ha fatto molto scalpore la notizia della sanzione amministrativa da 400mila euro che i Carabinieri del Noe di Treviso avevano inflitto alla Miteni di Trissino, fabbrica del Vicentino da anni al centro dell’affaire Pfas. La sanzione è stata elevata perché l’azienda non avrebbe comunicato agli enti competenti il contenuto di alcune analisi in suo possesso dalle quali si evinceva la presenza di due temibili sostanze chimiche che sarebbero finite in falda: ovvero l’arcinoto GenX e il meno noto C6O4. Due sostanze “sorelle” dei Pfas (una famiglia di componenti chimici assai mal visti dal mondo ambientalista). La vicenda della sanzione da 400mila euro ai primi del mese aveva fatto discutere anche la politica regionale, ma quest’ultima, a partire dalla giunta veneta, guidata dal governatore leghista Luca Zaia, fino ad oggi si è ben guardata dallo sviscerare gli elementi che emergono da quella stessa vicenda, anche in ragione del fatto che copia del verbale della sanzione era stata inviata all’«Area tutela e sviluppo del territorio» della Regione Veneto con una missiva del Noe datata 26 febbraio 2018. Missiva che per la prima volta viene pubblicata da chi scrive in forma pressoché integrale.   

TRA LE PIEGHE DEL PROVVEDIMENTO
Per agevolare la lettura delle carte nonché delle tabelle accluse e soprattutto per provare a imbastire una analisi della documentazione è necessario ricordare «GenX» è un nome commerciale, mentre la sigla che identifica la molecola è HFPO-DA. Ora, nella colonna di destra della tabella acclusa a pagina 11 si dà conto dei tempi in ragione dei quali Arpav stima si sarebbe propagata la contaminazione. Ragionando a spanne si può argomentare che il GenX per allontanarsi di sette kilometri dalla Miteni avrebbe impiegato tre anni e mezzo. Il C6O4 per allontanarsi di 13 kilometri avrebbe impiegato più o meno nove anni. Ora assumendo che l'inquinamento da GenX e C6O4 è stato scovato quanto meno dall'estate 2018, è assai probabile che l'inquinamento da GenX sia iniziato tre anni e mezzo fa e quello da C6O4 sia iniziato ben nove anni orsono: il tutto senza soluzione di continuità. Se poi si considera che, in embrione, la bonifica del sito della spa trissinese ha avuto inizio nell'estate 2013, vuol dire che una buona parte dell'inquinamento da GenX ed una buona parte dell'inquinamento da C6O4 sarebbero avvenuti mentre Arpav coi suoi uomini era nello stabilimento trissinese. Possibile che non si siano accorti di nulla? E tale interrogativo vale sia per la catena gerarchica interna alla agenzia ambientale o vale anche quando gli investigatori di Arpav agivano, sempre tra le mura della Miteni, all’interno della catena gerarchica della indagine penale ovvero quali ufficiali di polizia giudiziaria agli ordini della procura berica?

Sintetizzando per le spicce se quello che dicono le carte è vero che mentre Arpav cercava solo i vecchi fattori della contaminazione, la falda ha continuato ad essere contaminata da sostanze "più moderne" mentre i vertici apicali di Arpav, come se fosse vittima di un incantesimo o di un paraocchi invisibile, si è limitata a cercare solo i Pfas di vecchia generazione? Tanto che a questo punto c'è una domanda che sorge spontanea. Ci sono per caso dentro e sotto la Miteni sostanze, non necessariamente Pfas, che hanno contaminato l'ambiente e che non sono mai state cercate?

