venerdì 28 maggio 2010

Attilio e Achille, inciucio a mille

Che cosa si deve pensare dei big che reggono le sorti del comune e della provincia di Vicenza? Fanno l'interesse dei cittadini, quello delle lobby di riferimento o quello degli onorevoli amici degli amici? Quale insegnamento si deve trarre dalla cosidetta vicenda Cis-Vicenza Est? Quali giochi di potere o di interessi, sempre che ve ne siano, si celano dietro i provvedimenti adottati dagli enti locali vicentini in materia di edilizia ed urbanistica commerciale? Ciò che è successo ieri in consiglio comunale a Vicenza e ciò che è successo in consiglio provinciale la settimana passata aiuta a chiarire questi dubbi? I partiti sono portatori di idee politiche autentiche o sono semplicemente il taxi dentro al quale viaggiano gli intoccabili dei poteri forti? La discussione di ieri in consiglio comunale avrebbe potuto dare risposta ad almeno parte di questi quesiti ma purtroppo la cosa non è avvenuta.

IL PREAMBOLO. Ieri pomeriggio in sala Bernarda una parte della minoranza di centrodestra costituita dal settore che nel Pdl fa riferimento all'eurodeputato Sergio Berlato, aveva chiesto al sindaco Achille Variati del Pd, ottenendola, una discussione straordinaria sulla questione del cosiddetto inciucio tra provincia di Vicenza e capoluogo berico. Tale «strano accordo» si sarebbe materializzato in un ok di massima da parte della medesima provincia nei confronti di due contestatissimi grandi parchi commericali, il primo a Vicenza Est, il secondo nel comune di Montebello Vicentino. Nello specifico la richiesta di chiarimenti era giunta dal consigliere del Pdl Maurizio Franzina il quale ha ottenuto dalla maggioranza di centrosistra che una breve frazione della assise consiliare venisse dedicata alla questione da lui sollevata.

LA RETROSPETTIVA. Da giorni infatti la querelle attorno alla contestata autorizzazione (in realtà si tratta solo di una parte dell'iter) per i due centri acquisti, è diventata una sorta di tormentone sulla stampa locale. La settimana scorsa peraltro settori importanti del Pdl, durante una seduta del consiglio provinciale dedicata al piano di riassetto territoriale nel Vicentino (il Ptcp), avevano proposto un emendamento molto restrittivo; emendamento che proponeva il blocco alla realizzazione del grande shopping centre in una zona di Montebello, almeno in parte, originariamente dedicata alla realizzazione di un centro logistico per lo scambio dalle merci dalla ferrovia ai tir (Cis). Tra le motivazioni a sostegno del blocco vi sono l'eccessiva saturazione urbanistica della zona, nonché la eventualità di colpire oltre misura la condizione dei piccoli esercizi. Non a caso la Confcommercio di Vicenza si è schierata contro l'ipotesi del centro acquisti. I comuni dell'area, e in particolare quello interessato (Montebello), si erano impegnati infatti a vincolare come agricoli quei lotti, ben 500.000 metri quadri, qualora sui quei terreni fosse stato pianificato un uso diverso dal centro di interscambio merci. Tuttavia una serie di vicissitudini amministrative aveva aperto uno spiraglio per realizzare anche un centro commerciale; l'opzione si era materializzata concretamente dopo che la proprietà della metà dei lotti interessati al Cis era stata acquisita dalla società che fa capo alla famiglia dell'onorevole Alberto Filippi il quale milita nello stesso partito, la Lega Nord, che esprime il presidente della provincia Attilio Schneck nonché una buona parte della maggioranza che lo sostiene.

