giovedì 28 gennaio 2010

Il declino di Vicenza secondo Equizi

Da un paio d'anni non siede più in consiglio comunale, ma Franca Equizi non ha perso lo smalto del combattente. Giusto alcuni giorni fa il suo comitato "Salviamo l'aeroporto" è ri-salito metaforicamente sulle barricate quando i riflettori della stampa locale si sono nuovamente accesi sul caso delle vestigia romane al cantiere della Ederle bis. «Credo che si tratti di timori concreti - precisa l'ex consigliere - anche perché le prime segnalazioni le abbiamo fatte proprio noi del comitato».

Quando?
«Era il 20 febbraio del 2009. Se gli organi competenti intendono intervenire, hanno la strada spianata. Volendo potrebbero bloccare anche i lavori».
Ma in realtà?
«In realtà in nome di un non ben identificato interesse nazionale si passa sopra a tutto. Anche alle leggi».
In che senso?
«Basta rammentare il comportamento del Consiglio di Stato che ha de facto dato il là ad una procedura amministrativa per la realizzazione della base Usa che si è dimostrata contra legem. D'altronde la composizione del Consiglio in buona parte la decidono i palazzi della politica romana».
Nutrite sfiducia quindi verso le istituzioni di controllo della capitale?
«Sì nutriamo molta sfiducia. Ma non è che le cose qui a Vicenza vadano molto meglio».
Che significa?
«Lasciamo perdere l'amministrazione di centrodestra guidata da Enrico Huellweck, tutti sanno che è stato tra i principali artefici della svendita della città agli interessi Usa. Una seria riflessione va fatta sulla condotta dell'attuale sindaco democratico Achille Variati, il quale guida una coalizione di centrosinistra. Quel centrosinistra che a parole si era battuto contro la nuova installazione militare».
Quale è il vostro punto di vista?
«Variati ha vinto le elezioni cavalcando la protesta dei "No Base", poi di punto in bianco ha cambiato atteggiamento. Basti ricordare che non un vigile urbano ha fermato per i controlli da noi sollecitati i camion che lavoravano in base. Spesso in sovraccarico, spesso in manovra in strade non consentite al traffico pesante. E questo è solo un episodio. Purtroppo i controlli sono mancati anche in città».
Ci sono esempi o casi specifici?
«La provincia di fatto è stata inesistente. Per non parlare poi del doppiopesismo della magistratura».
A che cosa vi riferite?
«Le azioni ritenute contro la cosa pubblica, contro l'ordine costituito, contro l'establishment vengono perseguite con durezza. Salvo poi risolversi in nulla. Basti pensare al caso dell'attentato farlocco all'oleodotto Nato. Si è dato grande rilievo, anche mediatico, alle prime perquisizioni a carico di esponenti del presidio contro la base e poi tutto è finito in una bolla di sapone. Di contro quando un esponente del comitato “Sì base” ha dato della puttana alla sottoscritta, quando in aula consiliare quando ero ancora consigliere, l'inchiesta si è tramutata in aria. Tanto che non ne conosco l'esito nemmeno io. Lo stesso è accaduto con l'episodio del militare che ha investito con la sua auto un supporter dei No Base. Stessa fine per il caso degli scavi sospetti a margine di strada Sant'Antonino. E posso proseguire. Non si capisce che fine abbiano fatto i procedimenti. Se la procura della repubblica lo chiarisse, saremmo tutti più soddisfatti».
Ma c'è una ragione di fondo per tutto ciò?
«Ovviamente sì. In questo caso l'affaire Dal Molin rientra in un andazzo più generale».
Che tipo di andazzo?
«Io parlo per la mia esperienza personale. Ovvero per gli anni passati in consiglio comunale e ora come portavoce del comitato in cui milito. Le inchieste scomode hanno spesso esiti assurdi come nel caso Hotel De La Ville o nel caso delle molestie sessuali a palazzo Trissino. Ci sono poi altri casi eclatanti come quello di Ponte Alto nel quale si sono impiegati anni solo per addivenire ad un rinvio a giudizio. Ci sono casi che gridano vendetta a causa di una morte per prescrizione come quello relativo all'affaire Pp4-Nuovo teatro per il quale anche a livello politico è stata innalzata una cortina di silenzi bipartizan. Quando ci sono di mezzo i potenti, tranne qualche sgangherata eccezione, il pugno duro della legge si trasforma in manina carezzevole. C'è comunque anche una responsabilità dei media che non danno abbastanza spazio a fatti che l'opinione pubblica dovrebbe giudicare severamente».
Vale a dire?