RILETTURA APPROFONDITA
Provando poi a rileggere gli eventi alla luce della missiva giunta all'«Area tutela e sviluppo del territorio» si potrebbe intuire che quello che hanno scoperto i Carabinieri del Noe sul GenX è quello che invece per contro avrebbe dovuto scoprire Arpav durante gli accertamenti quando quest’ultima era nello stabilimento. Detto in ancora in altri termini Arpav avrebbe dovuto o potuto procedere con due mosse. Uno, chiedere al laboratorio interno della Miteni se aveva mai analizzato prima del giugno 2018 i GenX e il C6O4. Due, chiedere al laboratorio Chelab se le analisi presentate dalla Miteni nel 2018, dalle quali emergeva inquinamento da GenX (quest'ultimo peraltro lo aveva già riscontrato Arpav) e C6O4, fossero tutte o se vi fossero altre analisi antecedenti non trasmesse agli enti pubblici: mancata trasmissione che poi è alla base della sanzione amministrativa elevata dal Noe alla Miteni.

Se ne ricava che poiché nel luglio 2013 è iniziato in embrione il procedimento di bonifica del sito Miteni, Arpav avrebbe dovuto accorgersi che oltre all'inquinamento da Pfas, vi era anche un inquinamento da GenX e C604. Peraltro il GenX e il C6O4 sono sostanze che appartengono comunque alla famiglia dei Pfas e il fatto che rientrassero nella lista dei componenti in lavorazione presso lo stabilimento trissinese era cosa nota, quanto meno agli addetti ai lavori. Significa quindi che Arpav si è limitata a ricercare solo quello che aveva scoperto il Cnr nel 2013 quando deflagrò l’affaire Pfas?

IL J'ACCUSE DI GREENPEACE
La questione riveste però un aspetto ancor più cruciale se la si mette in correlazione con il j’accuse di Greenpeace che in queste ore pubblica una breve nota corredata da un paper molto articolato in cui prende di mira le responsabilità della Provincia di Vicenza, dell’Arpav e di conseguenza della Regione Veneto proprio nella genesi del caso Pfas. Accuse che traggono fondamento, secondo l’associazione ambientalista, dal fascicolo d’inchiesta sul caso Miteni e più segnatamente dalla relazione conclusiva che i Carabinieri del Noe hanno inviato alla procura della repubblica di Vicenza che da anni indaga su uno dei più noti casi contaminazione di tutto il Paese.

LO SCENARIO
Una relazione che in alcune parti peraltro poche ore fa era stata anticipata in un lungo approfondimento curato da Corrado Zunino su Repubblica.it. Un articolo in cui si fa il nome di un alto funzionario di Arpav che sarebbe stato messo a parte della situazione di grave contaminazione in atto presso Miteni da un professionista che lavorava per conto di quest’ultima. Tanto che Greenpeace, così racconta La Repubblica, si è spinta a porsi domande assai precise: «L'Arpav ha avviato un'indagine interna? La sua dirigenza ha informato i vertici regionali?» Domande che sempre in base al racconto di Repubblica ne fanno nascere un’altra. Ovvero questo stato di cose ha finito per «ritardare le indagini e la bonifica?». Si tratta di quesiti che pesano come macigni soprattutto se si considera il fatto che quest’estate anche l’operato della procura berica è stato pesantemente criticato in un esposto indirizzato al Csm dai deputati veneti Francesca Businarolo e Sara Cunial.

Ma le cose stanno davvero così? Le nubi che si stagliano, in primis su Regione e Arpav, sono così nere e così dense? Chi scrive ha chiesto una replica alla direzione generale dell’Area tutela e sviluppo del territorio della Regione Veneto nonché alla direzione regionale di Arpav Veneto senza però, almeno per il momento, ottenere risposta alcuna.

