sabato 22 luglio 2017

Miteni, le Rsu: «Azioni legali verso la società». Ma la triplice nicchia


"Cara Miteni siamo in stato di agitazione perché la disdetta unilaterale da te decisa per gli accordi aggiuntivi altro non è che una scusa per un futuro fatto di deregulation sul piano della sicurezza, della pesantezza dei turni e della contropartita economica. Affermare come fa la dirigenza che quegli accordi sono vecchi di quarant'anni è falso perché si tratta di intese riaggiornate via via nel tempo e che se azzerate riporteranno le condizioni di fabbrica indietro agli anni Sessanta". Alla grossa suona così il messaggio lanciato dai rappresentanti sindacali aziendali di Miteni, le Rsu, che oggi a mezzodì si sono trovati davanti la sede dell'azienda a Trissino nel Vicentino per fare il punto della situazione.

La ditta peraltro da anni è al centro di una durissima querelle ambientale che la vede accusata dall'Arpav di un vastissimo fenomeno di inquinamento che avrebbe interessato le falde di tutto il Veneto centrale e che sarebbe stato causato dai Pfas, i temutissimi derivati del fluoro che costituiscono una delle lavorazioni più importanti dello stabilimento di proprietà di una multinazionale germanico-lussemburghese, la Icig. Le accuse di Arpav sono poi scaturite in una vera e propria inchiesta penale condotta dalla Procura della repubblica di Vicenza.

IL BRIEFING E LE CRITICHE
Durante il briefing di oggi le Rsu hanno anche affrontato un altro tema caldo. Quello del recente incontro tra i delegati di Confindustria Vicenza, i segretari confederali provinciali di Cgil, Cisl e Uil e l'azienda, dacché quest'ultima in quella sede avrebbe illustrato un piano di rilancio in forza del quale il management avrebbe cercato di rassicurare la triplice sia sul rilancio aziendale in termini di tenuta dei livelli occupazionali, sia in termini di avvio dell'iter di bonifica: che non solo si preannuncia lunga e costosa ma che al momento è al palo. «Onestamente - rimarca Renato Volpiana, il primo a sinistra nel riquadro, rappresentante aziendale per Filctem, la sigla della Cgil che segue i chimici - non ho proprio capito la ratio di quell'incontro di pochi giorni fa che nemmeno conoscevamo nel dettaglio». Non mancano poi le accuse ad alzo zero verso la società, presa di mira «per abbassare gli standard in tema di sicurezza dei turni di lavoro e di remunerazione a fronte di un management che mai come era capitato prima si assegna benefit da sogno in termini di auto di livello premium assegnate a quel dirigente piuttosto che a quel quadro. Benefit alto di gamma concepiti in faccia al lavoro di chi si spacca ogni giorno la schiena durante il turno».

FREDDEZZA NEL SINDACATO
Parole che denotano una certa freddezza nei confronti della iniziativa cui si aggiunge un altro elemento. Da quando nel 2013 l'affaire Miteni è esploso in tutta la sua virulenza, pur a fronte degli altissimi livelli di derivati del fluoro rilevati nei lavoratori, livelli di molto superiori anche a quelli dei cittadini delle aree più contaminate, il sindacato non ha mai dato mandato ai suoi consulenti, e medici e legali, il mandato per avviare una azione legale sia in ambito del lavoro, sia in ambito civile sia penale a supporto delle maestranze che si ritengono colpite sul piano della salute con risvolti anche sul piano giudiziario. «Noi abbiamo chiesto questo intervento ma fino ad oggi da parte dei vertici provinciali c'è stato un atteggiamento molto prudente. Detto questo - rimarca ancora il rappresentante della Rsu - i lavoratori comunciano ad essere davvero preoccupati tanto che stiamo pensando di muoverci anche in autonomia». Una presa di posizione che è destinata a pesare come la pietra anche alla luce del fatto che i valori sulla presenza dei Pfas nel sangue degli operai vengono comunicati alle maestranze con cadenza annuale.

