mercoledì 19 maggio 2010

Non seguo Zanetti...

Il consigliere comunale di Vicenza Pippo Zanetti (della lista civica VIC) è uno di quegli uomini sulla cui onestà, intellettuale in primis, si possono mettere tranquillamente otto mani sul fuoco. È una persona trasparente che ama parlar chiaro, tra le poche in sala Bernarda ad interpretare con passione il mandato affidatogli dagli elettori.

Di più, è uno che non si tira in dietro anche quando si tratta di discutere argomenti un po' ostici per la stessa maggioranza di centrosinistra cui egli stesso appartiene. E non a caso è stato il solo, che io sappia, che si è espresso pubblicamente sulla questione relativa all'introduzione del referendum propositivo-abrogativo in seno allo statuto del comune di Vicenza. Il suo punto di vista è stato messo nero su bianco in una lunga lettera pubblicata su Vicenza Più, la quale è una replica ad un puntuto intervento di Fulvio Rebesani sul medesimo argomento (quest'ultimo sostiene che la maggioranza ha abbandonato il progetto referendario mentre Zanetti, con i dovuti distinguo, non la pensa così).

Faccio più fatica però a capire la posizione di Zanetti sulla questione del quorum. Il consigliere comunale infatti si è sempre dichiarato un fiero sostenitore dell'introduzione della consultazione referendaria, ma come molti membri della maggioranza, nutre dubbi (anche se in cuor suo credo che siano assai pochi) circa la soglia di validità della consultazione con una quota pari o superiore al 10% degli aventi diritto al voto. Ora la domanda cui veramente bisogna dare risposta è questa: come mai c'è un ampio schieramento trasversale destra- sinistra che teme l'introduzione di un formidabile strumento di democrazia diretta? In uno dei paesi più efficienti e meglio organizzati al mondo, la Svizzera, i referendum (senza quorum alcuno per giunta) sono all'ordine del giorno. Non sono meri strumenti eccezionali chiamati in causa solo quando occorre cassare norme ritenute ingiuste, bensì sono strumenti di uso abbastanza frequente che concorrono alla definizione del quadro normativo con pari dignità e pari forza dei provvedimenti varati dall'organo legislatore. Una fattispecie del genere porta fisiologicamente a togliere un po' di rendite di posizione a lobby, partiti e apparati. Ma una classe politica che si definisce democratica non può temere che i cittadini si esprimano anche senza ricorrere all'intermediazione delle elezioni.

La democrazia rappresentativa, così come la conosciamo, è entrata da tempo in crisi tanto da rivelarsi spesso come un sistema in cui dominano piccole oligarchie organizzate. Certo lo strumento referendario di per sé non migliora o non peggiora nulla, perché di ogni cosa si può fare buon uso, cattivo uso o abuso. Però pensare che al cittadino debba essere messa una sorta di tutore (il fantomatico quorum) con la scusa che un quorum basso o inesistente permetterebbe a pochi di decidere su molti è una ipocrisia.

L'idea che le masse non possano godere troppo della possibilità di auto-regolarsi (generando comunque delle elite che alla bisogna affrontino determinati problemi) e l'idea che le masse vadano comunque accompagnate per mano è intrinsecamente pericolosa. «L’organizzazione è la madre del predominio degli eletti sugli elettori». Così diceva negli anni Venti un brillante Robert Michels che da vero tedesco (un po' fanciullo un po' ingenuo) concettualizzò la sua visione politica dell'elitismo dando il suo sostegno ad un nascente partito italiano che vedeva come pacifista e antirazzista. Quel partito era quello di Benito Mussolini.

Tralasciando però le elucubrazioni filosofiche sul tavolo rimane la questione di fondo. La attuale maggioranza avrà la forza e il coraggio di inserire in seno allo statuto del comune la novità referendaria? Riuscirà a mantenere la promessa di una delibera entro dicembre? Come mai a due anni dalla elezione di Achille Variati (PD) come nuovo sindaco la delibera sul referendum non è ancora transitata in sala Bernarda? Come mai questioni meno dirimenti sul piano della vita democratica cittadina come il cosiddetto piano urbanistico Cestaro hanno trovato in aula una corsia speditissima? Come mai la stessa velocità non si è adoperata per la delibera sul referendum? Chi detta veramente l'agenda del consiglio comunale di Vicenza?

Marco Milioni
link originale: http://www.lasberla.net/2010/05/non-seguo-zanetti/

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