Sullo sfondo poi rimane una domanda di non poco conto. Se l'affaire Miteni sfocerà in un processo che giunge a sentenza incomberà o no la prescrizione? Buon senso, logica, giustizia e diritto indurrebbero a pensare di no. Tuttavia diverse sentenze e soprattutto alcune considerazioni filtrate in passato dalla procura berica farebbero pensare in modo diverso. La questione di fondo è che quanto accaduto col caso Miteni induce senza dubbio a pensare che se si avrà a che fare, anche, con una accusa di disastro, questa non potrebbe o non dovrebbe incappare nella tagliola della prescrizione giacché ci si troverebbe di fronte a quello che i giuristi più acuti chiamano «reato eventualmente permanente» che è poi quello in cui una condotta lesiva, nel caso Pfas lesiva per l'ambiente, viene ripetuta continuamente poiché non vengono mai meno i presupposti del continuo nocumento ambientale: aspetti che in qualche misura vengono richiamati da due pronunciamenti della Cassazione. Il primo, afferente alla prima sezione, risale al 17 dicembre del 1992, il secondo, recentissimo ed afferente alla terza sezione, è datato 28 febbraio. I magistrati vicentini conoscono queste sentenze? Rimane poi da capire quale sia la situazione nel Veneto centrale rispetto ad alcuni composti usati in chimica farmaceutica ma non solo (in primis l'acido trifluoroacetico e trifluorofenilacetico). Da anni rispetto a queste due sostanze si parla di presenza di contaminati in misura rilevante nei dintorni della Fis di Montecchio Maggiore, una industria nata nell'Ovest vicentino e molto attiva nella chimica di base. 

Marco Milioni

mercoledì 20 marzo 2019

Global warming e strumentalizzazione

(m.m.) Dopo Marco Travaglio con il suo corsivo del 16 marzo, dopo Giulietto Chiesta con il suo intervento, sempre del 16 marzo, anche Nadia Toffa de Le Iene, parla della strumentalizzazione della giornata di mobilitazione contro il global warming del 15 marzo. Così riferisce il portale TVzap.

giovedì 14 marzo 2019

Tav, se ne parla il 19 marzo a Trissino

«Tav: tra numeri, progetti e potere». È questo il titolo scelto dal Covepa per un incontro dedicato alla grande opera che lungo la pianura padana è al centro di feroci dibattiti. Relatore della serata, che si terrà il 19 marzo marzo, sarà Erasmo Venosi, esperto di infrastrutture e di politiche ambientali. L’evento avrà inizio alle 20,30 presso la Biblioteca civica di Trissino (in provincia di Vicenza) in via Manzoni 10. L’ingresso è libero. La relazione di Venosi, che interesserà il passaggio del Tav non solo sulla Torino Lione, ma anche sulla tratta Padova, Vicenza, Verona, Brescia, sarà introdotta da Massimo Follesa, portavoce e vicepresidente del Covepa, il Coordinamento veneto Pedemontana alternativa. Il Covepa ha fornito anche un riferimento per la geolocalizzazione dell'evento (https://goo.gl/maps/yYWJo45zEUF2), mentre i riferimenti di contatto sono +393478722240; covepa.veneto@gmail.com.  

martedì 26 febbraio 2019

Veneto, fuoristrada cacciatori nei sentieri montani e doppietta contro i lupi: la maggioranza va KO

(m.m.) Sui sentieri di montagna veneti non sarà consentito ai cacciatori di scorrazzare con i loro fuoristrada durante le battute di caccia. Il progetto di legge regionale che era stato avanzato da quegli ambienti della maggioranza di centrodestra vicini alle associazioni venatorie si è schiantato contro il fuoco di sbarramento che in consiglio regionale le opposizioni ed una parte della stessa maggioranza hanno fatto piovere sulla proposta. Il consigliere del Pd Andrea Zanoni, che era stato tra i primi a salire sulle barricate, questa sera con un intervento sulla sua pagina Facebook ha annunciato la battuta d'arresto. Una battuta d'arresto che ha toccato anche la proposta per la caccia al lupo. «Il lupo è salvo, la legge non si vota... Non pervenuto in aula il relatore della legge...». E ancora «I fuoristrada dei cacciatori restano fuori dai sentieri di montagna, il progetto di legge è stato rinviato in commissione. Grazie a tutti i cittadini e alle associazioni che si sono mobilitati per tutelare la natura e il diritto di camminare in montagna in tranquillità». Queste nel dettaglio le parole usate dal consigliere regionale trevigiano che domani potrebbe tornare sull'argomento.

domenica 10 febbraio 2019

Foibe? Solo se ne parla in modo serio...