Questo ventilato conflitto di interessi da oltre un anno e mezzo ha scatenato una congerie di illazioni sul conto della Lega, sul conto di Filippi e soprattutto sul conto dei soggetti, in gran parte pubblici, che detengono la maggioranza delle quote di Cis spa (provincia di Vicenza, camera di commercio berica, comune di Vicenza, Autostrada Brescia Padova, Banca Popolare di Vicenza tra gli altri). L'accusa principale che viene mossa nei confronti di questi soggetti è quella di avere ridotto da 500.000 a 250.000 i metri quadri destinati al Cis, gettando di fatto le basi per una speculazione fondiaria a beneficio della famiglia Filippi la quale da oltre tre anni detiene metà dell'area. Di più, al calderone delle polemiche si era aggiunta di recente la netta presa di posizione di quella corrente del Pdl che fa capo a Berlato, il quale in suo durissimo comunicato stampa della settimana passata, era persino arrivato a far balenare l'ipotesi di un Filippi benedetto da una valorizzazione immobiliare sospetta. E proprio in questa direzione la settimana passata era andato l'emendamento del Pdl alla delibera urbanistica presentato a palazzo Nievo dal consigliere Arrigo Abalti, il quale siede pure a palazzo Trissino come consigliere comunale. In quella occasione la maggioranza di centrodestra aveva bocciato a fatica l'emendamento Abalti visto che buona parte del Pdl aveva votato con le minoranze di centrosinistra; contestualmente però la stessa maggioranza Lega-Pdl (ala Berlato esclusa) aveva detto sì ad un emendamento presentato dal centrosinistra, nello specifico da Matteo Quero del Pd (ex assessore alla cultura in comune e vicinissimo al primo cittadino), che chiedeva la possibilità di derogare alla norma che all'oggi in qualche maniera non consente la costruzione di nuovi centri commerciali a Vicenza Est. L'emendamento per giunta aveva avuto la benedizione del sindaco berico Achille Variati che in comune invece guida una coalizione di segno politico opposto a chi regge le sorti di palazzo Nievo.

IL CASO POLITICO. Tant'è che questa convergenza d'intenti trasversali, sebbene negata da Quero, ha mandato su tutte le furie Berlato unitamente ai suoi seguaci in seno al consiglio comunale: Maurizio Franzina e Arrigo Abalti in primis. Di più lo stesso Berlato ha rivelato la sua verità spiegando che aveva avuto notizie certe di una sorta di voto di scambio tra Lega, transfughi del Pdl e Pd. Voto di scambio, ordito tra provincia e comune, tra i cui registi ci sarebbe Nereo Galvanin, potentissimo assessore provinciale al patrimonio in quota Pdl, nonché braccio destro in provincia dell'europarlamentare del Pdl Lia Sartori (da settimane a sua volta in guerra con Berlato per la scissione del gruppo municipale). Sicché quando ieri si è affrontata la discussione chiesta da Franzina, lo scontro ha raggiunto il suo apice. In sala Bernarda il primo cittadino Achille Variati (Pd) ha respinto al mittente le accuse, spalleggiato in questo dalla sua maggioranza. Il ragionamento dei democratici è chiaro: poiché l'opposizione di centrosinistra in provincia ha votato a favore dell'emendamento per la bocciatura dello shopping centre a Montebello, non si comprende la logica «del do ut des» in ragione della quale veniamo accusati da uomini politici che appartengono per giunta allo stesso schieramento che in provincia ha detto sì al parco acquisti di Montebello. Ma Franzina si dice a sua volta insoddisfatto, non solo nei confronti di Variati ma pure nei confronti di Quero, col quale ha avviato un confronto fatto di comunicati al vetriolo.

