lunedì 21 dicembre 2009

Cara Lazzari, che delusione

Per la conoscenza che abbiamo di lei, consideriamo l’assessore all’urbanistica Francesca Lazzari una donna onesta e, almeno sotto il profilo strettamente personale, libera. Lo scrivevamo un anno fa agli esordi della giunta Variati, e lo ribadiamo oggi che invece, ahinoi, dobbiamo dirci profondamente delusi dal suo operato politico. Ieri ed oggi, su VicenzaPiù prima e sul Giornale di Vicenza poi, sono uscite due sue interviste in cui spiega certe scelte contenute nel Pat, il nuovo piano regolatore. Tralasciando pure che su certe questioni sollevate dal settimanale per cui scrivo l’assessore ha risposto al GdV e non a ViPiù per "mancanza di tempo” (le virgolette, nostre, dicono tutto), veniamo al sodo. Cioè all’affare Vicenza Futura e al caso Ivem.

Vicenza Futura è il consorzio in cui sono intruppati Maltauro, Caoduro, Cestaro, Marchetti ed è la cordata che ha ratificato col centrosinistra un’intesa preliminare che è una vera regalìa per loro. I motivi li ha spiegati per primo il sottoscritto in un articolo su ViPiù un mese fa (”Nuovo stadio, a noi non Menti”, 21 novembre 2009). È interessante come la Lazzari, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, non difenda a spada tratta l’operazione. Su ViPiù dà una risposta che pare il minimo sindacale: è una scelta che l’amministrazione ha fatto (ma va?), è una possibilità perchè ancora allo stato di pre-intesa (sì ma è stata votata con tutto il Pat, e questo peserà), che si mangerà meno suolo libero disponibile rispetto al Pat di Zocca (embè? È sempre tanto, troppo), e promette che i privati si accolleranno contropartite di cui nell’accordo scritto non c’è traccia.

Interessante come faccia la gnorri sul punto decisivo: è vero che i dettagli saranno chiariti nel momento successivo, cioè all’interno del Piano degli Interventi, ma allora è stata una furbata infilare un’intesa di massima nel calderone del Pat e farla votare. Perchè così, quando ripasserà in consiglio la convenzione definitiva, la maggioranza avrà le mani legate: con che faccia un consigliere potrà dire no dopo che ha detto sì? Non sarà una politica di mestiere come Variati, la professoressa Lazzari, ma a questo credo ci arrivi.

Ma per l’appunto, qui c’è stato lo zampino di quel volpone del sindaco. Lo ammette candida la stessa Francesca: «È arrivata una proposta dai privati, e il sindaco ha inteso che fosse una proposta da valutare». Il sindaco, non lei o altri. L’attribuzione di responsabilità politica è evidente, quasi un volersi discolpare. Lo si legge ancor più chiaramente sul GdV là dove l’assessore dice di aver preso atto che «è un progetto importante per la città e che la maggioranza vuole».

Insomma, lo capisce anche un bambino che lei non ne è per niente entusiasta. Secondo noi, la Lazzari è talmente pervasa di buona volontà che pur di portare a casa un risultato medierebbe anche col diavolo. I costruttori non sono esseri infernali, su questo siamo d’accordo con lei. Ma quello che è inaccettabile è sbandierare il risultato raggiunto come una conquista per l’esclusivo bene della città. Sta bene trovare il compromesso, ma quando esso è palesemente e inoppugnabilmente sbilanciato a favore del privato, che almeno lo si ammetta. È la presa in giro, è negare l’evidenza: questo brucia. Purtroppo la Lazzari, quanto a girare la testa dall’altra parte, pare ci abbia preso il vizio. Interrogata dal GdV su un’altra intesa, quella per la riqualificazione della Corte Pellizzari in cui il proponente è una società partecipata dal faccendiere Carlo Valle, l’assessore se ne esce bel bella così: «No, non mi risulta. Il signor Valle l’ho visto solo sul giornale… tempo fa…».

Dico: pensa che siamo tutti scemi? Qui non è in discussione se lei, Francesca Lazzari, si sia incontrata con Valle: non abbiamo di lei una così bassa opinione da vedercela che si vede a palazzo con tale signore, lei che ha perfino cambiato supermercato dove fare la spesa onde evitare certi brutti incontri. Il problema è un altro: quando si firma qualcosa con qualcuno, con una società, bisognerebbe avere tutte le informazioni necessarie. Perchè, con tutte le fiduciarie che ci sono in giro, il rischio è stipulare accordi con gente dalla fedina penale sporca, che magari ha pure danneggiato Vicenza e la collettività come ha già fatto in passato Valle. Nel merito, poi, la Lazzari dice che non le risulta. Ci sono le carte, le visure a parlare. Se vuole gliele mostro. Se non si fida del mio lavoro di giornalista, si fiderà almeno della Camera di Commercio che le fornisce.

E concludo con una nota a margine sulla concezione che la Lazzari ha della politica. «A me vengono a dire certe cose. A me che sono una donna di sinistra, di sinistra vera, non di quella demagogica e che mette la testa sotto la sabbia. Perché la sinistra vera non ha mai fatto demagogia e non ha mai nascosto la testa sotto la sabbia: al contrario, ha affrontato i problemi. Ed è questo che bisogna fare, se non vogliamo consegnare la città alla destra più becera: affrontare i problemi. E sporcarsi un po’ le mani. Io non credo all’etica dei principi, credo a quella delle conseguenze».

Primo: la sinistra vera cosa sarebbe? Quella dichiaratamente inciucista di D’Alema? Quella inciucista, ma più ipocrita di Veltroni? Quella consociativa del Pci degli anni ‘80, che risolveva i problemi a braccetto della Dc spartendosi appalti e poltrone? Secondo: lo spauracchio della «destra più becera» non spauracchia nessuno. Chi sarebbero, questi beceri di destra? Il PdL che in città è composto da mezze figure ed ha la credibilità di uno Zocca (sul quale, va detto, la Lazzari ha ragione da vendere)? Sembra che il ragionamento sia: la destra faceva schifezze, noi della sinistra non demagogica, quella demagogica sarebbero i Verdi di Asproso e i rossi del clan Rebesani, le facciamo pure, ci «sporchiamo le mani», ma in una misura accettabile; non siamo laidi, ma stiamo più attenti a come addobbarle.

Già qui è chiaro come il sole che la Lazzari, che, repetita iuvant, di suo è una brava persona, fa ammissione di colpa. L’etica delle conseguenze, infine. Forse voleva dire etica della responsabilità, secondo la distinzione weberiana che la divide dall’etica dei princìpi. Ma il lapsus, questa volta freudiano, è rivelatore: le conseguenze, per un’amministrazione che non si sporca, cioè non si conforma all’andazzo bipartisan dei favori ai potenti, sono pesanti. In pratica, reggersi solo sul voto dei cittadini. Che orrenda prospettiva. Soprattutto per un partito che si chiama Democratico.

Alessio Mannino
da www.lasberla.net del 20 dicembre 2009
link originario: http://www.lasberla.net/2009/12/cara-lazzari-che-delusione/

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