LO SPETTRO AMBIENTALE
Tuttavia sul fronte Miteni la situazione rimane incandescente non solo sul piano sanitario, ma anche su quello ambientale. Da quando la contaminazione è stata acclarata il piano per cambiare le fonti di approvvigionamento idrico langue: si tratta di un piano complesso dai costi improbi che si aggirano sui 200 milioni. Altrettanto potrebbe costare l'intera bonifica della matrice inquinante della Miteni, sempre che questa sia possibile, tanto che da mesi comitati e ambientalisti si domandano se mai il privato, cui per legge spetterebbe l'onere, avrà mai la forza per sostenere un eventuale incombenza di questo tipo.

Rispetto alla quale c'è un altro elemento che bisogna tenere in considerazione. Pochi giorni fa infatti i media locali hanno dato notizia del protocollo d'intesa che dovrebbe dare l'abbrivio ufficiale al piano di caratterizzazione della Miteni. Si tratta di una procedura ufficiale che non solo è propedeutica alla bonifica, ma che soprattutto, proprio a fronte di un risanamento ambientale che dovesse rimanere solo sulla carta, darebbe la stura alla magistratura e agli inquirenti di contestare il reato di omessa bonifica, che per definizione, ove la riqualificazione ambientale finisse per languire, diviene un reato che non si prescrive perché permanente.

INCOGNITE GIUDIZIARIE
In realtà una delle critiche più dure del fronte ecologista alla Regione si era concentrato proprio sulla lentezza con cui l'amministrazione capitanata dal governatore leghista Luca Zaia stia progredendo alla stesura del protocollo che coinvolge anche il comune di Trissino e la provincia di Vicenza. Ora dalla lettura approfondita delle carte occorrerà capire se quel protocollo codificato in una delibera della giunta regionale con tanto di corposo allegato, sia veramente il primo step per il piano di caratterizzazione, con tutte le magagne penali che conseguono per la società in caso di inottemperanza. O se invece si tratta di una semplice lettera di intenti che lascia al privato lo spazio per non essere chiamato a rispondere rispetto ad alcune fattispecie penali.

Marco Milioni

martedì 18 luglio 2017

Alberto Peruffo Vs Miteni e Regione Veneto

Nel mentre i cittadini vengono travolti da botte e risposte (v. postilla in calce) e da notizie poco rassicuranti (v. le news sul via libera all'impianto di cogenerazione concesso dalla Regione Veneto alla MITENI, fino agli strani rapporti di parentela tra il gruppo proprietario dell'industria della Valle dell'Agno e la belga Solvay) rimane da capire che cosa oggi stia bollendo davvero nel pentolone PFAS. Dalle parti di Confindustria Vicenza si parla sempre più incessantemente di un incontro riservatissimo a cui dovrebbero partecipare in settimana i vertici provinciali dei sindacati confederali, con i vertici aziendali della MITENI e i rappresentanti della stessa Confindustria berica. Incontro riservatissimo per stabilire esattamente che cosa visto che stando ai quotidiani regionali l'amministratore Antonio Nardone si è schierato in modo molto duro contro i lavoratori e i sindacati stessi?

L'altra questione importante riguarda poi il comportamento della Magistratura. Ipotesi di reato così pesanti quali quelle messe sul tappeto dai Carabinieri del Noe dovrebbero indirizzare l'autorità giudiziaria verso un sequestro cautelare del quale non si ha alcun sentore: cosa davvero incomprensibile.

PS a margine: tutti quanti abbiamo letto la risposta di Bottacin alla Conferenza PD. Lo scrivo per esperienza e perché fa parte del mio lavoro: quando un'istituzione in un comunicato stampa ufficiale esordisce con le parole di un filosofo (Schopenhauer) dimostra la perdita di autorità della stessa istituzione. Essa non sa più trovare le parole e chiede aiuto a un autore autorevole, le cui parole spesso sono usate per rimescolare il polverone di ciò che non si sa dire. E' un fatto più unico che raro trovare questa procedura in un comunicato stampa ufficiale istituzionale, il quale dovrebbe essere semplicemente una scrittura di fatto, non una scrittura di buone intenzioni aperto da un proclama filosofico. Tutto ciò conferma quanto scritto nel post precedente: «La perdita di autorità da parte dei dirigenti della Regione dopo il BUR [sul cogeneratore, n.d.r.] dell'altro ieri è stata siglata a chiare lettere». Ora il nuovo CS della Regione conferma questo mio pensiero. E offre indizi. Peggio di Bottacin in fatto di comunicazione e autorità ha fatto solo l'Ufficio Stampa di Nardone quando ha indetto la oramai celebre - per pochezza - Lectio Magistralis con un Dottor Nessuno per tentare di riversare contenuti autorevoli sul teatrino quotidiano della bontà della sua azienda.