QUESTIONE DI FONDO. L'affaire Cis però non è una storia dell'altro ieri. Sino alla metà degli anni Novanta quando in provincia e in comune dominava il primo centrosinistra l'area prescelta era stata collocata a nordest del capoluogo, tra Vicenza e Monticello Conte Otto. Poi con l'arrivo del centrodestra le cose sono cambiate sino ad identificare l'area di Montebello lungo la statale 11 in direzione Verona. E quello che è successo ieri in sala Bernarda non sorprende l'ex consigliere comunale Franca Equizi (prima leghista, poi autonomista indipendente, oggi attivista a capo di una associazione civica): «A questo punto la storia ha dato ragione a chi come me da sempre sostiene che l'opzione Montebello non sia altro che una mera speculazione edilizia. Un tempo come referente politico c'era la ex presidente della provincia, l'onorevole Manuela Dal Lago; poi si è impossessato del giocattolo, politicamente parlando, il senatore Alberto Filippi, tutti e due del Carroccio, tutti e due siedono in consiglio comunale a Vicenza. Ma il destino dell'operazione era segnato. Con la scusa di costruire un centro intermodale che non si farà mai si comprano al prezzo di una pipa di tabacco 500.000 metri quadri di stupenda campagna e li si rendono edificabili con valorizzazioni fondiarie annesse e annessa distruzione di territorio verde. Putroppo - aggiunge Equizi - quella battaglia in consiglio comunale la feci da sola. Il centrosinistra, se si esclude l'ex consigliere comunale verde Ciro Asproso che fu infatti molto pugnace, o è stato in silenzio o si è limitato a pigolare qualcosa». Poi Equizi aggiunge un'altra considerazione: «Io non so se ci sia stato voto di scambio ma comunque lo scambio, o meglio l'inciucio, tra Variati e Schneck c'è stato. A questo punto è chiaro che i partiti e le istituzioni contano quello contano. Si sono trasformati nell'agenzia pratiche dei potentati economici. Guardate Filippi, a causa dell'affaire Cis è abbastanza isolato in Lega; il progetto centro commerciale in zona Cis per divenire realtà deve avere l'ok dei soci di Cis spa (comune di Vicenza incluso, Ndr), l'ok di Montebello, l'ok della provincia e l'ok della regione. Tranne per il nullaosta regionale a Filippi fino ad ora è andata più che bene. Chi gli ha tenuto bordone nel partito? E soprattutto su quali appoggi extrapolitici può contare? Sono vere le indiscrezioni apparse sulla stampa locale di una grossa società immobiliare veronese che sarebbe interessata a sviluppare l'opzione Montebello? E come mai Variati ha lasciato per tanto tempo un uomo vicino alla Sartori (si tratta di Gabriele Galla del Pdl, Ndr) come rappresentante del comune nel cda di Cis spa? E a breve che cosa farà la regione? Ha in qualche modo poteri di veto nei confronti della apertura dello shopping centre di Montebello? E se sì quale idea in merito ha il neo-governatore leghista Luca Zaia? Se l'ala che fa capo a Berlato dice di volere andare fino in fondo mi aspetterei un bell'esposto in procura. Ma anche fosse presentato la magistratura farà qualcosa? Ho qualche dubbio in merito».

PREVISIONE AZZECCATA. E se gli interrogativi sollevati da Equizi finiscono sul tavolo della politica berica, al momento senza risposta, rimane comunque aperta la questione sollevata lo scorso anno da Carlo Rizzotto, ex coordinatore dell'IdV per la provincia di Vicenza, oggi fuoriuscito dal movimento per forti dissensi coi vertici regionali del partito. Proprio Rizzoto nell'aprile 2009 aveva dichiarato: «Da mesi si bisbiglia nei palazzi di un maxi centro commerciale che dovrebbe sorgere a Vicenza Est, magari affiancato al nuovo stadio che Vicenza Futura spa (leggi Maltauro e Unicomm, Ndr) vorrebbe realizzare nell’ambito del nuovo piano di assetto territoriale della municipalità di Vicenza. Poiché una eventuale autorizzazione al centro acquisti passerebbe anche per il voto della provincia, non vorrei mai che il silenzio della giunta Variati sulle vergogne del caso Cis sia semplicemente merce di scambio per ottenere da palazzo Nievo, magari in sede di discussione del nuovo piano territoriale provinciale, il Ptcp, un ok proprio al centro acquisti di Vicenza Est. Sarebbe uno scandalo». Le parole dell'ex coordinatore finiscono quindi per pesare come pietre proprio perché la previsione si è avverata in ogni suo dettaglio. Rizzotto tra l'altro prese quella posizione lo scorso anno proprio mentre il consigliere comunale dell'IdV Silvano Sgreva inviava un duro monito sull'affaire Cis alla giunta di centrosinistra della quale è tuttora sostenitore ed alleato. Da allora però la voce critica di Sgreva si è sopita e lo stesso consigliere è divenuto segretario provinciale del partito, o meglio commissario, seppure con una carica pro-tempore.

Marco Milioni
link originario: http://www.lasberla.net/2010/05/ettore-e-achille-inciucio-a-mille/

giovedì 27 maggio 2010

L'odio del pio Serafin

Interessante la polemica a tre, ancorchè confinata nelle pagine delle lettere del Giornale di Vicenza della settimana scorsa, fra Maurizio Franzina (capogruppo Pdl in consiglio comunale), Pio Chemello (ex assessore democristiano) e Pio Serafin (consigliere comunale Pd). Pretesto della contesa, una panoramica feroce da parte di Franzina, che vuole accreditarsi come oppositore duro e puro (e nei fatti lo è), su alcuni atti recenti del centrosinistra di Variati. Vero oggetto della querelle, secondo noi, il livello di asprezza a cui deve giungere il dibattito politico.

