«La Pedemontana, opera da 2,25 miliardi di euro, sta diventando sempre più oggetto di contesa tra due forze politiche, la Lega e il Movimento Cinque Stelle, che mentre a Roma firmano il contratto di governo, a Venezia incrociano le armi della polemica». È questo uno dei passaggi chiava di una lunga analisi politica pubblicata oggi su Il giornale di Vicenza, quotidiano della Confindustria berica in pagina 10. Il quale riporta anche una presa di posizione dei democratici rispetto a un Pd che chiede chiarezza: «Non si prendano in giro i veneti», è l'ammonimento del capogruppo del Pd in consiglio regionale, Stefano Fracasso. Il duello Lega-Cinque Stelle si è rinfocolato nei giorni scorsi quando il governatore Luca Zaia, dopo l'incontro con il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, aveva espresso una sostanziale tranquillità sul futuro della Pedemontana. «Non è proprio così - ha replicato Jacopo Berti, capogruppo dei Cinque Stelle in consiglio regionale - mi risulta che il ministro Toninelli sia molto perplesso perché sul suo tavolo ci sono i nostri dossier, con una fotografia assai diversa della realtà rispetto a quella di Zaia». Il M5S ha annunciato l'elaborazione di un piano B, cioè una consistente variazione del progetto per «ridurre l'impatto ambientale», e una revisione «del piano finanziario con Sis per evitare che il Veneto in 39 anni versi 12 miliardi ai privati».
Spiega ancora il Gdv che da Pontida, l'altro giorno, Zaia ha ribadito la posizione: «Voglio capire chi avrebbe il coraggio di fare una firma su un decreto pensato per rimacinare il cantiere e ricoprirlo con l'erba». «Sulla Pedemontana - ha aggiunto il governatore del Veneto - vedo difficile ipotizzare cambiamenti. Se qualcuno dice basta, deve rendersi conto che il danno ambientale è pauroso».
A sostegno della Pedemontana si esprime Antonio De Poli, senatore Udc: «Il centrodestra non può fare sconti al ministro. La Pedemontana è fondamentale per lo sviluppo economico e produttivo del territorio. Non si può pensare di fermarla. L'analisi costi-benefici di cui parla il ministro non può diventare una scusa per ridiscutere tutto», conclude De Poli il quale, peraltro, nei giorni scorsi, ha presentato un'interrogazione parlamentare al ministro Toninelli chiedendo di valutare la possibilità di revocare la concessione in atto e «di prendere in considerazione il progetto preliminare di Veneto Strade».
Il quotidiano di via Fermi ripropone il leitmotiv pro Spv da parte dei democratici: «Non si prendano in giro i veneti - interviene Fracasso - per riprogettare l'opera bisognerebbe modificare il contratto attuale con il concessionario Sis. Prima di parlare di revisione del progetto si dica chiaramente se il ministro Toninelli intende chiedere al presidente della Regione la risoluzione del contratto, e Zaia dica chiaramente se in questo caso lo farebbe. Il tutto mettendo nero su bianco tempi, costi, risparmi e penali. Se invece è solo fuffa, e io penso che sia così, ci sia risparmiato questo gioco delle parti». Questo quanto riporta Il giornale di Vicenza che pur non dicendolo con questo servizio manda un messaggio a coloro i quali nel M5S hanno mostrato qualche minimo segno di coraggio per rimettere in discussione l'opera. Cosa che chiaramente, anche alla luce dell'accordo di governo tra Carroccio e M5S siglato a Roma non avverrà mai. E se qualcuno pensa che il M5S riuscirà a far breccia sui temi ambientali cavalcati ai fini della sua ascesa si metta l'anima in pace. La stabilità di governo e quella delle poltrone su cui si sono assisi certi ex incendiari di ogni schieramento sia chiaro, vale molto di più dei princìpi in nome dei quali si è andati al potere.
Ora rimane da capire se questa strana alleanza tra Lega e M5S, due ex nemici giurati, reggerà. Ed è chiaro che non reggerà appena il non proprio stabile equilibrio internazionale su cui poggia il confronto planetario tra Cina e Usa tornerà più burrascoso. A quel punto la Lega, più vicina agli ambienti americani e i Cinque stelle, più ben disposti verso Pechino cominceranno a baruffare. Tempo un annetto, un annetto e mezzo e il governo andrà in pezzi. Sostituito da una grande alleanza di centrodestra con pezzi più liberisti del Pd (poco probabile) o con una alleanza grillini Pd. A quel punto, agitate da Washington, o meglio da alcuni ambienti della capitale a stelle e strisce, cominceranno a strepitare, non senza alcune ragioni, i sovranisti e gli anti elite di ogni dove. Poco appresso ci sarà (a seconda di cosa offre il corso della storia) una crisi economica, un disastro naturale come un erremoto, una serie di attentati, una carestia, una epidemia perfino la sciatalgia, insomma andrà bene qualsiasi cosa anche la puzza dei piedi. A quel punto chi manifesta in strada, artatamente mosso da interessi locali e internazionali, chiederà la testa dell'esecutivo e per la gioia dei sovranisti, dei populisti, dei leghisti, dei grillini, dei forzisti, di Fdi e del Pd compreso il gruppetto renziano, tutti più o meno apertamente acclameranno l'arrivo del grande demiurgo che sarà Mario Draghi o un suo succedaneo.
Per questo di recente ho detto che il M5S che comunque ha raggiunto l'ultimo importante risultato alle politiche facendo anche leva su una genuina volontà di cambiamento del Paese presso tanti italiani per bene ha, per arrivismo e fame di careghe, intrapreso la strada sbagliata Perché,quanto meno da oggi agli anni a venire, quella strada significa una sola cosa: normalizzazione ed adeguamento senza se e senza ma allo status quo dei poteri costituiti. Il che non è frutto di un errore ma di un errore voluto. Alla fine della fiera la cosa più divertente riguarderà Draghi. Poiché anche quest'ultimo alla fine sarà divorato dal dissenso come successe con l'ex premier Mario Monti, espressione più o meno dello stesso consesso, a quel punto dicevo a quale volto il potere ricorrerà per placare le future incazzature delle plebi sgovernate? In un film di Maccio Capatonda i candidati più autorevoli sono Satanasso e Gesù Cristo.
Ai due tutto sarà concesso, tranne di pensionare la suprema regola aurea: quella di non mettere in discussione l'assioma ultimo del potere ossia la logica di una società divisa tra oppressi e oppressori. Noi esseri umani in base alle nostre convenienze abbiamo inventato i sistemi più disparati: abbiamo dato vita a culture straordinarie, religioni riccamente stratificate e nel contempo a costruzioni sociali terribili o scadenti. Troviamo abbastanza facile prendercela con un finto nemico. Troviamo difficile prendercela con un nemico vero. Ma è praticamente impossibile per noi prendercela, come dicono i giapponesi, col più grande nemico di tutti, noi stessi. La tara che abbiamo non è politica, ma è antropologica e al potere fa comodo che i nostri sforzi di migliorarci siano rivolti all'effetto e non alla causa, ma un pezzo della colpa è pure nostro perché il demone cialtrone che porta il potente a fare grandi disastri e bischero di quartiere a compiere mediocri disastri è, con le debite proporzioni del gigantismo o del nanismo numerico lo stesso. Ed usberga in ciascheduno di noi. Non può essere debellato ma può essere contenuto e messo in riga con la disciplina, lo studio e una socialità ricca, amorevole e feconda. Fine della predica perché mi sono giù scocciato anche di me.
Nessun commento:
Posta un commento