Tutto ciò non sono indizi da poco. Ci mostrano il profilo intellettuale delle parti in campo. La loro grande o scarsa intelligenza. Anche nel prendere in giro le persone. Non tutte però si lasciano incantare dalle arguzie e dalle arroganze di presunte filosofie o citazioni mirabolanti. Qualcuno conosce Schopenhauer meglio di questi signori, usurpatori del bene comune anche quando attingono al pensiero di un povero grande filosofo che si rivolterebbe nella tomba se sapesse che le sue parole sono state scritte in un comunicato stampa "ufficiale" di una Regione che si prepara a promulgare un'autonomia identitaria fondata sulla veneticità dei cosiddetti veneti (magnifico argomento! direbbe Schopenhauer) e non sulla libera autonomia di pensiero e di azione di cittadinanze che non vogliono più essere schiave di Stati e di plutocrazie territoriali come la stessa Regione Veneto con i suoi feudatari confederati ha dimostrato di essere. Sono o non sono veneti confederati fino al midollo delle ossa Zonin, Galan, Chisso, Marzotto e compagnia bella? Con quali signori si incontrano i sindacati e perché?

Quali di questi ultimi - delle sigle sindacali confederali - sono succubi di questo sistema "confederato" tenuto in piedi per troppi anni in questa Regione? La RIMAR - 40 anni di storia - non vi dice niente? E' davvero possibile un cambio di passo nel mondo del lavoro dopo tutto questo polverone? Non aggiungo altro e chiudo con le terribili parole di Schopenhauer che credo il filosofo tedesco pronuncerebbe contro Bottacin per aver abusato del suo pensiero: «Noi siamo un’armata di fantasmi che assediamo l’inaccessibile». Questo saremo noi - attivisti - di fronte alla MITENI e al Palazzo della Ragione. Ops, della Regione.

Alberto Peruffo

fonte:
pagina Facebook Acqua bene comune libera dai Pfas, pubblicato il 18 luglio 2017 alle 10,43
url sorgente:
https://www.facebook.com/groups/437427346291025/permalink/1634932123207202/
versione pdf:
https://drive.google.com/file/d/0B79_g8yAOzcBV2VEZ0dCeDUzSFk/view?usp=sharing

mercoledì 12 luglio 2017

Pfas nei terreni, task force per la bonifica

Bonificare l'intera area della Miteni dai Pfas e da qualunque altra sostanza pericolosa. Sarà questo l'obiettivo finale della nuova task force formata da Regione, Provincia, Comune di Trissino e Arpav. I quattro enti hanno già approvato il protocollo che servirà a coordinare le attività di analisi e messa in sicurezza del sito inquinato, documento che era stato annunciato dopo un vertice tra gli enti avvenuto a palazzo Balbi a Venezia.

L'INTESA. Con il protocollo vengono messi nero su bianco tutti i passi che i quattro soggetti si prefiggono di attuare per eliminare la contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche dall'area della Miteni, nel territorio comunale di Trissino. Uno dei punti principali riguarda dunque l'istituzione di un comitato tecnico, sotto la regia della Regione, che avrà il compito di dare sostegno tecnico e giuridico, nelle varie azioni, all'amministrazione comunale trissinese e a palazzo Nievo. Prima di agire, però, sarà necessario conoscere nel dettaglio quali sostanze si trovino nei terreni dell'area di proprietà della Miteni e dove esse siano precisamente localizzate. A tal fine, entro 60 giorni dalla firma dell'accordo, dovrà essere redatto un nuovo piano di caratterizzazione. Come si legge nel protocollo, la Miteni dovrà aggiornare ed integrare l'analisi del rischio dei suoli e, qualora necessario, presentare il progetto di bonifica e di messa in sicurezza del sito di proprietà. La stessa ditta sarà inoltre tenuta a presentare il progetto di bonifica della falda acquifera sotterranea. Tra gli interventi è prevista anche l'implementazione di adeguate misure di prevenzione sul sito trissinese, volte ad impedire che le acque sotterranee contaminate possano fuoriuscire dall'area. Arpav metterà a disposizione le proprie strutture specialistiche per eseguire le indagini, le verifiche tecniche e di laboratorio, nonché gli accertamenti sugli impianti e le installazioni.