(m.m.) Oggi è il giorno del ricordo delle vittime delle foibe. Non se ne può più della piega che ha preso la discussione sull'argomento. Non se ne può più di quelli che sostengono che non ci siano state o che ne sminuiscano la portata: sono insopportabilmente ipocriti. Ma non se ne può più nemmeno di quelli che si indignano perché ci sono state. Dopo i fatti, spesso tremendi, che hanno contraddistinto il regime fascista in parte della Slovenia e in parte della Croazia (sia prima che durante il II conflitto), era necessario, nel senso latino, che la controparte, vinta la guerra e riscritta la storia come fanno sempre i vincitori, andasse in cerca per le spicce di colpevoli veri o presunti che fossero.

Nelle zone di confine tra Italia ed ex Jugoslavia gli italiani tutti indistintamente, che piaccia o no, sono stati visti come i responsabili della oppressione fascista. Il che ha scatenato una caccia all'uomo su base etnica con cui non solo, a torto o a ragione, si è creduto di pareggiare i conti, ma anche si sono eliminati avversari politici (perfino nella stessa cerchia comunista), rivali per altre ragioni le più disparate e via dicendo: fino all'accanimento dovuto ad antiche inimicizie che con la politica e la guerra poco o nulla c'entravano.

C'est la guerre mes amis... Per cui quando, astrattamente ci si indigna, anche giustamente, per quanto accadde a piazzale Loreto (nel concreto una sceneggiata messa su da una parte della galassia partigiana su ordine dei servizi britannici perché non si scoprissero gli altarini della liason di Churchill con Mussolini), al contempo si deve mettere in preventivo che quando trascini un Paese in guerra per i tuoi affari e quelli dei potenti che ti sorreggono, Confindustria in primis, alla fine le conseguenze si pagano spesso in modo irrazionale e bestiale. Hai voluto la dittatura? Va bene. Te ne assumi poi le conseguenze: tutte. Il ricordo delle foibe non sarà mai la rivincita per il modo miserevole, molto italiano, con cui l'Italia fascista ha perso la guerra. Per cui, cari cultori del ricordo delle foibe, smettetela di tempestarmi di messaggi Whatsapp inutili. Sottoponetemi invece solo considerazioni serie. Di quelle ce n'è sempre bisogno.

martedì 1 gennaio 2019

Matteo Castagna, Christus Rex: Verona capitale italiana del tradizionalismo

Matteo Castagna, presidente del circolo tradizionalista cattolico «Christus Rex», a metà anno ha fatto discutere di sé quando per i tipi di Solfanelli è uscito «Cattolici, tra europeismo e populismo». Dopo qualche mese il libro continua a far discutere in molti ambienti anche in ragione del fatto che Verona è finita più volte è stata descritta su alcuni media come una sorta di Vandea italiana. Castagna, che una delle firme fisse di Veronanews.it, spiega che il 2018 «è stato un anno di lavoro particolarmente intenso» sia quando la pubblicazione del libro è «giunta in dirittura d’arrivo» sia sul piano politico, nel senso lato del termine, proprio in ragione della testimonianza nell’ambito della vita pubblica, che Christus Rex coltiva giorno dopo giorno, evento dopo evento.

Matteo, il 2018 è stato un anno che ha fatto parlare molto del vostro circolo, soprattutto in relazione alla questione dell'aborto. Il mondo femminista ha criticato senza mezze misure buona parte delle vostre iniziative. Vero?
«Vero sì. Ma che cosa ci si poteva aspettare da un fronte che non ci vede di buon occhio? Comunque per capire meglio come ci siamo mossi a livello pubblico sarebbe bene spiegare un paio di cose».

Quali?
«La nostra presenza sul territorio, i nostri interventi pubblici, il nostro agire sia in ambito ecclesiale che politico ci caratterizza da sempre come il gruppo laico più originale della galassia tradizionalista».

Si può dire che vi siete creati una nicchia tutta vostra?
«Sì, se si vuole usare una semplificazione giornalistica».

E volendo precisare meglio?
«Diciamo che non avendo concorrenza tutto ciò che facciamo ad occhi profani può sembrare più facile».

Sicuramente non passa inosservato. Lo fate apposta?
«No».