Secondo Chemello, infatti, il "giovane" Franzina (47 anni suonati e 15 anni di attività amministrative alle spalle, quando in Inghilterra il nuovo premier ne ha 43) sarebbe accecato dall'«odio». Dall'alto dei suoi ottanta e passa anni, Chemello ricorda come «perfino nel Consiglio Comunale del 1946, ove erano accolti uomini fascisti e uomini comunisti - ovviamente contrapposti politicamente, perché ancora caldi per le recento lotte intestine - non si respirava odio di tal genere». Franzina sarebbe colpevole di livore personale, insomma. Leggendo la lettera di Franzina, non scorgiamo livore neanche col microscopio. A meno di considerare tale l'accusare il sindaco Variati di «inventarsene ogni giorno una» (largheggiare in marketing d'immagine), additare come capro espiatorio l'assessore all'edilizia privata Cangini per la figuraccia di aver sanato la "banca fantasma", parlare di «piagnisteo» variatiano sullo scandalo Marghera (sito di smaltimento rifiuti sotto indagine giudiziaria, eredità del sodalizio Rossi-Valle in Aim), denunciare la lottizzazione di "careghe" in Acque Vicentine, Amcps e Aim, e infine rinfacciare alla maggioranza di non tener conto in aula dei rilievi dell'opposizione. Il merito, naturalmente, è opinabile. Cangini, infatti, da assessore competente è responsabile politico tanto quanto il resto dell'amministrazione e della maggioranza consiliare, e, come ricorda nella sua replica Serafin, l'ordine del giorno in consiglio prevede per regolamento la precedenza agli argomenti decisi dalla giunta. Su Marghera, poi, fino a quando la magistratura non avrà terminato il suo lavoro, sarebbe opportuno una saggia cautela da parte degli esponenti del centrodestra.

Ma tutto questo non è odio: è sana polemica. Serafin, scatenato, se la prende con Franzina perché questi definisce sprezzantemente la maggioranza «antidemocratica ed arrogante». E gli contrappone un fuoco di fila di contro-argomenti, pochi sostanziali (il già ricordato regolamento consiliare, l'assenteismo di certuni della minoranza), molti di colore se non, francamente, ridicoli nel loro malcelato moralismo sessuofobico e baciapile («Arroganza è stato sperperare denaro pubblico per comperare 20 penne d'oro da 3.000 euro l'una da regalare al primo che passa. Una è andata a Bolle, il ballerino che si esibisce, come dice la Littizzetto, con il "walter" di fuori», «Arroganza è stato sposarsi in un venerdì di Quaresima in pompa magna in Cattedrale, alla presenza del presidente del Consiglio, in barba al quinto precetto generale della Chiesa: "Non celebrare le nozze nei tempi proibiti"»), e uno addirittura infondato (l'accusa all'ex sindaco Hullweck di aver nominato la moglie Lorella Bressanello dirigente dell'ufficio urbanistico, quando invece l'architetto venne scelta durante il mandato di Quaresimin, centrosinistra, anni prima del matrimonio col futuro sindaco forzista).

Quello del cattolico Serafin, semmai, è odio, perché infarcito di giudizi personali, bacchettoni, farisaici. D'altronde, si chiama Pio non per niente. E il livoroso e pio Serafin è presidente della commissione cultura in Comune. Andiamo bene.

Alessio Mannino
da: www.vicenzapiu.com
link originario: http://www.vicenzapiu.com/?a=opinioni&o=6374

mercoledì 19 maggio 2010

Non seguo Zanetti...

Il consigliere comunale di Vicenza Pippo Zanetti (della lista civica VIC) è uno di quegli uomini sulla cui onestà, intellettuale in primis, si possono mettere tranquillamente otto mani sul fuoco. È una persona trasparente che ama parlar chiaro, tra le poche in sala Bernarda ad interpretare con passione il mandato affidatogli dagli elettori.