L'AUTORIZZAZIONE. Tra gli altri punti del protocollo figura il riesame, da parte della Provincia, dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'azienda. «I tecnici stanno esaminando la documentazione presentata da Miteni, per capire su quali punti sia possibile migliorare - specifica il consigliere provinciale con delega all'ambiente Matteo Macilotti -. Alla fine saranno decise le prescrizioni per l'azienda». A breve sarà convocata la prima conferenza dei servizi, che vedrà gli enti coinvolti esaminare la documentazione in contraddittorio con la stessa ditta.

L'AZIENDA. «È apprezzabile che ci sia un coordinamento tra tutti gli enti per affrontare la situazione». È il commento della Miteni di fronte all'approvazione del protocollo d'intesa. «È positivo - continua l'azienda di Trissino - notare che tra i firmatari dell'accordo ci sia anche Arpav: l'agenzia ha già affiancato l'azienda nei controlli degli ultimi anni e quindi è già in possesso di tutti i dati». Miteni spiega di aver presentato alla Provincia i documenti relativi ad un'ulteriore implementazione nel sistema di gestione degli scarichi. L'intenzione della ditta trissinese è quella di realizzare «un sistema di abbattimento dei Pfas che circolano nell'aria all'interno dello stabilimento, un impianto che permetterebbe di intercettare le molecole per poi distruggerle trattandole con temperature elevate. Il progetto non renderebbe necessario lo smaltimento di questa frazione attraverso l'acqua».

da Il Giornale di Vicenza di martedì 11 luglio; pagina 19

venerdì 7 luglio 2017

Il rave amaro di Luna Rosso: denunciata la figlia di Mr Diesel

«Sarà un caso, più probabile una soffiata. Al posto di guida e in quello del passeggero due veneziani... un 44enne pregiudicato e un 56enne..., sul sedile posteriore due ragazzine vicentine, una 17enne con l’amica del cuore, 19 anni appena e un cognome importante. È lei, Luna Rosso... figlia del re del casual, mister Diesel Renzo Rosso, originario di Brugine e bassanese d’adozione... ad attirare l’attenzione degli agenti». È questo uno dei passaggi salienti dello scoop pubblicato stamani da La Nuova Venezia in pagina 10 e ripreso subito dopo sul portale della testata. Il titolo è eloquente: «Il rave amaro di Luna Rosso: denunciata la figlia di Mr Diesel». Nel servizio firmato da Cristina Genesin si legge che il 28 maggio scorso alle 22.30 una pattuglia della Polstrada segnala l’alt a una Fiat Multipla «che viaggia lungo la A57 nel territorio di Quarto d’Altino».

Della giovane nel servizio si legge ancora: «È in uno stato psicofisico alterato, la bocca impastata, le pupille dilatate e un atteggiamento “sopra le righe”. Invitata ad aprire la borsetta, consegna subito la pochette di pelle nera: al suo interno una mini-farmacia-portatile-pronta all’uso con 7 confezioni contenenti una polvere di sospetta ketamina (un peso singolo dai 0.434 ai 0.870 grammi lordi); 4 pasticche di sospetta ecstasy e ancora un involucro in cellophane con presunti cristalli di Mdma, una droga sintetica (metanfetamine) con spiccati effetti eccitanti, la più usata in discoteca tra i ragazzini per dimenticare fatica e pensieri; un involucro con sospetta Lsd (0.222 grammi lordi) oltre a 3 cannule per inalazione di polveri e 465 euro in contanti».