Sul serio?
«Certo. Noi badiamo al sodo: al contenuto e non al contenitore. Il resto fa parte delle dinamiche della comunicazione. Certo è però che se lavori con costanza e dedizione anche a livello mediatico i frutti arrivano».

Lo dicono in tanti però. Pure voi?
«Direi di sì. E ne abbiamo ben donde visto che siamo in prima linea da vent’anni. Questo ce lo riconoscono tutti. Anche gli avversari. Nel nostro mondo c'è chi crede di essere militante perché fa tanto intellettualismo, perché è un accademico o perché sta sempre sui social; perché pur di uscire da schemi che, per qualche motivo stanno stretti, si avventurano in percorsi tortuosi, alle volte torbidi, fino a deragliare in clamorosi errori, sentendosi forti delle coperture di taluni sacerdoti. Certo, anche il giovanilismo, la mancanza di esperienza, la frenesia di primeggiare, il sentire di dover per forza rincorrere qualcuno, oppure l'utilizzo della Religione come "paravento buono" per varie forme di parassitismo non aiutano la buona battaglia per Cristo Re. A che cosa serve blaterare tanto e non fare alcunché? Chi per trenta denari sovra-dimensiona fino al ridicolo un episodio storico, in realtà marginale, perde tempo e, magari senza volerlo, pesta i piedi a tutta la cosiddetta tradizione. Noi abbiamo scelto di stare sempre sul pezzo. Cercando di comprendere la realtà e di operare nella società temporale con modalità concrete. Da sempre abbiamo scelto di metterci la faccia. Perché San Filippo Neri insegnava sì lo studio e la preghiera, ma anche l'azione, che non si fa dietro una tastiera o in biblioteca e neppure confondendo i propri doveri di stato con quelli dei preti. Così, da noi, che dal gennaio 2015 abbiamo a disposizione una sede nella città simbolo della tradizione e del sovranismo identitario vengono a trovarci un po' tutti. Parliamo con tutti. Ci cercano persino dalla Germania, dalla Francia dove stanno girando un documentario che parla anche di noi. Pure il quotidiano di Barcellona la Vanguardia ci ha voluto sentire. E non sono mancati Il Fatto Quotidiano, L'Espresso, La Repubblica. A gennaio saremo in differita a "Presa Diretta" su Rai3. Do' per scontati i media veneti tra cui primeggia Canale Italia, ma non mancano L'Arena, Il Corriere, il TGR Veneto, Tele Arena, Telenuovo. Anche poter fare affidamento su un consigliere comunale e poter dire la nostra con deputati e ministri aiuta parecchio. Dobbiamo ricostruire, non per forza distruggere. Dobbiamo essere scaltri come serpenti, diceva Gesù, anche se spesso ci vediamo circondati da tordi con l’agilità dei bradipi. Insomma. Bisogna darsi da fare. Solo così si portano a casa risultati e si corrisponde alla Grazia, che poi raccoglie quel che si è ben seminato».

Un esempio?
Le nostre battaglie in tema di gender, ecumenismo e più in generale sui temi che hanno a che fare con la mentalità delle persone. Nessuno eguaglia Verona. Qui passano mozioni "no aborto", perfino coi voti del capogruppo del Pd. Qui, se scappa una concessione comunale fuori linea, l'assessore si deve scusare pubblicamente con la città. Da noi, l'agibilità politica per i movimenti tradizionalisti e identitari è ovunque e totale. Si lasciano starnazzare le oche, finché restano senza voce. Ma è giusto che l'oca starnazzi, ci mancherebbe, sarebbe profondamente sbagliato impedirlo, con qualsiasi metodo».

Vuoi dire che il vostro circolo ritiene comunque doveroso sempre e comunque il pluralismo?
«Nel pluralismo serve chi dice la verità. Nell’ambito di quest’ultimo la verità emerge da sola, come emerge il buon senso».

