martedì 10 dicembre 2019

Il caso Paese, un caso da strapaese

(m.m.) Le cronache di qualche settimana fa hanno riportato della condanna per abuso edilizio in Via delle Levade 9 a Paese piccolo comune a ridosso del capoluogo della Marca, nei confronti del collaboratore di don Floriano Abrahamowicz, quest'ultimo già espulso nel 2009 dalla Fraternità di Lefebvre e noto per le sue  pubbliche affermazioni controverse sull'utilizzo dei campi nazisti. Nel 2014 il religioso costruì un prefabbricato nel giardino di casa, adibendolo a chiesetta. A seguito delle rimostranze di alcuni vicini, il Comune di Paese, nel Trevigiano, intervenne e ordinò la rimozione del manufatto, denunciando l'abuso in procura. Dopo cinque anni anni, in primo grado, un uomo molto vicino a Don Floriano è stato condannato a un mese e a mille euro di ammenda nella sua veste di intestatario del bene immobile. 

L'allora giunta leghista (capitanata dal sindaco del tempo, ossia Francesco Pietrobon) fu informata di un ulteriore e curioso fatto che, nell'estate del 2016 è stato riportato da Il Gazzettino e successivamente approfondito dal quotidiano Vvox.it in più articoli. Il prete, sospeso a divinis dal Vaticano, che negli anni ha comunque visto ridurre drasticamente il suo seguito, così sostengono i suoi critici, assieme al suo prestanome non si sono dati per vinti e, subito dopo la demolizione della baracca hanno realizzato la chiesa a pochi metri, dentro il magazzino-deposito vicino alla ferrovia. 

Dal 2014 ad ora, quindi, le funzioni non hanno mai smesso di svolgersi in luoghi adibiti ad altro. La reiterazione della condotta è stata in qualche modo constatata dall'amministrazione Pietrobon, che, però, in questo secondo caso si è stranamente fermata. Pur essendo ancora più evidente il presunto abuso edilizio, perché il ripostiglio è stato visitato dalla polizia municipale, che ha trovato: altare, banchi, statue, arredi liturgici. Pressoché ogni domenica alle 10.30 la messa viene trasmessa in diretta sul canale YouTube dell'italo-austriaco Floriano e si vedono chiaramente la celebrazione, i chierichetti, i fedeli che tutti insieme «officiano la Comunione». 

A onor del vero, anche in questo caso, nel 2017, alcuni vicini avrebbero fatto presente al comune quella che veniva percepita come una anomali, soprattutto per un'amministrazione leghista, che ha sempre fatto di un cavallo di battaglia quello della corrispondenza tra i luoghi di culto e l'effettiva destinazione d'uso. E tant'è che a mezza bocca nella cittadina dell'hinterland trevigiano la vulgata che circola di bocca in bocca suona così: "parrebbe logico che quel che vale per quelle cellule islamiche dovrebbe valere per ogni confessione, anche quelle lefebvriane amiche dell' ex Capitano delle SS Erick Priebke". Ma l'allora giunta Pietrobon, a quel che emerso, non se la sentì di procedere con un'ulteriore denuncia in Procura e accettò per buono il «chiarimento» del lefebvriano espulso «perfino dai suoi superiori», che si giustificò dicendo che le persone possono pregare dove vogliono. 

Epperò le leggi vigenti non la vedrebbero propriamente come il pastore austro-italiano con un fratello che per anni è stato rettore della Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, perché non è consentito realizzare un luogo di culto aperto al pubblico, in un deposito-magazzino riadattato con legno e paramenti. Chissà se il nuovo sindaco Katia Uberti in una con la nuova giunta vorranno prendersi carico del caso, anche alla luce dell'interrogazione depositata in merito alla vicenda dal consigliere regionale veneto Andrea Zanoni (Pd), perché il principio di legalità vale per tutti e la reiterazione di certe condotte, in questo caso in materia di edilizia privata, sa tanto di presa in giro delle istituzioni democratiche: piaccia o non piaccia a don Floriano lo stato di diritto è una delle basi del vivere comune.

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