E così Luna Rosso «rampolla di una delle famiglie più blasonate del fashion italiano conosciuto e amato in tutto il mondo... dalle piazze alle star... finisce indagata per l’articolo 73 del Testo unico 309 del 1990, la normativa che disciplina la materia relativa alle sostanze stupefacenti. La droga viene messa sotto sequestro». Il servizio poi ricostruisce altre circostanze del controllo effettuato dalla polizia: «Quei due? Non li conosciamo» si sono difese le ragazzine, spiegando di aver trascorso il pomeriggio in un rave-party nel noto locale “Maison Musique” ad Annone Veneto pubblicizzato anche sul profilo Facebook di Luna. «Tenetevi la roba ma datemi i soldi che non sono tutti miei... Devo darne una parte a un amico» si sarebbe giustificata con i poliziotti la 19enne, trasferita nel comando della Polstrada e sottoposta a una perquisizione da parte di un’agente. Poi, riferisce ancora la Genesin sono stati informati il pm Carlotta Franceschetti della procura ordinaria di Venezia e il pm Giulia Dal Pos della procura dei Minori.

mercoledì 5 luglio 2017

Parla il sindacato aziendale: «Miteni? Situazione grave. Al via l'agitazione»

In data odierna riceviamo e pubblichiamo per intero

Rendiamo noto che la scrivente Rappresentanza Sindacale Unitaria dei Lavoratori Miteni ha dichiarato Io stato di agitazione sindacale in tutto lo stabilimento di Trissino. 

Questa decisione si è resa necessaria quale prima concreta risposta alla disdetta, da parte aziendale, di tutti gli accordi aziendali in essere. Accordi aziendali assunti negli anni attraverso condivise relazioni industriali, che riguardano importanti ed evolute predisposizioni in tema di salvaguardia della salute, sicurezza e ambiente di lavoro, oltre che altre puntuali previdenze di carattere sociale, sindacale e salariale. Respingiamo fermamente questo modus operandi dell'attuale direzione su questioni così complesse e delicate, del tutto in contraddizione con gli indirizzi di condivisione, collaborazione, coesione dalla stessa più volte enunciati. 

Nel momento in cui l'azienda sta vivendo il periodo sicuramente più difficile della sua storia, risulta francamente incomprensibile una tale decisione, con tutte le implicazioni che essa determina anche in relazione al quadro di queste difficoltà. In passato, con le precedenti gestioni, si erano registrate altre tensioni riguardanti questo tipo di relazioni, ma mai si era giunti da parte aziendale ad azioni di questo tipo. 

Anzi, in occasione di altre gravi situazioni aziendali, ci riferiamo ad esempio alla cessione di Miteni da Mitsubishi ad Icig nell'anno 2009, sempre si è perseguita la via del dialogo e le soluzioni si sono trovate, preservando innanzitutto questi accordi aziendali ritendendoli, per la loro articolazione e regolazione di importantissimi temi quali le condizioni di lavoro intercalate alle peculiarità delle nostre attività (a rischio di incidente rilevante, legge Seveso ter e affini), un valore aggiunto e un patrimonio aziendale. Per noi tutto questo è e rimane di essenziale importanza, un bene dell'azienda assolutamente da difendere. 

Con l'occasione ricordiamo poi, in riferimento a questa nostra difficile situazione aziendale, che siamo fiduciosi e che confidiamo negli impegni assunti dalla Regione Veneto durante gli incontri a Venezia del 28 marzo e 26 aprile 2017 avvenuti con gli assessori Gianpaolo Bottacin, Luca Coletto, Elena Donazzan ed il presidente Roberto Ciambetti. Ambito dal quale è scaturita l'istituzione del "Tavolo di Crisi Miteni" (vedasi al riguardo i relativi comunicati stampa che alleghiamo per conoscenza). Registriamo favorevolmente che la Regione abbia riconosciuto le nostre istanze rappresentate in quella sede in tema di monitoraggio sanitario dei dipendenti ex dipendenti Miteni e terzi, proprio in ragione delle altissime concentrazioni di PFAS presenti nel siero di questi lavoratori. Ancor più, in tema di chiarimenti applicativi dei provvedimenti in materia ambientale riguardanti l'azienda, con particolar riferimento alle DGR n.160 del 14.02.2017 e n. 360 del 22.03.2017. Infine riconosciamo l'impegno assunto nella ricognizione in tema di investimenti relativi ad un piano industriale della Miteni. Investimenti rispetto ai quali la Regione si proponeva di richiedere un coinvolgimento diretto alla casa madre Icig che controlla Miteni al fine di avere un suo concreto intervento per fronteggiare l'emergenza PFAS determinatasi nella popolazione e nei territori coinvolti. Oltre che un impegno di responsabilità verso i 130 dipendenti del sito di Trissino, quindi delle attività di innovazione, riqualificazione e risanamento ambientale. 