«Faccio qualche esempio. Il pm che ha seguito il caso di presunte molestie sessuali a palazzo era Paolo Pecori. Lo stesso che ha seguito l'affaire Ponte Alto. Nel primo erano coinvolti un assessore fedelissimo dell'ex sindaco Huellweck, nonché, indirettamente lo stesso Huellweck. Nel secondo caso tra gli indagati figurava la moglie del forzista Huellweck, tale Lorella Bressanello, pure lei di Fi, indagata appunto in veste di superdirigente del dipartimento territorio del comune. Per di più in aula dissi apertis verbis che la stessa Bressanello abitava in una porzione di palazzo messale a disposizione dal designer Flavio Albanese, uomo notoriamente ben ammanigliato con gli ambienti economico-urbanistici che contano, un Albanese che tra l'altro ospitò per le ferie Huellweck e Lorella nella sua casa siciliana. Più o meno contemporaneamente Massimo, figlio del pm Pecori, beneficiava della benedizione di Huellweck per essere incoronato difensore civico. Massimo Pecori peraltro, come sua sorella, fa di mestiere l'avvocato. I due quindi esercitano nel medesimo distretto del padre. Di più la figlia di Paolo Pecori ha recentemente sposato anche uno dei rampolli della famiglia Marchetti, gruppo immobiliare che risulta avere cospicui interessi nell'ambito della redazione del nuovo piano regolatore o Pat che dir si voglia. E Massimo Pecori, pur da consigliere dell'opposizione in quota Udc, ha deciso di non votare contro il nuovo documento del Pat presentato in consiglio comunale dalla giunta di centrosinistra. Se qualche informazione in mio possesso è errata sarei assai lieta di essere smentita dai diretti interessati. Purtroppo queste cose le ho ripetute sia da consigliere comunale sia da portavoce del mio comitato. Forse alla stampa e all'opinione pubblica interessano poco. Forse si preferisce non dare al tutto troppo risalto».
Il comitato "Salviamo l'aeroporto" ha espresso critiche assai dure nei confronti del presidio “No Dal Molin”, pur portando avanti una battaglia comune contro la base. Si tratta di una considerazione corretta?
«Sì, se le critiche sono intese come critiche alla linea, diciamo politica, del presidio. No, se qualcuno ritiene i nostri rilievi personali».
Parlando in concreto?
«Il presidio, forse all'inizio ci era riuscito, aveva cercato di utilizzare partiti e gruppi di natura politica vicini alla sinistra, e all'area antagonista, per portare avanti la sua battaglia. In senso buono li aveva cannibalizzati. Poi però il vento è cambiato e la posizione del presidio è divenuta troppo debole, a tratti ancillare, rispetto alle pressioni di questo o quel gruppo. Basti vedere il garbo con cui lo stesso presidio ha trattato sino ad ora Variati. Va detto che in questo momento qualcosa sta scricchiolando. Forse perché qualcuno in seno al presidio si rende conto che certi suggerimenti venuti da fuori non hanno portato a grandi risultati».
Questi i rilievi addebitati al presidio. Mi pare di capire che in parte li rivolgete anche all'area cattolica di sinistra. Mi sbaglio?
«No, anche se rivolgiamo loro critiche con argomenti un po' diversi».
E voi del comitato ritenete di non aver fatto errori?
«Anche noi ne abbiamo fatti».
Di che tipo?
«Le nostre responsabilità sono di segno opposto rispetto a quelle del presidio. Non siamo stati in grado di costruire la nostra rete di contatti se non a livello embrionale. Purtroppo abbiamo scontato anche noi un vizio tipicamente vicentino, quello di andar per parrocchiette. Da questo punto di vista i “No Tav” sono molto più bravi. C'è poi un altro problema per noi del comitato. Seppur connotati assai poco politicamente, una nostra area di riferimento dovrebbe essere quella moderata, ma anche quella con una eredità culturale di destra. Da questo punto di vista però quest'area è ancora appannaggio del Carroccio, il quale ancora riesce a fare finta di essere movimentista e forza di governo al contempo, radicandosi bene sul territorio. Da ex leghista so che si tratta di un bluff, ma i bluff si vincono solo quando riesci a vederli. E in politica li devono vedere in tanti. Ad ogni buon conto, con questo andazzo Vicenza è destinata ad un progressivo impoverimento. Sia produttivo che sociale. La crisi da noi avrebbe potuto mordere assai meno. Ma la cosa non è avvenuta anche per le storture di cui ho parlato prima».

Marco Milioni
da www.lasberla.net del 28 gennaio 2010
link originario: http://www.lasberla.net/2010/01/2994/

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