Come si è concretizzata l'azione di Christus Rex nel 2018?
«Noi abbiamo una posizione dottrinale molto decisa, cui deve corrispondere una condotta che, pur considerando i peccati personali, non è certo facile o comoda. Perciò non siamo molti. Non possiamo essere molti se il mondo gira al rovescio rispetto a noi o viceversa. Ma non è il numero che fa la Verità, quella con la “V” maiuscola. La nostra storia lo dimostra. È la fede senza compromessi. È la speranza infinita nel fatto che le fiamme dell'inferno non prevarranno mai, nonostante tutto. È la Carità con il nostro vero prossimo, ossia l'affine, il vicino, il fratello nella fede che ci fa crescere in virtù ed essere aperti al mondo come lo voleva Cristo, non come ce la danno da bere Bergoglio e sodali».

Sul piano ecclesiale dunque, la vostra posizione è immutata? Quale è il vostro riferimento sacerdotale?
«Siamo sedevacantisti, sic et simpliciter, ovvero totalisti dalla morte di Pio XII, avvenuta nel ‘58. Per i sacramenti abbiamo la grazia della disponibilità dell'Istituto Mater Boni Consilii, che da alcuni mesi celebra l'unica messa cattolica tradizionale e non in comunione con gli occupanti della Chiesa conciliare anche a Verona, la quarta domenica del mese. Assistiamo alle loro messe e ci accostiamo ai sacramenti in Trentino, sempre da loro. Saltuariamente, ci viene a trovare un sacerdote molto buono, un missionario benedettino e sedevacantista come noi, padre Maria Romualdo».

Ed a fronte di tutto ciò come vi sentite?
«Come diceva San Cipriano nei confronti dei chierici apostati: loro hanno le chiese, noi abbiamo la fede". Perché, dal Concilio mala tempora currunt e se non scendi a compromessi coi conciliari, i modernisti non ti danno luoghi di culto».

E quindi?
«Occorre, perciò, affittarli da privati o comprarseli, se si può.  Scantinati, pollai o magazzini in via continuativa ogni festa comandata non sono decorosi, almeno finché ci sono altre possibilità e non si è in stato di manifesta persecuzione. Non siamo islamici, che si accaparrano, molte volte in maniera illegittima, i capannoni e li adattano a moschee. Non compriamo magazzini per renderli delle chiese, soprattutto se abusivamente. Non fa parte della nostra cultura, che contempla il principio di non contraddizione e anche il principio di legalità. Così, diamo a Cesare ciò che gli spetta e a Dio quel che spetta a Dio. A Verona, la tradizione ha sempre avuto luoghi di culto adeguati all'uso. Lasciamo certe zingarate ai conciliari».

A metà agosto è uscito il tuo primo libro «Cattolici tra europeismo e populismo» edito per Solfanelli, ed è già alla prima ristampa: abbiamo un Matteo Castagna giornalista, ora anche scrittore. Come è andata con questo libro? Hai dovuto lavorare sodo?
«Non nascondo che è stata dura: due anni di ricerche. Chi ha curato la postfazione del testo, Giacomo Bergamaschi, sa bene quanto sia costato in termini di tempo, fatica e lavoro. Così come lo sa il mio amico veronese che mi ha seguito nell'ultima stesura. Oltre seicento note in calce. Una grande bibliografia per un libro che, a giudizio di alcuni modernisti di peso, contrari a quasi tutte le tesi esposte, ha alzato notevolmente il livello del nostro ambiente, prima e più del sottoscritto che l'ha scritto. Ho voluto rispondere in maniera esaustiva, completa il più possibile, secondo la mia visione personale e di Christus Rex-Traditio a quanti mi chiedevano se i cattolici devono stare coi sovranisti o coi globalisti. Serviva uno studio, un saggio, ben documentato e, a tratti, originale perché su questo argomento si trova già molto in commercio».

Alla fine però il tuo libro si vende anche sulla piattaforma globalista per eccellenza, ovvero Amazon. Certo che la Provvidenza è imperscrutabile talvolta no?
«L’ironia ci sta. Io più umilmente mi sono creato un indirizzo di posta elettronica, ovvero christusrex@libero.it, chi vuole il mio libro per 17 euro mi scrive e spede di spedizione incluse glielo faccio arrivare a casa».