Visti i tempi trascorsi, la citata situazione in essere e la mancanza di riscontri a riguardo, informiamo che abbiamo già richiesto alle nostre rispettive Organizzazioni Sindacali di appartenenza di sollecitare un urgente e prioritario incontro con la Regione Veneto al fine di riconvocare il citato "Tavolo di Crisi Miteni" e verificare insieme lo stato ed il seguito concreto delle riferite azioni che dovevano essere intraprese. 

Rsu - Rappresentanza sindacale aziendale unitaria Miteni - Trissino
Trissino, addì 5 luglio 2017

Caso Zonin, Ceschi chiede lumi alla fondazione Roi

Come si può leggere la situazione delle due ex popolari venete alla luce del recente decreto ribattezzato salva banche che secondo il governo dovrebbe mettere al sicuro gli istituti di Montebelluna e Vicenza? Queste ultime saranno inglomerate da gruppi più grandi come Intesa? Barbara Ceschi a Santa Croce, imprenditrice agricola e socia di BpVi, é la nipote di Giuseppe Roi, il marchese vicentino benefattore che ideò la fondazione che porta il suo nome per contribuire alla causa della cultura berica e che ha visto il suo destino collassare insieme a quello della BpVi alla quale era legata anche dallo statuto. Ceschi, che in passato ha duramente criticato l’ex presidente di BpVi Gianni Zonin e che da quest’ultimo nella veste di ex presidente proprio della Roi ha rimediato una causa civile per danno d’immagine con annesso ingentissima richiesta di risarcimento danni, misura le parole. Parla di una situazione che vede «con immensa tristezza ed empatia verso coloro che hanno perso tutto, anche la dignità». Sempre l’imprenditrice dice di pensare ai  ai 200mila soci e alle loro famiglie, «un milione di persone macinate da persone senza scrupoli» e si dice preoccupata per «un territorio che ogni giorno si percepisce in ginocchio e cerca con immensa fatica di rimettersi in piedi». E ancora: «Io non ho le competenze per elaborare delle previsioni dettagliate - spiega la donna che per molti anni è vissuta all’estero - ma se queste banche verranno inglomerate, speriamo che sia per noi il male minore». In questo contesto la socia spiega che se acquisizione sarà ci vorrà comunque molto tempo e «un coraggio da leoni, nonché molti miliardi» per far ripartire l’istituto.

Senta Ceschi ormai sono diversi mesi che Gianni Zonin ha lasciato il consiglio di amministrazione di BpVi ma anche quello della fondazione Roi, specie in quest'ultima che cosa è cambiato con l'arrivo del presidente Ilvo Diamanti?
«Per quanto ne so io non è cambiato sostanzialmente nulla. Tant'è vero che alle parole di comprensione nei miei confronti, in classico stile vicentino, non è seguito alcunché. So che il cda è ancora quello di una volta ma mi è stato spiegato che, a meno che non si dimettano i vecchi membri, deve rimanere fino al naturale scadere dell'esercizio, che sarà mi pare in aprile del prossimo anno. Anzi, a confermare che non è avvenuto nulla di fatto, la fondazione ha pensato bene di tenersi anche Enrico Ambrosetti quale legale di fiducia dell'ex presidente oggi inquisito per l’affaire Popolare Vicenza. Non so che dire».

Ma è vero che dopo le iniziali rassicurazioni di chiudere il contenzioso civile avviato contro di lei dall'allora presidente Zonin, il nuovo presidente il professore Ilvo Diamanti, ha deciso di tenere in piedi la causa? Come mai?
«Me lo chiedo anch'io. In una riunione informale ed amichevole con il neo presidente cui hanno partecipato anche il mio consulente Gianni Giglioli e il mio legale l’avvocato Lino Roetta, i quali potranno confermare quanto mi è stato detto, Diamanti ha esordito dicendo che ha accettato l'incarico per amicizia nei confronti del Sindaco di Vicenza e che per quanto riguardava la azione legale nei miei confronti ma anche quella nei confronti di alcuni giornalisti si rendeva conto della sua sostanziale infondatezza assicurandomi che avrebbe provveduto a rinunciare alla stessa. Detto questo, ne io ne gli altri partecipanti alla riunione capiamo perché a queste parole non solo non siano seguiti i fatti. Di più siamo venuti a sapere che l'ineffabile avvocato Ambrosetti, per conto della fondazione, ha fatto richiesta al giudice affinché siano escusse altre testimonianze. Ergo, che cosa abbia in mente Diamanti al riguardo lo chieda al diretto interessato»