Di più, è uno che non si tira in dietro anche quando si tratta di discutere argomenti un po' ostici per la stessa maggioranza di centrosinistra cui egli stesso appartiene. E non a caso è stato il solo, che io sappia, che si è espresso pubblicamente sulla questione relativa all'introduzione del referendum propositivo-abrogativo in seno allo statuto del comune di Vicenza. Il suo punto di vista è stato messo nero su bianco in una lunga lettera pubblicata su Vicenza Più, la quale è una replica ad un puntuto intervento di Fulvio Rebesani sul medesimo argomento (quest'ultimo sostiene che la maggioranza ha abbandonato il progetto referendario mentre Zanetti, con i dovuti distinguo, non la pensa così).

Faccio più fatica però a capire la posizione di Zanetti sulla questione del quorum. Il consigliere comunale infatti si è sempre dichiarato un fiero sostenitore dell'introduzione della consultazione referendaria, ma come molti membri della maggioranza, nutre dubbi (anche se in cuor suo credo che siano assai pochi) circa la soglia di validità della consultazione con una quota pari o superiore al 10% degli aventi diritto al voto. Ora la domanda cui veramente bisogna dare risposta è questa: come mai c'è un ampio schieramento trasversale destra- sinistra che teme l'introduzione di un formidabile strumento di democrazia diretta? In uno dei paesi più efficienti e meglio organizzati al mondo, la Svizzera, i referendum (senza quorum alcuno per giunta) sono all'ordine del giorno. Non sono meri strumenti eccezionali chiamati in causa solo quando occorre cassare norme ritenute ingiuste, bensì sono strumenti di uso abbastanza frequente che concorrono alla definizione del quadro normativo con pari dignità e pari forza dei provvedimenti varati dall'organo legislatore. Una fattispecie del genere porta fisiologicamente a togliere un po' di rendite di posizione a lobby, partiti e apparati. Ma una classe politica che si definisce democratica non può temere che i cittadini si esprimano anche senza ricorrere all'intermediazione delle elezioni.

La democrazia rappresentativa, così come la conosciamo, è entrata da tempo in crisi tanto da rivelarsi spesso come un sistema in cui dominano piccole oligarchie organizzate. Certo lo strumento referendario di per sé non migliora o non peggiora nulla, perché di ogni cosa si può fare buon uso, cattivo uso o abuso. Però pensare che al cittadino debba essere messa una sorta di tutore (il fantomatico quorum) con la scusa che un quorum basso o inesistente permetterebbe a pochi di decidere su molti è una ipocrisia.

L'idea che le masse non possano godere troppo della possibilità di auto-regolarsi (generando comunque delle elite che alla bisogna affrontino determinati problemi) e l'idea che le masse vadano comunque accompagnate per mano è intrinsecamente pericolosa. «L’organizzazione è la madre del predominio degli eletti sugli elettori». Così diceva negli anni Venti un brillante Robert Michels che da vero tedesco (un po' fanciullo un po' ingenuo) concettualizzò la sua visione politica dell'elitismo dando il suo sostegno ad un nascente partito italiano che vedeva come pacifista e antirazzista. Quel partito era quello di Benito Mussolini.

Tralasciando però le elucubrazioni filosofiche sul tavolo rimane la questione di fondo. La attuale maggioranza avrà la forza e il coraggio di inserire in seno allo statuto del comune la novità referendaria? Riuscirà a mantenere la promessa di una delibera entro dicembre? Come mai a due anni dalla elezione di Achille Variati (PD) come nuovo sindaco la delibera sul referendum non è ancora transitata in sala Bernarda? Come mai questioni meno dirimenti sul piano della vita democratica cittadina come il cosiddetto piano urbanistico Cestaro hanno trovato in aula una corsia speditissima? Come mai la stessa velocità non si è adoperata per la delibera sul referendum? Chi detta veramente l'agenda del consiglio comunale di Vicenza?