Ma insomma, ora siamo anche all’auto-advertising?
«Preferisco usare il termine réclame, è meno modernista».

Al di là dell’ironia che programmi avete per il 2019? 
«Abbiamo in mente tre concetti chiave».

Che sarebbero?
«Perseverare, migliorare, crescere. Siamo soldati di Cristo e sSuoi soldati politici. Non ci mettiamo d'accordo con la provvidenza né vogliamo umanamente indirizzarla. Come sempre, ci sforzeremo di corrispondere alla grazia ed ai segni che Dio non ci ha mai fatto mancare».

Senti ma la politica nazionale la segui assiduamente?
«In modo sano, col dovuto distacco intellettuale. Ma la seguo. Anche perché collaborando con una testata nazionale come la Verità gioco forza uno si tiene ben aggiornato anche su quel versante. Il che fa parte anche della mia coscienza di cittadino peraltro».

Oggi al governo ci sono M5S e Lega. Che cosa succederebbe se questa maggioranza dovesse saltare?
«Al momento mi pare un'ipotesi remota. I sondaggi danno i due partiti di governo al 60% o giù di lì. È vero che a volte litigano e che sono eterogenei su molti argomenti, ma sono riuscito a tenere la barra dritta nonostante tutti abbiano cercato di farli saltare, su una manovra che ha parti davvero coraggiose. Soprattutto ci ha fatto alzare la testa, dopo anni di fantozziana sudditanza, di fronte all' Europa, che non si aspettava di dover trattare con un' Italia con le palle. Sento che qualcuno suggerisce a chi oggi ha il vento in poppa di staccare la spina quando le elezioni europee lo consacreranno definitivamente come partito di maggioranza relativa. Non credo che questo succederà, ma siccome in politica tutto è possibile, credo che potrebbe nascere, in Italia, una sorta di modernizzazione del sistema, laddove la Lega rappresenti il Sovranismo e il M5S una nuova forma di globalismo socialisteggiante. Attorno a questi due partiti c'è, però, il nulla, ovvero esistono praterie da esplorare ed esperimenti da poter fare, in assoluta libertà. Quindi, vedremo. Intanto aspettiamo i primi effetti della manovra finanziaria e l'attuazione dei punti del contratto di governo. Lasciamo gufi e cassandre nel loro rosicare quotidiano».

La vostra associazione si dice da sempre avversaria del pensiero unico. In questo scenario molti addebitano alla Rai, che gioco forza è la prima industria culturale del Paese, proprio il fatto di essere uno dei primi attori di questa tendenza pensata ad escludere chi descrive parabole culturali differenti. Che idea vi siete fatti al riguardo?
«Stimo Marcello Foa, il nuovo presidente della Rai, sul piano professionale e personale. Lui lo sa molto bene. So che ce la sta mettendo tutta. Sarà presto relatore ad un convegno sulle fake news con Enrica Perrucchietti, professionista che ha rinunciato alla stampa per restare totalmente libera. La tematica, che abbiamo trattato assieme a Verona il mese scorso con un convegno che aveva il medesimo tema, non è, come sai e come si è visto, propriamente una tematica mainstream. Foa non è solo, ma non si possono pretendere miracoli in pochi mesi. È in un apparato difficilissimo, direi okkupato con la kappa da decenni».

E allora?
«Noi restiamo, pero', fiduciosi, sperando che progressivamente si possa arrivare al superamento del pensiero unico, per un servizio pubblico veramente pluralista, ove ci sia spazio anche per chi non si vergogna di essere un Cattolico fedele alla Tradizione o un sovranista convinto o un cronista bravo e libero da condizionamenti di partito. Ad esempio Rai4 è un'altra prateria, tutta da inventare e costruire. C'è gente in gamba, con le idee giuste, cui si potrebbe dare una possibilità, con coraggio e determinazione. Mettersi in gioco piace agli audaci. A me piacciono gli audaci. Credo anche al presidente Foa».

Marco Milioni