Da settimane, anzi da mesi, si parla sui media locali di una fondazione Roi che non rende pubblici i suoi bilanci. Lei che idea si è fatta in questo senso giacché sulle prime il neopresidente Diamanti parlò di discontinuità nel segno della trasparenza rispetto all’era Zonin?
«Se la causa civile va avanti è chiaro che otterremo quelle carte dal giudice. Sulla condotta di Diamanti comincio a pormi alcuni seri interrogativi».

Marco Milioni

sabato 1 luglio 2017

Decreto salva-venete, l'ex presidente di Benebanca attacca via Nazionale

(m.m.) Pochi minuti fa ho ricevuto una lunga lettera aperta da parte dell'ex presidente di Bene Banca, il piccolo istituto di credito piemontese interessato da una querelle di ampie proporzioni che coinvolse alcune anni fa proprio BpVi. Il testo ricevuto, una lettera aperta inviata agli organi di informazione e ai siti specializzati, che contiene un duro j'accuse a Bankitalia, viene qui di seguito pubblicato integralmente. Altre informazioni sulla vicenda di Bene Banca sono contenute nel portale realizzato da un comitato di utenti della stessa banca.

Lunedi 26 giugno 2017, prima dell'alba e precisamente alle ore 04.49, Bankitalia dirama un comunicato in ordine alla avvenuta cessione da parte dei neonominati commissari liquidatori di un ramo di azienda delle fallite popolari venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca) a Intesa San Paolo, ai sensi del Decreto Legge n. 99 del 25.06.2017, approvato dal Consiglio dei Ministri il pomeriggio precedente nel corso di una riunione durata appena 20 minuti.

Già le due popolari venete, da anni in evidente difficoltà e con i conti pesantemente in rosso, sono state poste in «liquidazione coatta amministrativa dal Ministero dell'economia e dopo che la Bce aveva dichiarato pochi giorni prima come le stesse fossero in condizione di “failing or likely to fail” (ossia in fallimento o in probabile fallimento). Dalla lettura dei quotidiani finanziari di questi ultimi giorni chi scrive ha appreso poi come in piena notte e nel volgere di soli 5 minuti, i commissari sono stati nominati ed hanno prontamente sottoscritto un contratto che sancisce il passaggio della parte buona delle 2 banche ad Intesa San Paolo al prezzo simbolico di 50 centesimi ciascuna e prevede impegni a carico della collettività per circa 17 miliardi.

Che bravi questi commissari: nell'arco di pochi minuti hanno studiato, analizzato e sottoscritto il contratto di cessione di ramo d'azienda contemplanti attività sottostanti per svariate decine di miliardi...

Oggi quindi, a distanza di più di 2 anni dalla denuncia del sottoscritto alla magistratura per il deposito milionario effettuato dalla Bene Banca alla BPVicenza a tassi irrisori, dopo circa venti mesi dalle perquisizioni della GdF nella sede della popolare berica, eventi che in sostanza hanno dato il via al clamore mediatico sulla vicenda delle popolari venete che ha riempito pagine e pagine dei giornali nazionali nei mesi successivi, nel volgere di poche ore, d'intesa con il Ministero dell'Economia ed il Governo, viene posto termine a questa via crucis con la declaratoria di insolvenza e l'apertura della procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa, con un costo a carico dello Stato di circa 17 miliardi, pari a 250 euro per ogni contribuente italiano.

