«Dopo le inchieste di Fanpage.it e di Report dedicate a Venezia e dintorni credo che le istituzioni debbano vigilare con molta attenzione su fatti, situazioni e novità emerse da quei servizi. Soprattutto i veneziani debbono stare in guardia rispetto alla partita delle bonifiche perché in questo settore storicamente si annidano malaffare e mala gestio nella cosa pubblica». Ad usare queste parole è Franco Tandin, volto noto alle cronache regionali per le sue battaglie contro le malversazioni nel mondo bancario e in quello delle società pubblico-private a partire dalla Save, il gestore dell’aeroporto della città di Marco Polo. Tandin peraltro parla in maniera affatto generica anche perché oggi, poco dopo mezzogiorno, i suoi dubbi e i suoi timori hanno preso la forma di un esposto indirizzato alla prefettura di Venezia.
LA RETE DEGLI INTERESSI ALTO DI GAMMA
Più nel dettaglio la segnalazione di Tandin contiene una analisi molto articolata. Partendo dai fatti o dai nomi di maggior peso comparsi nelle inchieste di Fanpage.it e Report, il 59enne di origini padovane, che di mestiere fa il collaboratore scolastico in un istituto superiore mestrino, fotografa, rielabora e mette in relazione tra loro alcuni poli del potere economico veneziano. Ovviamente Tandin non affibbia alcuna patente di illiceità ad alcuno, ma «facendo affidamento su documenti ufficiali come gli atti delle camere di commercio e su alcuni servizi giornalistici» traccia una vera e propria mappa, ancorché parziale del potere, degli interessi e delle liason alto di gamma che intersecano il gotha economico del capoluogo regionale veneto con quello politico.
MISTER SEVERIN
All’inizio della sua analisi Tandin punta il suo fanale verso l’imprenditore Giuseppe Severin. Il quale risulta «essere amministratore unico della srl Consorzio tecnologico veneziano già al centro della inchiesta di Fanpage.it. Se si analizza lo storico dei trasferimenti delle quote della medesima srl agli atti della Camera di commercio di Treviso - precisa ancora il cinquantanovenne - si nota la presenza come dante causa, ovvero come soggetto cedente, della società Demont srl. La stessa Demont come da documenti in atti alla Camera di commercio trevigiana di cui al protocollo TV-2010-18044 in data 13 aprile 2010, ha sede a Mestre-Venezia in via Torino 180».
E ancora: «Al medesimo indirizzo... ha sede anche la società consortile Riconversione porto Marghera: Rpm S.C. in forma abbreviata... socio al 39% di Rpm è un'altra srl, ovvero la Società italiana per la riqualificazione ambientale e infrastrutturale, in breve Sirai... Amministratore unico di Sirai srl, secondo il quotidiano Palermotoday.it del 19 ottobre 2017 è Vincenzo Marinese, oggi presidente di Confindustria Venezia-Rovigo. Sempre stando ai media... la casata imprenditoriale dei Marinese sarebbe molto vicina all'ex numero uno di Umana e oggi sindaco di Venezia Luigi Brugnaro».
PELLICIARI: L’UOMO DELLA PORTA
Nel carteggio però, quattro pagine dattiloscritte indirizzate alla direzione “Antimafia e pubblica amministrazione” della Prefettura veneziana, compare un altro nome. Quello del manager Stefano Pelliciari. In questa circostanza punto di partenza della ricostruzione di Tandin è la Demont, storica ditta attiva in vari settori tra cui quello delle demolizioni. «... quest'ultima - si legge nel testo - figura nello storico dei trasferimenti delle quote di un'altra importante società lagunare, la Porta di Venezia srl, la quale vede come amministratore unico tale Stefano Pelliciari. Porta di Venezia srl, ancora una volta, ha sede a Mestre in via Torino 180: il tutto risulta agli atti della Camera di commercio veneziana al 26 febbraio 2018».
AEDARS: NUBI NERE SULLA MISERICORDIA
Ma chi è Stefano Pelliciari si chiede Tandin? «Proprio Pelliciari compare in una lunga inchiesta giornalistica di Report in onda su Rai Tre il giorno 11 giugno 2018 intitolata Venicetown... Secondo l'inviata Claudia di Pasquale, Pelliciari è l'imprenditore - scrive ancora l’esponente - che cede a Brugnaro, quando questi non è ancora ancora il primo cittadino, il pacchetto di controllo del consorzio che con la formula del project financing dovrebbe gestire la Scuola Grande della Misericordia, un prestigioso edificio cinquecentesco del comune di Venezia dato appunto in gestione per 42 anni tramite una procedura pubblica». Poco appresso il 59enne cita letteralmente il contenuto della puntata: ma se il gruppo riferibile a Brugnaro controlla l'80% del consorzio, il restante 20% fa riferimento al «Consorzio Aedars, oggi in amministrazione giudiziaria, a seguito di un'inchiesta della Guardia di Finanza di Roma, che ha portato proprio un anno fa alla confisca in primo grado di beni per 170 milioni di euro». Tanto viene riferito da Report.