Marco Milioni
link originale: http://www.lasberla.net/2010/05/non-seguo-zanetti/

martedì 11 maggio 2010

Caso Aim, prosciolti Huellweck e sei dell'ex cda

La firma sul decreto di archiviazione è arrivata. Il tribunale ha definitivamente scagionato l’ex sindaco di Vicenza Enrico Hüllweck e sei dei sette componenti dell’ex consiglio d’amministrazione di Aim, rispettivamente dalle ipotesi di abuso d’ufficio e di truffa aggravata. Assieme a loro ci sono altri due indagati per i quali il gip ha decretato la fine delle ostilità giudiziarie. Com’è noto, restano al vaglio della procura le posizioni dell’ex presidente della municipalizzata Giuseppe Rossi, il geometra Carlo Valle, che vendette per 6 milioni e mezzo di euro la piattaforma di Margera per la gestione dei rifiuti al centro di così tante polemiche per il grande buco generato nelle casse di Aim, e il consulente di Aim Gianni Giglioli. Di recente quest’ultimo è stato interrogato e ha sostenuto la propria correttezza, chiedendo il proscioglimento. La decisione spetta al procuratore Salvarani e al sostituto Falcone.

PROSCIOLTI. Per i nove indagati da tre anni al centro della complessa vicenda finalmente è calato il sipario investigativo. Enrico Hüllweck e i consiglieri d’amministrazione di Aim fino al 2007 Renato Bertelle, Sandro Bordin, Bruno Carta, Silvio Fortuna, Alessandro Moscatelli e Giuliano Tricarico, assistiti dagli avv. Lorena Puccetti, Giovanni Manfredini, Lucio Zarantonello e Sara Motta, vedono conclusa una vicenda che all’epoca aveva suscitato clamore per opposti motivi. L’allora sindaco perché finendo sotto inchiesta per l’ipotesi di avere danneggiato Aim a vantaggio del Comune, osservava che aveva sempre fatto gli interessi della collettività; mentre i consiglieri di Aim, indagati per un teorico raggiro consumato ai danni dell’ente proprietario, il Comune, sono usciti a testa alta perché osservano i pm che sarebbero stati tratti in errore da Rossi e Valle. Infine, gli altri due indagati archiviati - e di cui si era avuta notizia un paio di mesi fa quando fu depositata la richiesta di archiviazione - sono l’ex consigliere di Aim fino al 2004 Alberto Filosofo e l’amministratore delegato di Ecoveneta Bruno Lombardi, partner di Aim nel prendere in affitto Marghera prima che la municipalizzata l’acquistasse. La richiesta di archiviazione era stata inviata alle parti offese Aim spa, Aim Bonifiche e Comune di Vicenza, difese dall’avv. Enrico Ambrosetti, perché avrebbero potuto presentare una teorica opposizione. Questo non è avvenuto e il gip ha firmato anche per loro l’uscita di scena.

COMMENTI. «L’archiviazione - ha ribadito un soddisfatto Hüllweck - è la dimostrazione che ho agito nell’esclusivo interesse dell’istituzione per la quale sono stato eletto, operando per il bene della città e del Comune». La questione centrale era il trasferimento di risorse da un ente all’altro. Problematiche soprattutto di contabilità degli enti pubblici. «Anche negli anni in cui Aim ha trasferito maggiori risorse al Comune per gli impegni finanziari a favore della città - aggiunge -, le capacità economiche di Aim non sono state menomate. Questo è importante ribadirlo. Oltre tutto, come più volte si è sottolineato, sono stati anni difficili per l’azienda pubblica di San Biagio perché c’è stato il passaggio da società municipalizzata a società di capitali, con tutte le complicazioni del caso come ben sanno gli addetti ai lavori». I pm Salvarani e Falcone nella richiesta di archiviazione hanno spiegato che se da un lato non sono emersi indizi per sostenere che l’ex sindaco «abbia agito con l’intenzione di danneggiare Aim», dall’altro lato egli ha avvantaggiato «l’amministrazione comunale, anche a rischio di determinare squilibri nell’assetto finanziario della società controllata». Ma Hüllweck ha spiegato che «non ha mai esercitato alcuna pressione indebita sul Cda di Aim», come alla fine ha riconosciuto il tribunale.

EX CDA. Dopo che l’imprenditore Bruno Carta alla notizia della richiesta di archiviazione aveva parlato della fine di un incubo durato tre anni, anche perché i sei componenti del Cda avevano denunciato pubblicamente le cose che non andavano perché molte decisioni erano passate sopra la loro teste - come gli stessi pm hanno osservato -, l’avv. Bertelle in questo periodo ha ribadito di essere stato, assieme ai colleghi, ingannato dal comportamento altrui.

Ivano Tolettini
da Il Giornale di Vicenza di martedì 11 maggio 2010; pagina 14