Come sempre un grande plauso agli uomini di Ignazio Visco governatore di Bankitalia per avere gestito «al meglio» la situazione, dapprima tappandosi naso e orecchie sulla gestione criminale di Zonin e soci nonostante reiterate denunce di Adusbef a partire sin dal 2008, poi favorendo un salvataggio disperato con la nascita di Atlante che ha immolato ben 3,5 mld sull'altare veneto della «stabilità di sistema» per arrivare adesso al conto finale salatissimo a carico dello Stato (e quindi di tutti noi). Veramente i migliori complimenti. Ma cosa ha fatto Bankitalia in tutto questo tempo? Nel 2013 era impegnata quanto meno a commissariare una banca del Cuneese con i conti in ordine, la Bene Banca di Bene Vagienna, una banca di credito cooperativo del tutto insignificante a livello nazionale ma molto attiva sul territorio locale, con 150 dipendenti e 1,5 miliardi di masse amministrate, 70.000 clienti e 7.070 soci. Il commissariamento più veloce della storia italiana, un record assoluto stante i soli dodici mesi e mezzo mesi di amministrazione straordinaria, culminato con la restituzione in bonis ai soci senza truma alcuno, senza cessione di rami d'azienda o sportelli, bensì con la assunzione di 4 nuovi dipendenti.

Oggi, alla luce di quanto successo, a chi scrive viene da commentare come Bankitalia avrebbe avuto di molto meglio da fare, soprattutto in Veneto. Magari ne avrebbe beneficiato la collettività intera.

Ma il commissariamento di Bene Banca è stato poi catalogato dalla Giustizia Amministrativa come «preventivo», ossia valutato e deliberato prima che i problemi sorgessero e potessero intaccare una realtà bancaria ancora sana... Così si espressero dapprima gli organi della procedura, e poi Tar del Lazio nonché il Consiglio di Stato. Peccato che questo metodo sia stato adottato solo a Bene Vagienna e non a Siena od in Veneto per esempio, ove i problemi li sono sorti eccome...

Ma il Veneto comunque indirettamente è stato beneficiato dall'intervento della vigilanza a Cuneo, visti i 38 milioni di liquidità dirottati dal commissario alla banca di Zonin, oltre a sette milioni di obbligazioni sempre della banca vicentina acquistate post commissariamento.

Per «fugare ogni imbarazzo» (così scriveva il vice direttore generale oggi dg Simone Barra ai dipendenti) veniva motivato l'azzeramento della posizione di liquidità nel 2015, post esplosione del caso mediatico sui 38 mln di liquidità depositata a tassi irrisori a Vicenza da un 'particolare' Commissario (che al contempo era anche AD di una collegata della BPVi, la Marzotto Sim) in seguito alla citata denuncia alla Magistratura del sottoscritto.

Solo oggi, post intervento governativo, Bene Banca potrà tirare un sospiro di sollievo ed esultare per non avere sacrificato alcun euro nella «campagna di Vicenza» visto che le obbligazioni (non vendute ma portate obtorto collo a scadenza nel 2018 «per evitare minusvalenze», così scriveva il dg Massaro ad ottobre 2015 ad un preoccupato e curioso sindaco di Bene Vagienna, dato il prezzo registrato sui mercati di molto sotto la pari, saranno onorate da Banca Intesa, all'uopo beneficiata da fondi statali per 4,785 miliardi al fine di non intaccare gli indicatori patrimoniali ovvero «i ratios» della forse migliore banca italiana.

Ecco dimostrato dai fatti come la denuncia a suo tempo sporta dal sottoscritto fosse oltremodo pertinente e puntuale e non un atto di reazione alla pesantissima iniziativa di Bankitalia come sbrigativamente catalogata dagli inquirenti; l'esposto di certo non era mosso da acredine personale, ma era piuttosto orientato a segnalare alla Magistratura fatti incresciosi di cui il denunciante era venuto a conoscenza, fatti che oggi sono venuti compiutamente a galla e sono sotto gli occhi di tutti. Ma per salvare la Banca Popolare di Vicenza lo Stato deve adesso impegnare 17 mld, un conto salatissimo a carico della collettività.

Altro che investimento privo di rischi come è stato catalogato dai vertici della Bene Banca per difendere l'operato del Commissario che ha permesso il loro insediamento. Ai poveri soci della Bene Banca oltre al danno si è aggiunta così la beffa.

Dopo aver già pagato in termini di mancata assistenza finanziaria ed assenza di dividendi, complice l'investimento milionario particolare e poco remunerativo a Vicenza, oggi ogni socio della bcc benese, per il salvataggio della popolare vicentina, si vede suo malgrado aumentare la propria quota di debito pubblico di circa 250 euro. Indubbiamente un bel trattamento.

Francesco Bedino
Ex Presidente di Bene Banca
sabato 1 luglio 2017