Subito dopo un’altra considerazione: «... nella summenzionata puntata sempre in tema di Aedars viene riferito che il dominus di quel consorzio altri non è che Pietro Tindaro Mollica. Si tratta di un imprenditore messinese indagato dalla Gdf romana per... associazione a delinquere finalizzata all'usura, all'estorsione, all'esercizio abusivo
dell'attività finanziaria e in ordine a plurime intestazioni fittizie di realtà societarie schermate attraverso prestanome... Sempre Report, che dà voce alla Fiamme gialle, racconta che il Mollica avrebbe intessuto rapporti anche con soggetti pregiudicati per «gravi reati di natura mafiosa».
LE CONTRADDIZIONI DI BRUGNARO
Il passaggio è cosa nota, ma l’autore dell’esposto accende comunque un faro nei confronti del sindaco veneziano Luigi Brugnaro: «Va altresì rilevato che incalzato dalla Di Pasquale perché risulterebbe essere socio di un soggetto che ha rapporti con mafiosi, Brugnaro si difende affermando» la sua estraneità. Ancora una volta Tandin cita testualmente l’intervista rilasciata a Report dal primo cittadino: «Io ho un merito di avere tolto l'80% a 'sti qua quando posso tolgo anche l'altro venti. Noi a Venezia, ce la prendiamo noi». Il che però, a parere di Tandin, cozza con quanto evidenzia la giornalista di Report la quale che nel corso della stessa puntata spiega: «Il gruppo di Brugnaro in realtà non ha mai tolto l'80% al consorzio, gestito secondo gli inquirenti in modo occulto e delinquenziale da Mollica, oggi rinviato a giudizio. Il gruppo di Brugnaro si è preso le quote di un altro imprenditore, Stefano Pelliciari, che aveva partecipato anche lui alla gara per la Misericordia per poi ritirarsi». Il Pelliciari, sottolinea il bidello, intervistato dalla De Pasquale peraltro si definisce «amico di Brugnaro».
VENICE CAMPUS: IL FILO CONDUCE ALLA MANTOVANI E AI CAPRIOGLIO
Tuttavia l’analisi del 59enne non si esaurisce qui. Citando una serie di documenti camerali che a loro volta richiamano trasferimenti di azioni e altri passaggi societari, Tandin, nella segnalazione inviata alla dirigente dell’ufficio territoriale del governo, la dottoressa Piera Bumma, procede oltre. Partendo dalle cariche di Pelliciani lo stesso Tandin fa finire nei suoi radar la Venice campus, una immobiliare nel cui azionariato in passato è finito un pezzo del gotha economico, passato e presente, del settentrione italiano: dalla bolognese Maccaferri, vicina all’ex ministro dell’ambiente il centrista Gianluca Galletti, alla Banca Antonveneta, poi finita in Mps passando per il gruppo Santander. Poi c'è la Capfin, riferibile alla famiglia Caprioglio, legatissima all'ex patriarca di Venezia Angelo Scola. Per non parlare della Mantovani. Quest’ultima è nota alle cronache giudiziarie per essere finita mani e piedi nello scandalo del Mose, nel cui gorgo finì anche il suo direttore finanziario Nicolò Buson. Ora, ricostruendo la storia di Venice campus srl, Tandin evidenzia che lo stesso Buson attorno al 2012 in seno a quest’ultima impresa ricopriva la carica di amministratore unico.
Ora, sarà sicuramente una coincidenza magari una omonimia, ma ironia della sorte, il cognome Caprioglio riecheggia spesso nelle cronache economiche veneziane visto che Maria Raffaella Caprioglio, come sottolinea Tandin, è il presidente del colosso del lavoro interinale Umana, «che poi è il gruppo fondato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro».
IL QUESITO
Ma come mai Tandin, che non è nuovo ad iniziative del genere, ha deciso di mettere nero su bianco questa sua ricostruzione? «Durante gli ultimi mesi - fa sapere quest’ultimo - ho notato molta enfasi sul caso dei Pili e sulla querelle del conflitto d’interessi del primo cittadino. Che va bene ci mancherebbe altro. Ma non vorrei però che le autorità e l’opinione pubblica dimenticassero la delicatissima partita delle bonifiche. Che vanno fatte per carità, ma rispettando le risorse della collettività, l’ambiente e la legalità. Ormai ridottosi il fiume di danaro pubblico derivante dal Mose è proprio sulle bonifiche e sulle conseguenti speculazioni fondiarie, che appetiti inconfessabili potrebbero cercare approdo. Per questo dobbiamo stare in campana». Appresso un’ultima considerazione: «Non dimentichiamoci che dalle cronache dell’inchiesta sul Mose si evidenziò come Giovanni Mazzacurati, uno dei dominus del sistema Mose, con la prospettiva del tramonto di quest’ultimo, avesse indirizzato il suo interesse proprio nei confronti delle bonifiche di Marghera e dintorni».
Marco Milioni
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